La goepolitica è composta da varie geopolitiche: quella classica, quella imperialista, quella fascista (anni ’20-’40, scuola tedesca), quella della Guerra Fredda (dove il termine quasi scompare), e poi c’è il ritorno della geopolitica negli anni ’80, con la fine del bipolarismo. Bisognerebbe quindi parlare di geopolitiche. La geopolitica nasce durante il periodo dell’imperialismo, in particolare durante la corsa all’Africa (scramble for Africa, ossia le rivendicazioni europee su diverse zone del continente africano avvenuta tra il 1880 e la Prima guerra mondiale). L’Africa era un territorio ancora poco conosciuto allora, ma dopo pochi decenni è stato occupato. Le potenze hanno effettuato una vera e propria “corsa” per occupare lo spazio. La geopolitica è figlia della percezione che il mondo è un mondo finito: non c’è più spazio da occupare. È una visione claustrofobica. Bisogna quindi occupare i territori degli altri, c’è competizione per lo spazio.
La geopolitica si sviluppa quando sono effettuate le grandi esplorazioni, quando il mondo viene suddiviso. C’è una visione fortemente conflittuale delle relazioni.
La geopolitica classica verrà influenzata da un’altra disciplina che prende piede in quegli anni: il darwinismo sociale. Il discorso di Darwin sullo struggle for life è al centro di questa visione: c’è stata una selezione per la vita tra animali e piante portata al livello sociale, quindi applicata alle società umane. La selezione naturale è una teoria che spiega come “solo i più forti sopravvivono”. Applicata alle scienze umane, la teoria dice che o si domina, o si è dominati. O si vince o si perde. Lo spazio è limitato, finito, e la competizione è solo sullo spazio già occupato. È una visione fortemente agonale delle relazioni internazionali. La geopolitica parte da una visione hobbesiana. L’azione politica è sempre collegata allo spazio. L’approccio è soprattutto realista, c’è l’idea che ci sia anarchia internazionale che non lascia spazio all’idealismo e che la politica estera abbia il primato. Ci sono scorci di geopolitica nell’antichità (Tucidide), ma nasce ufficialmente in questo.
Quella critica (critical geopolitics), un filone che revisiona la geopolitica classica e democratica. Contesta
profondamente il linguaggio e l’assunto di base della geopolitica.
La differenza principale tra la geopolitica classica e quella contemporanea è nel metodo in cui si traduce il sapere geopolitico, non tanto nel contenuto teorico o esplicativo. È quindi un metodo di discorso che riguarda il modo in cui si guarda potere, geografia e alle relazioni tra potere e geografia
Per la geopolitica classica lo spazio è uno spazio chiuso, claustrofobico. Il mondo è finito, non c'è più terra libera, se uno spazio è limitato può essere conquistato solo sottraendolo agli altri, si sottolinea la mancanza di spazio e di risorse, l'unico modo per ottenerli è il conflitto con gli altri. Non c'è una posizione cooperativa, è fortemente conflittuale
Per i contemporanei lo spazio geografico è quello che sta nel mondo, non è il mondo che sta nello spazio geografico, lo spazio non è solo orizzontale, ma anche verticale e virtuale. C'è un'attenzione al dato micro, ossia alla realtà locale. Le definizioni di geopolitica. La migliore definizione di geopolitica, naturalmente, è quella secondo cui non c’è una vera definizione di geopolitica. Ma se ne individuano quattro fondamentali:
Tre di questi punti sono puramente geografici, due sono correlati al fattore umano e uno è di natura politica. Secondo Mahan la geografia condiziona le decisioni, ma le scelte degli uomini e il carattere del governo sono dunque importanti, la geografia non determina quindi, ma condiziona la politica e la strategia possono e devono essere dei re equilibratori dei condizionamenti geografici.
Il compito dell'analista e saper leggere la realtà geografica, umana e politica correlandola agli obiettivi che si è prefissata e tenendo presente i condizionamenti geografici. Mahan analizza la grande vicinanza geografica, umana e politica tra Stati Uniti e Gran Bretagna. Geograficamente hanno gli stessi condizionamenti, hanno la stessa cultura e gli stessi obiettivi e politicamente hanno forme di governo simili, sistemi liberali, parlamentari contrapposti ai sistemi autocratici. Storicamente, secondo me negli Stati Uniti potranno evitare il declino e essere una grande potenza solo sapendo leggere i condizionamenti geopolitici. Quindi abbracciando la lezione Geo storica, devono impegnarsi a costruire una grande flotta militare che va correlata a quella inglese. Durante il 1800, quando la potenza tedesca emerge, Mahan è il primo a capire che il vero nemico della Gran Bretagna non sono Francia o Russia. Ma la Germania, guglielmina, perché i condizionamenti naturali, le scelte politiche, il fattore umano vanno in quella direzione. Francia e Russia non saranno mai veri avversari della Gran Bretagna, in un'epoca sempre più complessa, con sempre più potenze, non è più immaginabile avere il predominio di un unico Stato. Sono necessarie le alleanze? Un tema che Mahan deriva dalla sua analisi storica e politica, ma che in realtà non è un'osservazione neutrale. Il suo obiettivo era far uscire gli Stati Uniti dall'isolamento. Secondo lui è quindi necessaria un'alleanza tra le due marine più simili, perché i due Stati hanno interessi più simili. gli Stati Uniti devono quindi abbandonare l'isolamento.
Mahan si interroga poi sul tipo di flotta che occorre, la sua è ancora un'analisi apparentemente scientifica, che però non è affatto neutrale. Secondo lui ci sono due tipi di flotte.
Riprende il pensiero di Mahan. Del SEE Power e lo aggiorna, Corbett è specializzato in storia marittima e anche professore di storia e di strategia marittima a Oxford. La sua opera principale e Some Principles of Maritime strategy del 1911 è un grande teorico del potere marittimo, mentre Mahan si concentrava più sul potere navale. Rispetto a Mahan Corbett, sostenendo il primato delle potenze marittime, lo relativizza subordinandolo e accordando la strategia marittima a quella generale. Soprattutto Corbett enfatizza il valore ed importanza della strategia di pace. Ciò non significa che fosse pacifista. La strategia di pace per lui è qui ad attuare prima della guerra. Parte da una constatazione, per le potenze si Power è fondamentale il controllo delle vie marittime, quindi delle vie di comunicazione per le potenze marittime. Il punto fondamentale risiede nella libertà dei commerci e nella capacità di commerciare; quindi, nella possibilità di avere porti punti di rifornimento e le rotte marittime. Fondamentali, ma anche l'accesso ai grandi fiumi che sono vie privilegiate dei commerci. E le potenze marittime l'obiettivo strategico fondamentale è il commercio e il controllo delle rotte marittime per le potenze terrestri. L'obiettivo e il controllo del territorio, controllare il territorio terrestre è un'azione molto più aggressiva rispetto al controllo delle vie commerciali marittime perché comporta alleanze o conflitti di un paese con quelli vicini. Le frontiere terrestri vanno controllate tutte e sempre ciò fa si che l'atteggiamento delle potenze marittime sia meno aggressivo e meno votato al controllo del territorio, ad esempio la Gran Bretagna non teme attacchi o invasioni, finché ha una Marina forte. Al contrario, la Germania ha sempre dovuto avere un forte controllo del territorio. Con la strategia di pace del seapower la guerra può essere ridotta. Corbett comprende anche che in caso di guerra non si può vincere solo col potere marittimo o navale. La vera importanza del potere marittimo e la sua influenza sulle operazioni militari. Corbett è il primo a teorizzare le operazioni. Aggiunte mare terra. Una strategia che oggi è chiamata interforze. La collaborazione tra Marina aviazione ed esercito. Corbett dice che una Marina di d'esercito devono funzionare come un'unica arma, è un Consiglio che gli inglesi seguono da subito. per l'Italia ci vorrà molto più tempo.
Oggi si può dire che l'aria pivot corrisponde al cuore euroasiatico del continente, la Mezzaluna marginale e l'Europa occidentale, Medio Oriente, India e parte dell'Asia del Pacifico. La Mezzaluna esterna è formata da Stati Uniti, Regno
La sua riflessione parte dal motivo per cui la Germania ha perso la Prima guerra mondiale, perché i tedeschi militarmente più forti hanno perso la guerra? La sua risposta è che la Germania non ha saputo leggere correttamente da un punto di vista geopolitico. La guerra, la Letta come una classica guerra europea ed è stato un errore catastrofico. La Germania non ha ragionato in termini di Sistema mondo. Era priva di una visione planetaria e non ha capito che la guerra era mondiale e non regionale e che occorresse una visione tale in ambito di rapporti tra le potenze. Soprattutto non aveva compreso l'importanza di capire il ruolo di territorio nel confronto globale. La Germania si era messa nelle condizioni di essere sconfitta perché si era posta contro lo hartland sia il sei Power. La guerra su due fronti è una catastrofe per una regione svantaggiata geograficamente, con una posizione particolarmente sfavorevole. Secondo Auser, era fondamentale per la Germania ottenere lo spazio vitale. Questo concetto sarà anche utilizzato da nazisti, ma non in modo geopolitico. Hitler? Non assimila mai nulla di geopolitica, lo spazio vitale non è lo spazio indiscriminato e occupare lo spazio necessario per la Germania per non essere più schiacciata da altre potenze. Da qui il ruolo della geopolitica tedesca, insegnare alla Germania a ragionare in termini geopolitici per riprendere lo spazio che le spetta. Perché era stata punita ingiustamente con il trattato di Versailles, a casa di un'imposizione di una pace troppo pesante. Seconda Haushofer, la geografia fornisce la geopolitica alla cornice entro cui deve svolgersi ogni azione politica. Se vorrà essere coronata da successo duraturo, la geopolitica, In altre parole, di Haushofer deve essere la coscienza geografica dello Stato. Lo Stato ha una coscienza geografica che è data dalla geopolitica. Gli studiosi francesi del dopoguerra hanno scritto che dopo lo shock della sconfitta, la geopolitica permette alla Germania di pensare al suo ruolo all'interno del mondo.
- Che la guerra non serva agli interessi sovietici. È un punto fondamentale, perché negli anni Settanta si erano
discusse le teorie secondo cui l’URSS non volesse fare una guerra. Secondo queste teorie Cuba lo dimostrava.
Secondo Gray, invece, i sovietici attendono solo il momento migliore per scatenarla.
Nel 1990 Gray invitava a non sottostimare i pericoli dell’URSS, ma nel 1991 c’è la sua disgregazione.
Saul B. Cohen
Studioso di geografia politica, meno antisovietico di Gray, è considerato un autore post- classico. Va oltre la geopolitica classica, ma non la rinnega. Unisce l’analisi micro a quella di macro-livello. Una sua definizione di geopolitica è che è lo studio della relazione esistente tra la politica internazionale di potenza e le corrispondenti caratteristiche della geografia. Una delle sue opere più importanti, che lo porta al centro dell’attenzione, è un libro del 1963 chiamato Geography and Politics in a World Divided. Cohen sottolinea un dato fondamentale per la geopolitica contemporanea: la soggettività. Insiste molto sulla soggettività della rappresentazione politica.
Nonostante dia attenzione alla geografia e ai dati geografici, Cohen è molto critico riguardo il concetto di regione
(Buzan, regional security complex), che non è mai una realtà geografica oggettiva, ma è solo un dispositivo analitico che serve a dividere il mondo secondo criteri arbitrari. Le regioni non sono definite per sempre, ma riescono sia i rapporti di forza, sia la soggettività dell’analista. La parte soggettiva dell’analisi è molto importante. Per questo è necessario fare attenzione a non prendere come scientifica e permanente una visione che è sempre condizionata dai bias cognitivi di un certo momento storico.
La realtà geopolitica è unita alla rappresentazione, alla narrativa. Questo, più l’attenzione al dato micro, permette a Cohen di essere critico su una delle interpretazioni più in voga delle relazioni internazionali, la domino theory. Cohen la considera come una ricezione acritica e profondamente distorta dei principi della geopolitica classica.
Vengono ripresi anche i concetti classici della dicotomia terra/mare, anche se Cohen rifiuta gli schematismi della geopolitica classica, in particolari alcuni della interpretazione di Mackinder e di Spykman. Secondo Cohen il fulcro dello heartland è la ricerca costante dell’unità strategica dello spazio, attraverso il controllo delle vie di comunicazione (strade, ferrovie). Il potere marittimo, invece, è legato alle vie di comunicazione navali e soprattutto ai commerci.
Ciò gli permette di creare la sua cartina geopolitica, che offre una narrativa del mondo. Il mondo vede la presenza di sfere geostrategiche (geostrategical realms). Sono due, e presentano forti divisioni interne. All’interno di ogni sfera geostrategica esistono degli insiemi geopolitici più piccoli ma più coesi, meno diversificati. A separare queste due sfere geostrategiche ci sono le shatter belts. Sono linee di frattura, zone in cui si scaricano o si accumulano le tensioni tra i due geostrategical realms. Cohen immagina una sfera geopolitica più piccola che prende parte continente euroasiatico, fatto dallo heartland e da una appendice orientale (l’Europa orientale è parte del Rimland minacciato dalla Guerra Fredda) e forti proiezioni nel sud- est asiatico.
L’altra sfera è legata ai commerci marittimi (trade-dependent maritime realm) e attraversa gli oceani Pacifico, Indiano e Atlantico. Al suo interno ci sono una serie di insiemi geopolitici: la regione anglo- americana, l’Europa marittima (Europa occidentale e Maghreb), l’offshore Asia, l’America meridionale. Ci sono poi una serie di shatter belts, luoghi dove si accumula la tensione che non sempre si può scaricare: la linea di frattura più evidente è quella lungo il Rimland europeo, che divide l’Europa occidentale e quella orientale. È una
shatterbelt dove la tensione non si può scaricare; se succedesse, si avrebbe una guerra nucleare tra NATO e Patto di Varsavia. Un luogo dove si può scaricare la tensione è la shatterbelt mediorientale.
Cohen scrive negli anni Sessanta, quando l’Africa è appena diventata indipendente. Non percepisce ciò che diventerà l’Africa nel decennio seguente.
La geopolitica è importante perché mostra la continuità strategica di queste sfere. La sfera euroasiatica continentale è sempre più aggressiva di quella marittima, legata ai commerci, perché l’obiettivo della sfera euroasiatica è quello di raggiungere i mari caldi, luoghi in cui si può davvero diventare potenza di sea power. Cohen suggerisce che la lettura ideologica dell’aggressività dell’URSS sia solo una componente della questione, perché il reame euroasiatico tende naturalmente all’aggressività, tende a cercare, dal punto di vista strategico, l’unione dello spazio euroasiatico. Non
strategia nucleare è anomala, perché serve a prevenire il conflitto, non a vincere. Se si impedisce lo scontro si previene la vittoria ipotetica dell’altro, ma anche la propria. La deterrenza spinge verso l’impossibilità della guerra nucleare, e quindi anche all’impossibilità di una vittoria. Ma poiché tensioni e rivalità ci sono, il sistema come fa a gestirle? La risposta è che ha mantenuto la guerra convenzionale (Corea, Vietnam), il meccanismo tipico di competizione tra gli stati del sistema vestfaliano. Se ciò accade si possono utilizzare i tradizionali sistemi di analisi e i ragionamenti della geopolitica sono ancora utili. Nella Guerra Fredda, a livello convenzionale, permangono le stesse regolarità geopolitiche che, dice Zoppo, sono quelle di Mackinder. Lo heartland (URSS) preme per espandersi e il Rimland è protetto dal sea power (USA). Sono le forze statunitensi presenti in Europa, Medio Oriente e Asia che rendono impossibile l’espansione dello heartland, o almeno a renderla molto difficile. La rende impossibile in Europa e la limita nel Pacifico (Giappone).
...continua