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Appunti di Diritto penale

Tesi Master 2 livello Master Management delle Aziende Sanitarie. Profili di Responsabilità medica con particolare riferimento all'aspetto penale alla luce della legge Gelli Bianco da qualche anno entrata in vigore.
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Esame Diritto penitenziario

Facoltà Giurisprudenza

Dal corso del Prof. O. Bruno

Università Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Tesi
Bozza di tesi sul diritto penitenziario in generale con attenzione ai temi come salute e carcere femminile e particolare attenzione alla nuova normativa in tema penitenziario e particolare alla salute.
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Esame Diritto dell'esecuzione penale

Facoltà Giurisprudenza

Dal corso del Prof. S. Carnevale

Università Università degli Studi di Ferrara

Tesi
Questa tesi offre un'analisi approfondita e critica dell'ergastolo ostativo, una pena perpetua che, di fatto, preclude l'accesso ai benefici penitenziari in assenza di collaborazione con la giustizia per specifici reati. Il lavoro ripercorre l'evoluzione storica dell'ergastolo dalle sue origini pre-codice Zanardelli fino alle più recenti modifiche normative del 2022, nate dal tentativo di superare le annose questioni di legittimità costituzionale. Attraverso un'attenta disamina normativa e giurisprudenziale, la tesi esplora la nascita del cosiddetto 'doppio binario penitenziario' e le diverse 'versioni' dell'ostatività che hanno caratterizzato la storia repubblicana, culminando con le pronunce che ne hanno messo in discussione il nucleo. Viene analizzato il travagliato percorso che ha portato all'intervento legislativo del 2022, destinato a riformare l'istituto dopo le significative pronunce di incostituzionalità. Il lavoro si concentra poi sulla disciplina attuale dell'ergastolo ostativo, evidenziandone le criticità ancora irrisolte, i presupposti per la liberazione condizionale e le differenze tra i regimi ostativi di 'prima', 'seconda' e 'terza fascia'. Un'attenzione particolare è dedicata alla nuova categoria dei reati 'ostativi per connessione' e alle stringenti condizioni di accesso ai benefici per i detenuti non collaboranti. Infine, la tesi propone riflessioni essenziali sull'ergastolo in generale, mettendolo a confronto con la pena di morte, interrogandosi sulla sua utilità e analizzando i diversi profili di incostituzionalità sollevati, tra cui il principio di rieducazione, l'umanità della pena e il diritto al silenzio. Le conclusioni valutano i risultati della recente riforma, cercando di delineare le direzioni auspicabili per il futuro di questo controverso istituto. Questa tesi rappresenta uno strumento prezioso per chiunque voglia comprendere a fondo la complessa evoluzione dell'ergastolo ostativo, le sue implicazioni giuridiche e le sfide che ancora oggi pone al sistema penale italiano.
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Il regime detentivo speciale di cui all’art. 41 Bis della legge 26 luglio 1975 n.354 (O.P.) costituisce indubbiamente un tema quanto mai attuale e assai dibattuto dall’opinione pubblica. Prima di volgere l’attenzione sulle peculiarità del regime in questione è doveroso ripercorrere brevemente le ragioni che hanno portato alla sua introduzione. All’indomani delle stragi di mafia di Capaci e via D’Amelio dei primi anni novanta, il legislatore ha dovuto prendere atto della risposta insufficiente dei regimi detentivi ordinari rispetto alla repressione della capacità criminale delle organizzazioni di stampo mafioso. Si è toccato con mano come, in costanza di detenzione, i capi mafia non vedevano diminuito, ma anzi paradossalmente accresciuto, il proprio potere direzionale riuscendo a colpire lo Stato ai suoi massimi livelli. Il legislatore ha perciò affidato al secondo comma dell’art.41 Bis O.P. il compito di rispondere a tale esigenza: evitare, o quanto meno ostacolare, contatti e comunicazioni tra esponenti detenuti della criminalità organizzata con quelli ancora operanti all’esterno. Tale regime, definito di “carcere duro”, mira, infatti, attraverso la sospensione delle normali regole trattamentali e con la previsione di severe limitazioni, a rendere impermeabile la struttura carceraria rispetto a possibili contatti con la realtà esterna. Ciononostante, accertata la necessità dell’istituto in un’ottica di neutralizzazione dei detenuti per reati di stampo mafioso, si è discusso, e tutt’ora rappresenta una questione dibattuta, la compatibilità di tale regime con i principi cardine del nostro ordinamento. L’estrema afflittività della misura suscita interrogativi in ordine ai limiti entro i quali possono essere compressi i diritti fondamentali degli individui a favore di esigenze di prevenzione e di sicurezza. Nello specifico, appare estremamente arduo trovare un punto di equilibrio tra le due esigenze antitetiche. Il riconoscimento di esigenze general - preventive ha fatto sì che il regime ex art. 41 Bis O.P. venisse incanalato all’interno dei confini della legittimità costituzionale: la compressione dei diritti fondamentali del detenuto si giustifica in quanto volta a realizzare obiettivi di tutela dell’ordine e della pubblica sicurezza, secondo la logica del bilanciamento. La Corte Costituzionale, chiamata più volte a pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 41 Bis comma 2 O.P., ha sempre “salvato” la norma riconoscendo come valore precipuo la finalità perseguita di contenere la pericolosità della tipologia di detenuti in discorso. L’immediata percezione dell’efficacia della disposizione, confermata dalla risposta terroristica di Cosa Nostra, ha fatto sì che la misura da “risposta emergenziale” sia divenuta uno strumento permanente di prevenzione speciale.
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Esame Giustizia riparativa e mediazione penale

Facoltà Giurisprudenza

Tesi
Master II livello in “Scienze criminologiche”. Quello della delinquenza minorile è un fenomeno antico che ha sempre destato e desta, soprattutto oggi, forte preoccupazione. Col presente lavoro di tesi, infatti, ho voluto indagare sulle cause della devianza minorile (la quale, nel peggiore dei casi, è l’antecedo della criminalità adulta) e le teorie legate alla criminogenesi minorile, tra cui le teorie psicobiologiche, teorie sociologiche, teorie dell’apprendimento; ancora i fattori predittivi della devianza, subculture, e fenomeni estremamente attuali come “baby gang”, “revenge porn” e “cyberbullismo”. Qui interviene la giustizia penale minorile (dpr 448/88) e la Giustizia Riparativa, in particolar modo la Mediazione Penale Minorile (dlgs 150/22, cd Riforma Cartabia) le quali intervengono per evitare l’effetto etichettanento, la stigmatizzazione della società dopo la commissione di un atto penalmente rilevante con trattamenti individualizzati sul singolo minore tendenti, ex art 27 co2 Cost., alla rieducazione, reinserimento, responsabilizzazione del minore, riduzione della recidiva e ridurre la carcerazione ad extrema ratio (principio della minima offensività del processo). E proprio la Giustizia Riparativa assurge a questi obiettivi quale “child friendly justice”, ovvero come soluzione psico-socio-pedagogica attraverso cui il minore prende coscienza delle conseguenze del reato mediante il “face to face” con la vittima, mediante l’ascolto e il dialogo si ha il riconoscimento della vittima e la comprensione dei suoi dolori; in mediazione la vittima è riconosciuta, ha un proprio spazio (totalmente assente nel processo penale minorile in quanto non può costituirsi neanche parte civile), è tutelata, può esprimere i suoi dolori, cercare risposte e chiudere un cerchio, una ferita ancora aperta, evitando così la vittimizzazione secondaria. Emblematico è, infine, il caso di Lorenzo Sciacca che da adolescente criminale, attraverso un percorso di Mediazione Penale in carcere, come catarsi sviluppa una nuova consapevolezza che lo porta a diventare Mediatore Penale presso il Centro di Giustizia Riparativa di Padova.
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Esame Diritto penale

Facoltà Giurisprudenza

Dal corso del Prof. G. Demuro

Università Università degli Studi di Sassari

Tesi
Trattasi dell'ormai abrogato reato di abuso di ufficio che tanto ha fatto discutere la dottrina e la giurisprudenza Italiana degli ultimi 20 anni. Si tratta l'argomento dal punto di vista storico e giuridico, analizzando quelle che sono state le evoluzioni di questo reato e le varie difficoltà interpretative affrontate, per arrivare fino alle varie proposte di legge, poi realizzatesi, di abrogazione.
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Questo elaborato si propone di indagare i profili giuridici e normativi legati alla diffamazione online, con l’obiettivo di analizzare le risposte del nostro ordinamento e le interpretazioni della giurisprudenza in merito. Partendo dal tema della diffamazione in generale, si delineeranno i principali aspetti normativi e giurisprudenziali per comprendere le basi della tutela dell’onore e della reputazione, esaminando poi le principali difficoltà che sorgono nel trasferire questi principi in un contesto digitale, dove la comunicazione non è più limitata dal tempo e dallo spazio, e dove il rischio di lesione dell’onore e della reputazione è amplificato dalla natura permanente e accessibile del contenuto online, focalizzandosi su come la giurisprudenza e la dottrina abbiano affrontato le peculiarità di questo fenomeno nel tentativo di adattare le norme esistenti a un contesto digitale. Parte della riflessione è il necessario bilanciamento tra la tutela dell’onore e della reputazione e il diritto alla libertà di espressione, un diritto fondamentale garantito dall’articolo 21 della Costituzione Italiana, che consente a ciascuno di esprimere il proprio pensiero senza censure. Tuttavia, l’esercizio della libertà di espressione, come sancito anche in ambito europeo dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (articolo 10 CEDU), 5 trova dei limiti necessari laddove entri in conflitto con altri diritti, come il diritto all’onore e alla reputazione, che anch’essi meritano una protezione adeguata. Il tema richiede un’attenta riflessione, poiché le stesse libertà che garantiscono il diritto di manifestare il proprio pensiero possono facilmente diventare lo strumento per lesioni indebite della reputazione altrui, soprattutto in un contesto come quello digitale, in cui i contenuti offensivi raggiungono un pubblico ampio e sono spesso difficili da rimuovere. Le riflessioni si ampliano ulteriormente in relazione alla figura e alle responsabilità che ricadono sui provider di servizi digitali, che si trovano a ospitare contenuti generati dagli utenti senza poter sempre materialmente esercitare un controllo preventivo. Il Digital Services Act, recentemente introdotto dall’Unione Europea, rappresenta un importante tentativo di disciplinare questa materia, imponendo obblighi specifici ai provider di servizi per rimuovere contenuti illeciti e per tutelare la libertà di espressione dei singoli utenti.
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Tesi di Laurea Triennale in Servizio Sociale. Titolo elaborato: Le misure alternative alla detenzione: l'affidamento in prova al Servizio Sociale e i diritti del detenuto. Carico il documento per consultazione.
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La tesi verte su aspetti penalistici di notevole rilievo riguardo ad un tema socio-giuridico parecchio dibattuto quale è l’aborto. L’interruzione volontaria di gravidanza già disciplinata dalla l. n. 194/1978 continua difatti a costituire oggetto di animati dibattiti sul tema della maternità e della tutela della vita. Fermo restando l’esistenza di norme che consentono le pratiche abortive entro precisi limiti legislativi, l’attenzione del presente elaborato si focalizza sui reati che possono essere perpetrati in tale ambito e che di recente hanno trovato collocazione nel capo (I-bis del titolo XII) del codice penale intitolato alla tutela della maternità con la riserva di codice realizzata con il d.lgs. n. 21/2018.
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L’intento del presente elaborato è evidenziare i principali profili di criticità relativi alla disciplina delle circostanze del reato e i reati aggravati dall’evento, alla luce delle rispettive discipline normative, degli inquadramenti proposti dalla dottrina negli ultimi decenni, nonché dell’atteggiamento della giurisprudenza nei confronti di tali sfuggenti categorie. Pare opportuno muovere da alcune premesse metodologiche. In prima battuta si intende approfondire il percorso storico della disciplina delle circostanze del reato, a partire dal codice Zanardelli del 1889 fino ad arrivare, mediante lo studio delle numerose novelle che ne hanno modificato il contenuto, ai giorni nostri; successivamente, verranno sottoposti ad attenta disamina i tratti caratteristici e fisionomici delle circostanze del reato, con particolare attenzione alle circostanze comuni disciplinate agli articoli 61, 62 e 62-bis del codice penale. Tale trattazione è finalizzata a i profili di incertezza applicativa, nonché le criticità di tali forme di manifestazione del reato, categoria nell’ambito della quale sembra riconducibile altresì l’istituto della recidiva, al quale si dedicherà qualche cenno, privilegiandone l’analisi storica della disciplina odierna; a seguire, ci si soffermerà sugli effetti che le circostanze del reato implicano laddove applicate: precisamente si analizzeranno gli strumenti attraverso cui si opera la commisurazione della pena in presenza di una o più circostanze; infine sarà fatto riferimento anche al rapporto che intercorre tra accidentalia delicti e vari aspetti procedurali, quali la competenza del giudice, le misure cautelari, l’esecuzione della pena, i riti speciali e soprattutto la prescrizione del reato. Nella seconda sezione, invece, sarà descritto il tortuoso percorso storico dell’art. 59 c.p. in ordine al regime di imputazione delle circostanze aggravanti e attenuanti, vero cardine della disciplina di cui si tratta. Successivamente, verrà approfondita la questione inerente al rapporto tra le circostanze del reato e le fattispecie autonome: la difficoltà che tutt’oggi si incontra nel distinguere questi due istituti, tra loro molto diversi sotto molteplici punti di vista, rende questa analisi particolarmente interessante e ricca di spunti, soprattutto alla luce di una mancante disciplina positiva in materia. I riferimenti saranno puramente giurisprudenziali e dottrinali, ma non si mancherà di sottolineare la necessità di un intervento legislativo volto a dare certezza e ordine ad un settore del diritto penale che appare particolarmente ombroso. La terza sezione sarà interamente incentrata sui reati aggravati dall’evento. Trattandosi di una vexata quaestio - in ragione sia della sua complessità sia della sua vicinanza a temi quali la responsabilità oggettiva che costituiscono alcuni dei principali “nervi scoperti” del diritto penale dei nostri giorni, risulta fondamentale un’indagine approfondita dell’istituto. In primis si cercherà di dar conto delle caratteristiche di parte generale che connaturano i reati aggravati dall’evento, partendo dal concetto di evento e arrivando fino all’analisi del nesso di causalità, arricchendo il tutto con molteplici riferimenti dottrinali; proseguendo, si classificheranno le diverse tipologie di reati aggravati dall’evento, distinguendo i casi in cui l’evento che aggrava il reato sia voluto, da quelli in cui sia indifferente la volontà o meno dell’evento e, infine, da quelli ove è necessario che l’evento non sia voluto dal soggetto attivo. In quest’ultima ipotesi, si farà riferimento alle varie tipologie di reati aberranti e alla tortuosa disciplina che ne discende; successivamente verrà trattato il delitto preterintenzionale, con particolare riguardo ad una delle pochissime ipotesi contemplate dal codice penale, ovverosia la previsione di omicidio preterintenzionale di cui all’art. 584 c.p. L’importanza di questo istituto è dato dal costante richiamo al tema della responsabilità dell’agente (in particolare, anche qui, al celato rischio di attribuire una responsabilità eminentemente oggettiva) e le varie diatribe sul tema che si sono verificate; sulla stessa scia, la trattazione proseguirà con lo studio del delitto disciplinato all’art. 586 c.p. (morte o lesioni come conseguenza di altro delitto) in quanto strettamente collegato all’omicidio preterintenzionale, con il quale condivide svariati profili strutturali; poi, si cercherà, come detto, di far emergere le potenziali tensioni rispetto al principio di colpevolezza, che si traducono nel rischio di configurare casi di responsabilità oggettiva; infine, si passeranno in rassegna eventuali soluzioni applicative alternative, soprattutto alla luce delle due celeberrime sentenze della Corte Costituzionale del 1988 (364 e 1085). La quarta ed ultima sezione del presente elaborato mira a sottoporre a disamina quattro diversi delitti disciplinati dal nostro codice penale, la cui struttura e disciplina costituisce la concretizzazione dei profili di criticità emersi nel corso della trattazione. In particolare, l’esame del primo delitto, ovverosia quello di furto disciplinato all’articolo 624 e seguenti del codice penale, permette di focalizzarsi sui criteri distintivi che hanno trovato riscontro nella prassi applicativa nel tentativo di tratteggiare il discrimen tra circostanza e fattispecie autonoma di reato; nel dettaglio si analizzerà la natura giuridica del furto con strappo e del furto in abitazione di cui all’art. 624-bis c.p., ponendo l’accento sui suoi rapporti rispetto alla fattispecie base, oltre che alla serie di circostanze speciali contenute all’art. 625 c.p. Il secondo delitto prescelto per condurre tale indagine è, invece, il delitto di lesioni personali di cui all’art. 582 c.p., in ordine al quale si porrà la lente. Sarà centrale, poi, interrogarsi sulla valenza circostanziale o meno e del relativo rapporto che intercorre tra lesioni lievissime, lievi, gravi e gravissime. Rilevante, poi, è il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi ex art. 572 c.p.: non solo per la sua forte rilevanza pratica, ma anche per le particolari novelle che hanno interessato la fattispecie nel corso del tempo e soprattutto per le figure limitrofe alla fattispecie-base quali la violenza reciproca, la violenza assistita, il mobbing e ulteriori delitti in cui appare difficile capire se possano essere assorbiti o se, al contrario, debbano concorrere con l’art. 572 c.p. Non mancherà un’attenta analisi delle circostanze aggravanti e attenuanti speciali ivi disciplinate. Infine, l’ultimo delitto di cui si vuole dar conto è il delitto di omicidio di cui all’art. 575 c.p., che si analizzerà congiuntamente alla pluralità di circostanze che vengono disciplinate agli articoli ad esso successivi. In particolare, verrà svolta un’indagine circa il campo applicativo delle circostanze, l’interpretazione che dottrina e giurisprudenza ne danno con particolare riferimento alla loro natura, nonché l’eventuale emersione di problematiche relative alla convivenza con altre figure di reato. In sostanza, come emerge, questa tesi ha l’obiettivo di sviscerare il tema delle circostanze del reato e dei reati aggravati dall’evento non solo su un piano meramente teorico-dogmatico ma anche e soprattutto su un piano pratico, in quanto è proprio lì che affiorano tutte le problematiche interpretative e applicative non evidenti icto oculi. L’analisi delle criticità risulta fondamentale al fine di poter correggere e riformare i settori del diritto penale che maggiormente risultano fragili sotto un profilo prettamente dogmatico, o financo di legittimità costituzionale.
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Tesi master di Criminologia. titolo: La violenza sugli animali, correlazione con condotta antisociale e/o criminale. Analisi dettagliata dei fenomeni di criminalità correlata a violenza pregressa sugli animali.
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Con il presente lavoro si vuole sottolineare come il processo di globalizzazione stia portando ad un incontro sempre più frequente di popoli e soprattutto di culture differenti. Nella nostra società le forti immigrazioni degli ultimi decenni hanno causato numerosi problemi sia sociali sia giuridici per quanto riguarda la convivenza dei gruppi etnico-culturali: ciò è stato causato anche dal ritardo, da parte dell’ordinamento italiano, nella ricerca di soluzioni legislative adeguate alla nuova ondata di flussi immigratori, adeguate altresì al fenomeno della clandestinità e alla necessità d’inserimento dei soggetti stranieri all’interno del tessuto sociale. In questo contesto di forte instabilità e poca chiarezza legislativa, si inseriscono i “reati culturalmente motivati”, centro dell’analisi della nostra ricerca. Tali reati sono causati principalmente da uno scontro tra norme culturali: la compresenza sul medesimo territorio di un numero sempre crescente di persone appartenenti ai più svariati gruppi etnici, linguistici e religiosi provoca, dal punto di vista penale, uno scontro normo-culturale consistente in situazioni di antinomia tra il sistema giuridico del Paese ospitante e quello del gruppo d’appartenenza del soggetto immigrato. Le norme culturali e giuridiche dei due gruppi, essendo profondamente differenti nell’affrontare i principi valoriali di cui sono portatrici, causano il cosiddetto “conflitto culturale” favorendo così l’insorgere del “reato culturalmente motivato”. Dopo aver inquadrato il concetto di “cultura” e la definizione di tali reati, si vuole cercare di analizzare nel prosieguo di questo lavoro, la struttura di questi ultimi e le soluzioni che il legislatore italiano ha adottato nel difficile bilanciamento tra diritto alla cultura e diritti costituzionalmente tutelati. Si deve tener conto tuttavia, del fatto che i reati culturalmente motivati costituiscano una delle sfide più recenti che il sistema penale si trova ad affrontare, in quanto la società italiana sino a pochi decenni fa era una società culturalmente coesa e priva di gruppi minoritari di rilievo. Infatti mentre Paesi come l’Inghilterra o gli Stati Uniti affrontano la tematica del multiculturalismo ormai da tempo, l’Italia solamente da pochi decenni si è trovata a dover prendere in considerazione le implicazioni dovute alla convivenza di diversi gruppi etnici all’interno del proprio territorio. Si vedrà che il nostro Paese si trova in una situazione ibrida, in bilico tra assimilazionismo e multiculturalismo: nonostante le norme poste a tutela del pluralismo culturale come quelle presenti nel T.U. sull’ immigrazione, l’atteggiamento dell’Italia può essere considerato prevalentemente di tipo assimilazionista. La giurisprudenza italiana infatti, nella risoluzione del caso concreto, si pone in modo sfavorevole di fronte alla valutazione del fattore culturale, come si nota dalla forte valenza punitiva che acquistano le norme riguardanti le mutilazioni genitali femminili e il reato di impiego di minori nell’accattonaggio. Le linee guida da seguire dunque, in un panorama così confuso, rimangono i principi costituzionali, i quali servono al bilanciamento tra il diritto “alla propria cultura” e gli altri diritti fondamentali potenzialmente in contrasto con il primo. Per affrontare tutti gli aspetti problematici di tale tipologia di reati, il presente lavoro è strutturato in più parti: nella prima sezione affronteremo l’analisi dei concetti generali e antropologici che hanno portato alla definizione del concetto di reato culturalmente motivato, ossia il concetto di cultura e di conflitto culturale. Nella seconda parte verrà posto il rilievo il principio di tolleranza e le strategie che possono essere d’aiuto nel cercare di raggiungere una convivenza pacifica e rispettosa delle culture differenti dalla nostra. In seguito, dopo aver analizzato il panorama europeo di fronte ai reati culturalmente motivati, si passerà ad un’analisi più specifica del caso italiano attraverso la descrizione dei reati concernenti l’abbigliamento rituale, il delitto di mutilazioni genitali femminili, il delitto di impiego di minori nell’accattonaggio e infine le violenze in famiglia. Infine nell'ultima sezione verrà preso in considerazione il reato culturalmente motivato all’interno della struttura quadripartita del reato: si analizzerà quindi la valenza assunta dalla motivazione culturale nel sistema giuridico a livello di tipicità, antigiuridicità, colpevolezza e punibilità. Tutto ciò per vedere se sia possibile concedere un’effettiva protezione al “diritto alla propria cultura” o se esso debba essere messo da parte di fronte alla lesione di beni giuridici considerati di valore fondamentale dalla maggioranza degli italiani.
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Mi chiamo Dalia Zin Eddin e propongo la mia tesi magistrale in Diritto Penale intitolata 'Il delitto di Incesto. Tra morale e diritto' grazie alla quale mi sono laureata con un'ottima valutazione di 108/110. Per presentare sinteticamente le argomentazioni di questa tesi, partiamo dal concetto di incesto che, come ben si sa, varia nelle sue manifestazioni da cultura a cultura e da ordinamento ad ordinamento e, nonostante ciò dipende da molteplici fattori. L’incesto è socialmente ripudiato e nondimeno diversi studi etnologici hanno mostrato la caratteristica di sostanziale 'universalità' della refrattarietà nei confronti delle relazioni incestuose e dei rapporti sessuali tra i membri dello stesso nucleo familiare, dai più vicini a quelli meno prossimi. In questa tesi si ci si propone di fornire una rappresentazione fedele e dettagliata del fenomeno dell’incesto all'interno dell'ordinamento italiano e di quali problemi presenti, oggi, una fattispecie delittuosa – costruita sul vischioso concetto di 'pubblico scandalo' - ancorata a paradigmi di tutela non più attuali, come, in particolare 'la moralità pubblica'. Auguro una buona lettura!
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Il reato di maltrattamenti in famiglia contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), ha come obiettivo primario la tutela della salute e dell’integrità psicofisica dei soggetti che appartengono all’universo familiare e para- familiare. La disposizione, dopo vari cambiamenti che si sono susseguiti, anche a livello storico e culturale, fin dai codici preunitari, ad oggi si rifà principalmente alla riforma del 2012, che ha conferito alla fattispecie in esame una portata più ampia e generale. La norma, trova collocazione nell’undicesimo titolo del secondo libro del codice penale, all’interno del capo IV, intitolato “dei delitti contro l’assistenza familiare”; proprio tale sistemazione ha dato vita, negli anni, a numerose critiche che, in primo luogo, hanno riguardato la collocazione sistematica della norma, e successivamente, sono andate a ricomprendere anche altre questioni, inerenti al bene giuridico tutelato dal reato stesso.
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Tesi per la facoltà di giurisprudenza, dell'università degli Studi di Firenze - Unifi elaborata dall’autore nell’ambito del corso di diritto penale tenuto dal professore Cingari dal titolo I delitti di pornografia minorile: tra esigenze di tutela e principi di garanzia. Scarica il file in formato PDF!
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Esame Diritto penale minorile

Facoltà Scienze politiche

Dal corso del Prof. M. Sirimarco

Università Università degli Studi di Bologna

Tesi
Tesi per la facoltà di scienze politiche, dell'università degli Studi di Bologna - Unibo, elaborata dall’autore nell’ambito del corso di Diritto penale minorile tenuto dal professore Sirimarco dal titolo Il minore e la devianza. Scarica il file in formato PDF!
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Esame Diritto dei detenuti

Facoltà Giurisprudenza

Dal corso del Prof. S. Talini

Università Università degli Studi Roma Tre

Tesi
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Tesi per la facoltà di giurisprudenza, dell'università degli Studi Roma Tre - Uniroma3, elaborata dall’autore nell’ambito del corso di Diritto dei detenuti e Costituzione tenuto dalla professoressa Talini dal titolo Il diritto delle donne detenute nel sistema costituzionale . Scarica il file in formato PDF!
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Il presente elaborato si è posto l'obiettivo di determinare una preliminare analisi storica e legislativa sull'evoluzione del concetto di terrorismo nazionale e internazionale, noncché offrire un'opportuna e approfondita disamina sulle fattispecie codicistiche volte al contrasto del fenomeno.
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Esame Diritto penale II

Facoltà Giurisprudenza

Dal corso del Prof. M. Riverditi

Università Università degli studi di Torino

Tesi
Tesi di laurea in diritto penale, incentrata sul reato di tortura in Italia. Si sottolinea la mancanza di un'apposita normativa interna, nonostante gli impegni internazionali presi, a partire dal 1984. Un capitolo è dedicato alle associazioni che si sono occupate dell'argomento.
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La tesi si divide in 4 capitoli i cui titoli sono: 1. La funzione rieducativa della pena; 2. Pena fuori dal carcere: le misure alternative alla detenzione; 3. L’affidamento in prova al servizio sociale; 4. Il servizio sociale in ambito penitenziario; Scarica il file in formato PDF!
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