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Concetti Chiave

  • Giovanni Pascoli, pur non essendo un vero autore decadente, si avvicina al movimento per la sua visione pessimistica della realtà, influenzata da eventi biografici tragici come l'omicidio del padre.
  • La teoria del "nido familiare" di Pascoli rappresenta un rifugio sicuro e sereno, contrapposto alle angosce e pericoli del mondo esterno, espressi attraverso simboli naturali.
  • Pascoli utilizza simbolismo nei suoi lavori, come in "Myricae", dove elementi naturali e simboli di paura e morte si legano all'idea del nido familiare e alla sua esperienza personale.
  • La poesia "X agosto" di Pascoli collega la tragedia personale alla tradizione popolare, usando simboli come le stelle cadenti per rappresentare il pianto e la perdita.
  • Nei "Canti di Castelvecchio", Pascoli esplora temi di natura e famiglia con uno stile poetico più complesso, mantenendo l'idea del nido come protezione e sicurezza.

Indice

  1. Giovanni Pascoli: Vita e Carriera
  2. Pascoli e il Decadentismo
  3. Il Fanciullino e la Poesia
  4. X Agosto: Poesia e Simbolismo
  5. Lavandare: Simbolismo e Tradizione
  6. Temporale: Simbolismo e Colore
  7. Novembre: Illusione e Realtà
  8. Il Lampo: Visione e Simbolismo
  9. Il Tuono: Suoni e Simbolismo
  10. I Canti di Castelvecchio
  11. Il Gelsomino Notturno: Sesso e Matrimonio
  12. Migrazione e Identità Nazionale
  13. Italy: Emigrazione e Identità
  14. La Grande Proletaria si è Mossa

Giovanni Pascoli: Vita e Carriera

In Italia non ci sono veri autori decadenti, però si hanno autori che si avvicinano al decadentismo, come Giovanni Pascoli.

La vita

Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna nel 1855.

La famiglia era benestante, numerosa, che viveva in campagna. I primi 10 anni di vita di Pascoli sono felici, vive con la famiglia in maniera molto serena; il 10 agosto 1867 però il padre fu ucciso senza un apparente motivo, probabilmente perché aveva un lavoro importante, era fattore, e fu ammazzato per invidia. Pascoli e famiglia si trovarono in difficoltà, ma lui poté studiare comunque in collegi, prese il diploma e si iscrisse all’università di Bologna, nella facoltà di Magistero. Ebbe come maestro Giosuè Carducci, e nel periodo dell’università conobbe un gruppo di anarchici, fra cui Andrea Costa , e si avvicinò alle idee anarchiche, partecipando a delle manifestazioni e fu arrestato. Dopo pochi mesi ci fu una amnistia e uscì. Appena uscito dal carcere abbandonò le idee anarchiche, si laureò e cominciò ad insegnare in vari licei, prima a Matera, poi in Toscana, a Livorno e Pisa. In questi spostamenti fu sempre seguito dalle due sorelle, Ida e Mariù, che non lo abbandonarono nei suoi vari trasferimenti. Quando Ida si sposò, Mariù continuò a vivere con lui fino alla morte.

Intanto cominciò a scrivere e ad essere abbastanza conosciuto; diventò insegnante universitario, prima a Messina, poi a Bologna, scrisse poesie sia in italiano che in latino e vinse per 12 volte consecutive la medaglia d’oro nella gara di poesia latina di Amsterdam.

Si trasferì come abitazione a Castelvecchio, e passò l’ultima parte della sua vita lì. Prese anche posizioni politiche a favore della campagna in Libia, nel 1912 si ammalò gravemente e morì.

Pensiero decadente

Pascoli e il Decadentismo

Pascoli è l’autore più vicino al decadentismo, nel senso che anche lui come gli altri decadenti ha una visione negativa della realtà, forse anche per motivi biografici , infatti secondo Pascoli, il mondo è governato da forze oscure senza nessuna razionalità e la scienza stessa non riesce a governare l’esistenza. Pascoli ha anche una conoscenza approfondita delle scienze, parte anche da una componente positivista, ma poi soprattutto prevale il suo grande pessimismo. Rispetto agli altri decadenti, la sua reazione di fronte all’infelicità è originale e personale.

Pascoli elabora la teoria del nido familiare: il nido familiare è la famiglia di origine. Rispetto all’ideale dell’ostrica, che vede una famiglia allargata e non quella di appartenenza, il nido familiare non contempla il matrimonio , tanto che la famiglia originaria comprende i morti, come la figura paterna. All’interno del nido, l’uomo è sicuro, protetto, non ci sono sconvolgimenti, ma c’è serenità, calore. Al di fuori del nido invece ci sono gli sconvolgimenti, le angosce, le ansie, i pericoli.

Per Pascoli, queste idee sono espresse attraverso i simboli, per esempio: la tempesta, il lampo, sono simboli di ciò che c’è al di là del nido. I simboli di chiusura come il muro, la siepe, la nebbia sono simboli positivi, perché racchiudono un interno protetto, qualcosa che allontana dall’esterno.

Il fanciullino

Il Fanciullino e la Poesia

È un testo in prosa, in cui Pascoli esprime la sua concezione di poeta, cioè il bambino ha doti particolari, di fantasia ma anche di emozioni, queste doti gli fanno apparire importanti, cose che sono trascurabili per gli altri, tipo le piccole cose semplici, mentre magari il bambino trascura i grandi ideali tipo l’eroismo; Crescendo però il bambino perde queste caratteristiche.

Per Pascoli, il poeta deve essere un fanciullino, cioè deve continuare ad avere la stessa sensibilità e le stesse emozioni di un bambino, come ad esempio l’emozione. RICAE

È una parola latina che significa “Tamerici”, che sono piante marine molto umili, la parola deriva da un verso di Virgilio, che tradotte in italiano sono “Non tutti apprezzano gli arbusti e le umili tamerici”. Già dal titolo, Pascoli vuole far capire che tratterà di cose semplici, quotidiane. In questa raccolta, per lo più, ci sono descrizioni della natura, soprattutto della campagna, apparentemente sembrano banali, e descrizioni naturalistiche, in realtà, dietro alla natura ci sono dei simboli e spesso questi simboli sono di paura, di morte, a cui si contrappone il simbolo del nido, viene chiaramente espressa l’ideologia del nido familiare.

Molti dei temi trattati si legano ad esperienze di vita, come ad esempio la morte del padre. Dal punto di vista stilistico, le poesie sembrano molto semplici, Pascoli usa spesso termini della vita quotidiana, uniti a termini più tecnici che riprende dai trattati di scienze naturali. Dal punto di vista della struttura, Pascoli riprende i canoni classici, tipo il madrigale, la strofa saffica, li rielabora in maniera personale e soprattutto, vuol dare con le parole il senso del suono (onomatopea) e si ha un ampio uso di parole fonosimboliche, di suoni onomatopeici e a volte il puro suono. Pascoli in questo senso è un grande innovatore ed un maestro per tutta la poesia italiana del 1900.

X agosto

X Agosto: Poesia e Simbolismo

Il 10 agosto è la data dell’uccisione del padre. Il 10 agosto è anche la notte di San Lorenzo, che nella tradizione popolare è la notte dove cadono le stelle e si esprimono desideri. Indica una contrapposizione.

La poesia inizia con l’analogia con il nido e la famiglia.

Si ha un parallelismo fra le varie strofe, che sono legati all’analogia, l’immagine delle stelle cadenti si trova nella prima e nell’ultima strofa, della rondine morta e del padre ucciso nella seconda e nella quarta, con un aspetto trano, un’inversione: la rondine torna al tetto e l’uomo torna al nido.

Altri parallelismi sono molto evidenti: il termine pianto della prima strofa, si trova nell’ultima; l’immagine del cielo pure, si trova nella prima e nell’ultima. L’inizio del secondo verso della seconda strofa è identico al secondo verso della quarta strofa.

Per tutta la poesia la rima è una rima alternata.

San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l'aria tranquilla

arde e cade, perché si gran pianto

nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:

l'uccisero: cadde tra i spini;

ella aveva nel becco un insetto:

la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende

quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell'ombra, che attende,

che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:

l'uccisero: disse: Perdono;

e restò negli aperti occhi un grido:

portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,

lo aspettano, aspettano in vano:

egli immobile, attonito, addita

le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh! d'un pianto di stelle lo inondi

quest'atomo opaco del Male!

L’immagine iniziale: le stelle cadenti sono avvicinate per analogia al pianto perché è una data tragica per il poeta.

San Lorenzo io capisco perché tante stelle, che in questo cielo sereno, cielo personalizzato con un aggettivo che non è della natura, si illuminano e cadono.

La pioggia di stelle viene paragonato a un pianto, perché questo pianto celeste illumina la volta del cielo.

Una rondine tornava al suo nido, l’hanno uccisa, non si sa chi è stato ad ucciderla, come successe per il padre, non si sapeva chi fosse il colpevole della morte del padre. La rondine è caduta in mezzo ai rovi e portava un insetto nel becco, che era la cena per i suoi piccoli.

La rondine con le ali aperte, come braccia in croce, sta nei rovi. Ora la rondine è come crocifissa e mostra l’insetto al cielo lontano, lontano nel senso di indifferente, non ha nessuna pietà del dramma che è successo, sia della rondine che del padre. I suoi piccoli stanno nel buio, aspettano, e sono sempre più deboli. Ombra legato al senso della morte.

Anche un uomo tornava alla sua casa, l’hanno ucciso, e perdonò i suoi assassini, rimase con gli occhi aperti, sbarrati dalla morte, senza poter gridare, portava in regalo due bambole.

La rondine additava l’insetto e lui le bambole. Nella casa solitaria lo aspettano inutilmente, egli rimane immobile, stupito, e indica le bambole al cielo indifferente, insensibile.

Si ripete la strofa prima. E tu cielo, dalla profondità infinita delle tue stelle, che non moriranno mai, mandi le tue stelle cadenti, simili a un pianto, sulla terra che è come un piccolo atomo pieno di malvagità.

Lavandare

Lavandare: Simbolismo e Tradizione

È una poesia che fa parte di Myricae. Come forma è un madrigale, cioè un tipo di poesia della tradizione italiana che è molto musicale. È composta di due terzine e una quartina. La rima è alternata nella quartina e incatenata nelle terzine (ABA, CBC, DEDE). I versi sono tutti endecasillabi, apparentemente la struttura è molto semplice ed è di tipo descrittivo. In realtà c’è un forte simbolismo che viene abbastanza svelato nel corso del testo. La prima terzina descrive un campo con un aratro inutilizzato . Nella seconda terzina c’è l’immagine delle lavandaie che sono intente a lavare i loro panni. Nella quartina viene riportato un canto popolare, cioè uno stornello marchigiano , l’immagine complessiva è autunnale , cioè di una stagione molto descritta da Pascoli e tipica della poesia decadente.

Nella poesia si ha una sorta di simmetria, perché l’immagine iniziale dell’aratro viene ripresa alla fine della poesia ed è un’immagine simbolica.

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero

resta un aratro senza buoi, che pare

dimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora viene

lo sciabordare delle lavandare

con tonfi spessi e lunghe cantilene:

il vento soffia e nevica la frasca,

e tu non torni ancora al tuo paese!

quando partisti, come son rimasta!

come l'aratro in mezzo al maggese.

Nel campo mezzo arato, lavorato, e per metà incolto, c’è un aratro da solo, che sembra dimenticato in mezzo alla nebbia autunnale.

E dal canale viene il rumore ritmato delle lavandaie con colpi cupi accompagnati dai canti.

Il canto delle lavandaie: il vento soffia e le foglie cadono, come la neve e tu non sei ancora tornato a casa tua. Quando sei partito, come sono stata triste, come l’aratro in mezzo ad un campo incolto.

Temporale

Temporale: Simbolismo e Colore

È una poesia apparentemente molto semplice. Dal punto di vista della forma è una ballata minima, in cui abbiamo la prima strofa di un solo verso, e la seconda strofa composta da sei versi (sestina). C’è la rima che è A BCBCCA.

La descrizione è di un temporale con forti accenti uditivi ma anche con forti note di colore. Il colore assume un significato simbolico, per esempio il rosso simboleggia gli sconvolgimenti della vita, il nero è un simbolo di morte, il bianco è un simbolo di serenità, ma anche di liberazione.

Nel gabbiano si rivede la simbologia del nido, come nella casa. Nella poesia si ha anche l’idea del volo, come liberazione, nel gabbiano, che è un concetto espresso anche da altri poeti, es Baudelaire con “Albatros” o Leopardi in “Canto notturno” immagina di volare nel cielo e di trovare lì la felicità. Una poesia di Montale riprende molto le idee di Pascoli.

Un bubbolìo lontano. . .

Rosseggia l’orizzonte,

come affocato, a mare:

nero di pece, a monte,

stracci di nubi chiare:

tra il nero un casolare:

un’ala di gabbiano. Un bubbolio lontano, suono onomatopeico, si riferisce al tuono, al rumore del tuono lontano.

L’orizzonte è rosso per i lampi, come il fuoco in direzione del mare. Dalla parte del monte, il cielo è nero come la pece, con nuvole più chiare che si allungano. In mezzo a questa atmosfera nera, si vede una casa bianca, come un’ala di gabbiano.

Novembre

Novembre: Illusione e Realtà

Ripropone la descrizione di un periodo autunnale molto particolare: San Martino, con la sua leggenda popolare della Estate di San Martino (11 novembre). L’estate di san Martino è un momento in cui la natura si placa dal freddo invernale e torna il sereno.

La poesia non è solo descrittiva, ma ha forti aspetti simbolici. È divisa in 3 parti che sono 3 strofe saffiche, la strofa saffica è composta da tre versi endecasillabi e un quinario. È presente la rima, che è una rima alternata in ogni strofa.

La prima strofa è la strofa dell’illusione, perché ci sono immagini di sole, di cielo sereno, quasi come se fosse primavera; la primavera non solo si vede, ma si sente con l’odore del biancospino.

Si ha l’illusione che la vita sia chiaro, profumo, e vitalità, mentre la vita è solo nero e senso di morte.

Gemmea l'aria, il sole così chiaro

che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,

e del prunalbo l'odorino amaro

senti nel cuore...

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante

di nere trame segnano il sereno,

e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante

sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,

odi lontano, da giardini ed orti,

di foglie un cader fragile. E' l'estate

fredda, dei morti.

L’aria è limpida, come se fosse una gemma e il sole è così luminoso che tu cerchi di vedere, gli albicocchi fioriti e ti sembra di sentire dentro di te, nel tuo cuore, l’odorino aspro del biancospino.

Cerchi di vedere, guardare ma non trovarlo. Ti sembra di sentire, non sono una realtà ma una illusione.

Si ha una simbologia di vita, di vitalità, di felicità ma è illusoria.

Ma il rovo è senza frutti e le piante, senza foglie, mostrano i loro contorni neri nel cielo sereno. Questa strofa chiarisce la realtà, nella quale l’illusione viene negata. Comincia ad essere presente l’idea di morte.

E il cielo è privo di uccelli e il terreno sembra vuoto al piede che lo calpesta. Non si ha più una illusione ma tutto è sterile e tutto è vuoto. Richiamo alla morte.

Tutto intorno è silenzio, senti soltanto lontano ai colpi di vento, nei giardini e negli orti le foglie che cadono lentamente.

E di foglie un cader fragile (suono onomatopeico). L’autunno e il cadere delle foglie riporta alla precarietà della vita.

È la fredda estate del mese di novembre, mese dei morti.

La morte a cui si è sempre alluso per tutta la poesia diventa reale.

Il lampo

Il Lampo: Visione e Simbolismo

Ha la stessa struttura di temporale. È una ballata minima, con un primo verso solo seguito da una sestina. La rima è A BCBCCA.

È la descrizione di un lampo. È tutto buio, c’è una tempesta, la tempesta della vita. Ad un certo punto il lampo illumina la realtà e si vede la casa bianca, come l’ala di gabbiano, che però scompare subito e questo lampo viene paragonato ad un occhio che si apre e si chiude in un momento.

La casa bianca è il nido e intorno c’è la tempesta. Una versione critica: secondo alcuni critici quest’occhio è un riferimento autobiografico con l’allusione all’occhio di un moribondo, l’occhio del padre che di fronte alla morte è rimasto stupito e poi si è chiuso per sempre.

E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;

il cielo ingombro, tragico, disfatto:

bianca bianca nel tacito tumulto

una casa apparì sparì d'un tratto;

come un occhio, che, largo, esterrefatto,

s'apri si chiuse, nella notte nera. Si ha un errore voluto, usa il verbo al singolare e non il plurale per far capire che sono la stessa cosa. Il cielo e la terra si mostrarono così come erano, cioè la realtà per Pascoli, la realtà delle cose.

La terra, ansimante, aggettivo che si riferisce ad un essere animato, livida, violacea, agitata. Il cielo era pieno di nuvole, spaventoso, sconvolto. Nel tacito tumulto, ossimoro, contrapposizione, la natura è nel silenzio sconvolgente, apparve una casa bianchissima e sparì subito; simile ad un occhio che dilatato, stupito, si apre e si chiude nel buio della notte.

Il tuono

Il Tuono: Suoni e Simbolismo

Solita immagine, stessa struttura della ballata minima ma il primo verso è unito agli altri. La rima ha la struttura ABCBCCA.

È una poesia che si basa molto sui suoni, dare l’idea della cupezza del tuono, che è il simbolo dello sconvolgimento. Il ritmo della poesia è molto veloce fino al sesto verso, alla conclusione il ritmo cala e diventa molto lento, infatti si contrappone, con l’idea della casa e del nido, agli sconvolgimenti della tempesta umana.

L’idea di Pascoli è abbastanza ricorrente.

E nella notte nera come il nulla,

a un tratto, col fragor d'arduo dirupo

che frana, il tuono rimbombò di schianto:

rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,

e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,

e poi vanì. Soave allora un canto

s'udì di madre, e il moto di una culla. Nella notte, nera come la morte, all’improvviso, con il rumore di una rupe che frana dall’alto, si sentì lo schianto del rumore del tuono, rimbombò, rimbalzò, si estese cupamente, rimase in silenzio, risuonò di nuovo come un’onda che si infrange e poi svanì.

Si ha una pausa e il nido. Dolce allora si udì il canto di una madre che cullava il suo bambino.

I canti di Castelvecchio

I Canti di Castelvecchio

È un’altra raccolta di poesie, simile come tematiche a Myricae, con lo stesso aspetto del nido visto come unica salvezza di fronte agli sconvolgimenti della vita. Cambia in parte l’aspetto stilistico perché sono poesie più strutturate, più lunghe, in cui la forma è più complessa, elaborata.

Il Gelsomino Notturno

Il Gelsomino Notturno: Sesso e Matrimonio

L’argomento di questa poesia è il rapporto di Pascoli con il sesso ed il matrimonio. Il gelsomino è un fiore che di notte si apre e di giorno sta chiuso, manda un odore molto forte per attrarre gli insetti per la fecondazione. La fecondazione notturna del fiore viene accostata all’atto sessuale.

Pascoli ha dedicato questa poesia al suo amico Gabriele Briganti, che si era sposato, come invito alla paternità.

È interessante l’ottica di Pascoli perché è un’ottica esterna, contrappone questo aspetto al nido familiare. È una visione di attrazione ma anche una visione esterna, che attrae ma fa paura. L’estrema sapienza di Pascoli della vita naturale emerge da questa poesia.

La poesia è composta da sei quartine con rima alternata, il verso è novenario.

E s’aprono i fiori notturni,

nell’ora che penso ai miei cari.

Sono apparse in mezzo ai viburni

le farfalle crepuscolari.

Da un pezzo si tacquero i gridi:

là sola una casa bisbiglia.

Sotto l’ali dormono i nidi,

come gli occhi sotto le ciglia.

Dai calici aperti si esala

l’odore di fragole rosse.

Splende un lume là nella sala.

Nasce l’erba sopra le fosse.

Un’ape tardiva sussurra

trovando già prese le celle.

La Chioccetta per l’aia azzurra

va col suo pigolio di stelle.

[p. 110 modifica]

Per tutta la notte s’esala

l’odore che passa col vento.

Passa il lume su per la scala;

brilla al primo piano: s’è spento...

È l’alba: si chiudono i petali

un poco gualciti; si cova,

dentro l’urna molle e segreta,

non so che felicità nuova.

I gelsomini si aprono di notte, nell’ora in cui è più forte il ricordo dei miei cari estinti, dei morti. In mezzo a dei fiori bianchi sono apparse le farfalle notturne. Già da molto sono silenziosi i cinguettii degli uccelli, si sente solo parlare dentro la casa.

Gli uccelli più piccoli dormono coperti dalle ali come gli occhi sono chiusi sotto le ciglia.

Dalla corolla del gelsomino viene un profumo forte come quello delle fragole mature. La sala è illuminata da una luce, l’erba cresce sopra le tombe. Le tombe dei propri cari. Fiore che attrae l’atto sessuale in contrapposizione con il ricordo dei cari.

Un’ape in ritardo si lamenta, trovando già occupate tutte le celle. Le pleiadi sono salite nel cielo insieme alle altre stelle, pigolio rimanda al nido.

Per tutta la notte si estende l’odore del gelsomino portato dal vento. La luce sale sopra le scale, illumina il primo piano e si spenge.

È l’alba, si richiudono i petali del gelsomino, un po’ sciupati, dentro l’ovaio umido e nascosto, è nata una felicità nuova, una vita nuova.

Migrazione

Migrazione e Identità Nazionale

In quest’ultima parte si fa da parte il nido familiare e si mostra il nido nazionale. Pascoli in alcuni testi allarga l’orizzonte dalla famiglia alla patria. L’Italia è una specie di nido in cui gli italiani vivono protetti, sicuri, però dall’altra parte, c’è l’aspetto della povertà, gli italiani che sono costretti a migrare. Il tema dell’immigrazione è curato in due testi: uno in poesia e uno in prosa.

Italy

Italy: Emigrazione e Identità

Il testo in poesia è un poemetto, è un lungo componimento in versi in cui viene descritta una vicenda di emigrazione. La protagonista è una bambina che si chiama Maria, detta Molly, nata in America, però si è ammalata e torna in Garfagnana per curarsi accompagnata dagli zii. In Garfagnana ritrova la vecchia famiglia e la nonna. L’aspetto più interessante è il dialogo fra la bambina e l’anziana.

Altro personaggio principale è la nonna, che è sempre vissuta a Caprona, ed usa un linguaggio dialettale. All’inizio la bambina e la nonna non si capiscono perché la bambina non da l’italiano, poi però nasce un sentimento di comprensione, di affetto che supera anche le difficoltà linguistiche e, mentre Molly guarisce, la nonna si ammala gravemente. Alla fine Molly, guarita, ritorna in America ma ha cambiato il suo atteggiamento perché si è attaccata alla sua patria ed è dispiaciuta di partire tanto che la sua intenzione è quella di tornare.

È scritto in terzine incatenate, ma l’uso dei termini è molto particolare perché si alternano vari registri linguistici come la lingua letteraria, il dialetto e l’uso della lingua inglese in una forma non correttissima, perché era una lingua parlata dagli italiani in America.

E i figli la rividero alla fiamma

del focolare, curva, sfatta, smunta.

"Ma siete trista! siete trista, o mamma!"

Ed accostando a gli occhi, essa, la punta

del pennelletto, con un fil di voce:

"E il Cecco è fiero? E come va l’Assunta?"

"Ma voi! Ma voi!" "Là là, con la mia croce"

I muri grezzi apparvero col banco

vecchio e la vecchia tavola di noce.

Di nuovo, un moro, con non altro bianco

che gli occhi e i denti, era incollato al muro,

la lenza a spalla ed una mano al fianco:

roba di là. Tutto era vecchio, scuro.

S’udiva il soffio delle vacche, e il sito

della capanna empiva l’abituro.

Beppe sedè col capo indolenzito

tra le due mani. La bambina bionda

ora ammiccava qua e là col dito.

Parlava; e la sua nonna, tremebonda,

stava a sentire, e poi dicea: "Non pare

un luì quando canta tra la fronda?"

Parlava la sua lingua d’oltremare:

"...a cicken-house" "un piccolo luì..."

"...for mice and rats" "che goda a cinguettare,

zi zi" "Bad country, Ioe, your Italy!

Oh! No: non c’era lì né pie né flavour

né tutto il resto. Ruppe in un gran pianto:

"Ioe, what means nieva? Never? Never? Never?"

Oh! No: starebbe in Italy sin tanto

ch’ella guarisse: one month or two, poor Molly!

Ghita diceva: "Mamma, a che filate?

Nessuna fila in Mèrica. Son usi

d’una volta, del tempo delle fate.

Oh yes! Filare! Assai mi ci confusi

da bimba. Or c’è la macchina che scocca

d’un frullo solo centomila fusi.

Oh yes! Ben altro che la vostra ròcca!

E fila unito. E duole poi la vita

e ci si sente prosciugar la bocca!"

La mamma allora con le magre dita

le sue gugliate traea giù più rare,

perché ciascuna fosse bella unita.

Vedea le fate, le vedea scoccare

fusi a migliaia, e s’indugiava a lungo

nel suo cantuccio presso il focolare.

Diceva: "Andate a letto, io vi raggiungo"

Vedea le mille fate nelle grotte

illuminate. A lei faceva il fungo

la lucernina nell’oscura notte.

I figli rividero la mamma attraverso la fiamma del focolare. era curva, distrutta, sfatta e pallida. “Ma siete malata mamma!” gli dissero.

E avvicinandosi agli occhi, lei, prendendo la punta del grembiule chiede con un filo di voce: “e Cecco sta bene? Come sta Assunta?”

“Ma voi come state?” chiesero. Il dare del voi era segno di rispetto. “così e così con le mie sofferenze!”. I muri non intonacati apparvero con il vecchio armadio e la vecchia tavola di noce.

Di diverso da prima c’era un disegno di un uomo di colore incollato al muro, che aveva bianchi solo gli occhi e i denti. Aveva una canna da pesca in spalla ed una mano sul fianco: proveniva dall’America. Tutto era vecchio e scuro, si sentivano le vacche che soffiavano e il puzzo della stalla si estendeva anche alla casa.

Beppe si mette a sedere con il capo che gli faceva male, stretto fra le due mani. La bambina bionda (Molly) indicava qua e là col dito.

Parlava e la sua nonna attenta e pensierosa, stava a sentirla e poi diceva: “non sembra un uccellino quando canta fra i rami?”

La bambina parlava la lingua dell’America: “Un pollaio” diceva la bimba. “un uccellino” diceva la nonna. “Per topi e ratti” diceva la bimba “A cui piace cinguettare. Zizi” diceva la nonna. “Brutto paese, Joe, la tua Italia” dice la bambina allo zio.

Oh no! Lì non c’era né torta né aromi, né tutto il resto di quello che era l’America. Cominciò a piangere: “Joe cosa significa -Neve-nieva- Mai mai mai?” la bimba sente dire neve e la confonde con never. Incomprensione.

Oh no! Stare in Italia fino a quando non guarisce, un mese, o due, povera Molly! E Joe sarebbe felice per un po’ di riposo.

Scontro fra l’America e l’Italia, fra il nuovo e il vecchio. Ghita diceva “perché filate? Nessuno fila più in America! Sono usanze ormai passate, del tempo delle fate.

Oh, si filare. Mi ci sono dedicata molto da bambina. Ora c’è una macchina che fila in maniera automatica frulla centomila fusi.

Oh si, altro che la vostra vecchia rocca, e fila in maniera precisa, e poi fa male la vita e ci si sente la gola secca.”

La mamma allora, con le dita magre, filava in maniera ancora più stretta la lana che aveva tolto dalla rocca, perché fosse bella unita.

Si immaginava le fate, vedeva che filavano migliaia di fusi e si tratteneva a lungo a pensare in un cantuccio vicino al focolare.

Diceva: “Andate pure a letto, io vengo fra poco.” E si immaginava di vedere queste mille fate nelle grotte illuminate. E lei invece arrotolava il filo con un lumino nella notte buia.


La grande proletaria si è mossa

La Grande Proletaria si è Mossa

Questo scritto si riferisce all’Italia. È un discorso pronunciato al cinema di Barga, da Pascoli stesso, per esprimere il suo favore alla campagna di Libia. Pascoli ha un nazionalismo molto diverso da quello di D’Annunzio, perché è un nazionalismo di tipo quasi umanitario, parte dall’idea che l’Italia è una nazione povera, che è costretta a far partire i suoi abitanti per trovare lavoro all’estero. Gli italiani all’estero sono maltrattati, malgiudicati e quindi la Campagna di Libia, secondo Pascoli, è utile per indirizzare l’emigrazione italiana, non in altri stati, ma in un luogo posseduto dalla nazione. A questa impresa dovevano partecipare tutti; era un’azione che univa tutti gli italiani, del sud, del nord, del centro: Tutti uniti per dare dignità all’Italia. A questa impresa partecipavano, con la stessa dignità, tutte le classi sociali, dai poveri ai ricchi, uniti da un obiettivo comune: grande testimonianza di unione, di solidarietà, di compattezza dell’Italia vista come un nido nazionale che doveva contrapporsi, unendosi fra se, agli stati più potenti d’Europa.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'importanza del "nido familiare" nella poetica di Giovanni Pascoli?
  2. Il "nido familiare" è un concetto centrale nella poetica di Pascoli, rappresentando un luogo di sicurezza e protezione, in contrasto con il mondo esterno pieno di pericoli e angosce. Questo tema è ricorrente nelle sue opere, dove il nido è simbolo di serenità e calore.

  3. Come si manifesta il decadentismo nelle opere di Giovanni Pascoli?
  4. Pascoli si avvicina al decadentismo attraverso una visione negativa della realtà, influenzata da eventi biografici tragici. Crede che il mondo sia governato da forze oscure e irrazionali, e utilizza simboli come la tempesta e il lampo per esprimere queste idee.

  5. Qual è il significato del "Fanciullino" nella poetica di Pascoli?
  6. Il "Fanciullino" rappresenta la capacità del poeta di mantenere la sensibilità e le emozioni di un bambino, valorizzando le piccole cose semplici e trascurando i grandi ideali. Pascoli crede che il poeta debba conservare questa visione infantile per cogliere l'essenza della poesia.

  7. In che modo Pascoli affronta il tema dell'emigrazione e dell'identità nazionale?
  8. Pascoli esplora il tema dell'emigrazione e dell'identità nazionale attraverso testi che allargano l'orizzonte dal nido familiare alla patria. L'Italia è vista come un nido protettivo, ma la povertà costringe molti italiani a migrare, creando un contrasto tra sicurezza e necessità di partire.

  9. Quali sono i simboli principali utilizzati da Pascoli nelle sue poesie e il loro significato?
  10. Pascoli utilizza simboli come il lampo, la tempesta, e il nido per rappresentare rispettivamente le forze oscure della vita, gli sconvolgimenti esterni, e la sicurezza familiare. Questi simboli esprimono la sua visione pessimistica e la ricerca di protezione e serenità.

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