
“Aveva il tono di uno che, titolare di cattedra ad Harvard, è stato incaricato di una supplenza all’alberghiero di Massa Lubrense”, queste le parole con cui la giornalista ha descritto il discorso di Mario Draghi pronunciato di fronte al Senato mercoledì 20 luglio, poco prima di vedere conclusa la sua esperienza di Governo. Una battuta che forse avrebbe voluto provocare un sorriso, ma che è suonata a molti come classista, snob e, come se non bastasse, anche antimeridionale, avendo citato uno specifico comune del Sud Italia.
Il portale Skuola.net ha voluto chiedere un parere a un illustre esponente di quel mondo: Matteo Cignetti, studente dell’alberghiero di Châtillon che, proprio qualche mese fa, ha ottenuto il titolo di miglior giovane chef al mondo, durante le Young Chef Olympiad nonché, ancora prima, miglior allievo delle scuole alberghiere d’Italia. Che non ci gira troppo attorno: “Le parole sono importanti. Ci sono ancora troppi pregiudizi sugli istituti professionali e questa frase sbagliata ne è la dimostrazione”, esordisce il ragazzo, che ha da pochi giorni terminato la Maturità, ottenendo la votazione di 100/100.
Tra l’altro, a breve Matteo partirà per il Perù; lì lo attendono giornate di lavoro intense all’interno di uno dei ristoranti più importanti al mondo: “A Concita De Gregorio - prosegue - dico che gli istituti alberghieri non sono scuole di basso livello, ma hanno il dovere di prepararti sia in ambito teorico che pratico e per riuscire a farlo devono avere un corpo docenti in grado di sostenere tutti gli studenti nel proprio percorso”.
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Innanzitutto, come ti senti di commentare le parole della giornalista Concita De Gregorio che ieri in diretta tv ha affermato: “Draghi è come un professore di Harvard che ha avuto una supplenza all’Alberghiero di Massa Lubrense”?
“Mi viene da piangere. Ho capito che non voleva essere una battuta intenzionalmente cattiva, un paragone che voleva strappare una risata. Ciò non toglie che una persona del suo calibro non può non prestare attenzione alle parole, essendo consapevole di quanto queste siano importanti e che spesso anche solo un'affermazione banale può essere fraintesa e dare molto fastidio. E’ giusto che abbia fatto scalpore perché nelle sue parole si evince un po’ di classismo: è andata a differenziare in base alla tipologia di scuola e a quella che è la parte centrale di essa, cioè gli insegnanti. Alla fine l’infrastruttura o la tipologia di scuola possono darti un’idea di quello che andrai a fare, ma ciò non vuol dire che in un istituto alberghiero non si faccia nulla o non sia una scuola qualificante. Anzi, è una scuola che è in grado di fornirti, in un tempo relativamente breve, un mestiere. Credo che la giornalista abbia fatto l’affermazione con troppa leggerezza, soprattutto perché proprio in questo momento l’arte della cucina sta prendendo sempre più piede e in ambiti sempre più importanti.”
Perché secondo te ha preso in riferimento proprio un alberghiero? Credi ci siano dei pregiudizi su un percorso di studi come il tuo?
“Ci sono ancora molti pregiudizi sugli istituti alberghieri. Soprattutto da chi ha svolto un altro percorso di studi. Il binomio “Faccio l’alberghiero” quindi “Non faccio niente” è una credenza di molti, ma assolutamente non veritiera. Il fatto che abbia preso in riferimento un comune del Sud Italia dimostra come ancora siamo fermi a centinaia di anni fa dove era presente ancora una differenziazione tra una parte più sviluppata e un’altra meno. Ma non è così che funziona, non esiste più questa situazione. Il posto condiziona, ma limitatamente. Non vedo perché una scuola del Sud dovrebbe essere inferiore rispetto a una che si colloca al Nord. Anzi, tanto più se si va ad analizzare l‘ambito culinario dove può verificarsi proprio il contrario. In generale, non ci sono differenze.”
“In risposta a Concita De Gregorio dico che conosco tanti ex alunni della mia scuola che una volta diplomati hanno iniziato un percorso universitario in Psicologia, qualcuno è entrato in Medicina, altri stanno studiando Fisica. Quindi, istituto alberghiero non è sinonimo di scuola di basso livello, ma anzi, ha il dovere di prepararti sia in ambito teorico che pratico e per riuscire a farlo deve avere un corpo docenti che sia in grado di sostenere tutti gli studenti nel proprio percorso.”
Ti sei mai sentito vittima di pregiudizi per la scuola che hai deciso di frequentare?
“Mi è capitato di essere vittima di stereotipi anche tra ragazzi giovani che identificano ancora l’alberghiero come una scuola in cui chi va non ha voglia di studiare. Io ho fatto un percorso di cinque anni e ho una base sia teorica che pratica importante. Anche se la preparazione sulle materie umanistiche o scientifiche non può essere paragonata a quella svolta in un liceo, i temi e gli argomenti sono stati affrontati adeguatamente.”
Come mai hai scelto di intraprendere questa strada e a chi ti sei ispirato?
“Io ho scelto da sempre questa scuola, sin dalla fine delle elementari e alle medie. Ero sicuro di voler intraprendere un percorso alberghiero. Quindi mi sono concentrato su due opzioni: Châtillon o Stresa. Sono stato preso in entrambe, ma la scelta è poi ricaduta sulla prima scuola per una questione logistica. Il mio corpo docenti era formato da insegnanti giovani, sulla soglia dei 30 anni, tutti con una grande voglia di fare e di preparare adeguatamente i propri studenti. Anche per questo, e grazie alla formazione ricevuta, se un domani volessi intraprendere un percorso universitario lo potrei fare senza problemi.”
Hai avuto un professore da cui hai preso esempio?
“Sì, i miei due insegnanti di cucina. La prima è una professoressa incontrata al primo anno, Manuela Parolo, che è stata colei che mi ha fatto capire cosa significa “stare in cucina”, come muoversi e l’atteggiamento da attuare. Grazie a lei ho capito quanto mi piaceva cucinare. Un altro mentore, invece, è stato il professore Gianluca Masullo che ho avuto dal terzo anno e che mi ha introdotto all’ambito dei concorsi e all’Associazione Italiana Cuochi.”
Tornando alla provocazione della giornalista, scambieresti mai un tuo professore con uno di Harvard? Avresti preferito studiare in un college americano o sei soddisfatto del tuo percorso di studi?
“Assolutamente no, non lo scambierei. E non capisco neanche perché abbia fatto un paragone del genere. Ognuno è a modo suo, nel suo ambito e nel luogo in cui si trova, quindi credo che tutti noi, a seconda dell’occasione, o del luogo, ci presentiamo in una maniera, piuttosto che in un’altra. Quindi non reputo sensato neanche l’approccio. Paragonare i college americani ai laboratori di cucina non lo trovo corretto. Parliamo di livelli di istruzione differenti, non ha senso. E’ una battuta che fa acqua da tutte le parti. Harvard è un’istituzione di altissimo livello, ma allo stesso modo non vedo perché non possa esserlo anche un istituto alberghiero italiano.”
“Mi pare che si sia voluto relegare l’ambito della cucina e dei cuochi a qualcuno che arriva e butta giù una pasta, come se fossimo degli schiavi o servitori quando - siamo onesti - è tutt’altro che un lavoro semplice. Chi lavora in cucina lo fa fino a 16/17 ore al giorno, in piedi con ben poche pause. Non è un lavoro per tutti e non è un lavoro da denigrare, né quello del cuoco, né quello di chi insegna a dei ragazzi per diventare qualcuno.”
Nel 2021 sei stato premiato come Miglior allievo degli istituti alberghieri e solo qualche mese fa, invece, sei stato incoronato Miglior giovane chef del mondo. Grazie a te per la prima volta questo prestigioso premio è arrivato anche in Italia. In che modo il tuo percorso scolastico ti ha aiutato a raggiungere traguardi così importanti?
“La scuola è stata fondamentale per la preparazione a questi concorsi. Anche solo la comprensione di un bando di concorso internazionale è veramente complessa. Quindi tutta la documentazione, che contempla anche diverse piattaforme da utilizzare, la conoscenza dell’inglese e delle lingue in generale, la produzione di un documento di oltre cinquemila parole nell’ambito della sostenibilità e di come questa si legasse al settore ristorativo e alberghiero e potesse andare incontro ai 17 goals dell'Agenda 2030 che fanno parte di tutto l’ambito dell’Educazione civica che viene insegnata a scuola, anche all’alberghiero, a differenza di quanto possa pensare la De Gregorio. Quindi la scuola mi ha aiutato sia in ambito teorico che nella gestione degli impegni. Quando mi sono preparato per il concorso internazionale non ho lasciato da parte la scuola. Non ero presente in classe ma mi sono tenuto al passo e fortunatamente ho avuto degli insegnanti che mi hanno aiutato in questo, fornendo il materiale e recuperando compiti in classe e interrogazioni.”
Hai svolto la Maturità quest’anno: com’è andata?
“Abbiamo svolto tre prove scritte perché essendo in Valle d’Aosta abbiamo la terza prova che è equiparata a quella di Italiano ed è in Francese. Alla seconda prova è uscita Scienze dell’Alimentazione e al colloquio orale ho sviluppato un percorso interdisciplinare iniziando dal documento preparato dalla commissione. In sede di prova orale ho portato un piatto preparato da me, un aperitivo all’italiana a base vegetale, che ho fatto assaggiare a tutti i docenti. Il voto finale è stato 100.”
Hai solo 19 anni e già una carriera avviata: cosa ti auguri per il futuro e quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
“Innanzitutto mi auguro di poter fare ciò che voglio senza farmi condizionare. Ho ricevuto diverse proposte lavorative, anche sulla base dei concorsi vinti in questi anni, ma nessuna mi ha stimolato particolarmente. Il mio obiettivo è quello di andare in Perù e di partire a settembre 2022. Mi sono preso del tempo per organizzare al meglio la partenza perché vorrei entrare a far parte del Ristorante “Central” di Lima che è risultato pochi giorni fa il secondo miglior ristorante al mondo. Sono sicuro di quello che voglio fare e di come lo voglio fare, ho le idee chiare. Non è tutto facile, ma bisogna prendersi i giusti tempi e non farsi condizionare. Vorrei fare diversi anni all’estero e poi, magari in futuro, rientrare in Italia. La cucina italiana è estremamente di livello, ma conoscere la cucina estera e vedere come fuori i giovani vengano valorizzati e non sfruttati, come purtroppo spesso accade qui da noi, è il mio punto di partenza.”
Infine, un consiglio ai ragazzi che quest’anno inizieranno l’Alberghiero e che vorrebbero diventare dei cuochi, magari ispirandosi anche al tuo percorso.
“Credeteci fino in fondo. E’ un lavoro duro e quindi è facile perdersi e demotivarsi. Ma se si crede che sia la propria strada, bisogna continuare a perseverare perché tutto quello che dai a questo lavoro, allo stesso modo, la cucina te lo ridà indietro facendoti ottenere grandi soddisfazioni.”
Maria Zanghì