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Accanto a ciò, si precisa che il governo del territorio è materia di legislazione concorrente
tra Stato e Regioni.
A livello europeo, il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (2007) interviene
nel merito, definendo tra le finalità principali la promozione e la tutela dell’attività
agricola, del paesaggio e dell’ambiente. Tale formulazione può apparire parzialmente
contraddittoria, poiché — come già evidenziato — la tutela dell’ambiente e quella
dell’agricoltura non coincidono sempre negli obiettivi e negli effetti. Tuttavia, l’intento
dichiarato è quello di perseguire un equilibrio tra esigenze produttive e salvaguardia
ambientale.
Il suolo, come bene comune e risorsa non rinnovabile, svolge funzioni essenziali: produce
servizi ecosistemici, contribuisce alla prevenzione del dissesto idrogeologico e rientra nelle
strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Negli ultimi anni,
finalmente, le normative e le politiche hanno iniziato a considerare seriamente queste
funzioni, integrando criteri di sostenibilità.
A livello europeo, si promuove il riuso e la rigenerazione urbana, oltre alla limitazione del
consumo di suolo. L’obiettivo è ripristinare le funzioni naturali di aree già urbanizzate,
poiché l’espansione edilizia le ha sottratte al loro ruolo originario.
La tutela costituzionale dell’ambiente
Nel 2022, una modifica costituzionale ha sancito che la tutela dell’ambiente, della
biodiversità e degli ecosistemi è un principio fondamentale. In teoria, ciò impone che tutte
le attività economiche evitino danni alla salute e all’ambiente, e che la pianificazione
territoriale includa obiettivi ecologici. Tuttavia, questa disposizione è definita un "comando
precettivo", cioè vincolante anche in assenza di leggi specifiche.
Qui sorge un paradosso: il nostro sistema giuridico prevede che un reato esista solo se c’è una
norma violata consapevolmente. Dire che un principio va rispettato senza regolamentazione
concreta lo rende inefficace. Sebbene l’intenzione sia positiva, nella pratica mancano
strumenti attuativi.
Classificazione del consumo di suolo
Il consumo di suolo viene suddiviso in:
1. Permanente: coperture irreversibili (edifici, strade asfaltate, aeroporti, ferrovie, porti,
parcheggi impermeabilizzati, serre pavimentate, discariche).
a. Le discariche, in particolare, devono essere impermeabilizzate per evitare la
contaminazione delle falde.
2. Reversibile: superfici che possono essere ripristinate alla loro funzione originaria (es.
aree temporaneamente asfaltate).
3. Altre coperture non incluse nel calcolo del consumo di suolo (es. terreni agricoli non
edificati).
Conclusioni
Nonostante i progressi normativi, la discrepanza tra teoria e pratica rimane. Servono regole
chiare e meccanismi di controllo per rendere effettiva la tutela del suolo, contrastando il
consumo indiscriminato e promuovendo la rigenerazione.
Consumo di suolo: criteri di valutazione e dati allarmanti
1. Definizione e limiti del concetto di "consumo di suolo"
Attualmente, il consumo di suolo viene calcolato in modo funzionale, focalizzandosi sulla
sottrazione di superfici agricole a favore di urbanizzazione e infrastrutture. Questo
approccio, però, presenta due gravi limiti:
Esclude i suoli naturali (es. boschi, zone umide), benché anch’essi vitali per gli
ecosistemi.
Considera solo le trasformazioni pianificate: si calcola il rapporto tra nuove aree
urbanizzate e quelle già destinate a usi non agricoli, ottenendo una visione parziale.
Ad esempio:
Se un terreno agricolo diventa un parchezzo asfaltato, è conteggiato come consumo.
Se una foresta viene disboscata per un centro commerciale, non rientra nel calcolo,
poiché il suolo non era classificato come agricolo.
2. I dati ISPRA: un trend preoccupante
L’Osservatorio del Consumo di Suolo (ISPRA) monitora annualmente il fenomeno. Gli
ultimi dati (2022-23) rivelano:
72,54 km² consumati in un anno.
Solo 8,15 km² ripristinati.
Consumo netto: 64,8 km², di cui 14 km² permanente (edifici, strade).
3. Andamento storico: segnali contrastanti
Dall’analisi dei grafici ISPRA emergono tre fasi:
1. Fino al 2012: consumo "selvaggio", legato a una minore sensibilità ambientale.
2. 2012-2018: lieve calo (influenzato dalla crisi economica), seguito da una risalita.
3. 2021-23: picco nel 2021-22, con un leggero miglioramento nel 2022-23.
4. Problemi metodologici e necessità di riforma
L’attuale sistema:
Ignora la frammentazione degli habitat naturali (es. conversione di prati in
lottizzazioni).
Non distingue tra suoli di diversa qualità (es. un terreno agricolo fertile vale come
uno marginale).
Sottostima l’impatto climatico (impermeabilizzazione = minor assorbimento di CO₂
e aumento del rischio idrogeologico).
Serve un approccio integrato, che:
✔ Valuti tutti i suoli (non solo quelli agricoli).
✔ Includa indicatori ecologici (biodiversità, capacità di infiltrazione).
✔ Promuova rigenerazione obbligatoria (es. rinaturalizzazione di cave dismesse)
Analisi dei dati ISPRA sul consumo di suolo: tendenze e criticità
1. Intensità del consumo: i numeri chiave
Densità annuale: 2,4 m² di suolo consumato per ogni ettaro (0,34% di aumento
annuo).
Superficie totale consumata (2023): 7% del territorio nazionale (solo suoli agricoli
trasformati in urbanizzati).
Suolo utile compromesso: il 10% dei terreni agricoli di qualità (64% del totale
nazionale) è stato perso.
*(Fonte: elaborazioni ISPRA - Tabella 8, rapporto 2024)*
2. Andamento storico (2006-2023)
Suolo consumato pro capite:
Picco storico: 366 m²/abitante nel 2023.
o Trend in rallentamento, ma ancora critico.
o
Regioni più colpite:
Lombardia (massimo consumo, conflitto tra produzione industriale e
o agricoltura).
Veneto e Campania (alta pressione urbanistica).
o In 15 regioni, il consumo ha superato il 5% annuo del territorio.
o
3. Problemi metodologici e paradossi
Aree protette non sicure: Anche nei parchi è spesso consentita un’edificabilità
limitata (es. strutture turistiche).
Dati sottostimati:
Il calcolo esclude suoli naturali non agricoli (es. boschi convertiti in zone
o residenziali).
Non distingue tra suoli agricoli fertili e marginali.
o
4. Implicazioni
Agricoltura a rischio: Lombardia, Veneto e Campania perdono terreni cruciali per le
filiere agroalimentari.
Squilibri territoriali: Il consumo è concentrato nelle aree più produttive, aggravando
la competizione per il suolo.
Perché questi dati preoccupano?
Il rallentamento del trend non basta: servono politiche di rigenerazione obbligatoria
(es. riconversione di aree dismesse).
Urge un cambio di parametri per includere tutti i suoli (non solo agricoli) e valutare
impatti ecologici.
Consumo di suolo in Italia: dati allarmanti e tendenze recenti
L'Italia continua a perdere suolo naturale a un ritmo preoccupante. I dati più recenti
mostrano che:
1. Il quadro nazionale
L'aumento annuale complessivo è di 72,5 km² (equivalenti a circa 20 ettari al
giorno)
La situazione risulta particolarmente critica in alcune aree specifiche
2. Le zone più colpite
Record provinciali:
Provincia di Monza e Brianza: detiene il primato con il 41% del territorio già
consumato
Solo negli ultimi 12 mesi ha registrato un incremento di 45 ettari
o
Record comunali:
Città metropolitana di Cagliari: spicca il caso del comune di Uta con 105 ettari
consumati in un solo anno
Un dato particolarmente significativo considerando le dimensioni limitate
o del territorio comunale
3. Analisi geografica
Dall'esame delle mappe tematiche emergono chiaramente:
Le aree a più intenso consumo (rappresentate in colori marrone/bordeaux)
mostrano valori superiori al 30% nell'ultimo anno
I principali hotspot:
L'hinterland milanese (in particolare la provincia di Monza e Brianza)
o L'area napoletana
o La zona di Roma
o Uta
o
4. Dati regionali
Le tabelle riportano per ogni regione i tre comuni con il maggior consumo di suolo,
evidenziando come il fenomeno sia diffuso a livello nazionale.
5. Tendenze recenti
Sebbene il 2023 abbia mostrato un lieve miglioramento rispetto agli anni precedenti, la
situazione complessiva rimane critica. La mappatura del consumo di suolo per regione
conferma la necessità di interventi più incisivi per invertire questa tendenza.
Nota: La provincia di Monza e Brianza risulta particolarmente critica, con tassi di
urbanizzazione tra i più alti d'Italia, dovuti alla forte pressione insediativa nell'area
metropolitana milanese
Consumo di suolo in Italia e le direttive europee
1. La situazione italiana
I dati sul consumo di suolo continuano a mostrare valori preoccupanti:
Piemonte: la provincia di Alessandria ha registrato 62 ettari di suolo consumato
Trend nazionale: i numeri confermano un fenomeno diffuso in tutto il Paese
2. L'obiettivo europeo al 2050
L'Unione Europea ha stabilito linee guida precise:
Azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050
Strategia gerarchica:
Evitare l'impermeabilizzazione di nuovi terreni
o Riutilizzare aree già compromesse
o Applicare misure di mitigazione quando il consumo è inevitabile
o
3. Mitigazione vs. Compensazione
Due concetti fondamentali nella gestione del territorio:
Mitigazione
Interventi per ridurre l'impatto del consumo di suolo
Esempi: riduzione delle superfici impermeabilizzate, tecniche costruttive a basso
impatto
Compensazione
Azioni per bilanciare il danno inevitabile
Include:
Rigenerazione urbana
o Deimpermeabilizzazione
o Deframmentazione ecologica
o Riqualificazione ambientale
o
4. La rigenerazione come strumento chiave
La compensazione si concretizza soprattutto attraverso:
Rigenerazione urbana: trasformazione di aree degradate in spazi riqualificati
Bilancio ecologico: ogni ettaro consumato deve essere compensato con interventi
di ripristino
La sfida è trovare il giusto equilibrio tra sviluppo e conservazione, applicando
rigorosamente il principio "no net land take" entro il 2050
Focus sul consumo di suolo: casi locali e strategie UE
1. I "record" regionali: i comuni con il consumo più elevato
I dati ISPRA evidenziano i 3 comuni per regione con il maggior consumo di suolo. Tra
questi spiccano:
Piemonte: Ale