
Aldo Boglietti, docente del dipartimento Energia Galileo Ferraris del Politecnico di Torino, è il primo italiano a vincere il Premio Nikola Tesla “per l’eccezionale contributo alla generazione e all’utilizzo dell’energia elettrica”, come recita la motivazione ufficiale dell’ 'Institute of Electrical and Electronics Engineers'. Eppure quando era un giovane studente c'era chi non avrebbe scommesso un centesimo sui suoi successi futuri.
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Quando la scuola non sapeva coltivare talenti
”La prosecuzione degli studi per questo allievo è sconsigliata”, questo il giudizio di un docente a proposito di Boglietti quando era uno studente delle medie. Era il 1970, il mondo veniva ancora visto in bianco e in nero, e quasi nessuno sapeva cogliere le diverse sfumature nel mezzo. Così anche la scuola che dava maggiore attenzione alla propensione per gli studi, rispetto ai bisogni dei singoli studenti: quelli che mostravano un rendimento al di sotto delle aspettative venivano semplicemente lasciati indietro. Un retaggio che ancora oggi molti studenti denunciano con forza auspicando un cambiamento radicale della didattica nelle scuole.
Il passato è passato e il prof Boglietti giustifica in un certo senso quel giudizio così duro e severo. Non era un alunno modello come conferma lui stesso ai microfoni di 'la Repubblica': ”Diciamo che dalla scuola media mi hanno mandato fuori con un calcio. Per fortuna i miei genitori non si sono fatti convincere e mi hanno iscritto all’Istituto tecnico di Biella, il Quintino Sella”. Nonostante il duro giudizio del docente, Aldo Boglietti non ha mai incontrato ostacoli sul proprio cammino: nessuna bocciatura o altri stop durante le scuole superiori.
Poi è arrivata la laurea in Ingegneria Meccanica e il conseguente percorso al Politecnico di Torino: ”Per la verità non ero l’unico ad avere avuto quel giudizio così negativo. Un mio compagno ha ricevuto il libro di latino sulla testa ed è diventato uno stimato primario di radiologia. Erano altri tempi, la scuola non era certo quella di oggi”. Ricordi lontani nel tempo, quasi dimenticati dal docente che non intende fare nomi: ”Non avrebbe alcun senso. Io ho 66 anni, sono passati moltissimi anni e quel professore non c’è più”.