Concetti Chiave
- La poesia "A se stesso" di Giacomo Leopardi fa parte del Ciclo di Aspasia, rappresentando una fase di disillusione nella poetica leopardiana tra il 1831 e il 1837.
- Leopardi abbandona l'indefinito e affronta una riflessione disillusa sul destino umano e sulla natura, opponendosi ai miti del progresso e del finalismo.
- Il componimento esprime la fine di un amore non corrisposto e l'invito del poeta al proprio cuore di trovare riposo, rinunciando alle illusioni amorose.
- Dal punto di vista stilistico, la poesia adotta un tono imperativo, una sintassi paratattica e una struttura frammentata con enjambements e poche rime.
- Leopardi utilizza figure retoriche come allitterazioni, anastrofi, anafore e metafore, evidenziando il tema della vanità e la perdita di funzione consolatoria della poesia.

Leopardi - XXVIII - A se stesso
Or poserai per sempre,Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
In noi di cari inganni,
Non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
Palpitasti. Non val cosa nessuna
I moti tuoi, nè di sospiri è degna
La terra. Amaro e noia
La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T'acqueta omai. Dispera
L'ultima volta. Al gener nostro il fato
Non donò che il morire. Omai disprezza
Te, la natura, il brutto
Poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l'infinita vanità del tutto.
Parafrasi
Ora troverai pace e tranquillità per sempre,
O mio cuore stanco. Morì l’amore che credevo eterno,
Poiché io stesso mi credevo eterno. Morì. In me e in te
Non solo la speranza, ma anche
Il desiderio delle illusioni è spento.
Trova riposo per sempre. Abbastanza
Palpitasti. Non esiste nulla per cui
Valga la pena di appassionarsi
La terra. Amaro e noia
La vita non nient’altro, mai; e il mondo è fango.
Calmati ormai. Rinuncia a ogni speranza
Per l’ultima volta. Al nostro genere umano il fato
Ha riservato solo il dono della morte. Ormai devi disprezzare
Te stesso, la natura, il maligno
Potere che, di nascosto, domina per il danno di tutti
E [disprezza anche] la vanità di tutte le cose.
Commento e analisi
La poesia A se stesso, di Giacomo Leopardi, fa parte del cosiddetto Ciclo di Aspasia che, insieme alle canzoni sepolcrali e a testi quali la Palinodia al marchese Gino Capponi e La ginestra, rientra nella terza fase della poetica leopardiana, risalente agli anni 1831-1837, e che vede il definitivo abbandono di Recanati nel 1830, il soggiorno fiorentino, il rafforzamento dell’amicizia con lo scrittore napoletano Antonio Ranieri, l’amore non corrisposto per la nobildonna Fanny Tozzetti. Aspasia era lo pseudonimo di Fanny Tozzetti e riprendeva il nome di una prostituta amata da Pericle nel V secolo a.C. La loro composizione è compresa fra il 1831 e il 1834. A se stesso fu inserita nell’edizione napoletana dei Canti del 1835.
In questa fase, Leopardi accantona la poetica del vago e dell’indefinito e si cimenta in una riflessione disillusa sul presente e sul destino dell’uomo, in una forte polemica con la cultura dominante dell’epoca, soprattutto contro i miti del progresso e del finalismo. In A se stesso Leopardi si rivolge appunto al proprio io interiore per spingerlo a non illudersi più. Si ribadisce la forza dannosa della Natura nei confronti degli uomini, resi fragili dalle proprie illusioni e dall’amore.
Rivolgendosi al suo cuore, il poeta lo invita a trovare per sempre il riposo. La situazione emotiva da cui il componimento prende lo spunto è la fine dell’amore non corrisposto per Fanny Tozzetti. Il poeta dà quindi l’addio alla passione amorosa, perché essa ha rivelato il suo aspetto illusorio. A tale rinuncia corrisponde una forma poetica molto scarna, fatta di un susseguirsi di verbi, di aggettivi e di sostantivi. Il tono della poesia è imperativo e la sintassi ridotta ai minimi termini (prevale la paratassi) , quasi in modo ossessivo. In corrispondenza con il tema della rinuncia, Leopardi sopprime anche la musicalità: infatti molti versi presentano delle pause logico-sintattiche; le rime sono pressoché inesistenti e non seguono uno schema predefinito. Invece, tramite i numerosi enjambements la maggior parte dei versi proseguono all’inizio del verso successivo: assai/Palpitasti, dispera/L’ultima volta, il fato/Non donò, disprezza/Te, il brutto/Poter.
La conclusione è molto amara: se tutto è infinita vanità, anche la poesia, a cui Leopardi non ha mai rinunciato, perde ogni funzione consolatoria. Siamo quindi molto distanti dagli Idilli e dai Canti in cui il ricordo, la musicalità, le immagini molto vaghe che, se non rendevano felice lo scrittore, almeno contribuivano a rendere il dolore meno acuto.
Dal punto di vista strutturale, il componimento è una stanza di canzone libera, articolata in versi settenari e endecasillabi con qualche rima e diverse assonanze: queste ultime sono presenti, soprattutto, alla fine del verso (es. “vanità del tutto” – assonanza delle dentali, “e fango è il mondo” – assonanza delle nasali, “cosa nessuna” – assonanza delle sibilanti).
Nel testo sono presenti varie figure retoriche; il testo quindi, attraverso una punteggiatura che scompone i versi in brevi frasi, risulta frammentato ed evidenti sono gli enjambement (vv. 3-4, 7-8, 6-7, 8-9, 11-12, 12-13, 13-14, 14-15) e le ripetizioni.
Numerose sono anche le allitterazioni (v. 1; v. 2; v. 5; vv. 4-5; vv. 14 e 15).
Al verso 2 si nota un’apostrofe (Stanco mio cor) che è anche un’anastrofe; l’anastrofe è presente anche nel v. 8 (i moti tuoi) e nel verso 16 (infinita vanità).
L’anafora è presente nei vv. 2-3 (Perì… Perì…).
Una metafora è presente al verso 10 (fango è il mondo).
Per ulteriori approfondimenti sulle poesie di Leopardi vedi anche qua.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della poesia "A se stesso" di Giacomo Leopardi?
- In quale contesto storico e personale Leopardi scrisse "A se stesso"?
- Quali sono le caratteristiche stilistiche della poesia "A se stesso"?
- Come viene rappresentata la Natura nella poesia "A se stesso"?
- Qual è la struttura metrica del componimento "A se stesso"?
Il tema principale è la disillusione e la rinuncia alle illusioni e all'amore, con un invito al cuore a trovare riposo e a disprezzare la vanità del mondo.
Leopardi scrisse "A se stesso" durante la terza fase della sua poetica, tra il 1831 e il 1837, dopo aver abbandonato Recanati e vissuto un amore non corrisposto per Fanny Tozzetti.
La poesia è caratterizzata da un tono imperativo, una sintassi paratattica, l'assenza di musicalità, e l'uso di enjambements, anafore, e allitterazioni.
La Natura è rappresentata come una forza dannosa che rende gli uomini fragili attraverso le illusioni e l'amore.
La struttura metrica è una stanza di canzone libera, con versi settenari e endecasillabi, alcune rime e diverse assonanze.