I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni e lo studio autonomo di eventuali testi di riferimento in preparazioneall’esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell’università attribuibile al docente del corso o al relatore
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Appunti di Cinema, fotografia, televisione

Capitolo 1 I dispositivi ottici del precinema La camera oscura Il diorama La lanterna magica Il panorama I moving panoramas I giocattoli filosofici: lo stereoscopio Reynaud: il prassinoscopio e il teatro ottico Capitolo 2 – Effetti ottici nel cinema analogico Introduzione La sovraimpressione La maschera mobile in bianco e nero Il trasparente La proiezione frontale Il Dunning Travelling matte shot Blue screen colour separation process Blue screen colour difference process Il sodium process Hand drawn mattes La stampante ottica 3. Capitolo 3 – Il matte painting Il fondale Il matte painting, introduzione Glass shots Original negative matte painting Rear projection matte painting Digital matte painting Capitolo 4 – Il cinema digitale Il set virtuale Gli effetti di Keying Manipolazione digitale dell’immagine NB Molteplici argomenti ampiamente approfonditi nella seguente tesi nei libri (e nei siti) italiani sono introvabili o molto sintetizzati.
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Tesi di laurea triennale del corso decorazione ( arti visive e discipline dello spettacolo) presso l'accademia di belle arti. Una tesi sulla fototerapia, ovvero l'utilizzo della fotografia in psicoterapia, un aiuto molto utile per l'analisi del paziente. Dopo brevi cenni storici sulla fotografia e sul suo utilizzo in psicologia nella storia, sono descritte le tecniche di fototerapia, vi sono interviste e documentazioni di esperienze, e un analisi sul lavoro di un fotografo contemporaneo, Bruno Taddei. Alla fine della tesi parlo del mio progetto fotografico personale " da dentro a fuori" , sulle paure e le ansie tramutate in immagini
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Questa ricerca è fondata prevalentemente sullo studio approfondito di alcuni materiali presenti nel «Fondo Cineriz» e nel «Fondo Alfredo Bini» conservati presso la Biblioteca Luigi Chiarini di Roma. Integrati dall’attenta consultazione di riviste specializzate e stampa generica in attività in quel periodo. Tra tutte hanno avuto un peso più importante riviste come «Araldo dello spettacolo», «Cinemundus», «Giornale dello spettacolo», «Cinecorriere» e «Filmcritica». Intendo cominciare la mia ricerca analizzando la società in cui Mamma Roma si evolve, operazione indispensabile per chi vuole avvicinarsi alle opere di Pasolini. Parlare di Pasolini implica l'uso di parole quali "borghesia" e "sottoproletariato" che oggi forse hanno un'aria ingiallita, ma tratteggiano il panorama in cui le sue storie si collocano e, aprendole a non troppo azzardate metafore, le ritroviamo di sfacciata attualità. Dopo aver attraversato la società italiana del 1962, e il Pasolini dei ragazzi di vita – senza tralasciare il rapporto con la madre, che in Mamma Roma emerge prepotentemente – mi soffermerò sulla XXIII Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Kermesse in cui Mamma Roma venne presentata insieme a titoli di assoluto spessore che sono considerati oggi fondamentali nella Storia del cinema. Nel secondo capitolo entrerò nel vivo della distribuzione, esaminando prima come si presenta la Cineriz nel panorama italiano, e il suo ruolo in esso, soffermandomi soprattutto sul trimestre Settembre/Novembre 1962 – periodo in cui Mamma Roma era nella sale italiane. Passerò poi al lato pubblicitario, di marketing, ma anche strutturale e prettamente filmico di Anna Magnani, figura inedita nel cinema di attori non-professionisti di Pasolini. Concluderò il capitolo andando a vedere dove il film è stato effettivamente distribuito e con quale successo nelle principali città italiane. Nel capitolo finale mi occuperò dapprima di chi andava a vedere il film e di come questo è stato ricevuto. Tenendo conto delle interpretazioni diverse che possono emergere da status sociali di appartenenza lontani tra loro, e quindi della parzialità della ricostruzione. Valuterò prima le reazioni in sala, per poi uscirne all'esterno e approfondire le principali polemiche a cui la pellicola ha dovuto rispondere – prima e dopo la proiezione d’esordio – e le numerose e variegate contestazioni che da ogni occasione sembravano affiorare. In ultimo andrò a sfogliare le opinioni della critica sulla stampa generica e su quella specializzata, confrontando l’immediata ricezione di Mamma Roma con quella postuma, e di Pasolini stesso, come cineasta e intellettuale.
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La mia tesi tratta dell'opera pasoliniana intitolata "Teorema", quest'ultima è stata sia un libro che un film. Nella tesi mi sono occupata della distruzione della classe borghese, della cenusra filmica durante il 1968, delle varie fasi del Festival di Venezia in cui Pasolini gareggiò.
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Esame Culture dell'intrattenimento

Facoltà Lettere e filosofia

Dal corso del Prof. G. Pescatore

Università Università degli Studi di Bologna

Tesi
3,5 / 5
Tesina realizzata di mio pugno per l'esame di Culture dell'intrattenimento. Unito ai rissunti per l'esame, l'argomento della tesina è La Gamification: l'evoluzione dell'entertainment nel mondo virtuale, il coinvolgimento degli utenti e gli effetti nella società reale.
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Esame Estetica del cinema e dei media

Facoltà Lettere e filosofia

Dal corso del Prof. M. Andrea

Università Università degli Studi di Firenze

Tesi
Storiografia e analisi estetica del Videoclip: tra video arte ed advertising. Introduzione I. Storiografia del videoclip 1. Le origini 2. I primi Videoclip per definizione 3. Gli anni 90. La “Golden Age” del Videoclip II. Analisi di genere 1. Categorizzazione 2. Video narrativo e metanarrativo 3. Analisi dei casi, video a confronto III. Analisi estetica 1. Videoclip: tra Arte e pubblicità 2. L’affermazione delle Arti nella storia. Il dibattito sul valore artistico 3. Videoclip e video arte
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In questa tesi vengono analizzate diciannove fotografie scattate nel corso di quattro decenni (1967-2007) di conflitto israelo-palestinese. Le immagini fanno originariamente parte di un libro fotografico comprendente circa settecento fotografie, selezionate dalla filosofa e professoressa israeliana Ariella Azoulay. Nonostante il lavoro di analisi fotografica sia collocato alla fine della tesi, ciò è dovuto al fatto che i primi due capitoli sono necessari per contestualizzare il lavoro, sia sul piano della critica fotografica, e alla luce delle diverse opinioni sul tema della fotografia documentaria, sia sul piano storico. Inserito nel dibattito sul fotogiornalismo e nel contesto storico del conflitto arabo-israeliano, è così possibile inquadrare meglio il discorso sulle fotografie analizzate. Di diciannove fotografie, diciassette sono state suddivise in sette temi visivi, per essere poi analizzate singolarmente e in relazione le une con le altre, in base alle somiglianze estetiche e/o tematiche. Le relazioni tra le immagini stesse e tra un’immagine e altre forme d’arte si sono rivelate a volte lampanti ed estremamente suggestive.
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È nota a tutti l'espressione secondo la quale nessuno è profeta nella propria patria, usata laddove il genio e il talento di qualcuno non gli sono riconosciuti (e spesso anzi gli vengono negati) proprio da coloro che gli sono più vicini, mentre altrove esso viene prontamente lodato e premiato. Tale espressione meriterebbe talvolta di essere letta piuttosto con l'accezione di nessuno è profeta nella propria epoca: è infatti risaputo che molto spesso, soprattutto in campo artistico, le consacrazioni e i riconoscimenti tardano ad arrivare. Il caso del regista Michelangelo Antonioni è, a tal proposito, esemplare. La sua opera é ormai universalmente lodata e riconosciuta nel fondamentale contributo che ha apportato al linguaggio cinematografico, ma non è stato sempre così. Ciò non vuol dire necessariamente che i film di Antonioni non furono apprezzati all'epoca della loro uscita; il punto su cui si può convenire è piuttosto che essi non furono compresi, perlomeno non subito e non da tutti: ci sarebbero voluti molti anni e innumerevoli testi critici e teorici per comprenderne appieno i meccanismi e le intenzioni poetiche. Del resto non c'è da stupirsene: la critica, che riguardi il cinema, l'arte o la letteratura, nonostante il suo ammirevole impegno intellettuale e culturale, è di per sé uno strumento parziale e mutevole, soggetto a continue revisioni. Questo perché col passare degli anni dal momento in cui un'opera vede la luce entrano in gioco diversi fattori fondamentali alla formazione di un giudizio più chiaro e completo. Il primo e forse più importante di questi è la globalità dell'opera di un autore. Negli anni in cui Antonioni realizzò i suoi primi lavori e poi la “Trilogia dell'incomunicabilità” sulla quale è incentrata questa tesi, vale a dire negli anni '50 e '60, i critici e gli intellettuali italiani non avevano ancora assimilato l'importante lezione della politique des auteurs teorizzata in Francia dai critici dei Cahiers du Cinéma dalla metà degli anni '50. Secondo quegli intellettuali per poter apprezzare in modo corretto un film è necessario tenere in considerazione l'intera opera del suo autore; poiché solo così si possono riconoscerne e apprezzarne i motivi ricorrenti, oltre ad intravvedere le cause che gli hanno fornito la spinta iniziale, gli elementi (sia interni che esterni) che sono entrati in gioco a modificarne la visione, il modo in cui tale visione si è di volta in volta riflessa sul lavoro. Non solo un film ci dà strumenti utili a capire il film successivo, ma sono anche i film successivi a dirci qualcosa dei precedenti, poiché ognuno è un elemento che si va ad aggiungere alla costruzione di quella che si é soliti chiamare poetica, quella che distingue l'opera di un autore dal cinema commerciale, che non può essere colta appieno se non si tiene conto di tutti gli elementi, per quanto essi possano differire tra loro e apparire scollegati. Ecco quindi che se, paradossalmente, nei primi anni '60 i critici di cinema avessero avuto già a disposizione i film futuri del regista ferrarese, sarebbe difficile affermare che la loro lettura della Trilogia sarebbe rimasta invariata. [...] Un altro importante elemento che rende volubile il giudizio estetico è la produzione di testi teorici e critici. Anni dopo l'uscita dei film di Antonioni sono comparsi, e continuano a comparire ancora oggi, monografie, recensioni e testi di varia natura che hanno dato un apporto significativo al dibattito e alla comprensione di un'opera così vasta e complessa come può esserlo quella di Antonioni. Nel compiere una ricerca approfondita si scopre che la maggior parte delle figure di spicco della cultura italiana (e non solo) dalla metà del Novecento in poi, che si tratti di scrittori, di colleghi registi, di artisti o di intellettuali di altro tipo, ha espresso la sua opinione sul regista ferrarese; così come più di recente anche sul web, nuovo mezzo con cui la critica cinematografica si va diffondendo e modificando, la mole di riferimenti al cinema di Antonioni è vastissima e in continuo aggiornamento. L'obiettivo principale di questa tesi è di concentrarsi sul contesto che vide la nascita della Trilogia dell'incomunicabilità e capire in che modo questa fu recepita dalla critica e dal pubblico del suo tempo; pertanto inizierò col rintracciare le radici del lavoro di Antonioni, tenendo presenti i fattori storici e culturali dell'epoca; un paragrafo in particolare sarà dedicato al controverso rapporto tra il regista e il neorealismo. Passerò poi, nel cap 3, ad analizzare più specificamente la cosiddetta Trilogia e i suoi cap considerando le opinioni di alcuni critici apparse sulle principali riviste di cinema degli anni '60 e al tempo stesso confrontando tali impressioni a caldo con alcuni testi di critica e teoria del cinema più recenti.
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Questo lavoro tenta di esaminare e analizzare quelli che sono stati i cambiamenti in seno al cinema statunitense in un periodo storico sociale che ne ha visto evolversi gli stilemi e gli approcci in maniera decisiva. Al pari di tutte le altre arti anche il cinema, la più giovane tra queste, si è mostrato sensibile alle novità provenienti dai più fertili ambienti artistici. A partire dagli anni Cinquanta, percorrendo i Sessanta fino ad arrivare ai Settanta il cinema americano ha avanzato una riflessione sulle proprie capacità di raccontare un mondo e una realtà che si mostravano prepotentemente come un punto di svolta nella storia della società occidentale.
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