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ANCHETTI
22 maggio 1978 n. 194, Padova, 1992, p. 124.
45 In merito all’errore a cui si potrebbe andare incontro, emblematico è quanto affermato da M.
L. B in Il conflitto sulla decisione della donna. Un confronto tra uomini e donne del Pci
OCCIA
sull’aborto, in Reti, 1988, pp. 3-4, 77-86, citata da S. R in La salute mentale tra libertà e
OSSI
dignità. Un dialogo costituzionale, Milano, 2015, p. 77, nota 262: «Dobbiamo eliminare un
equivoco: si confonde l’autodeterminazione con un diritto civile o di libertà e come tale
affiancabile ad altri diritti riconosciuti dallo Stato. Non è così, perché non c’è nessuna libertà né
alcun diritto all’aborto per la donna. C’è invece nel riconoscimento che la decisione è sua, una
ridefinizione dei rapporti di potere tra uomini e donne».
46 Particolare importanza acquista il conflitto che potrebbe sussistere tra gli interessi della donna
e quelli del nascituro. A proposito di ciò si rinvia alle considerazioni in merito di K. S ,
UMMERER
Libertà della donna e tutela del nascituro. Il conflitto materno-fetale nella prospettiva del diritto
penale, in Trattato di biodiritto, cit., p. 1623 ss. 31
“diritto del concepito alla vita”.
ha evocato un Per vero, con tale
espressione si è voluto semplicemente riconoscere il concepito quale
titolare di diritti inviolabili, che possono essere sacrificati solo in forza
di un bilanciamento con quelli alla salute e alla vita della madre.
Per quanto riguarda il riconoscimento di una capacità giuridica
del concepito in ambito civilistico si è posto il problema riguardo al
47
riconoscimento in capo ad esso di una parziale capacità giuridica .
48 49
Sul punto hanno argomentato sia la dottrina che la giurisprudenza
ponendosi su posizioni contrastanti.
Per quanto concerne la soggettività giuridica del concepito, essa
è stata successivamente riconosciuta da una sentenza della Corte di
Cassazione, la n. 10741/2009, orientamento rimasto tuttavia isolato. A
tal proposito un esempio può essere fornito dalla sentenza n.
25767/2015 con la quale la Corte ha affermato che «per proteggere
47 C. M. B , in Diritto Civile, La norma giuridica – I soggetti, vol. I, Milano, 1978, p. 283 ss.
IANCA
48 In dottrina, A. F , in La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, Milano, 1941, esclude
ALZEA
che il concepimento possa essere considerato valido ai fini dell’acquisto della capacità giuridica,
in quanto ritiene che la stessa sia una qualità non graduabile che dovrebbe essere riconosciuta o
negata per intero. C. M. B , in Diritto Civile, cit. attribuisce al concepito una capacità giuridica
IANCA
provvisoria che diverrebbe definitiva solo al momento della nascita. Contra, nella dottrina
tedesca, v. F. F , Extensive Anwendung des § 12 BGB? in JR, 1972, p. 15 ss.; F. G , in
ABRICIUS AZZONI
Manuale di Diritto Privato, La capacità giuridica. Il concepito. La nascita, cap. IX, Napoli, 2019, p.
121 ss.
49 Con sentenza Cass. 19 febbraio 1993, n. 2023, in Foro it., 1993, c. 2526, la Corte di Cassazione
civile ha affermato che la capacità giuridica si acquista con la nascita e si conserva fino al
momento della morte. In particolar modo, essa si ottiene al momento della separazione del feto
dall’alveo materno, sempre che sia nato vivo, poiché, a dire dei giudici il nato morto non può
essere considerato persona titolare di diritti e doveri. Cfr., anche Cass. 28 dicembre 1973, in Foro
it., 1974, I, p. 668, nella quale la Corte ha adottato un orientamento rigoroso sostenendo che le
norme poste a tutela dei diritti del nascituro sono di carattere eccezionale e quindi di stretta
interpretazione. 32
una certa entità non è indispensabile qualificarla come soggetto di
diritto».
Nel proseguo degli anni la Corte Suprema di Cassazione si è
anche soffermata sul criterio distintivo che bisogna utilizzare per
distinguere tra interruzione colposa di gravidanza e omicidio colposo
e ha ritenuto di identificare lo stesso con il momento in cui il feto
raggiunge la sua autonomia. Secondo i giudici, tale momento non
«richiederebbe una progressione del travaglio nella direzione della
fase espulsiva del parto» e per questo motivo, la morte del feto che
sopraggiunge a travaglio iniziato integra il reato di omicidio colposo,
nonostante il nascituro si trovi ancora nell’utero materno 50 .
Con una recente sentenza del 2019, la n. 27539 si è reputato che
il feto durante il travaglio sarebbe riconducibile al concetto di uomo.
Nello specifico i giudici hanno ritenuto di affermare che sia il reato di
–
omicidio che quello di infanticidio feticidio tutelano la vita
dell’uomo nella sua interezza. In tal senso, è possibile desumere ciò
50 La Corte, nel caso considerato, ritiene che il feto raggiunge la sua autonomia nel m omento in
cui si verifica la rottura del sacco contenente il liquido amniotico. In riferimento a ciò, Cass., sez.
IV, 29 gennaio 2013, n. 7967, in Ced., rv. 254431. Orientamento analogo si riscontra in, Cass., sez.
I, 10 ottobre 2013, n. 43565, in Riv. it. med. leg., 2014, p. 1 ss. Importante è la nota alla sentenza
di L. P , Osservazioni a Corte di Cassazione, in Riv. it. med. leg. e Dir. campo sanitario, 2014,
APALEO
pp. 1 – 252., ove l’Autore giudica «contraddittorio ritenere realizzata la fattispecie di procurato
aborto e non quella di omicidio – infanticidio, muovendo dall’assenza di segni di compiuta
respirazione nel feto, perché tale evento sovviene solo ed esclusivamente nel momento
conclusivo del parto». Per quanto riguarda i riferimenti dottrinali, v., M. Z , Interruzione
ANCHETTI
della gravidanza: profili penalistici, cit., p. 1689 ss., e I ., Il dovere di soccorso nel parto prematuro
D
e nell’interruzione di gravidanza, in Trattato di biodiritto, t. II, cit., p. 1749 ss.
33 dall’art. 578
notando che la locuzione «cagiona la morte» adoperata
c.p., appare identica a quella adottata per il reato di omicidio. Per
conseguenza «si può cagionare la morte soltanto di un essere vivo».
Il legislatore, quindi, ha sostanzialmente riconosciuto anche al
«la morte è l’opposto
feto la qualità di uomo vero e proprio, giacché
All’interno della decisione si legge l’art. 578
della vita». inoltre che
c.p. specifica cosa sia da comprendere nel concetto di «uomo» quale
soggetto passivo del reato di cui all’art. 575 c.p. In particolar modo,
viene incluso anche il feto nascente e si stabilisce che prima di tale
limite la vita del concepito viene tutelata dal reato di procurato aborto.
La Corte riflette inoltre sull’utilizzo del termine feto presente nel
dettato normativo dell’art. 578 c.p., ritenendo che esso sia «usato
impropriamente, perché il nascente vivo non è più feto, né in senso
biologico, né in senso giuridico, bensì persona» e pertanto nel caso di
uccisione volontaria a seguito di parto naturale o provocatamente
immaturo, tale condotta integra il reato di omicidio o feticidio a
51
prescindere dalla durata della gestazione .
51 Cass., sez. IV, 30 gennaio 2019, Greco, in Cass. pen., n. 12/2019, p. 4292, con nota di E.
B , L’inizio della vita penalmente rilevante nella responsabilità del sanitario per omicidio
OZHEKU
colposo: il discrimine tra aborto, feticidio ed omicidio, p. 4297.
34
3. Dagli art. 17 e 18 della L. 194/1978 alle fattispecie
codicistiche a tutela della maternità.
all’aborto
Le norme relative contenute nel Codice Rocco
l’entrata in vigore
rimasero in vigore anche dopo della Costituzione
trent’anni prima.
per circa
La svolta si ebbe con la l. 22 maggio 1978, n.194 (Norme per la
tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della
gravidanza) che rappresentò un importante passo in avanti nella
legislazione dell’epoca. I fattori che condussero all’introduzione della
normativa furono molteplici. Principalmente rilevava il fatto che la
repressione dell’aborto come reato aveva incontrato importanti limiti.
Si pensi alle ipotesi nelle quali alcuni medici, per favorire coloro
che volevano abortire, dichiaravano spontanei aborti che in realtà
erano stati praticati clandestinamente. Anche i giudici sollecitarono il
cambiamento in vario modo; essi, infatti, riscontravano difficoltà
nell’applicazione della normativa pregressa. Infine, non meno
pubblica.
importanti furono le spinte provenienti dall’opinione Le
le quali nella società dell’epoca
donne, sia povere che ricche,
potevano spesso trovarsi a dover ricorrere a tale pratica anche per
sfuggire al peso dello stigma sociale che di fatto si trovavano a
35
all’aborto clandestino.
sostenere da sole, ricorrevano talora I numeri di
tale pratica aumentarono vertiginosamente nel corso degli anni e ciò
emerse come un problema da risolvere urgentemente. La differenza di
classe sociale aveva avuto un notevole peso circa i metodi utilizzati
per l’esecuzione della pratica stessa. Le donne appartenenti ad una
classe sociale meno agiata utilizzavano rimedi come impacchi di
prezzemolo, ferri da lana oppure si affidavano a mammane che
praticavano il famoso “metodo Karman” 52 e spesso ciò costava loro
l’arresto. Altre volte invece, tale pratica conduceva ad un esito
infausto causando la morte. Inoltre, in un contesto caratterizzato dalla
povertà era spesso il marito a decidere se e quando la donna dovesse
53
abortire . In riferimento invece ai metodi praticati dalle donne più
quest’ultime si affidavano o a cliniche di lusso oppure si
abbienti,
spostavano verso Paesi in cui l’aborto era consentito.
Un’importante novità che influenzò il dibattito in merito
all’introduzione di una legge sull’interruzione volontaria della
gravidanza che potesse superare il vecchio regime fu rappresentata
52 Si trattava di un metodo poco costoso, semplice e indolore che doveva essere praticato entro
l’ottava settimana mediante aspirazione. Per una descrizione si legga l’articolo, Ieri abbiamo
assistito ad un aborto eseguito con il metodo Karman, in «Il manifesto», 13 febbraio 1975, p. 1.
Sull’argomento v. inoltre L. P , La coscienza nel corpo. Donne, salute e medicina negli anni
ERCOVICH
Settanta, Milano, 2005, pp. 82-83.
53 Riguardo alle pratiche di aborto clandestino, interessante è quanto si legge nell’articolo di
L. P , Quando la legge non c'era. Storie di donne e aborti