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Un aumento marcato della salinità, e quindi della densità dell’acqua, può
ostacolare il rimescolamento, poiché le masse d’acqua più dense tendono
a permanere sul fondo. Questo fenomeno può portare alla formazione di
meromitiche,
condizioni cioè situazioni in cui il lago non si mescola
completamente nemmeno una volta all’anno. In questi laghi meromitici,
gli strati profondi rimangono isolati per lunghi periodi, con conseguenze
importanti sull’accumulo di sostanze ridotte e sulla disponibilità di
ossigeno.
La densità dell’acqua è dunque influenzata non solo dalla temperatura,
ma anche dalla salinità. Un noto esperimento dimostrativo consiste nel
versare lentamente del vino rosso o dell’olio in un bicchiere d’acqua: il
liquido versato galleggia o si stratifica a seconda della sua densità rispetto
a quella dell’acqua. Lo stesso principio si applica alla colonna d’acqua di
un lago, dove strati con densità differenti difficilmente si mescolano tra
loro.
Nel contesto della classificazione ecologica dei laghi, la tipologia di
circolazione è un parametro importante. I laghi polimittici sono quelli che
non polimittici
si rimescolano più volte l’anno, mentre i laghi possono
avere un rimescolamento incompleto o irregolare. La Direttiva Quadro
Acque (WFD) e la normativa nazionale italiana classificano i laghi anche in
base alla profondità media e alla tipologia geografica e climatica
dell’ecoregione di appartenenza. Ad esempio, si distinguono gli invasi
dell’ecoregione mediterranea con profondità media superiore a 15 metri
(tipicamente laghi artificiali), gli invasi meno profondi che non sono
polimittici, e infine gli invasi polimittici con caratteristiche di
rimescolamento regolare.
A seguito della classificazione morfologica e idrodinamica, si procede con
la valutazione dello stato ecologico del lago. Diversamente dai fiumi, nei
laghi non esiste una sequenza rigida nella valutazione degli elementi
biologici; questi, infatti, hanno un peso paritetico nella determinazione
dello stato ecologico.
Uno degli strumenti fondamentali per questa valutazione è l’indice di
livello trofico del lago (LTL), che rappresenta una misura sintetica dello
stato trofico basata su tre parametri: la concentrazione di fosforo totale,
la trasparenza dell’acqua (spesso misurata con il disco di Secchi) e la
concentrazione di ossigeno disciolto nell’ipolimnio, qualora il lago
presenti una stratificazione termica.
Accanto all’LTL, si considerano ulteriori parametri chimico-fisici, quali pH,
alcalinità, conducibilità elettrica e concentrazione di ammonio. Il
pH è influenzato da processi fotosintetici e respiratori e può subire
oscillazioni giornaliere; l’alcalinità rappresenta la capacità tampone
dell’acqua contro variazioni del pH; la conducibilità è un indicatore della
salinità, mentre l’ammonio rappresenta un indicatore sia della qualità
degli apporti esterni (come scarichi civili non depurati), sia dei processi
interni di degradazione della sostanza organica in condizioni anossiche o
anaerobiche.
La valutazione biologica si basa sul confronto tra le condizioni osservate e
quelle attese per un dato tipo di lago, secondo una classificazione
tipologica analoga a quella adottata per i fiumi. Gli elementi di qualità
biologica considerati includono il fitoplancton, le macrofitte, la fauna
ittica e i macroinvertebrati bentonici.
Per ciascun gruppo biologico sono previsti metodi di analisi
standardizzati, che prevedono l’uso di indici multimetrici. Tali indici
combinano informazioni su biomassa, composizione, diversità e tolleranza
agli inquinanti degli organismi rilevati. Ad esempio, nel caso del
fitoplancton si considera sia la biomassa totale sia la composizione
specifica, che può variare significativamente in funzione dello stato trofico
del lago e della presenza di specie indicative. Le macrofitte vengono
valutate anch’esse con indici multimetrici, che tengono conto della
tipologia delle specie presenti e della loro abbondanza.
Un aspetto particolarmente rilevante per gli ecosistemi lacustri, meno per
quelli fluviali, è la presenza di specie esotiche. Nei laghi, la
colonizzazione da parte di specie non autoctone rappresenta un problema
importante, sia perché può alterare profondamente gli equilibri ecologici,
sia perché, a differenza dei fiumi, nei laghi le acque non scorrono e quindi
l’eliminazione delle specie invasive risulta molto più complessa.
Per quanto riguarda la fauna ittica, viene utilizzato l’indice X-FISH, che
valuta la composizione in termini di specie, la loro abbondanza e la
sensibilità agli inquinanti. Analogamente ai fiumi, anche nei laghi è stato
sviluppato un indice per la valutazione dei macroinvertebrati
bentonici, che è stato messo a punto dal CNR di Pallanza. Tale indice
fornisce una misura della diversità biologica e della sensibilità degli
organismi presenti, ed è basato su parametri quali il numero di taxa, la
frequenza, la dominanza e la tolleranza specifica.
Infine, la valutazione chimica considera la presenza di inquinanti
specifici non appartenenti all’elenco di priorità, secondo una
classificazione che distingue tra sostanze prioritarie e sostanze pericolose
prioritarie ai sensi della normativa europea. Questi elementi chimici
vengono valutati come parte integrante della classificazione dello stato
ecologico e possono condizionare la qualità complessiva del lago, in
particolare in presenza di carichi inquinanti persistenti e difficili da
rimuovere.
La classificazione dei laghi: profondità, stratificazione e
qualità ecologica
Uno dei primi elementi che caratterizzano un lago è la sua profondità,
parametro che incide profondamente sulla sua ecologia. La profondità
influisce su numerosi aspetti: tra questi la temperatura dell’acqua, che
tende a diminuire con l’aumentare della profondità, e di conseguenza
anche la distribuzione degli organismi acquatici, come i pesci, che
mostrano preferenze ben definite per certe condizioni termiche. Inoltre, la
profondità condiziona gli scambi gassosi con l’atmosfera, il tempo di
ricambio dell’acqua e l’eventuale formazione di strati termici stabili,
con implicazioni sulla circolazione idrica interna.
Secondo la classificazione limnologica, un lago con profondità media
inferiore ai 15 metri può essere considerato “non polimittico”, a meno
polimittico
che non presenti condizioni particolari. Il termine si riferisce
alla capacità del lago di rimescolarsi più volte durante l’anno. Il
turnover,
rimescolamento, o avviene quando l’acqua presenta una
temperatura omogenea lungo tutta la colonna d’acqua, condizione
che favorisce la circolazione verticale, anche grazie alla semplice azione
del vento. In queste condizioni, l’acqua si rimescola facilmente, rendendo
possibile una distribuzione uniforme di ossigeno e nutrienti.
La stratificazione termica si verifica, invece, quando si crea un gradiente
termico netto tra gli strati superficiali e quelli profondi. In questo
contesto, si distinguono tre strati principali: l’epilimnio (strato superficiale
caldo), il metalimnio o termoclino (strato di transizione) e l’ipolimnio
(strato profondo e freddo). Questa stratificazione è tipica dei periodi estivi
nei climi temperati. Al contrario, nei mesi più freddi, si verifica una
circolazione autunnale e invernale, specialmente in laghi di medie
latitudini, che dura fino all’inizio della primavera.
Nei laghi montani o in zone particolarmente fredde, può presentarsi una
stratificazione inversa durante l’inverno, con l’acqua più fredda (e
meno densa) in superficie e quella relativamente più calda sul fondo.
Tuttavia, in laghi molto profondi o con particolari caratteristiche
morfologiche e climatiche, la circolazione non si verifica ciclicamente ogni
anno. In tali casi si parla di laghi meromitici, ossia di bacini in cui una
parte dell’acqua, solitamente quella più profonda, non partecipa mai
alla miscelazione stagionale.
Le cause della meromissia possono essere naturali, come l’eccessiva
profondità o un limitato ricambio idrico, ma possono anche derivare da
influenze antropiche, come l’inquinamento. Un esempio noto è quello
del lago di Vesio, dove l’eutrofizzazione causata da apporti continui di
nutrienti e inquinanti ha determinato un’alterazione significativa della
salinità degli strati profondi. Sebbene la salinità sia generalmente
considerata un parametro stabile e conservativo nei laghi, in questo caso
è aumentata notevolmente, con una parallela crescita della conducibilità
elettrica.
L’aumento della conducibilità è indice di una maggiore concentrazione
di sali disciolti, il che comporta un aumento della densità dell’acqua,
soprattutto negli strati profondi. Un’acqua più densa resiste al
rimescolamento verticale, rendendo sempre più difficile la miscelazione
con gli strati superiori. Questo fenomeno compromette il rinnovo
dell’ossigeno nelle profondità e può portare a condizioni anossiche
persistenti.
L’esempio classico per comprendere il concetto di stratificazione per
densità è l’esperimento semplice di versare vino rosso o olio in acqua: il
liquido meno denso galleggia su quello più denso, esattamente come
accade negli strati lacustri. Quando in un lago si raggiungono differenze
significative di densità, anche un vento sostenuto può risultare
insufficiente per attivare la miscelazione.
Pertanto, si distinguono laghi polimittici, che si mescolano
completamente e frequentemente; monomittici, che si rimescolano una
volta l’anno; e meromittici, che non si rimescolano mai
completamente. È importante sottolineare che anche laghi con
profondità inferiori ai 15 metri possono talvolta risultare non
polimittici, a seconda della loro morfologia, delle condizioni climatiche e
degli apporti idrici e salini.
Inoltre, esistono classificazioni che distinguono i laghi in funzione della
profondità media e della regione geografica e climatica. Ad
esempio, gli invasi artificiali dell’ecoregione mediterranea con profondità
media superiore ai 15 metri, o quelli più profondi distribuiti in altre regioni,
vengono classificati sulla base sia della loro tipologia morfologica che
delle condizioni ambientali.
Successivamente, come per i corsi d’acqua, anche per i laghi s