Concetti Chiave
- La poesia "Portami il girasole ch'io lo trapianti" di Montale esplora il tema della transitorietà della vita attraverso immagini di luce, colore e musica.
- Il girasole simboleggia sia il desiderio di luce e chiarezza che un'analogia con una figura femminile, rappresentando una ricerca di significato e bellezza.
- La metrica della poesia si presenta con un ritmo semplice e delicato, con rime alternate e utilizzo di chiasmo per enfatizzare il gioco di luci e ombre.
- "Ossi di Seppia", la raccolta da cui la poesia è tratta, riflette la condizione esistenziale di vita arida e difficile, con l'accettazione della finitezza umana.
- Montale utilizza una metrica tradizionale, avvicinandosi alla tradizione poetica, ma con un'intenzione di rassicurazione piuttosto che di ritorno ideologico al passato.

Indice
Portami il girasole ch'io lo trapianti
Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche.
Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
Parafrasi della poesia
Portami il girasole così che io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dalla salsedine
e mostri durante tutto il giorno
l'ansietà del suo volto giallo verso
il cielo azzurro che riflette
la luce come uno specchio.
Tendono a schiarirsi le cose scure,
si sciolgono i corpi degli uomini in uno scorrere
di tinte: e queste si trasformano in musica.
Svanire dunque è la sorte migliore.
Portami tu la pianta che conduce
nel sole, dove appaiono nuove realtà luminose
e la vita evapora come un profumo;
portami il girasole impazzito di luce.
Significato della poesia
L'animo del poeta brucia come il sale sulla pelle quando si hanno ferite aperte. La poesia è dunque una preghiera di benedizione e insieme una manifestazione del dolore del poeta. Sembra riferita non solo al fiore, il girasole di Montale, che tutti conosciamo e che tutti associamo alla primavera e alla forza che questo assume ogni qual volta il sole si mostra e lui, con fatica, si gira sempre per inseguirlo con lo sguardo, bensì il girasole, in questo caso, prende anche sembianze di donna. Una donna dai toni caldi e gialli, appunto come il fiore oppure come un angelo, una rappresentazione celestiale difficile da osservare a occhi nudi, luce tipica del periodo di Montale e non poco usuale nella poetica del tempo (Leopardi, Dante, Petrarca, stilnovismo...). Emergono poi un insieme di fattori e sensazioni indomabili, inafferrabili e irraggiungibili: il cielo, la luce, il profumo e la musica. Tutto ciò procura nel poeta una difficile rassegnazione perché sa che, come ogni cosa bella e come tutto ciò appena elencato, anche la vita è volatile, è destinata a terminare.
Non c'è da stupirsi, però, della leggerezza e serenità con la quale Montale tratta di questi argomenti: ciò fa parte della solita disillusione del poeta consapevole della finitezza di tutto. E di come, questa "data di scadenza" renda la poesia più significativa e sentita. Ci possiamo immedesimare nell'autore perché è come se si accendesse la luce dopo giorni di buio, come se si aprisse la finestra da diverso tempo chiusa, tutte sensazioni perfettamente riconducibili a una sfera quasi tattile, ben comprensibile e concreta. Seppure la materia sia quasi aulica: sole, luce, vita. E noi, insieme al poeta, torniamo a respirare dalla terza strofa quando viene invocata la poesia come aiuto per uscire da una consapevolezza arida, con un tono quasi severo che è in realtà impaziente: portami / impazzito.
La metrica della poesia
Le rime sono di facile comprensione e il ritmo è piano, semplice e delicato: A-B-A-B - C-D-D-C - E-F-F-E quindi tre strofe con quattro versi liberi. Siamo come di fronte ad un quadro che ripete più o meno gli stessi colori: azzurro del cielo, giallo del sole e del girasole, bianco della luce e del sale che brucia, blu del mare, nero della morte destinata ad essere e delle "cose oscure", e di nuovo da capo. Una sorta, di nuovo, di preghiera, invocazione, favola o cantilena. C'è poi la presenza del chiasmo che rende bene la sensazione che si ha del gioco di luci e ombre continue, dove la parola girasole fungerà da incrocio per le quattro linee della X.
Ossi di Seppia: Eugenio Montale
Eugenio Montale scrisse questa raccolta che venne pubblicata nel 1925 dalla casa editrice torinese Piero Gobetti dal titolo significativo Ossi di seppia, facendo riferimento ai veri e propri ossi di seppia che si trovano sulle spiagge, nient’altro che resti di molluschi che il mare deposita dopo la tempesta. La condizione che si vuole far emergere, dunque, è sicuramente quella della vita difficile, arida, destinata a cessare di esistere e di come noi, uomini, siamo destinati a nostra volta ad essere lasciati sulla riva. Un’esistenza che può essere dimenticata, come però non è ovviamente avvenuto con lui: uno dei massimi poeti del Novecento italiano. Da questa raccolta scaturisce questa poesia, Portami il girasole ch’io lo trapianti, ma anche la ancor più famosa: Spesso il male di vivere ho incontrato. Le poesie in tutto sono ventitré, tutte esistenzialiste e accomunate dalla consapevolezza del poeta di dover lasciare andare, di dover oltrepassare il mare e accettare che, come ossi di seppia, si venga abbandonati sul terreno. Dall’altra parte vi è la difficoltà di assimilare questo, la pesantezza di una vita breve e dolorosa e la possibilità di essere dimenticati. L’unica cura che emerge in ogni suo scritto è ciò per cui Montale viene ricordato ancora oggi: la sua poesia. Con essa l’autore riesce ad oggettivare tutto ciò che di catastrofico circonda l’indole e la realtà umana e a farne scaturire musicalità, spensieratezza, colori e metafore, come il muro (o il mare nel caso degli Ossi di Seppia) che da oggetto inanimato diventa simbolo di un ostacolo: l’impedimento di vedere il vero senso della vita. A vivere insieme all'oggettività c'è, come in questa poesia, la natura. Ossi di Seppia infatti è stata definita una quasi risposta all'Alcyone dannunziano, cioè insieme di elementi come il mare, il cielo, le piante e la terra che accudiscono e allo stesso tempo distruggono l'uomo, così come una madre o un padre di fronte all'ancora piccolo adolescente, lasciando che si formino da soli e che le difficoltà del mondo lo educhino alla resistenza.
Infine, è curioso notare come la raccolta sia composta da una struttura metrica ben lontana dal modus dei poeti del tempo: futuristi e vociani, avanguardie che puntavano a distruggere il passato, la tradizione e dunque il verso classico. Qui Montale appare molto vicino al tradizionale uso delle rime (per la maggior parte versi liberi o endecasillabi, e poi assonanze e consonanze, metafore su metafore e parole rare e desuete oppure dantesche) ed è come se le sue poesie ci ricordassero che poche sono le cose certe, sicure e utili nella vita, e una di queste è sicuramente la tradizione dei canti. Ma non è un ritorno al passato ideologico, come D'Annunzio, bensì un ritorno al passato per la rassicurazione, come Pascoli.
Per ulteriori approfondimenti su Eugenio Montale vedi anche qua
Domande da interrogazione
- Qual è il significato principale della poesia "Portami il girasole ch'io lo trapianti" di Eugenio Montale?
- Come è strutturata metricamente la poesia "Portami il girasole ch'io lo trapianti"?
- Qual è il tema centrale della raccolta "Ossi di Seppia" di Eugenio Montale?
- In che modo Montale si differenzia dai poeti futuristi e vociani nella sua raccolta "Ossi di Seppia"?
- Quali elementi naturali sono presenti nella poesia "Portami il girasole ch'io lo trapianti" e nella raccolta "Ossi di Seppia"?
La poesia esprime una preghiera di benedizione e una manifestazione del dolore del poeta, utilizzando il girasole come simbolo di luce e vita, ma anche di una donna dai toni caldi. Montale riflette sulla volatilità della vita e la consapevolezza della sua finitezza.
La poesia è composta da tre strofe di quattro versi ciascuna, con uno schema di rime A-B-A-B - C-D-D-C - E-F-F-E. Il ritmo è semplice e delicato, con l'uso di chiasmi per creare un gioco di luci e ombre.
"Ossi di Seppia" esplora la condizione di una vita difficile e arida, destinata a cessare, e la consapevolezza del poeta di dover accettare la transitorietà dell'esistenza. La poesia diventa un mezzo per oggettivare e trasformare la realtà umana in musicalità e metafore.
Montale si avvicina all'uso tradizionale delle rime e dei versi, in contrasto con le avanguardie che cercavano di distruggere il passato. La sua poesia ricorda l'importanza della tradizione, non come ritorno ideologico, ma come rassicurazione.
La poesia e la raccolta includono elementi naturali come il girasole, il cielo, la luce, il mare e la terra, che simboleggiano la bellezza e la transitorietà della vita, e riflettono la relazione tra l'uomo e la natura.