
Stiamo parlando di Jacopo Gasparetti che a 27 anni è stato il più giovane portavoce del Governo di Mario Draghi. Diventato collaboratore parlamentare a 21 anni, tra i fondatori di diverse associazioni giovanili come Green Atlas, Siamo Presente e La Giovane Roma, oggi è il collaboratore della vicepresidente del M5S Alessandra Todde e responsabile degli approfondimenti sulla Gen Z fatti dalla rivista Fortune Italia.
Jacopo nella nuova puntata del podcast di Skuola.net, #FuoriClasse, ci ha parlato del perché la comunicazione istituzionale fatichi a raggiungere i giovani e di come le nuove generazioni dovrebbero incidere sull'agenda del Paese.
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Le passioni per la comunicazione e l'attivismo nate sui banchi del liceo
Come sottolinea subito Jacopo, "ero uno studente estremamente ribelle che faceva delle cose completamente opposte rispetto a quelle che sto facendo oggi. Quando ero al liceo non avrei mai immaginato di lavorare tra stanze, corridoi e palazzi che vedevo molto distanti"."Ero sempre pronto ad alzare la mano, a criticare, a contrastare, a dire che era ingiusto, a difendere gli studenti. Io frequentavo il Virgilio di Roma, un liceo molto conosciuto nella capitale per la passione politica: sono cresciuto tra banchi, corridoi e cortili dove la politica era il pane quotidiano. Ogni giorno facevamo riunioni, assemblee e ci confrontavamo su quella che era l'agenda del Paese cercando di raccontare come i giovani potessero contrapporsi a quei meccanismi che noi non condividevamo".
La sua passione per la politica però "nasce quando avevo dieci anni. In vacanza al mare mi alzavo prestissimo ogni mattina per comprare il giornale. Sono nato e cresciuto leggendo gli articoli su Berlusconi. Mi ricordo che quando ho partecipato alla mia prima manifestazione avevo 12/13 anni e che andai con mia madre a piazza Navona dove ci fu una mobilitazione contro la riforma Gelmini".
"Poi al liceo sono stato mangiato dalla passione per la politica. Lì è nata anche la mia passione per la comunicazione e il giornalismo e sono arrivati anche i primi ruoli: rappresentate di classe, la consulta provinciale, rappresentante d'istituto, presidente del comitato di garanzia..."
Il percorso istituzionale e il ruolo di portavoce più giovane del governo Draghi
Dai banchi del liceo poi Jacopo si è ritrovo dietro quelli di Montecitorio. "E' stato un percorso lungo: ho cominciato prima con uno stage, poi come collaboratore e poi nel primo governo Conte sono entrato al Ministero dello Sviluppo Economico ed ero il portavoce/collaboratore dell'allora sottosegretario Michele Geraci, diventato famoso per l'accordo sulla via della Seta".Dopo sei mesi cade il primo governo Conte, il sogno sembrava finito ma all'improvviso "la sottosegretaria Todde mi propose di diventare il suo portavoce e da lì è incominciato il percorso che poi mi ha portato ad essere il più giovane portavoce del governo Draghi. E' stata un'esperienza incredibile perché ho girato l'Europa e l'Italia. Ho toccato con mano cosa vuol dire provare a governare una macchina così complessa come il nostro Paese".
"Al ministero mi occupavo della viceministra che aveva la delega alle crisi industriali quindi di tutti i grandi dossier che passavano per il MISE, dall'Ilva ad Alitalia. Partecipavo agli incontri parlando con i sindacati, con i lavoratori... Poi raccontavo dal punto di vista comunicativo cosa volesse dire gestire queste crisi che avevano un impatto su migliaia di persone".
Tra l'altro, "mi ricordo che quando ho cominciato, alla prima riunione che ho fatto con alte cariche ministeriali e funzionari del sindacato, la sottosegretaria era impegnata in un meeting e quindi mi aveva affidato il compito di incominciare l'altro incontro a cui doveva essere presente. Io entro in questa sala, abbastanza teso, mi guardano tutti ma non mi si fila nessuno. Mi siedo e, a un certo punto, dico 'Vabbè, possiamo dare inizio alla riunione'. Tutti mi guardano come per dire 'Ma chi sei, guarda ragazzino, dov'è la sottosegretaria' e io 'Sono il portavoce della sottosegretaria'. Da lì il loro approccio è subito cambiato e alla fine, chiacchierando a margine della riunione, erano convinti che io fossi il ragazzo che portava i caffè visto che ero il più giovane dipendente del ministero".
La comunicazione istituzionale e i giovani
Non sempre però la comunicazione politica, in particolar modo quella istituzionale, riesce a intercettare i giovani. "Quando mi occupavo di comunicazione istituzionale" - ci dice Jacopo - "mi sembrava di vivere in una bolla. Se oggi prendessi un ragazzo di 20 anni dicendoli 'Sai cos'è un lancio di agenzia?', 'Sai cos'è un crocettato?' probabilmente non mi saprebbe rispondere. Viviamo in un mondo molto lontano che includerà un massimo di 30mila persone che però poi incide sul quotidiano visto che poi le agenzie vanno nelle televisioni, loro si occupano di raccontare le vicende politiche a chi li guarda e chi guarda poi ne parlerà in famiglia facendosi una propria idea"."Da quel microrganismo si va a strutturare quella che è la comunicazione generale e nazionale. Il problema è che c'è uno scollamento di fondo tra la politica e i giovani: quest'ultimi sono disaffezionati alla politica, non la vedono vicina e purtroppo la politica si avvicina a loro in maniera sbagliata. Per esempio, è incredibile come si combatta da anni per dare il voto a 5 milioni di fuorisede e ad oggi il famoso emendamento è stato bloccato e se ne riparlerà tra 18 mesi".
I giovani come classe sociale
Diversi, inoltre, i soliti luoghi comuni sulle nuove generazioni: dal "non si interessano di politica" al "non vogliono lavorare". "Ci sono così tanti luoghi comuni sulla nostra generazione perché purtroppo a decidere le sorti del Paese non siamo noi ma persone con più anni di noi. Noi disertiamo le urne, non siamo rappresentanti e allo stesso tempo non ci rappresentiamo. A incidere così sono le persone più adulte. La vera contraddizione è che si fanno leggi e riforme che ci riguardano senza coinvolgerci"."Il nostro obiettivo, come generazione, è quello di contrastare tutte queste false narrazioni. Io sono convinto che i giovani siano una classe sociale visto che noi viviamo tutte quelle contraddizioni che contraddistinguono una classe sociale: il lavoro, il voto, il precariato, l'attivismo..."
"Il problema è che ci manca la coscienza di classe. Non siamo consapevoli di questa cosa e quindi ci andiamo a schiantare. Quello che io cerco di fare, nel mio piccolo, è sfruttare ogni momento e ogni spazio per dire che anche noi esistiamo e per provare ad incidere seriamente sull'agenda del Paese".
Paolo Di Falco