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Effetti della disinfezione sui microrganismi
(N, P);- alterazione della natura colloidale del protoplasma; calore e radiazioni coagulano le proteine delle cellule, acidi e alcali denaturano queste proteine;- inibizione dell'attività enzimatica: agenti ossidanti che alterano e deattivano gli enzimi (es. cloro);- alterazione del DNA (radiazioni UV). Esistono molti tipi di microrganismi, ci si riferisce sempre ai batteri. Elminti e protozoi sono una casistica a parte, in quanto i sistemi di depurazione sono meno efficaci. La qualità dei disinfettanti si stabilisce in base alla capacità di eliminare E.coli. 16ª Lezione di Ecologia Applicata, di Lorenzo Di Palma Continuando la disinfezione E.coli viene utilizzato come indicatore di inquinamento fecale e possibile patogenicità, nonostante non sia dannoso (nell'intestino), ma poiché vive in condizioni simili a molti altri agenti patogeni (non necessariamente di origine fecale), viene utilizzato come metro di paragone (se eliminiamo E.coli molto
probabilmente elimineremo altri patogeni). Molti altri batteri presenti nel nostro intestino si ritrovano necessariamente nelle acque fecali, ma sono dannosi solo oltre una certa carica, parliamo infatti di dose minima infettante (nel caso di E.coli, parliamo di 10 cellule in 10mL). Lo stesso per i cibi: siamo pieni di Salmonella nel nostro intestino, ma se ingeriamo un cibo dove esso ha proliferato, allora ci sono problemi.
Un virus è di difficile di rilevazione, oltretutto con la PCR noi distruggiamo il virus, vediamo un frammento di DNA virale, non sappiamo se il virus è ancora vivo e può replicarsi; per capirlo necessitiamo di studi su colture cellulari.
Per questi motivi utilizziamo come riferimento E.coli.
Quando parliamo di potenziali rischio igienico-sanitari dobbiamo necessariamente contestualizzare la situazione: se in un bacino di utenza si verifica una contaminazione qualsiasi, nelle acque reflue si osserveranno cariche batteriche; ma se abbiamo contaminazione
abbiamo maggior uso di disinfettante. Talvolta possono emergere problemi legati ai parassiti pluricellulari (in paesi del terzo mondo, come l'India), come Ascaridi, che spesso hanno un alto tasso di riproduzione, o dei protozoi, capaci di produrre cisti molto resistenti; quindi anche la concentrazione delle acque reflue e lo scarico degli impianti di depurazione può agire come metodo di diffusione. Il disinfettante ideale dovrebbe essere:- efficace a dosi molto limitate e con largo spettro d'azione;
- dotato di azione molto rapida e di effetto persistente nel tempo;
- privo di tossicità residua (diretta ed indiretta);
- di impiego facile e senza rischi per gli operatori;
- utilizzabile senza necessità di particolari accorgimenti;
- economico;
- facilmente dosabile e ben conservabile in forma concentrata (per i disinfettanti chimici).
La tossicità dipende da diversi fattori:
- La natura del microrganismo (batteri, virus, protozoi)
- La natura del disinfettante
- Condizioni al contorno, quali:
- pH
- Temperatura
- Tempo di contatto
- Presenza di altre sostanze (che possono interferire)
- Livello di miscelazione
Tecniche microbiologiche
Tradizionalmente i batteri vengono contati con metodi classici con conta in piastra; questo funziona bene per batteri fecali ma non funziona del tutto per altri tipi di batteri, spesso andiamo a sottostimare (circa il 10% della carica reale); la sottostima deriva dal fatto che noi contiamo i batteri capaci di formare colonie, ma spesso durante la conta sono presenti fenomeni di stress che bloccano la crescita batterica. Notiamo quindi una certa inadeguatezza delle tecniche microbiologiche tradizionali.
Esistono metodi interessanti basati su citometria di flusso e coloranti fluorescenti che distinguono tra batteri morti e vivi, sono tuttavia complessi, costosi e non funzionano se come disinfettanti
utilizziamo raggi UV, che distruggono il DNA. Sottoprodotti della disinfezione Negli anni '70 in USA hanno scoperto cloroformio alla valle dello scarico ma non a monte: il cloroformio era proprio un sottoprodotto della disinfezione. Sostanze chimiche, organiche o inorganiche che si possono formare durante la reazione di un disinfettante, quale il cloro con materiale organico naturalmente presente nell'acqua. Le sostanze organiche presenti nelle acque possono derivare dalla decomposizione di organismi vegetali. Questo è un problema: se noi dosiamo correttamente un disinfettante ed osserviamo comunque organico nell'effluente, è comune che si generino sostanze tossiche. Questo dipende dal tipo di disinfettante, temperatura, tempo di utilizzo, concentrazione, tipo di sostanza organica nel refluo. In base al tipo di disinfettante possono generarsi sottoprodotti differenti: Tra i più importanti il cloro. Sottoprodotti organici, altri inorganici. Spesso nel processo utilizziamo raggi UV, che distruggono il DNA. Sottoprodotti della disinfezionedi clorazione usiamo ipoclorito di sodio, o candeggina, il principio attivo è l'acido ipocloroso: pH = 6a abbiamo solo acido ipocloroso, all'aumentare del pH, a temperature costanti, inizia ad aumentare la forma ionica, lo ione ipoclorito, che è meno attivo come disinfettante. Le concentrazioni di cloro attivo sono in genere inferiori ai 10mg/L: si rispettano i limiti restrittivi nella concentrazione di acque reflue, è importante che ci sia una buona miscelazione. I bacini di contatto sono vasche rettangolari con setti divisori per cui il liquido viene forzato a percorrere una serpentina (in testa un agitatore): Per migliorare la clorazione bisogna che l'effluente sia povero di solidi sospesi ed ammoniaca. Nella prima parte della curva rossa, il cloro si associa all'ammoniaca, a formare le clorammine, composti dalla poca efficacia disinfettante. Noi dosiamo cloro fin quando non consumiamo tutti lo ione ammonio e tutti i composti clororganici eclorammine. Spesso si attua la clorazione a valle di una buona nitrificazione, per evitare la formazione diclorammine ed altri composti tossici.
Sottoprodotti della clorazione
Gli alogenuri di cianogeno dipendono nella formazione in base al composto da degradare. I composti sono posti in ordine di concentrazione, dalla maggiore scendendo verso la minore.
Per quanto riguarda i THM, si tratta di sostanze classificate come potenziali cancerogeni.
Oggigiorno la clorazione viene vista male, ci si rivolge verso sistemi con meno rischi.
Il biossido di cloro è un prodotto che si deve generare in loco, con medesimo meccanismo dell'ipoclorito; agisce bene a dosi basse ed in tempi brevi, genera meno sottoprodotti, ma non viene mai utilizzato per problemi legati a gestione e produzione in loco.
Per dosi basse abbiamo alte rimozioni. Le rimozioni sono espresse in logaritmi, in quanto la stima carica batterica avviene in termini di ordini di grandezza.
Una buona soluzione è rappresentata
dall'uso di acido peracetico (spesso in miscela con acido acetico e perossido di idrogeno):Effetto indipendente dalla concentrazione di solidi sospesi, o comunque non è influenzato in concentrazioni di riferimento. Non genera sottoprodotti pericolosi. L'unico difetto è il costo (fino a 2-4 volte il cloro necessario, occorrono dosi più alte).
L'acido peracetico:
- è un liquido incolore;
- presenta un odore pungente caratteristico;
- è solubile in acqua a tutte le concentrazioni;
- è solubile nella maggior parte dei solventi organici;
- oltretutto l'acido peracetico può facilmente sostituire il cloro nel trattamento senza dover sostituire l'impianto.
L'acido peracetico:
- presenta un effetto indipendente dai solidi sospesi (fino a 80 mg/L);
- non genera composti tossici quando si dissocia in acqua;
- influenza marginale delle condizioni di miscelazione;
- persistenza ridotta nel liquame depurato;
- aumenta il carico in uscita.