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CMA Cfarmacologico
La durata dell'effetto del farmaco dipende dal metabolismo, e sarà quindi su di esso che agiremo se vogliamo modificare la durata dell'effetto.
La durata dell'effetto è importante per sapere quanto dura un effetto, che varia in base alla patologia (un antibiotico può essere preso ogni 4 ore, ma se vogliamo far passare l'emicrania, questa non deve tornare dopo la durata di effetto del farmaco), inoltre possiamo stabilire gli intervalli terapeutici da tenere tra una somministrazione e l'altra: se assumiamo un farmaco in maniera cronica, questo deve avvenire affinché il paziente sia sempre coperto farmacologicamente, ovvero la concentrazione del farmaco deve sempre essere superiore alla CMA; noto il tempo di durata dell'effetto farmacologico, la seconda dose originerà una curva identica, quindi noto il tempo di insorgenza, possiamo vedere come varia la curva se traslata di x ore.
sull'asse delle x, ma esiste il rischio di accumulo di somministrazioni farmacologiche, con il rischio di superare la CMT: quindi si fa in modo che la somma del farmaco ancora residuo, più quello che viene assorbito con la seconda dose, coincida con il fatto che manteniamo coperto farmacologicamente il paziente. La durata dell'effetto dipende dal metabolismo, dal metabolismo si possono originare metaboliti vari, compresi metaboliti dal medesimo effetto del farmaco, quindi in questo caso è importante disegnare anche la curva di concentrazione plasmatica del metabolita che si origina. Si genera così una curva immaginaria (in rosso), la cui pendenza rispecchia quella del farmaco di origine: se il farmaco è metabolizzato lentamente, il metabolita comparirà lentamente, e viceversa. La presenza di metaboliti attivi implica che il nostro effetto farmacologico sarà più lungo. Soltanto in caso di metaboliti ancora attivi o tossici ciInteressa conoscere la loro curva di concentrazione plasmatica. L'aumento di durata farmacologica non è una cosa positiva: - il metabolita si genera dal metabolismo epatico, che è la fase più variabile della farmacocinetica, può quindi variare da individuo ad individuo; - intervalli da una somministrazione e l'altra tengono conto della durata dell'effetto, quindi per somministrazioni croniche dovremo tenere conto di più concentrazioni, del farmaco presente in concentrazioni residue, quelle del metabolita presente anch'esso in concentrazioni residue, e quelle del farmaco che somministriamo nuovamente.
La Cmax La C raggiunta è il vero valore che tiene conto di tutte e 4 le fasi della farmacocinetica, è il valore di concentrazione plasmatica massima raggiungibile per quella dose e via di somministrazione, è il valore che più mi dice la bontà della farmacocinetica. Possiamo agire sulla C in termini di: max-
via di somministrazione, se varia l'assorbimento varia anche leggermente C, mentre max varia maggiormente la pendenza di sinistra;- aumento o diminuzione di dose, aumenta maggiormente la C, mentre meno la max pendenza di sinistra. La C deve rimanere all'interno della finestra terapeutica, in base a quanto tempo la Cmax supera la CMT, mi dice l'effetto tossico del farmaco. La C esprime l'intensità dell'effetto farmacologico, che dipende dalla dose, perché la dosemax determina la C. La distanza tra la C e la CMA è l'entità dell'effetto farmacologico; quindi l'intensità decrementa finché il farmaco raggiunge la fine della dose attiva. Se vogliamo modificare l'effetto del farmaco in termini di intensità diamo una dose maggiore, affinché C aumenti, quindi a parità di tempo, avremo maggiore intensità.La pendenza destra, l'emivita del farmaco. L'emivita
definisce il tempo necessario affinché la concentrazione plasmatica del farmaco si dimezzi: L’emivita (o t ) può essere predetta sulla C : l'emivita è la distanza tra il tempo in cui 1/2 max si raggiunge la C ed il tempo a cui la C è dimezzata; l'emivita è quindi l’intervallo temporale da t .Cmax Cmax/2 Ovviamente, per qualsiasi farmaco esistono circa 10 emivite per eliminarlo completamente. Se l’emivita di un farmaco è di 3 ore, allora dopo 30 ore sarà completamente eliminato. L’emivita deve essere sufficientemente ampia per avere effetto farmacologico, ma per eccessivi valori, avremo concentrazioni di farmaco, spesso nemmeno attive, per troppo tempo nel nostro organismo. t = 0,693 ⋅ Vd /Cl L’emivita è calcolabile con un’altra formula più precisa: , in cui risulta 1/2 direttamente proporzionale ad un valore Vd, ovvero il volume di distribuzione, ed inversamente proporzionale alla clearance,
Cl. Emivita e volume di distribuzione sono direttamente proporzionali, se un farmaco ha un'emivita lunga, sarà un farmaco con un volume di distribuzione grande, questo perché un volume di distribuzione grande vuol dire che all'equilibrio il farmaco sarà maggiormente nei fluidi extraplasmatici, allora il farmaco dovrà prima essere eliminato nel plasma, poi si deve riformare l'equilibrio... inoltre dobbiamo sempre tenere a mente che solo il farmaco libero nel plasma costituisce la quota per l'eliminazione.
L'area sottesa dalla curva di concentrazione plasmatica AUC, tiene conto di confronti tra farmaci: AUC tiene conto di tutti i valori prima descritti, due farmaci possono avere AUC simili, ma con farmacocinetiche differenti. L'AUC viene calcolata inoltre per calcolare la biodisponibilità.
9° Lezione di Farmacologia, di Lorenzo Di Palma
Farmacodinamica
Dopo aver terminato la farmacocinetica, prendiamo in considerazione la
farmacodinamica: le interazioni tra farmaco e suo bersaglio farmacologico, in concentrazioni e tempistiche ottimali, e come dall'interazione scaturiscano gli effetti farmacologici. La farmacodinamica permette di:- attuare screening di bersagli, per valutare le molecole capaci di interagire con il bersaglio molecolare di interesse, per poi produrre tale molecola;
- eliminare quelle molecole che presentano caratteristiche non utili all'attività farmacologica;
- infine permette di caratterizzare il meccanismo di azione.
- sensibilità, un recettore è sensibile quando risponde a concentrazioni basse del ligando (farmaco); definiamo sensibile in termini di interazione farmaco-recettore, un recettore che risponde a concentrazioni nell'ordine della nM; la sensibilità dipende da caratteristiche del recettore (quali eventi di
amplificazione del segnale, come GPCR →secondi messaggeri → terzi messaggeri → …, necessari per concentrazioni così basse)e del farmaco (il quale dovrà presentare ottima affinità);
2. selettività, il recettore deve rispondere a molecole accomunate da medesimecaratteristiche strutturali; piccole divergenze strutturali del ligandi garantirannopiccole differenze, spesso in termini di farmacocinetica;
3. specificità, qualsiasi farmaco che agisca con un particolare recettore devefornire sempre la stessa risposta cellulare nella stessa cellula;
saturabilità, per avere una certa maneggiabilità, necessitiamo che il recettore/4. bersaglio sia saturabile, lì la risposta biologica non deve più crescere; il piccocorrisponde con l’occupazione di tutti i siti di riconoscimento di tutti i recettori ;quando cerchiamo un bersaglio, cerchiamo una risposta che modifichi la condizionepatologica per ripristinare l’omeostasi,
ciò non è facile senza eccessive perturbazioni all'organismo (es. il morbo di parkinson è causato dalla morte dei recettori dopaminergici, manca produzione della dopamina; tra l'iniezione "brutale" di dopamina, ed il tentativo di ripristino della produzione endogena di dopamina, abbiamo due approcci differenti, due metodi di trattare la malattia, dove l'ultimo è nettamente più maneggevole).
I ligandi farmacologici
Come vengono definiti i ligandi farmacologici, ovvero qualsiasi molecola somministrata esogenamente a scopo terapeutico.
- nell'interazione farmaco-recettore, il primo step è l'occupazione del sito di riconoscimento, mediato dall'affinità. Affinità differenti definiranno parametri come la potenza farmacologica e la sofisticità dei vari ligandi farmacologici per differenti bersagli-recettore;
- questa interazione non è sufficiente per scaturire la risposta vera e propria,
Un agonista nel complesso indica una molecola che genera la risposta biologica a seguito di legame con un recettore del tutto uguale qualitativamente evocata dal legame con l'endogeno per quel recettore; l'agonista si definisce pieno se evoca l'effetto massimo derivante dal legame di tutti i recettori disponibili, efficacia massima (quanto visto nel grafico in alto); poiché il farmaco lo produciamo noi, spesso la curva dose-effetto la creiamo con maggiore affinità rispetto al ligando endogeno; un agonista pieno sarà sempre una sigmoide che raggiunge sempre il 100% dell'effetto massimo;
La sigmoide di due farmaci agonisti pieni, entrambi raggiungono sempre l'efficacia massima, ma una è spostata a destra, il farmaco A è più potente di B, in quanto ha la sua EC inferiore, si arriva allo stesso effetto con una concentrazione più bassa; la potenza di un farmaco è