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crisi governo scuola universitàLa fine del Governo Draghi, perlomeno nel pieno delle sue funzioni, oltre a gettare nuovamente il Paese nell'incertezza, tra le sue dirette conseguenze avrà anche quella di frenare, se non addirittura fermare del tutto, decisioni e provvedimenti attesi per i prossimi mesi.
Che, con il termine anticipato della legislatura, avranno un destino tutto da decifrare.

La scuola, l'università, la formazione in generale ovviamente non sfuggono da queste dinamiche. Quali sono, dunque, le misure in cantiere che rischiano di saltare o di essere posticipate a data da definire? Abbiamo provato a individuare le principali.

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Reclutamento docenti, la riforma rischia di saltare?

Tra le questioni più urgenti sul tavolo c’è sicuramente quella di dare sostanza alla riforma del sistema di reclutamento e formazione del corpo docente, recentemente varata attraverso la Legge 79/2022. Per renderla veramente operativa, però, occorrono ben 14 decreti attuativi, compreso quello sugli incrementi di stipendio. Un Ministero dell’Istruzione depotenziato, però, potrebbe far fatica a emanarli tutti in tempi rapidi. Anche se, vista l’accoglienza tutt’altro che entusiasta ricevuta dal provvedimento da parte di molti insegnanti o aspiranti tali, un ripensamento potrebbe trovare più sostenitori che detrattori.

ITS, una rivoluzione a metà?

Altra legge approvata quasi fuori tempo massimo - il voto finale in Parlamento c’è stato a metà luglio - è quella che va a riformare il sistema ITS, trasformando gli Istituti Tecnici Superiori in Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy), potenziandone struttura e visibilità. Un tema particolarmente caro all’ormai ex premier Draghi - inserito esplicitamente nel suo programma di Governo - che ora potrebbe assumere una forma diversa dai piani iniziali. Visto che, anche qui, nei prossimi mesi bisognerebbe procedere alla parte “attuativa”, con più di un decreto. Ma ad occuparsene sarà qualcun altro.

Test di Medicina, ancora una volta rimandate modifiche sostanziali?

Sul fronte università, c’è da citare soprattutto la riforma dell’accesso programmato, per quei corsi di laurea a numero chiuso nazionale. In particolare quelli di Medicina e Chirurgia. Dopo anni di dibattito, il meccanismo è stato messo in moto proprio da questo Governo. Già da quest’anno accademico, in occasione dei test d’ingresso di settembre, ci sarà qualche cambiamento (con una ristrutturazione dei questionari, per renderli più aderenti al percorso). Ma è il prossimo l’anno della verità, quando l’accesso a Medicina dovrebbe trasformarsi da “prova secca” in “percorso”, dando la possibilità agli aspiranti camici bianchi di sostenere, ai fini dell'ammissione all’università, i cosiddetti test Tolc - cioè test di ammissione da svolgere online, organizzati dal Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso (Cisia) - a partire dal quarto anno delle superiori, almeno due volte l'anno. Sarà veramente così?

PNRR, quale sarà il destino dei fondi per la scuola?

Non va dimenticato, poi, il PNRR. Siamo solo all’inizio del percorso del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che, nei prossimi anni, dovrebbe innovare l’Italia. Per la scuola è previsto un fondo complessivo di oltre 30 miliardi di euro. I primi progetti, come quelli sull’edilizia scolastica o contro la dispersione scolastica, sono in parte già stati finanziati e prossimi alla messa in opera. Bisognerà vedere su quali linee strategiche deciderà di spingere il prossimo Esecutivo.

Nuovo anno scolastico, per i protocolli ci sarà da attendere?

A proposito di scuola, con le forze politiche concentrate sulle elezioni in arrivo, anche alcuni passaggi formali necessari, ma che presuppongono un confronto a livello istituzionale, potrebbero subire dei pericolosi rallentamenti. E’ il caso dei lavori preparatori per l’avvio dell’anno scolastico. Il quadro epidemiologico, che nelle ultime settimane è tornato a preoccupare, ha spinto i dirigenti scolastici (supportati dalla comunità scientifica), in vista
della ripresa di settembre, a chiedere un aggiornamento del protocollo sanitario e regole chiare sulla gestione della didattica. Facile prevedere che tali norme arriveranno, ma non è escluso che saranno ufficializzate giusto in tempo per la prima campanella, chiedendo notevoli sforzi organizzativi agli istituti.

Ius Scholae, tempo scaduto?

Sullo sfondo, infine, c’è da considerare l’ordinaria attività parlamentare. Perché le dimissioni di Draghi, come detto, porteranno alla fine della legislatura prima del tempo. Questo significa che tutti i progetti di legge presentati in Parlamento e ancora in fase di discussione, se non approvati entro la firma del decreto di scioglimento delle Camere da parte del Presidente della Repubblica (a questo punto davvero imminente), decadranno. Per riprenderne l’esame dovranno essere nuovamente presentati dopo l’insediamento del nuovo Parlamento, ricominciando l’iter praticamente da zero. Anche la scuola, naturalmente, ha delle questioni che rischiano un tale destino. Una su tutte? Il tanto discusso “Ius Scholae”, ovvero la riforma che vorrebbe attribuire la cittadinanza italiana a chi, straniero, è arrivato in Italia prima dei 12 anni e ha completato almeno un ciclo scolastico di 5 anni. Ma è solo uno dei tanti provvedimenti che la crisi di Governo potrebbe presto spedire nel dimenticatoio.