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Soprattutto a partire dal XIV secolo, la pena di morte, le mutilazioni gravi e la
tortura divennero le misure più comuni e le esecuzioni divennero ancora più brutali
e spietate. Le pene hanno ora per oggetto il corpo del condannato e le esecuzioni
pubbliche diventano un mero e macabro spettacolo che attrae le folle. Furono le
masse a richiedere modalità di esecuzione delle pene e supplizi sempre più crudeli,
in quanto le esecuzioni rappresentavano per loro una forma di spettacolo e di
divertimento. Si rafforzava, così, anche il disequilibrio tra il suddito che aveva
disobbedito alla legge e la potenza del sovrano, che incarnava la legge stessa.
Difatti, il supplizio e l’umiliazione del corpo del condannato rappresentavano
l’esibizione del potere sovrano e l’affermazione della sua supremazia. Il teatro del
terrore con la sua crudeltà, con l’ostentazione della violenza, fa conoscere al popolo
17
una giustizia armata, una politica della paura .
La finalità vendicativa continua a sopravvivere fino all’epoca moderna, in cui si
assiste ad una progressiva trasformazione del concetto di pena e di approccio nei
confronti del condannato. Lo Stato dell’epoca iniziò a considerare mendicanti,
prostitute e ladri come uno strumento dal quale ricavare profitto, risolvendo anche
il problema della mancanza di manodopera. Se all'inizio l'obiettivo primario era
quello di eliminare l'ingente massa impoverita e potenzialmente pericolosa
attraverso supplizi e pene corporali, i nuovi programmi si orientavano verso il suo
18
sfruttamento . In questo periodo nascono anche nuove istituzioni, le quali furono
progettate allo scopo di educare al lavoro i condannati, liberando al contempo le
16 Javier Leralta, La giustizia nel Medioevo: dalla gogna al patibolo, Storica National Geographic,
2022
17 Catia Alexandra Vieira, Le origini delle prigioni, 2008
Tesi di Laurea Magistrale in Scienze politiche e di governo, dal titolo “Punizione
18 e carcere:
un’analisi storico-filosofica”, di Anna Saibene, anno accademico 2013/2014
12
città: le workhouses o houses of correction, ovvero case di lavoro coatto, destinate
all’internamento dei poveri, nelle quali sono costretti a lavorare per un salario
davvero misero. La loro funzione è quella di tenere bassi i salari, abituare al lavoro
di fabbrica ma soprattutto servono come strumento di controllo sociale.
Il carcere/penitenziario ha origine proprio da queste “case di lavoro” o nelle
–
istituzioni analoghe ad esse, sviluppatesi in Europa nel corso del XVI XVII
nell’opera “Pena
19
secolo, analizzate da Rusche e Kircheimer e struttura sociale”.
Secondo questi autori, le ragioni che hanno portato alla regolamentazione delle
legislazioni e, quindi, ad un progressivo abbandono dell’idea di vendetta privata, ha
a che fare con la lotta borghese per la conquista del potere politico. Il carcere, però,
era ancora concepito come un luogo di custodia provvisoria per imputati in attesa
di giudizio o dell’esecuzione della pena. Solo verso la metà del XVIII secolo il
carcere fu inteso come luogo di espiazione delle pene detentive e acquistò rilevanza
20
sociale . 21
È col diritto canonico che il carcere si legittima come pena, la quale si accordava
alle finalità etico-religiose. Oltre alla riflessione e al pentimento, e quindi al
riavvicinamento a Dio e alla salvezza dell’anima, il carcere inizia a prendere il posto
dei supplizi come mezzo sanzionatorio e ad assumere la funzione di pena. Dunque,
è a cavallo tra Settecento e Ottocento (sotto la spinta del pensiero illuminista) che
il carcere si trasforma da strumento a carattere preventivo a luogo di detenzione in
; si compiono i primi passi verso l’umanizzazione della pena
22
forma sanzionatoria 23
ed emerge il ruolo della detenzione in sostituzione alle pene corporali .
19 Georg Rusche (Hannover 1900 - London 1950) e Otto Kirchheimer (Heilbronn 1905 - Silver
Spring 1965) sono due sociologi appartenenti alla Scuola di Francoforte (una scuola sociologico-
“Pena valutano l’evoluzione
filosofica di orientamento neomarxista) che in e struttura sociale”
della pena nel mondo occidentale.
20 Archivio di Stato, Il carcere e la pena, pdf
Il diritto canonico è l’insieme delle norme che disciplina l’ordinamento della Chiesa cattolica,
21
regolando l'attività della Chiesa cristiana e dei suoi fedeli, nonché le sue relazioni con la società
esterna. Le leggi della Chiesa sono raccolte nel nuovo Codice di diritto canonico promulgato da
Giovanni Paolo II nel 19831. Il diritto canonico è applicabile non solo a chi è ordinato (per
esempio i preti) ma anche ai laici che si sono sottoposti a quelle regole.
“Alternative alla detenzione: problemi e
22 Tesi di Laurea Magistrale in Giurisprudenza, dal titolo
prospettive”, di Luigi Scopelliti, anno accademico 2017/2018
Tesi di Chiara Ferronato, “Ma
23 sono uomini o detenuti? Lo stato di diritto dentro e fuori le mura
del carcere”, Istituto MEME, scuola di specializzazione in Scienze criminologiche, anno
accademico 2012/2013 13
1.2.3 Il secolo dei lumi
È contro la giustizia vendicativa, precedentemente citata, che nella seconda metà
L’Illuminismo ci
del XVIII secolo filosofi, giuristi, teorici del diritto si rivoltano.
porta verso la rivoluzione nell’istituzione penitenziaria; pian piano il principio
punitivo della pena lascia il posto a quello basato sulla rieducazione e
sull’umanizzazione del reo. Secondo questa prospettiva, la funzione principale della
detenzione doveva essere quella di correggere il comportamento del detenuto, non
24
attraverso la punizione ma la riabilitazione, aiutandolo a reinserirsi nella società .
Forte è la critica verso le pene corporali, che, rispetto alle norme dei secoli
precedenti, erano considerate intollerabili. Le nuove punizioni dovevano assicurare
il rispetto dell’umanità del condannato: umanità che diveniva limite e misura della
25
pena .
Questo cambiamento si deve alle trasformazioni che la società di quel tempo stava
vivendo. Il secolo dei lumi, infatti, è stata un’epoca di molti cambiamenti
socioeconomici: si ha un aumento demografico, cambia il tenore di vita e cambia
anche la criminalità che da un lato rimane associata alle differenti strutture sociali
ed economiche, dall'altro lato vede la nascita di nuovi crimini che riflettono un
nuovo tipo di società (quella industriale). Di conseguenza, anche la giustizia e la
al fine di dare ad ogni delitto una sua pena “giusta”.
sua applicazione si trasformano
Le sanzioni non possono più essere crudeli manifestazioni di vendetta ma devono
essere proporzionali all'azione criminosa. Il movimento per la riforma del diritto
penale puntava all’abolizione delle arretrate condizioni carcerarie e delle varie
teorie medioevali della pena, interessandosi soprattutto all’elaborazione di una
nuova concezione di pena e del sistema carcerario; nonché ad una nuova
interpretazione dell’individuo di fronte alla legge 26 . Non si tratta di punire meno,
ma di punire meglio; non è più il sovrano che si vendica di chi non lo ha rispettato
27
ma tutto il corpo sociale che si difende da un nemico, da una minaccia interna .
Tutto questo trova la sua più nota formulazione nell’opera di Cesare Beccaria 28 , il
saggio “Dei del 1764, che ben presto fu noto in tutta Europa e
delitti e delle pene”
24 Roberta Travia, Diritti umani e carcere, 2018
25 Michael Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Torino, Einaudi, 1976, pdf
26 Berzano L., Prina F., Sociologia della devianza, Carocci Faber, Roma, 2010
27 Catia Alexandra Vieira, Le origini delle prigioni, 2008
28 Cesare Beccaria, marchese di Gualdrasco e di Villareggio, è stato un giurista, filosofo,
economista e letterato italiano considerato tra i massimi esponenti dell’illuminismo italiano, figura
14
fu considerata come una delle opere più significative del secolo dei lumi e manifesto
dell’Illuminismo giuridico.
1.2.4 La pena secondo Cesare Beccaria
Il saggio “Dei continua a rappresentare una pietra miliare nella
delitti e delle pene”
storia del pensiero filosofico e giuridico relativo al settore della giustizia penale.
Come lo stesso Beccaria afferma, la sua intenzione era quella di occuparsi delle
. L’attenzione dell’autore è difatti incentrata sulle
29
leggi applicate nella sua epoca
questioni relative alle assurdità e alle atrocità delle leggi e delle condanne: vengono
criticate tutte le vecchie usanze incompatibili con i diritti dell’uomo; in particolar
modo si contesta l’uso della tortura, della pena capitale e tutte le pratiche
contrastanti con i principi individuali. Il testo si compone di 42 brevi capitoli,
ognuno dei quali tratta un tema specifico, alcuni tra i quali gettano le basi
fondamentali del diritto moderno.
Lo scopo complessivo è quello di dimostrare le deformazioni del sistema giuridico
vigente. Infatti, il sistema giudiziario descritto si serviva di abusi di potere, violenza
ingiustificata e soprusi anziché basarsi sul senso di giustizia. Non il benessere ma
la sofferenza della maggior parte dei cittadini è il risultato di una struttura giudicata
. L’opera rappresenta la vetta di un’evoluzione verso una società giusta,
30
irrazionale
composta di uomini liberi.
Lo stesso Beccaria riconosceva al carcere solo una funzione cautelare, pur
sottolineando la necessità di modifiche per armonizzarlo al principio di
colpevolezza. L’istituzione carceraria veniva anzi criticata dai riformisti:
innanzitutto perché costosa e priva di effetti sul pubblico; e poi perché il carcere
favoriva la recidiva e stimolava la creazione di reti delinquenziali.
Con la pubblicazione del volume “Dei e con l’affermarsi del
delitti e delle pene”
concetto di detenzione come pena e non come mezzo per l'esercizio della potestà
punitiva, si fanno strada diverse teorie che hanno il fine comune di razionalizzare
di spicco della Scuola Illuminista milanese. È stato un assiduo frequentatore dell’Accademia dei
Pugni, libera associazione di giovani patrizi aperti alle nuove idee, che sorse nel 1761 per
iniziativa di Pietro Verri. “Dei delitti e delle pene”
29 Prefazione di Vittorio Grevi in di Cesare Beccaria, RCS Libri S.p.A.,
Milano, 2010
30 Isabella Fantin, Dei delitti e delle pene: i temi del trattato di Cesare Beccaria, a 285 anni dalla
nascita, 2023, www.ristretti.it 15
le condizioni delle carceri e di cercare di abolirne gli aspet