
Gli orali di Maturità 2020 hanno ufficialmente preso il via a partire dalle 8.30 del 17 giugno 2020. Questo Esame di Stato è senza dubbio particolare: infatti ben 40 dei 100 punti del voto finale sono affidati al maxi colloquio orale di Maturità 2020, l’unica prova che i maturandi dovranno superare per poter stringere tra le loro mani il proprio diploma, in quanto le altre due prove scritte sono state cancellate a causa del Covid-19. Quindi andare bene al colloquio orale è fondamentale: ecco dunque una lista delle poesie più famose di Leopardi che dovresti assolutamente ripassare prima di affrontare il maxi orale di Maturità 2020.
-
Leggi anche:
- Maturità 2020, tutte le news in diretta: maxi orale, sicurezza, notizie dalle scuole
- Maturità, si parte con il maxi orale: l'esame di Stato 2020 in 5 punti
- Maturità 2020, maxi orale al via: per 4 studenti su 10 esame senza accompagnatore. Uno su 2 vuole parlare del lockdown
- In bocca al lupo per la maturità 2020: i migliori da dedicare ai maturandi
Analisi del testo Maturità 2020: come sostenerlo al meglio
Il maxi orale di Maturità 2020, come già accennato, è l’unica prova che dovrai affrontare se sei uno dei maturandi 2020. Infatti le due prove scritte sono state abolite a causa dell’epidemia di Covid-19 e quindi l’intero punteggio del voto finale delle superiori è stato ridistribuito e ripensato: 40 dei 100 punti saranno assegnati sulla base del colloquio orale, mentre i restanti 60 punti sono affidati ai crediti accumulati dai maturandi durante i tre anni finali di superiori. Quindi il maxi orale dovrà compensare l’assenza delle prove scritte, e per farlo il Ministero dell’Istruzione ha già stabilito le varie fasi del colloquio, che gli insegnanti dovranno rispettare. Il secondo step del colloquio orale prevede l’analisi del testo, fase nella quale il candidato dovrà dar prova delle sue capacità di esame di un testo già analizzato nel corso dell’anno in classe con l’insegnante di letteratura. In questo modo la commissione valuterà anche le competenze che solitamente i candidati sono tenuti a mostrare durante la prima prova scritta di Maturità. Quindi sarà essenziale essere preparati in materia di analisi del testo e di letteratura italiana. Uno dei poeti che facilmente potrebbe essere selezionato dalla commissione d’esame e quindi potresti trovarti ad affrontare in sede di colloquio orale è senza dubbio Leopardi, da sempre un grande e intramontabile classico: ecco dunque una raccolta delle sue 5 composizioni più importanti.
L’infinito, Giacomo Leopardi: Maturità 2020
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
L'Infinito, forse il componimento più celebre del poeta di Recanati, fa parte degli Idilli leopardiani, una raccolta poetica molto di importanza basilare all’interno della storia della letteratura italiana. Questa lirica è stata scritta in età giovanile da Leopardi, il quale descrive il suo amato colle presente a Recanati che è per lui fonte di grandi riflessioni e di grande tranquillità a livello mentale. Il componimento si presenta in quindici endecasillabi sciolti ed è considerato come uno dei più grandi capolavori scritti dal poeta marchigiano.
Il passero solitario: Leopardi, Maturità 2020
D’in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de’ provetti giorni
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell’aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.
È una famosissima canzone, scritta tra il 1818 e il 1820 (quando Leopardi si trovava a Recanati e stava scrivendo l’Infinito), ma l’edizione definitiva va datata tra il ’31 e il ’35. Il tema è la giovinezza e il rimpianto di non averla vissuta in compagnia dei coetanei e godendo dei piaceri della vita. Il passero solitario, invece che volare con gli altri uccelli, resta isolato a cantare solo, proprio come lo stesso poeta.
Alla luna, Leopardi: orale Maturità 2020
O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, nè cangia stile,
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!
“Alla luna” è un idillio di 16 versi in endecasillabi sciolti, scritto da Giacomo Leopardi nel 1819 e contenuto nei “Piccoli Idilli”. L’opera si fonda su uno dei temi che più frequentemente ricorrono nella lirica leopardiana, ovvero il ricordo, che è per il poeta, fonte inesauribile di poesia e di piacere.
Maturità 2020, Leopardi: Il sabato del villaggio
La donzelletta vien dalla campagna
in sul calar del sole,
col suo fascio dell'erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
dimani, al dí di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch'ebbe compagni nell'età piú bella.
Già tutta l'aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre
giú da' colli e da' tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore;
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dí del suo riposo.
Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l'altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s'affretta, e s'adopra
di fornir l'opra anzi al chiarir dell'alba.
Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.
Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.
“Il sabato del villaggio” è un idillio scritto da Giacomo Leopardi. Questo idillio si può dividere in due parti: nella prima parte il poeta descrive il sabato in un villaggio, che usa come metafora per rappresentare la giovinezza e quindi l’età delle illusioni. Mentre nella seconda parte assistiamo a una presa di coscienza da parte del poeta, dove racconta della domenica, ovvero dell’età adulta, dove tutte le illusioni che si avevano in giovinezza vengono sciolte e disattese.
Maxi orale Maturità 2020: Leopardi, La sera del dì di festa
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t’accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai né pensi
Quanta piaga m’apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m’affaccio,
E l’antica natura onnipossente,
Che mi fece all’affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io, non già, ch’io speri,
Al ensier ti ricorro. Intanto io chieggo
Quanto a viver mi resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In così verde etate! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell’artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov’è il suono
Di que’ popoli antichi? or dov’è il grido
De’ nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l’armi, e il fragorio
Che n’andò per la terra e l’oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di br non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s’aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch’egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s’udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core.
Anche questo componimento è davvero molto noto e spesso si studia alle superiori. È sicuramente una lirica nella quale prevale il carattere soggettivo e autobiografico: il poeta riflette sul proprio destino. E anche in questo caso il componimento si può analizzare dividendolo in due fasi: nella prima parte si coglie il motivo dell’amore non ricambiato e della natura ingannatrice, che ha condannato il poeta all’infelicità. Nella seconda parte invece vengono introdotte le tematiche dello scorrere del tempo che vanifica ogni evento umano, della rimembranza, della delusione che si prova al sopraggiungere di un’attesa ma vana felicità.