CAPITOLO III
STRUMENTI DELLA COOPERAZIONE INVESTIGATIVA
EUROPEA
1. L’evoluzione della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia
penale
Nonostante l’iniziale mancanza di interesse della Comunità Economica
Europea nel settore penale, dalla seconda metà del XX secolo sono emerse
varie forme di cooperazione, promosse dal Consiglio d’Europa e da aree
sub-europee, che hanno dato luce ad iniziative in materia penale quali: il
Trattato di Benelux sull’estradizione e l’assistenza giudiziaria in materia
penale del 1962 e la Convenzione europea per la repressione del terrorismo
del 1977.
Le prime forme di cooperazione di polizia hanno ricevuto un impulso
significativo con quella che può essere definita “attività europea
d'emergenza” a seguito dei noti attacchi terroristici del 1972 avvenuti nel
230
corso dei giochi della XX Olimpiade di Monaco di Baviera. Questi eventi
hanno portato alla consapevolezza che le azioni repressive dei singoli stati
non sono sufficienti per affrontare fenomeni transnazionali legati ai serious
crimes, in particolare il terrorismo.
Così, nel dicembre 1975, durante il Consiglio europeo di Roma, fu istituito il
“gruppo Trevi” : un forum intergovernativo composto dai ministri degli
231
interni dei vari Stati membri, con l’obiettivo di combattere la criminalità
organizzata e reprimere il terrorismo. Il gruppo si caratterizzava per essere
Così individuata da B , La cooperazione investigativa in ambito europeo.
230 ARROCU
Da Eurojust all’ordine di indagine, cit., p.1.
L’origine del nome del gruppo o forum è controversa. Alcuni sostengono che
231
derivi dal luogo della prima riunione, tenutasi a Roma vicino alla famosa Fontana
di Trevi, su iniziativa del ministro degli esteri britannico Mr. Callaghan e presieduta
dal membro olandese Mr. Fonteijn, il cui cognome significa “fontana"” Altri
ritengono che il nome sia un acronimo riferito agli ambiti repressivi di competenza
del gruppo: terrorismo, radicalismo, estremismo e violenza internazionale.
100
un’iniziativa confidenziale tra stati, a cui restavano estranee le istituzioni
comunitarie, ed era contraddistinto dall’informalità degli incontri e dalla
segretezza dei lavori , questa situazione perdurò almeno fino al 1989,
232
quando fu proposto un programma di lavoro noto come il Documento di
Palma, che segnò l’inizio di una cooperazione inserita nei canali ufficiali
europei. L’ammissione formale della Commissione europea ai lavori
rappresentò l’evoluzione del gruppo nel “Trevi 1992” e portò all’adozione di
un pubblico Programma di azione per il rafforzamento della cooperazione in
materia di polizia e nella lotta al terrorismo e altre forme di criminalità
organizzata.
Tuttavia, il ruolo ricoperto da tale gruppo, non va particolarmente enfatizzato,
poiché le difficoltà riscontrate nel raggiungere un accordo tra gli Stati 233
hanno rappresentato per molti anni un serio ostacolo allo sviluppo di una
cooperazione effettiva all’interno della “piccola Europa” .
234
Parallelamente, emersero altre iniziative intergovernative mirate a
intensificare la collaborazione tra gli Stati. Tra queste, spicca il gruppo di
cooperazione politica europea (CPE), che cercava di raggiungere un accordo
L’attività del gruppo Trevi, caratterizzata dalla mancata pubblicazione dei
232
contenuti delle riunioni, era avvolta da una tale aura di mistero da portare alcuni
studiosi a descriverla come la “zona grigia” della cooperazione politica tra gli stati
membri. N , European Political Cooperation, Oxford 1992, p.300.
UTTALI
A tal proposito, è emblematica la vicenda della settima conferenza dei ministri
233
della Giustizia e dell’Interno dei paesi CEE del 21 e 22 giugno 1985, durante la
quale il gruppo Trevi si riunì dopo due anni di inattività a seguito dei tragici fatti
dell’Heysel. Nell’incontro emerse una forte volontà di intensificare la
collaborazione nella lotta al terrorismo e la necessità di un continuo scambio di
informazioni. Tuttavia, diversi Stati sollevarono difficoltà riguardanti la
divulgazione del segreto istruttorio e la costituzione di una segreteria generale del
gruppo, rinviando tale questione alle istituzioni europee. Ma il dato più significativo
fu l’esclusione di operazioni congiunte tra Stati per contrastare il narcotraffico
internazionale. Si ritenne infatti che le differenze tra gli ordinamenti interni
rendessero impossibile un’azione comune, compromettendo il ruolo delle forze
speciali che stavano nascendo in diversi paesi europei per affrontare il crimine
legato agli stupefacenti.
Per “piccola Europa” si intendono i paesi appartenenti prima alle comunità
234
europee e oggi all’Unione europea, a differenza della “grande Europa”, composta
da Stati che fanno parte del Consiglio d’Europa.
101
politico minimo necessario per il processo di liberalizzazione commerciale
avviato con il Trattato di Roma. Tra le iniziative del CPE in materia di
235
cooperazione giudiziaria vi furono cinque progetti di convenzioni
riguardanti: il principio del ne bis in idem, il trasferimento di persone
condannate, la trasmissione delle richieste di estradizione, la comunicazione
dei procedimenti repressivi e l’esecuzione delle condanne penali.
Tuttavia, le prerogative individuali degli Stati, radicate nelle forme
tradizionali di cooperazione basate sull’assolutismo della sovranità nazionale
e sul principio di territorialità, impedirono di ottenere l’accordo di tutti i Paesi
membri e la conseguente entrata in vigore delle convenzioni, per questo
motivo, si può parlare di una “cooperazione meramente virtuale” .
236
Ad ultimo, prima di Schengen, nell’evoluzione della cooperazione
giudiziaria in materia penale, un momento di particolare rilievo corrisponde
alla firma dell’Atto unico europeo , avvenuta il 17 febbraio 1986 a
237
Lussemburgo. Questo documento rappresenta la prima modifica sostanziale
al Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea. Nel preambolo,
gli stati esprimono la volontà di creare un’Unione con un ampliamento delle
competenze comunitarie nei settori della sicurezza comune e della politica
estera. Tra le modifiche istituzionali, si delineano nuove modalità decisionali
che modificheranno significativamente la struttura dell’Unione Europea:
aumenta il numero di casi in cui il Consiglio può decidere a maggioranza
qualificata, anche se ancora limitatamente al mercato comune, sancendo
formalmente l’esistenza del Consiglio e potenziando il ruolo del Parlamento
europeo. 238
M , La politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, in Dir. Un. eur.,
235 ARTINI
2002, 383.
W , Storia della cooperazione, in (a cura di) K , Manuale di
236 EYEMBERGH OSTORIS
procedura penale europea, Milano 2017, p.198.
L’Atto unico europeo è entrato in vigore il 1° luglio 1986.
237 B , La cooperazione investigativa in ambito europeo. Da Eurojust
238 ARROCU
all’ordine di indagine, cit., p.5. 102
1.1. La Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen
Al fine di comprendere come il crescente interesse per forme più efficaci di
cooperazione penale tra stati coincida con le nuove esigenze legate
all’abolizione delle frontiere tra i paesi della Comunità europea, è utile
considerare il momento in cui cinque stati membri (Francia, Belgio,
Lussemburgo, Germania e Paesi Bassi) stipularono gli accordi di
Schengen. In questi accordi furono introdotte disposizioni che
239
rappresentarono un’importante innovazione e un’anticipazione delle
tematiche che sarebbero, poi, divenute il centro nevralgico dello spazio di
libertà, sicurezza e giustizia. L’accordo concluso il 14 giugno 1985 - in vigore
dal 2 marzo 1986 - da successivamente vita alla Convenzione di applicazione
dell’Accordo di Schengen il 19 giugno del 1990, a cui un numero crescente
240
di stati ha deciso di aderire.
È con la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (CAAS) che
emergono le prime forme di cooperazione rafforzata tra le forze di polizia e
giudiziarie. Per quanto riguarda la cooperazione di polizia, gli artt. 40 e
241
41 della CAAS consente l’osservazione e l’inseguimento transfrontalieri
242
B , La cooperazione investigativa in ambito europeo. Da Eurojust
239 ARROCU
all’ordine di indagine, cit., p.6.
Convenzione entrata in vigore il 26 marzo 1995.
240 Ai sensi dell’art. 40 della CAAS, gli agenti di polizia di uno degli Stati membri
241
“che nell’ambito di indagine giudiziaria tengono sotto osservazione nel loro paese
una persona che si presume abbia partecipato alla commissione di un reato che può
dar luogo ad estradizione, sono autorizzati a continuare questa osservazione nel
territorio di un’altra Parte contraente se quest’ultima ha autorizzato l’osservazione
transfrontaliera in base ad una domanda di assistenza giudiziaria preventivamente
presentata”.
L’art.41 della Convenzione stabilisce che “Gli agenti di una delle Parti contraenti
242
che, nel proprio paese, inseguono una persona colta in flagranza di commissione di
uno dei reati di cui al paragrafo 4 o di partecipazione alla commissione di uno di
tali reati, sono autorizzati a continuare l’inseguimento senza autorizzazione
preventiva nel territorio di un’altra Parte contraente quando le autorità competenti
dell’altra Parte contraente non hanno potuto essere previamente avvertite
dell’ingresso in detto territorio, data la particolare urgenza, mediante uno dei mezzi
di comunicazione previsti all’art. 44, o quando tali autorità non hanno potuto recarsi
sul posto in tempo per riprendere l’inseguimento”.
103
da parte delle forze di polizia. Invece, in merito alla cooperazione giudiziaria,
la Convenzione introduce e regola il principio del ne bis in idem a livello
comunitario. Gli artt. 54 e 55 della Convenzione, che trattano questo
principio, sono stati considerati dalla Corte di giustizia pienamente
compatibili con i principi fondamentali dell’ordinamento, anche dopo
l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e la conferma dell’efficacia
vincolante della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il cui art.
50 sancisce il divieto di ne bis in idem al massimo livello delle fonti
europee.
243
Pertanto, risulta evidente la necessità di fornire ai Paesi membri strumenti di
cooperazione più effic
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