
Ma non solo, perché Teresa stessa, nell’intervista esclusiva che ha rilasciato a Skuola.net, ha messo l’accento anche su un altro fattore cardine del suo testo, le difficili dinamiche che esistono nell’amicizia tra ragazze, soprattutto negli anni delle scuole medie e superiori, il bisogno di avere una spalla su cui poggiarsi, ma di avere sempre la paura di mostrarsi troppo deboli o vulnerabili alle critiche e alle maldicenze che possono arrivare proprio dall’amica che vedi tutti i giorni e che giura di volerti bene. Non c’è cattiveria, per lo meno nella maggior parte dei casi, ma c’è tutta l’insicurezza che però invece di essere mitigata dal conforto della compagna di banco, viene riflessa su di lei e usata come arma per proteggersi dal giudizio degli altri.
Anche lei, come molti degli altri scrittori under 25 che abbiamo raggiunto nelle scorse settimane, ha raccontato di esser stata brava in italiano, nella scrittura e in particolare nella creatività a scuola, seppur mai brillando, ma di aver incontrato durante il percorso scolastico, poche, pochissime figure che l’abbiano saputa incoraggiare in tal senso, e anzi, spesso ad essere al centro dell’attenzione era più la mera forma che la creatività, campo per il quale lei pensava e pensa tutt’ora di aver molta più affinità.
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Da dove nasce il tuo interesse per la scrittura?
"Prima che per la scrittura credo sia nato quello per le storie. Guardavo film e leggevo libri e immaginavo che i personaggi potessero prendere altre strade, viaggiare in altri mondi, avere finali diversi. A un certo punto devo aver capito che questa cosa poteva davvero succedere sulla carta, che se mettevo in fila una serie di parole cominciava a esistere una storia che prima non c’era."
Durante gli anni di scuola come andavi in italiano? Hai mai avuto particolari riconoscimenti dai tuoi professori o ti hanno aiutato in qualche modo a coltivare questa tua passione?
"Sono sempre andata bene, ma mai brillato particolarmente né avuto grandi riconoscimenti. Ho avuto solo una maestra delle elementari che incoraggiava questa inclinazione dello “scrivere storie”. Alle medie e al liceo ho avuto professoresse senza dubbio competenti, ma che non si concentravano particolarmente sul lato creativo della materia, apprezzando più la forma dell’esposizione che l’originalità del contenuto.
Ma credo sia stato utile anche questo: fino a dopo il liceo la scrittura creativa è rimasta lontana dal percorso scolastico, una bolla intima e senza valutazioni."
È il primo racconto che scrivi? Prima di approdare ad Accento Edizioni hai scritto altro o pubblicato qualche contenuto online?
"No, scrivevo racconti anche al liceo. Poi in triennale ho frequentato Academy, il percorso universitario della Scuola Holden, e molte delle prove e alcuni degli esami consistevano in testi narrativi. Qualcuno di questi è stato pubblicato da riviste indipendenti."
Il racconto che hai scritto e che fa parte della raccolta parla di una situazione che qualsiasi adolescente può trovare familiare, così semplice ma così d’impatto: come mai hai sentito la necessità di mettere nero su bianco quell’esperienza? Ti sei più spesso riconosciuta in Agnese o in Martina?
"Conosco poche ragazze che siano state tutta la vita Agnese o tutta la vita Martina.
Io credo di essere stata entrambe, e quindi di aver ricevuto il giudizio e le angherie di entrambe, e di essere stata ipocrita, insicura e un po’ crudele come entrambe.
Questo racconto nasceva dalla necessità di esplicitare - nel più banale dei contesti, su uno sfondo molto familiare – dinamiche che io credo peculiari dell’amicizia adolescenziale femminile, e di come questa si muove tra il giudizio del mondo e quello delle protagoniste stesse, di come risente delle insicurezze profonde di quella fase della vita."
Quali consigli daresti ai tuoi coetanei che vogliono iniziare a scrivere o semplicemente che sono intimoriti di esporsi?
"Direi di non pensare mai al fatto che saranno esposti. Di scrivere quello che prude, quello di cui ci si vergogna, pensando che quelle pagine non verranno mai lette da nessuno. Se poi, alla fine, quello che si rilegge ha una forma compiuta, non sembrerà più un segreto svelato o una vergogna ma una storia, e l’imbarazzo passa in secondo piano."
Com’è stato entrare a far parte di un progetto del genere, interfacciarsi con correttori di bozze ed editori a neanche 25 anni?
"Molto interessante. Fino a un mese prima della pubblicazione non avevo idea di dove sarebbe finito il mio racconto: avevo partecipato a una call ed ero stata selezionata, fine. È stato rapido e molto emozionante: Eleonora Daniel, l’editor, ha seguito ogni voce con grande cura e precisione."
Come ti vedi tra cinque anni? Vorresti continuare a scrivere?
"Vorrei continuare a scrivere, possibilmente per immagini - non credo di avere (ancora, forse) una lingua particolarmente “letteraria”, qualsiasi cosa voglia dire.
Al momento lavoro come sceneggiatrice e vorrei continuare su questa strada, magari riuscendo nel frattempo a finire la laurea magistrale.
Tra cinque anni vorrei essere fuori dall’Italia e aver scritto qualcosa che ha preso vita su uno schermo."