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Appunti di Filologia slava

Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. La normalizzazione consiste nel riportare un lemma alla grafia corretta. La traslitterazione consiste nel convertire da un alfabeto ad un altro. La traslitterazione consiste nella trascrizione fonetica, che interpreta la realtà fonetica di una parola.
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Esame Filologia slava

Facoltà Lettere e filosofia

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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. In Serbia lingua di cultura era lo slavo ecclesiastico di redazione serba, in diglossia con parlate non codificate. Con l'arrivo di libri e religiosi provenienti dalla Russia nel '700, lo slavo ecclesiastico di redazione serba fu sostituito con lo slavo ecclesiastico di redazione moscovita. Ne derivò una sorta di ibrido chiamato slavo-serbo, su proposta di Zaccaria Orfelin. In seguito Dositej Obradovic propose di abbandonare lo slavo-serbo per utilizzare il vernacolo serbo. Lo studioso Vuk Karadic, incoraggiato dal filolofo Kopitar, propose una riforma dell'alfabeto cirillico e l'adozione di uno standard letterario basato sui testi del folklore. Anche i Croati accettarono questo standard linguistico e nacque così il serbo-croato.
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Facoltà Lettere e filosofia

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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Nell'800 con Ljudevit Gaj si afferma il concetto di lingua illirica comune, il cui sistema grafico si basa su quello quello del ceco, codificato da Jan Hus, cercando di concentrare il più possibile delle varianti linguistiche affinché questa lingua sia adottabile da parte di tutti gli slavi balcanici, ma anche da Cechi e Polacchi, in una prospettiva panslavistica. Si tratta del Panslavismo.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. La Croazia è esempio di coesistenza di due modelli culturali. Due sono i più importanti centri culturali della Croazia, Spalato e Dubrovnik. Nella questione della lingua croata sono state proposte varie soluzioni: - una soluzione monodialettale, che adotti una lingua illustre come standard letterario; - una soluzione contaminazionistica, che crei una lingua artificiale; - lo slavo ecclesiastico.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Situazione linguistica dei Balcani: escluse Bulgaria e Macedonia, tutto il resto della Slavia meridionale parla tra dialetti della stessa lingua, chiamati rispettivamente kajkavo, cakavo e stokavo. Essi sono così chiamati dal pronome interrogativo corrispondente al latino quod che si dice kaj, ca e sto rispettivamente in ciascuno dei tre dialetti. Il kajkavo è parlato in Slovenia, Zagabria e Slavonia, il cakavo in Dalmazia e Istria e lo stokavo in Bosnia, Montenegro, Slavonia orientale, Serbia.
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4,3 / 5
Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Quello si Slavia romana è un concetto meno netto di Slavia ortodossa, nasce per esigenze di simmetria, non è facile individuarne linee comuni. L'aggettivo romana recupera la romanità classica e quella germanica. Nei paesi della slavia romana si instaura un rapporto tra latino e vernacolo per cui le letterature in volgare si affermano tardi e in conorrenza con il latino. Due sono le zone di cerniera, la Rutenia e il Balcano settentrionale.
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Esame Filologia slava

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3,3 / 5
Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Gli jer erano vocali brevi che tra XI e XII sec. in alcune posizioni si sono ridotte e sono cadute, in altre si sono trasformate. Gli jer finali di parola sono i più deboli e cadono, quelli interni di parola per compenso si rivocalizzano in e e o. Le due forme di aggettivo delle lingue slave, lunga in posizione di attributo, breve in posizione di predicato, presentano tracce degli jer.
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4,3 / 5
Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Il protoslavo è la lingua ricostruita, anche definita slavo comune. Il paleoslavo o antico slavo ecclesiastico è la lingua delle prime traduzioni attestata da codici del X-XI sec. vergati in Bulgaria e Macedonia, anche definita antico bulgaro. Nel XII secolo si parla ormai di tre gruppo autonomi, slavo meridionale, slavo orientale e slavo occidentale. A livello artificiale si parla invece di slavo ecclesiastico di redazione bulgara, serba, croata, boema, slava orientale (moscovita o rutena), anche chiamato slavone o slavonico.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Per ibridazione linguistica si intende l'infiltrazione di elementi innovativi in un tessuto linguistico che imita la lingua conservativa dei testi modello. L'ibridazione linguistica varia a seconda delle zone della Slavia, a seconda del riflesso delle varie parlate. Il continuum linguistico dei testi si organizza per ambiti culturali, ciascuno con un proprio particolare tipo di ibrido. all'interno di ciascuna area geografica gli ibridi si specializzano per generi letterari. La maggior parte dei testi viene scritta in una lingua ricca di ibridi da cui si vanno formando naturalmente le lingue slave moderne nelle varie aree geografiche.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Con la definizione di "antico russo" si indica la produzione non in slavo ecclesiastico tra i secoli XII-XIV. La coesistenza dell'antico russo e dello slavo ecclesiastico è stata definita da Uspenskij diglossia. La scelta dell'uno e dell'altro registro linguistico dipendeva dal prestigio del testo. Il contrato era tra cultura (testi di prestigio in slavo ecclesiastico) e non cultura (testi non di prestigio nella parlata locale). Oggi si preferisce descrivere l'universo linguistico della Rus come un continuum linguistico che va dalla massima conservatività linguistica dei testi liturgici fino alla parlata locale nei testi 'pratici' (giuridici, amministrativi, notarili), passando attraverso forme diverse di ibridazione linguistica.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Nel XII sec. con la fine dello slavo comune in area orientale inizia una fase slavo orientale comune che va dal XII al XIV sec. e che è anche chiamata russo antico. Questa fase si differenzierà poi ulteriormente in un'area orientale, dando luogo al russo medio e poi al russo moderno, e in un'area occidentale, dove si formeranno i presupposti, attraverso una fase comune, delle lingue di Ucraina e Bielorussia (Rutenia).
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3,7 / 5
Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Nel XII sec., alla fine dello slavo comune, si ha la caduta o vocalizzazione degli jer. Dal punto di vista etimologico si tratta di i e u breve, che nello slavo si chiamano rispettivamente jer duro e jer molle. Il primo rende la consonante precedente dura, il secondo rende la consonante precedente molle. Nella lingua di Cirillo e Metodio erano due vocali brevi, ma presto non corrisposero più alla realtà fonetica originaria. Tendono in alcune posizioni ad abbreviarsi ulteriormente o a perdersi.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. La comprensione dello slavo ecclesiastico era data dalla nascita slava e dalla frequentazione di testi. Vi era un ampio corpus di testi modello che facilitavano l'insegnamento dello slavo ecclesiastico: - Sacre Scritture (testi evangelici o neotestamentari, evangeliari e testi liturgici); - omiletica (omelie); - agiografia (vite di santi); - cronachistica o annalistica (storie e cronache).
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4,3 / 5
Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Per Slavia ortodossa si intende una realtà costituita da popoli accomunati non solo dalla stessa confessione, ma anche e soprattutto dallo stesso mezzo linguistico e dalle stesse categorie culturali. Si tratta di una vasta area orientale caratterizzata da un patrimonio ideologico, letterario, culturale e religioso comune, con lo slavo ecclesiastico usato come lingua sovraregionale cui le varie redazioni non impedivano la comprensione nella circolazione di libri e uomini.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. A partire dal XII secolo la lingua slava, che precedentemente era caratterizzata da compattezza, comincia a manifestarsi concretamente in realizzazioni diverse a seconda delle zone, per cui si parla di redazioni anche chiamate slavoni. Le redazioni presentano chiare tracce della realtà linguistica locale di una determinata zona e sono testimonianza del processo che avrebbe portato alla formazione delle lingue slave moderne.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Rassuzdenija o slavjanskom jazyke, San Pietroburgo 1820, di Vostokov, è la descrizione della lingua slava antica intesa come lingua dei testi liturgici e della chiesa, caratterizzata non per l'antichità, ma per la funzionalità, e chiamata 'slavo ecclesiastico'. Dal punto di vista diacronico viene notata un'evoluzione e si distingue tra antico slavo ecclesiastico, la lingua dei secoli X-XI, e slavo ecclesiastico, a partire dal XII sec.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. "Institutiones linguae slavicae dialecti veteris", Vienna 1822, di Dobrovsky, è uno dei testi fondamentali della filologia slava, è il primo tentativo di ricostruzione della lingua slava antica, collocata accanto a latino, greco, germanico per ricostruire l'i.e. Questo punto di vista che verte sull'antichità della lingua sta alla base delle definizioni paleoslavo, slavo antico, vieux slave, staroslavianskij.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. La lingua slava dei codici posteriori al XII secolo può essere definita slavone (ma si tratta di una terminologia superata) o slavo ecclesiastico. In questa lingua si continua a scrivere fino al '700. Dal '600 per circa un secolo vi fu in Russia un dibattito su quale lingua scegliere come lingua nazionale tra lo slavo ecclesiastico e la parlata locale. Questo stesso dibattito si ebbe in Serbia e in Bulgaria nell'800. La differenza tra le lingue slave moderne dipende dal grado di fedeltà che esse hanno mantenuto con lo slavo ecclesiastico nelle diverse risoluzioni del dibattito sulla lingua.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Il paleoslavo o antico slavo ecclesiastico, anche chiamato slavone, presenta i tratti fonetici delle parlate locali, morfologia ricostruita dui codici del X-XI secolo, tratti sintattici e lessicali ripresi dal greco. Si tratta di una lingua scritta, formale, che non rispecchia una parlata, ma che veniva compresa da tutti i parlanti lingue slave, dato che le differenze tra le lingue slave antiche erano minime, tali da non inficiare la comprensione tra i parlanti. In questa lingua si continuò a scrivere in Russia fino al '700.
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Questo appunto si riferisce al corso di Filologia slava tenuto dalla professoressa Nicoletta Marcialis. Caratteristiche del paleoslavo: - fonetica: tratti della viva parlata del IX sec. con tolleranza di tratti fonetici locali; - morfologia: tratti della viva parlata del IX sec. con tolleranza di tratti morfologici locali; - sintassi e lessico: calchi e prestiti dal greco.
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