Concetti Chiave
- Pompei offre un'incredibile finestra sulla vita quotidiana degli antichi romani, grazie alla conservazione di case, strade e oggetti sotto la cenere del Vesuvio.
- Fondata dai Pelasgi, Pompei ha vissuto varie dominazioni, dai Sanniti ai Romani, fino alla distruzione causata dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
- L'eruzione del Vesuvio, descritta da Plinio il Giovane, ha sepolto la città in poche ore, conservandola per secoli sotto uno strato di cenere e lapilli.
- Pompei è celebre per i suoi quattro stili pittorici, che riflettono l'evoluzione artistica dal 150 a.C. al 79 d.C., con influenze greche e romane.
- Il quarto stile pittorico pompeiano è il più tecnicamente avanzato, caratterizzato da una ricca varietà di tecniche e influenze artistiche.

Indice
Introduzione a Pompei: una città viva e animata
Se si vuole conoscere la vita quotidiana al tempo degli antichi romani esiste un solo luogo al mondo in cui le case dei ricchi e quelle della povera gente, le strade, le fontane, i luoghi di ritrovo, i graffiti sui muri e gli slogan elettorali risultano ancora visibili: questo luogo è Pompei.
Popolate da circa 20-25.000 abitanti e sepolte dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., Pompei e gli altri centri archeologici della Campania devono la loro notorietà al fatto di essersi conservati sottoterra, per quasi diciassette secoli, protetti da un’alta coltre di cenere e lapilli. Fra gli scavi del mondo romano, Pompei è quello più spettacolare, il più visitato e studiato. La rapidità della tragedia, che si consumò in poche ore, ha come cristallizzato nel tempo la città, consentendo agli archeologi di riportare alla luce interi quartieri, nonché persone e animali colti nei loro ultimi gesti, prima di essere sepolti dalla cenere incandescente. Queste scoperte hanno rivelato intimità e segreti di una vita sorpresa da una fine improvvisa: il cibo sulla tavola, i giochi dei bambini, gli oggetti d’arredo usati abitualmente. Scavando a Pompei sono state ritrovate quasi intatte le case; la loro struttura architettonica e la loro fastosa decorazione indicano che gli abitanti erano, in maggioranza, prosperi e agiati. La città era attraversata da strade ampie e ben pavimentate, larghe circa 4 metri. Via dell’Abbondanza, la più famosa, era affiancata da due ampi marciapiedi, ospitava taverne e termopoli, ovvero i bar e le tavole calde del tempo. Nella trafficata Pompei, i muri intonacati delle facciate offrivano ampie superfici utilizzabili a scopo di propaganda sia elettorale sia commerciale. In alcuni punti sono ancora visibili le iscrizioni che inneggiavano ora a questo ora a quel candidato oppure reclamizzavano prodotti artigianali o qualche attività commerciale.
per maggiori informazioni sull'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. vedi anche qui
Pompei dalla sua fondazione all’eruzione del Vesuvio raccontata da Plinio il Giovane
Pompei inizialmente era abitata dai Pelasgi che, nella tradizione ellenica, indicava da una parte i padri dei greci, natii di quelle terre, dall’altra le popolazioni native del mar Egeo, viste come retrograde e semplicemente strutturate. L’assetto originale che questi uomini diedero alla città era un piccolo abbozzo di villaggio caratterizzato dalla costruzione di rudimentali abitazioni seguendo l’andamento di strade verso Cuma, Nola, Stabia e da Nocera.
In un arco di tempo compreso fra il 525 e il 474 a.C. Pompei fu sottomessa inizialmente dalla colonia di Bea e successivamente dai sanniti, un popolo italico stanziato prevalentemente tra le attuali regioni dell’Abruzzo, Molise e Campania.
Fu abbastanza autonoma, nonostante fosse dominata dalla città di Nuceria Alfaterna, anche mentre si stava combattendo la seconda guerra punica dal 218 a.C. contro i Cartaginesi perché Pompei diede il suo appoggio a Roma.
Questo legame, però, fu destinato a rompersi a causa del bellum italicum tra il 91 e l’88 a.C., conosciuto anche con il nome di bellum Marsicum, durante la quale Silla cercò di entrare a Pompei ma vi trovò una forte resistenza guidata da Lucio Cluenzio. I loro sforzi, in realtà, furono inutili ma alla fine Lucio ottenne comunque di essere un discendente della Gens Memenia.
Nel 59 d.C., secondo testimonianze archeologiche e gli scritti di Tacito, scoppiò nell’anfiteatro una rissa tra i residenti di Pompei e di Nuceria Constantia per i malcontenti nati dalla fondazione della colonia di Nuceria Alfaterna che aveva comportato una riduzione di campi coltivabili dai pompeiani. La rivolta fu così grave (si utilizzarono le armi e molti ne rimasero uccisi) che Nerone decise di chiudere l’anfiteatro per 10 anni e di sciogliere i collegia.
Il 5 febbraio del 62 d.C. gli abitanti di Pompei dovettero subire un violento terremoto ( V o VI grado della scala Mercalli) il cui epicentro fu calcolato vicino Stabia, nella zona a sud del Vesuvio. I danni furono ingenti così come i crolli delle costruzioni e, secondo quanto raccontò Seneca nelle Naturale Quaestiones, seicento pecore morirono a causa dei gas asfissianti.
L’evento, però, più drammatico che la città dovette soffrire tanto da segnare la sua fine fu l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che, secondo alcuni studiosi è da ricollegare al terremoto di qualche anno prima.
I primi pomici iniziarono a fuoriuscire dal vulcano intorno alle tredici fino a raggiungere un’altezza di 13-17 chilometri e mietere vittime, conservate poi nella cenere, in un raggio di centinaia di altrettanti chilometri. Una brillante descrizione dell’evento fu scritta da Plinio il Giovane che, nelle sue Lettere ai Familiari, illustrò la morte dello zio, Plinio il Vecchio.
“Egli era a Miseno, dove personalmente dirigeva la flotta. Il nono giorno prima delle calende di settembre (24 agosto), verso l'ora settima, mia madre lo avverte di una nube inconsueta per forma e grandezza. […] Una nube si formava e non era chiaro all'osservatore da quale monte s'innalzasse (si seppe, poi, essere il Vesuvio), il cui aspetto, fra gli alberi, era vicino a quello del pino. Essa, infatti, levatasi verticalmente come un altissimo tronco, s'allargava poi a guisa di rami, probabilmente perché, sollevata grazie alla spinta di una corrente ascendente e poi abbandonata a se stessa per il cessare di quella, o cedendo al suo stesso peso, si allargava lentamente: a tratti bianca, a tratti nera e sporca a causa della terra e della cenere che trasportava. […]Già la cenere pioveva sulle navi, sempre più calda e densa quanto più esse si avvicinavano; e si vedevano già pomici e ciottoli anneriti e bruciati dal fuoco e spezzati; poi ecco un inatteso bassofondo e la spiaggia ostruita dai massi proiettati dal monte. […] Frattanto in molte parti del monte Vesuvio risplendevano larghe fiamme e vasti incendi, il cui chiarore e la cui luce erano resi più vividi dalla oscurità della notte. Poi se ne andò a dormire e dormì di un autentico sonno, poiché la sua respirazione, resa più pesante e rumorosa dalla corporatura massiccia, era udita da quanti passavano accanto alla soglia. Intanto il livello del cortile s'era cosi tanto innalzato per la caduta di cenere e pomici che, se avesse più a lungo indugiato, non sarebbe più potuto uscire dalla stanza. Svegliato, egli esce dalla sua camera e raggiunge Pomponiano e gli altri, che non avevano chiuso occhio. Si consultano tra loro se devono restare in casa o uscire all'aperto. Continue e prolungate scosse telluriche scuotevano infatti la casa e, quasi l’avessero strappata dalle fondamenta, sembrava che essa sbandasse ora da una parte, ora dall’altra per poi riassestarsi. […] Già ovunque faceva giorno, ma colà regnava una notte, più scura e fitta di ogni altra notte, sebbene mitigata da molte fiamme e varie luci. Egli vuole uscire sul lido e guardare da vicino se fosse possibile mettersi in mare; ma questo era, tuttavia, agitato e impraticabile. Quivi,riposando su un lenzuolo disteso, domanda dell'acqua e beve avidamente. Intanto le fiamme e
l’odore sulfureo che le annunciava mettono in fuga alcuni e riscuotono lo zio.”
Dopo questa prima fase ci fu un periodo di quiescenza del vulcano che ingannò gli abitanti a ritornare nelle loro abitazioni, ignari che sarebbe avvenuta una seconda eruzione più letale vista la fuoriuscita di lava a Pompei e Stabia e di un flusso piroclastico ad Ercolano, la quale non visse il primo stadio dell’eruzione.
per maggiori informazioni sulle città di Pompei ed Ercolano vedi anche qui
Arte a Pompei: i quattro stili pittorici
Lo stile di pittura originario degli abitanti di Pompei viene datato tra il 150 e l’80 a.C. ed è stato denominato “stile dell’incrostazione” perché deriva dal nome crusta, ovvero un rivestimento con laste di marmo. Questo perché la caratterizzazione principale di questo stile sta nel fatto che esso cerca di riprodurre le lavorazioni in marmo variegato, alabastro o porfido utilizzando per lo più i colori brillanto come il rosso, il nero e il giallo. In particolare ciò si può trovare nella Basilica e nel tempio di Giove così come nella Casa del Fauno.
Tra il 200 e l’80 a.C. si sviluppa il “primo stile pompeiano” in cui ci sono cenni di pilastri e piccole lavorazioni architettoniche mentre tra l’80 a.C. e il I secolo d.C. con il “secondo stile pittorico” l’architettura stessa prende il sopravvento come dimostrano i riquadri frazionati da colonne sottili della sala della Villa di Publio Fannio Sinistor.
Sembra, inoltre, che tutte le pitture avessero come punto di riferimento ed ispirazione le tragedie teatrali.
Molto usata è, inoltre, la tecnica del trompe l’oeil (inganna l’occhio), cioè una tecnica pittorica che si basa sulla rappresentazione di soggetti realistica e illusoria tanto da sembrare tridimensionali e rompere la parete che divide l’arte e l’osservatore. Conseguentemente a ciò, era molto diffuso un certo gusto per la ricercatezza espressiva del dettaglio come dimostra il fatto che Appio Claudio Pulcro nel 99 a.C. avesse dipinto dei tetti delle case tanto realistici che degli uccelli si sarebbero potuti posare sopra o la realizzazione di pitture di giardini con accentuate delle piccole minuzie quali fiori, cespugli, animali vivi o morti e soprattutto uccellini nelle loro uccelliere, ghirlande di frutti. È probabile che questa sensibilità artistica abbia la sua matrice nel pittore greco del III secolo Pireico la cui principale fonte di ispirazione erano la vita e gli oggetti della quotidianità.
È bene, inoltre, fare riferimento alle tre pareti della Villa dei Misteri riguardante l’iniziazione bacchica poiché la sua raffigurazione è molto enigmatica in cui si mescola straordinarietà, movimenti incisivi, sgomento, magia. Essa fa riferimento a dei modelli, ormai perduti, di Pergamo ma anche allo scultore Prassitele il quale era in grado di far emergere, nelle sue raffigurazioni, la loro realtà umana e divina.
Sotto il regno di Augusto, tra il 31 a.C. e il 14 d.C., e secondo alcune tesi sotto il regno di Claudio, tra il 41 e il 54 d.C., si sviluppa il terzo stile pittorico. In questo contesto è difficile strutturare una solida architettura visto l’utilizzo di materiale simile al bambù ma, d’altro canto, la cultura egiziana ha un forte impatto sulla società. Un esempio di questo stile lo si può osservare nella Casa di Marco Lucrezio Frontone in cui le tappezzerie delle volte avevano dei pannelli al centro con lo scopo di coprire le pareti. Su di esse, però, vengono raffigurati paesaggi rurali di dimensioni ridotte o piccole scene conosciute con il nome “pinakes” come quelle che si trovano nella Villa della Porta Marina.
Dal 45 d.C. al 79 d.C. si sviluppa il quarto stile che comprende i diversi generi di pittura diffusasi negli ultimi anni della città. È il periodo più tecnicamente fecondo tanto che secondo uno studioso contemporaneamente operavano diciassette buoni artisti. Essi, in particolare, ritornano al terzo stile e ai pilastri della pittura greci, reinventandolo. Uno dei loro prodotti è la filigrana, un intreccio e saldatura di filamenti di metallo capillari. Ancora una volta le scene pittoriche vengono ispirate da tragedie teatrali come dimostra una parete della Casa di Menandro dove c’è una raffigurazione dello stesso e Casa di Pinario Ceriale in cui è presente una scena dell’Ifigenia in Tauride di Euripide.
per maggiori informazioni sugli stili di pittura vedi anche qui
Domande da interrogazione
- Qual era l'importanza di Pompei nella vita quotidiana degli antichi romani?
- Come è stata descritta l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. da Plinio il Giovane?
- Quali sono i quattro stili pittorici di Pompei e le loro caratteristiche principali?
- Quali eventi storici hanno influenzato la storia di Pompei prima dell'eruzione del Vesuvio?
- Come si manifestava l'arte a Pompei in relazione alle tragedie teatrali?
Pompei era un luogo unico dove si poteva osservare la vita quotidiana degli antichi romani, con case, strade, graffiti e slogan elettorali ancora visibili, grazie alla conservazione sotto la cenere del Vesuvio.
Plinio il Giovane ha descritto l'eruzione come un evento drammatico con una nube a forma di pino che si alzava dal Vesuvio, piogge di cenere e pomici, e incendi visibili durante la notte, culminando nella morte di suo zio, Plinio il Vecchio.
I quattro stili pittorici di Pompei sono: lo stile dell'incrostazione, il primo stile pompeiano, il secondo stile pittorico, e il terzo e quarto stile, caratterizzati da decorazioni marmoree, architetture dipinte, trompe l'oeil, e influenze egiziane.
Pompei fu influenzata da diverse dominazioni, tra cui i Pelasgi, i Sanniti, e i Romani, e subì eventi come il bellum italicum, una rissa nell'anfiteatro, e un violento terremoto nel 62 d.C.
L'arte a Pompei era spesso ispirata dalle tragedie teatrali, con tecniche come il trompe l'oeil e dettagli espressivi che creavano scene realistiche e tridimensionali, come dimostrato nelle raffigurazioni della Casa di Menandro e della Casa di Pinario Ceriale.