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Appunti degli studenti per corsi ed esami del Prof. Sechi Paola

Il regime detentivo speciale di cui all’art. 41 Bis della legge 26 luglio 1975 n.354 (O.P.) costituisce indubbiamente un tema quanto mai attuale e assai dibattuto dall’opinione pubblica. Prima di volgere l’attenzione sulle peculiarità del regime in questione è doveroso ripercorrere brevemente le ragioni che hanno portato alla sua introduzione. All’indomani delle stragi di mafia di Capaci e via D’Amelio dei primi anni novanta, il legislatore ha dovuto prendere atto della risposta insufficiente dei regimi detentivi ordinari rispetto alla repressione della capacità criminale delle organizzazioni di stampo mafioso. Si è toccato con mano come, in costanza di detenzione, i capi mafia non vedevano diminuito, ma anzi paradossalmente accresciuto, il proprio potere direzionale riuscendo a colpire lo Stato ai suoi massimi livelli. Il legislatore ha perciò affidato al secondo comma dell’art.41 Bis O.P. il compito di rispondere a tale esigenza: evitare, o quanto meno ostacolare, contatti e comunicazioni tra esponenti detenuti della criminalità organizzata con quelli ancora operanti all’esterno. Tale regime, definito di “carcere duro”, mira, infatti, attraverso la sospensione delle normali regole trattamentali e con la previsione di severe limitazioni, a rendere impermeabile la struttura carceraria rispetto a possibili contatti con la realtà esterna. Ciononostante, accertata la necessità dell’istituto in un’ottica di neutralizzazione dei detenuti per reati di stampo mafioso, si è discusso, e tutt’ora rappresenta una questione dibattuta, la compatibilità di tale regime con i principi cardine del nostro ordinamento. L’estrema afflittività della misura suscita interrogativi in ordine ai limiti entro i quali possono essere compressi i diritti fondamentali degli individui a favore di esigenze di prevenzione e di sicurezza. Nello specifico, appare estremamente arduo trovare un punto di equilibrio tra le due esigenze antitetiche. Il riconoscimento di esigenze general - preventive ha fatto sì che il regime ex art. 41 Bis O.P. venisse incanalato all’interno dei confini della legittimità costituzionale: la compressione dei diritti fondamentali del detenuto si giustifica in quanto volta a realizzare obiettivi di tutela dell’ordine e della pubblica sicurezza, secondo la logica del bilanciamento. La Corte Costituzionale, chiamata più volte a pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 41 Bis comma 2 O.P., ha sempre “salvato” la norma riconoscendo come valore precipuo la finalità perseguita di contenere la pericolosità della tipologia di detenuti in discorso. L’immediata percezione dell’efficacia della disposizione, confermata dalla risposta terroristica di Cosa Nostra, ha fatto sì che la misura da “risposta emergenziale” sia divenuta uno strumento permanente di prevenzione speciale.
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