Concetti Chiave
- Il canto "A se stesso" di Giacomo Leopardi è parte del Ciclo di Aspasia, ispirato dalla delusione amorosa con Fanny Targioni Tozzetti.
- La struttura metrica del canto comprende due strofe di cinque versi e una di sei, alternando endecasillabi e settenari senza uno schema preciso.
- Leopardi esprime un invito al cuore a rinunciare alle illusioni, sottolineando che amore e emozioni sono inutili in una vita di dolore e noia.
- Il pessimismo cosmico è centrale, con la natura vista come matrigna che inganna e abbandona l'uomo alla sofferenza.
- Le figure retoriche principali includono enjambement, metafore, sinestesie, allitterazioni e anafore, creando un tono di tristezza e pessimismo.
Indice
Contesto e pubblicazione
“A se stesso” è stato scritto nel settembre del 1833 a Firenze. Fa parte della raccolta dei Canti ed è uno dei cinque canti del Ciclo di Aspasia, pubblicata a Firenze nel 1835. Il Ciclo di Aspasia è ispirato dalla vicenda amorosa con Fanny Targioni Tozzetti, rivelatasi poi una delusione.
Gli altri canti che lo compongono sono Il pensiero dominante, Amore e morte, Consalvo e Aspasia)Struttura e metrica del canto
“A se stesso” è un canto che si divide in due strofe da cinque versi ciascuna e una strofa da sei versi. I sedici versi di cui è composto sono in endecasillabi (verso di undici sillabe in cui l’accento principale si trova sulla decima) e settenari (verso di sette sillabe in cui l’accento principale si trova sulla sesta) che si alternano senza una schema preciso.
Le rime presenti in questo canto sono tre:
- vv. 3-5 (sento-spento)
- vv.11-15 (dispera-impera)
- vv. 14-16 (brutto-tutto)
Leopardi in questo canto si rivolge all’io e al proprio cuore.
Temi principali del canto
Nella prima strofa invita il cuore a riposarsi per sempre abbandonando ogni illusione e speranza. Per Leopardi è morta anche l’illusione più grande che possa mai esistere: l’amore, che lui credeva eterno.
Nella strofa seguente ribadisce ancor di più che il cuore deve riposarsi affermando che tutte le emozioni sono inutili e che non esiste qualcosa o qualcuno che sia degno di amore. Secondo lui la vita consiste solo in dolore e noia e il mondo è fango.
Nell’ultima strofa scrive che l’unica cosa che il fato concede agli uomini, dopo la vita, è la morte ed è per questo motivo che incita il cuore a disprezzare se stesso, la natura che è matrigna e il potere malvagio che agisce al solo scopo di recare danno agli uomini.
Pessimismo cosmico leopardiano
Nel testo emerge il pessimismo cosmico leopardiano. Infatti la natura viene vista in modo negativo come matrigna che prima illude gli uomini che la felicità sia la condizione normale della vita e poi li abbandona alla loro infelice sorte, costituita dal dolore e dalla sofferenza.
Figure retoriche nel canto
Le figure retoriche principali che si possono trovare in questo canto sono:
- enjabementes -> ne sono presenti otto (vv. 6-7-8-9-11-12-13-14) e spezzano il ritmo del componimento
- metafora -> v.10 (fango è il mondo), Leopardi paragona il mondo al fango esprimendo che è instabile e sporco e sottolineando la caratteristica dell’essere indefinito perché il fango non è né terra né acqua
- sinestesia -> v.9 (amaro e noia), associa due termini che appartengono a due diverse sfere sensoriali
- allitterazione -> v.2 (stanco mio cor), vv. 2-3 (estremo-eterno), v.5 (che-speme-desiderio-spento), accosta parole che cominciano con lo stesso suono
- anafora -> vv. 2-3 (perì-perì), viene ripetuta la stessa parola all’inizio delle frasi
Analisi lessicale
Viene utilizzato un lessico che mette tristezza e trasmette la mancanza si speranza, in alcune parti del canto il lessico infonde un forte pessimismo. Il linguaggio usato è quindi impersonale e astratto.
Domande da interrogazione
- Qual è il contesto di pubblicazione del canto "A se stesso"?
- Come è strutturato il canto "A se stesso"?
- Quali sono i temi principali del canto "A se stesso"?
- Cosa rappresenta il pessimismo cosmico leopardiano nel canto?
- Quali figure retoriche sono presenti nel canto "A se stesso"?
"A se stesso" è stato scritto nel settembre del 1833 a Firenze e fa parte della raccolta dei Canti, pubblicata nel 1835. È uno dei cinque canti del Ciclo di Aspasia, ispirato dalla delusione amorosa con Fanny Targioni Tozzetti.
Il canto è composto da due strofe di cinque versi ciascuna e una strofa di sei versi, per un totale di sedici versi. Alterna endecasillabi e settenari senza uno schema preciso e presenta tre rime.
I temi principali includono l'abbandono delle illusioni e speranze, la visione della vita come dolore e noia, e l'idea che la morte sia l'unica concessione del fato agli uomini.
Il pessimismo cosmico leopardiano vede la natura come matrigna che illude gli uomini con la felicità per poi abbandonarli al dolore e alla sofferenza, evidenziando una visione negativa della vita.
Il canto utilizza diverse figure retoriche, tra cui enjambement, metafora, sinestesia, allitterazione e anafora, per esprimere il pessimismo e la mancanza di speranza.