Concetti Chiave
- Cesare Pavese nacque nelle Langhe e visse a Torino, dove maturò una diffidenza verso la città, preferendo il simbolismo della campagna come felicità perduta.
- Durante la sua carriera, lavorò per la casa editrice Einaudi e affrontò un periodo di confino a Brancaleone Calabro a causa di sospetti di antifascismo.
- Pavese iniziò con racconti ispirati alla letteratura americana, come "Paesi tuoi", e durante la Seconda Guerra Mondiale visse un conflitto interiore sulla partecipazione alla Resistenza.
- Nel dopoguerra, esplorò temi di mito e destino nei suoi scritti, combinando elementi classici e pagani, come nei "Dialoghi con Leucò".
- "La luna e i falò" è considerato il suo capolavoro, trattando il tema del ritorno e delle radici, ma il successo non alleviò il suo senso esistenziale di solitudine.

Indice
Pavese: La vita in collina, la vita in città
Cesare Pavese nacque il 9 settembre del 1908 a Santo Stefano Belbo, un piccolo paese delle Langhe in provincia di Cuneo, ma la famiglia presto si trasferisce a Torino.
In molti suoi scritti egli sottolinea quanto peso abbiano avuto nella sua crescita interiore il luogo in cui è nato e i molti, indimenticabili, ricordi, a esso legati. Ogni estate infatti, fino alla morte del padre, trascorreva le vacanze nella casa di campagna e qui trovava un mondo che gli entrerà nel cuore. La scomparsa prematura del padre lasciò in lui un grande vuoto, rendendolo taciturno e introverso. A Torino visse con la madre e la sorella Maria; frequentò il Liceo Ginnasio Massimo d’Azeglio e trovò in Augusto Monti, suo professore e convinto antifascista, una guida intellettuale e morale. Ma nei confronti della città nutrì sempre una sorta di invincibile diffidenza. La città, con i suoi spazi chiusi lo opprimeva e lo soffocava: per lo scrittore la campagna diventa il simbolo di una felicità perduta da riconquistare.
Dopo il diploma si iscrisse all’università; in quegli anni un collettivo di allievi ed ex-allievi si riuniva al caffè Rattazzi, o nelle case dell’uno dell’altro, per discutere di politica, filosofia e letteratura. Oltre a Pavese, ne facevano parte Leone Ginzburg, Massimo Mila, Norberto Bobbio, Giulio Einaudi.
La vita dopo la laurea: il confino e la casa editrice Einaudi
A ventidue anni si laureò con una tesi su Walt Whitman e cominciò a lavorare alla rivista “La cultura”, mentre si intensifica la sua attività di traduttore. La morte della madre, avvenuta nel 1931, lo scosse e lo segnò profondamente. Nel 1933 Pavese iniziò a collaborare con Giulio Einaudi, che da poco aveva aperto la casa editrice che porta il suo nome.
Nel 1935 la relazione con Tina Pizzardo, impegnata nella lotta al fascismo – “la donna dalla voce rauca”, come chiamava l’amore entrato nella sua vita dagli ultimi anni degli studi universitari – gli costerà l’accusa di sospetto antifascismo. Venne condannato a tre anni di confino a Brancaleone Calabro ed espulso dal Partito Nazionale Fascista (al quale si era iscritto per permettere alla sorella di insegnare). Per domanda di grazia gli vennero condonati due anni, così nel 1936 fece ritorno a Torino. In questo stesso anno pubblicò "Lavorare stanca", una raccolta di poesie scritte durante il confino, in cui presenta situazioni quotidiane del mondo contadino. Nella sua opera non c’è alcuna denuncia neorealista, il suo era un tentativo di recuperare il passato incarnato da quel mondo (che sarà uno dei temi principali della poetica di Pavese). Ciò che colpisce è anche lo stile e la tecnica, in contrasto con la poesia ermetica del tempo, che era una poesia chiusa, difficile, breve, per pochi. Invece, la poesia di Pavese ha versi lunghi, quasi una poesia/racconto, in cui sono addirittura presenti dei dialoghi. Nonostante l’innovazione, la raccolta non ebbe grande successo.
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I primi racconti e la guerra
Fu proprio in questi anni che Cesare Pavese cominciò a scrivere i primi racconti, alcuni dei quali pubblicati postumi. Tra il 1938 e il 1939 scrisse “Il carcere” pubblicato 10 anni dopo, mentre “Paesi tuoi” è del 1941. Quest’ultimo è un omaggio alla letteratura americana per temi, personaggi e atmosfere. Narra l’incontro tra un operaio, Berto (che esprime la città) e un contadino, Talino. I due si conoscono mentre sono in prigione. Quando Berto esce, raggiunge in campagna l’amico, dove incontra anche la sorella di Talino. Il culmine del racconto è l’uccisione della sorella da parte del fratello per un eccesso di gelosia: il delitto furioso è raccontato con frasi brevi e con crudezza realistica.
Con lo scoppio della guerra, Pavese non venne arruolato per problemi di salute e visse gli anni della Resistenza in una posizione appartata e defilata, pieno di dubbi sulla necessità o meno di parteciparvi attivamente: il fatto di non essere riuscito a prendere una decisione importante in quegli anni difficili scatenerà nell'autore un costante senso di rimorso, com'è documentato in molti passi del diario "Il mestiere di vivere".
La fine del conflitto mondiale, la caduta del regime fascista e la speranza di una rinascita democratica dell'Italia animarono di nuove speranze Pavese, che si iscrisse con entusiasmo al Partito Comunista, ritenendo doveroso partecipare al rinnovamento del Paese. Neppure questa scelta però lo appagò e si dedicò con maggiore accanimento alla stesura di romanzi e altri scritti. Iniziò a scrivere articoli di ispirazione etico-civile e riprese il lavoro per la Einaudi. Per Pavese la casa editrice divenne tutto. Per oltre dieci anni, oltre al lavoro di traduttore di opere americane e di lingua inglese, svolse il ruolo di redattore e revisore di bozze; fu lui a redigere le norme della punteggiatura, a strutturare le collane, a studiare l’organizzazione del lavoro e le schede editoriali.
La prosa e il successo
Dopo la guerra, negli anni ’50, in pieno neorealismo, Pavese si spinge di nuovo controcorrente, parlando del mito, mischiando insieme il mondo classico e il mondo pagano. La scoperta, o meglio la “riscoperta” del mito risale agli anni della Resistenza, in cui aveva avuto modo di approcciarsi al mondo contadino che era fortemente mitologico, conservando simboli ancestrali della notte dei tempi. Tra il 1945 e il 1947 scrisse “Dialoghi con Leucò”, 26 racconti, ognuno dei quali ha come interlocutori due personaggi della mitologia greca, tra dei ed eroi. Sono delle riflessioni sul primitivo, sul selvaggio, sul mito, dove Pavese si interroga sulla capacità dell’uomo di spezzare il proprio destino, se ha una reale possibilità di cambiarlo.
Nel 1948 scrisse “La casa in collina”, un romanzo quasi autobiografico, che esprime pienamente la tendenza di Cesare Pavese a dubitare delle sue scelte: Corrado, il protagonista, è un professore e intellettuale che, durante i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale scappa sulle colline piemontesi. È in contatto con alcuni antifascisti, ma non partecipa all’azione armata e si nasconde. Il tema dominante è la vergogna di colui che non sa agire e non riesce a prendere una posizione. Ritorna la tematica del destino, ma anche della collina come luogo mitico per eccellenza; è il mondo dell’infanzia, dell’evasione, e della fantasia, che si contrappone alla città, a Torino, il luogo dell’impegno, della responsabilità, degli adulti, del lavoro ma anche spesso dell’infelicità e dell’angoscia. Oltre a questo dualismo campagna/città, viene espresso il contrasto tra la figura letteraria del "ragazzo" (in questo caso Dino), che alle soglie della giovinezza è pieno di curiosità verso il mondo e di speranza (tant’è che decide di unirsi alla Resistenza) e il "vecchio" (Corrado), ormai stanco e disincantato, consapevole della vanità della vita e privo di illusioni per il futuro.
La luna e i falò, storia dei ritorni impossibili
Nel 1949, nel giro di poche settimane, scrisse “La luna e i falò”, considerato il suo capolavoro insieme a "La casa in collina". Ambientato nelle Langhe, nei luoghi della sua infanzia, il romanzo ripropone uno dei temi più cari a Pavese: il ritorno al paese e un viaggio nel passato alla ricerca delle proprie radici e della propria identità. Con un linguaggio realistico egli riproduce la lingua parlata dai personaggi, intessendo il racconto di forme lessicali tipiche del dialetto.
Il protagonista e narratore è Anguilla, che torna nelle Langhe dopo aver passato anni in America e aver fatto fortuna. Adottato da bambino da una coppia di contadini, cerca da adulto le tracce di quel passato lontano, dei luoghi e delle persone che ha conosciuto durante l’infanzia. Ad accompagnare Anguilla c’è il vecchio amico Nuto, con cui ripercorre le vecchie strade e ricordi, sempre uguali e mai più gli stessi. Attraverso il viaggio c’è la presa di coscienza che nulla si può ricostruire e non si può tornare indietro. Il paradiso primordiale delle Langhe, che incarna il passato, una volta trovato è perduto per sempre.
Cesare Pavese è considerato ormai un autore di successo, dalla fama consolidata, ma la stanchezza di vivere non sembra abbandonarlo. Alla fine del 1949 conosce Constance Dowling, che rinnoverà in lui prima il sentimento dell’amore, poi il dolore dell’abbandono. È di questo periodo “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, una raccolta quasi profetica. Frustrazioni sentimentali e quel senso di inferiorità morale causato dalla sua decisione di non partecipare alla resistenza, acuirono le crisi depressive e quel senso disagio esistenziale che l’accompagnavano da tutto una vita.
Nel 1950 vinse il Premio Strega per “La bella estate”, una raccolta di tre romanzi brevi, ma nemmeno quella vittoria sollevò il morale dello scrittore, che sembrava non riuscire a reagire a quel senso di vuoto e solitudine che l’attanagliavano. Logorato, stanco, ma in fondo perfettamente lucido, si tolse la vita in una camera dell’albergo di Torino, ingoiando una forte dose di barbiturici. Solo un’annotazione, sulla prima pagina dei “Dialoghi con Leucò”, sul comodino della stanza: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”.
Domande da interrogazione
- Quali sono stati gli eventi principali della vita di Cesare Pavese che hanno influenzato la sua scrittura?
- Come si è sviluppata la carriera letteraria di Pavese dopo la laurea?
- Quali sono i temi principali delle opere di Pavese?
- In che modo Pavese ha contribuito al panorama letterario italiano del suo tempo?
- Qual è l'eredità letteraria di Cesare Pavese?
La vita di Cesare Pavese è stata segnata da eventi significativi come la morte prematura del padre, il trasferimento a Torino, il confino a Brancaleone Calabro, e le sue esperienze durante la guerra. Questi eventi hanno influenzato profondamente la sua scrittura, portandolo a esplorare temi di nostalgia, identità e il contrasto tra città e campagna.
Dopo la laurea, Pavese ha iniziato a lavorare come traduttore e collaboratore per la casa editrice Einaudi. Ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie "Lavorare stanca" e ha scritto racconti e romanzi che riflettono le sue esperienze personali e le sue riflessioni sulla società e la cultura.
I temi principali delle opere di Pavese includono il ritorno alle origini, la ricerca dell'identità, il contrasto tra città e campagna, e la riflessione sul destino e il mito. Questi temi sono esplorati attraverso un linguaggio realistico e una narrazione che spesso intreccia elementi autobiografici.
Pavese ha contribuito al panorama letterario italiano con la sua prosa innovativa e il suo approccio unico alla poesia, che si distaccava dall'ermetismo prevalente. Ha introdotto temi americani nella letteratura italiana e ha esplorato il mito e il primitivo, influenzando il neorealismo e arricchendo il dibattito culturale del suo tempo.
L'eredità letteraria di Cesare Pavese è caratterizzata dalla sua capacità di esplorare profondamente l'animo umano e le sue contraddizioni. Le sue opere continuano a essere apprezzate per la loro introspezione, il realismo e la capacità di evocare il paesaggio e la cultura italiana, rendendolo uno degli autori più influenti del XX secolo.