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ESSENZIALE:
Settore economico primario
Fonte di sostentamento globale
PROBLEMATICA:
Potenziale fonte di inquinamento
Impatto ambientale significativo
La realtà degli allevamenti intensivi e i liquami zootecnici
Negli allevamenti intensivi, che oggi rappresentano la maggioranza, gli animali non vengono
più allevati sulla lettiera di paglia, bensì su:
Griglie metalliche
Pavimentazioni in cemento (con fessure per il drenaggio)
Questa modalità di allevamento comporta due cambiamenti fondamentali:
1. Scomparsa del letame tradizionale (che conteneva paglia, con un rapporto
carbonio/azoto equilibrato)
2. Produzione di liquami zootecnici (composti principalmente da acqua e deiezioni,
con un rapporto C/N più basso)
Problemi legati ai liquami zootecnici
✔ Alto contenuto di azoto (urine e feci sono ricche di composti azotati)
✔ Forma liquida (facilita il dilavamento nel terreno)
✔ Sbilanciamento del rapporto carbonio/azoto (meno stabile del letame)
Gestione dei liquami
Trattamento aerobico (in alcuni casi, con produzione di biogas, riducendo l’impatto)
Smaltimento diretto sul terreno (pratica ancora diffusa, sfruttando il valore
fertilizzante)
Tuttavia, l’eccessivo apporto di liquami:
➔ Provoca sovraccarico di azoto nel suolo (oggi regolamentato con limiti per ettaro,
variabili in base alla sensibilità ambientale locale)
➔ Introduce metalli pesanti (soprattutto nei liquami suini, dove metalli come rame e zinco
vengono aggiunti all’alimentazione)
Fonti di inquinamento del suolo
Oltre ai liquami, altre principali fonti di contaminazione includono:
1. Concimi e fertilizzanti (con possibili residui di metalli e nitrati)
2. Fanghi di depurazione (utili per la sostanza organica, ma potenzialmente
contaminati)
3. Metalli pesanti (da attività mineraria, industrie, e liquami)
4. Pesticidi ed erbicidi (usati in agricoltura intensiva)
Effetti della contaminazione sul suolo
La presenza di sostanze inquinanti:
✔ Altera l’attività biologica (riducendo la capacità di trasformare la sostanza organica in
humus)
✔ Contamina le acque sotterranee e superficiali (per dilavamento e percolazione)
Altri fenomeni di degrado del suolo
Oltre all’inquinamento chimico, il suolo può subire:
1. Salinizzazione
Cause: Eccessiva irrigazione con acque saline
o Intrusione marina (nelle zone costiere, aggravata da siccità e
o sovrasfruttamento delle falde)
Conseguenze:
Alterazione dell’equilibrio osmotico (le piante non adattate perdono acqua e si
o seccano)
Necessità di maggiori volumi d’acqua per compensare (peggiorando il
o problema)
2. Compattazione
Cause: Meccanizzazione agricola eccessiva
o Calpestio animale intensivo
o
Conseguenze:
Ridotta infiltrazione dell’acqua
o Ostacolo alla penetrazione delle radici
o Perdita di porosità e fertilità
o
3. Erosione
Cause: Suoli in pendenza
o Piogge intense e vento
o Assenza di copertura vegetale
o
Conseguenze:
Perdita dello strato fertile superficiale
o Desertificazione progressiva
o
Conclusioni
Il suolo è una risorsa non rinnovabile nel breve periodo, e il suo degrado ha ripercussioni su:
Produttività agricola
Biodiversità
Qualità delle acque
Per preservarlo, servono:
✅ Pratiche agricole sostenibili
✅ Controllo degli apporti di nutrienti e contaminanti
✅ Protezione dall’erosione e dalla salinizzazione
La diminuzione della sostanza organica
Più l’agricoltura è intensiva, più si stimola l’attività di mineralizzazione della sostanza
organica da parte dei microrganismi. Ciò accade anche perché vengono apportati nutrienti
che, in parte, non sono assorbiti dalle piante ma utilizzati dalla microflora del suolo. Inoltre,
le lavorazioni del terreno favoriscono l’arieggiamento, incrementando ulteriormente l’attività
biologica.
Come già evidenziato, nella maggior parte dei casi il letame non è più impiegato. Al suo
posto si utilizzano fanghi di depurazione, compost o altri materiali alternativi. Tuttavia, in
molti contesti, il letame manca completamente, rendendo impossibile il ripristino della
riserva originaria di sostanza organica.
Quali sono le conseguenze?
In primo luogo, si verificano problemi alla struttura del suolo e alla sua capacità di scambio
cationico. La sostanza organica, insieme alla frazione più fine del suolo – l’argilla –
determina il potere colloidale, essenziale per bilanciare lo scambio di cationi. Questo
meccanismo è cruciale per rendere disponibili i nutrienti alle piante e per regolare la presenza
di metalli, che a basse concentrazioni sono essenziali ma a livelli elevati diventano tossici.
In sintesi, la riduzione della sostanza organica impoverisce il suolo e compromette le sue
funzioni vitali.
L’impermeabilizzazione e la contaminazione
Un ulteriore aspetto critico è l’impermeabilizzazione del suolo, senza trascurare il problema
della contaminazione, in particolare quella legata al fall-out atmosferico. Tuttavia, è proprio
con l’impermeabilizzazione e la conseguente perdita di suolo che si manifestano gli effetti più
evidenti dell’urbanizzazione. Quando si costruisce, il suolo viene sigillato, con una perdita
netta non solo della superficie, ma anche delle sue funzioni ecologiche. Torneremo su questo
punto in dettaglio più avanti.
La mappatura dei siti contaminati
Quella che vedete è una mappa risalente a circa un anno fa (2023), la più recente disponibile.
Raffigura i siti contaminati di interesse nazionale – definiti tali non per il loro pregio, ma
perché richiedono interventi urgenti e su larga scala per la bonifica.
È importante considerare che, sebbene oggi ci occupiamo di tutela ambientale, in passato
molti comportamenti dannosi erano frutto di ignoranza. Spesso la contaminazione è il
risultato di pratiche accumulate nel tempo, quando non si conoscevano gli effetti a lungo
termine dello smaltimento indiscriminato di rifiuti urbani e industriali. In alcuni casi,
mancavano persino le metodologie per analizzarli; in altri, invece, ci furono azioni
consapevolmente dannose. Il risultato è un’ampia rete di siti che necessitano di interventi.
Nel grafico, i pallini rappresentano l’estensione delle aree contaminate: quelli più piccoli
indicano superfici inferiori a 100 ettari, mentre i più grandi superano i 10.000 ettari. Le aree
terrestri sono indicate in arancione e giallo, quelle marine in blu. I siti sono classificati come
di interesse nazionale o regionale. La nota a fianco è significativa: si parla di quasi 150.000
ettari da bonificare a terra e oltre 77.000 in mare, numeri che evidenziano l’entità del
problema.
Effetti della contaminazione
La contaminazione ha impatti diversificati: le funzioni del suolo dipendono dalle sue
caratteristiche e dalla loro integrità, sia qualitativa che quantitativa. Dove c’è erosione, ad
esempio, il suolo viene asportato, compromettendone le funzioni. La prima di cui abbiamo
parlato è quella produttiva, che permette di generare biomassa. Come già sottolineato, spesso
le alterazioni ambientali sono valutate in relazione agli interessi umani – economici o di
salute pubblica – motivo per cui la capacità d’uso del suolo è stata studiata principalmente in
termini produttivi. Un suolo con alta potenzialità produttiva ha anche un elevato valore
ambientale, poiché può sostenere una vegetazione diversificata senza difficoltà.
Questa classificazione e le sue alternative
Questa non è l’unica classificazione esistente, ma è quella che prenderemo in esame
perché sviluppata dall’INTE (l’ente americano per la protezione del suolo) e
ampiamente utilizzata a livello internazionale. Anche in Italia, le carte pedologiche
regionali adottano criteri simili per classificare i suoli in base alla loro capacità d’uso.
Il valore produttivo è valutato in termini agro-silvo-pastorali, considerando sia le
caratteristiche intrinseche del suolo (struttura, fertilità) sia i fattori ambientali
(pendenza, erosione, inondabilità). Un suolo in pendenza, ad esempio, è più soggetto a
erosione, più difficile da coltivare e meno favorevole alla colonizzazione vegetale. Al
contrario, sebbene la pendenza possa migliorare l’esposizione al sole, i suoli soggetti a
frequenti inondazioni presentano problemi ben più gravi.
Cosa succede in un suolo inondato?
Saturazione idrica: gli spazi vuoti nel terreno si riempiono d’acqua, impedendo
all’ossigeno di raggiungere le radici.
Instabilità: il terreno diventa meno strutturato e più soggetto a fenomeni di
asfissia radicale.
Limitazioni per le piante: se l’inondazione persiste, la rizosfera (zona radicale)
subisce stress, compromettendo la crescita vegetale.
Le 8 classi di capacità d’uso del suolo
La classificazione prevede otto categorie, dove le prime rappresentano i suoli più
produttivi e le ultime quelli marginali o sterili:
1. Classi 1-4 (suoli agricoli)
a. Classe 1: suoli ottimali, con limitazioni minime e adatti a qualsiasi
coltura.
b. Classe 4: suoli con limitazioni severe, che richiedono colture specifiche e
pratiche gestionali attente.
2. Classi 5-7 (suoli per pascolo e forestazione)
a. Adatti a usi meno intensivi (es. prati naturali, boschi), con limitazioni
crescenti dalla 5 alla 7.
b. La vegetazione spontanea (come pascoli o foreste) è più tollerante rispetto
alle colture agrarie.
3. Classe 8 (suoli non produttivi)
a. Sterili o privi di suolo vero e proprio (es. rocce affioranti, calanchi,
ghiaioni).
b. Inadatti sia all’agricoltura sia alla vegetazione spontanea.
Conclusioni
Questa classificazione riflette l’adattabilità del suolo alle diverse attività umane e
naturali. Mentre i suoli delle prime classi sono una risorsa preziosa per l’agricoltura,
quelli delle ultime richiedono interventi di recupero o sono destinati a usi non
produttivi.
Quali sono questi fattori? Osservate qui la classificazione: i suoli
agricoli corrispondono alle prime quattro classi, i successivi tre gruppi
sono adatti a pascoli e forestazione, mentre l'ultima classe comprende i
cosiddetti suoli sterili. Questo sistema di classificazione è ormai
standardizzato e disponibile sui portali regionali - quello lombardo, ad
esempio, offre completa cartografia tematica sull'uso dei suoli agricoli e
forestali, includendo le definizioni delle terre steri