
Nelle poche pagine di cui è composto, Nicolò dipinge un incontro estivo tra due ragazzi che nel giro di poche righe diventano amanti. Un ricordo della prima estate da ‘adulti’, come la definisce l’autore, in quanto appena raggiunta la maturità, ma senza le incombenze che arrivano poi con l’inizio dell’università e del lavoro ancora più tardi. L’inconsapevolezza, lo stordimento, il desiderio e la paura, sia per quanto poco si conosce ancora il mondo, sia per le infinite possibilità che l’estate sembra mettere a disposizione. Un racconto, quindi, fatto di sensazioni, evocativo e romantico, non nel senso stretto del termine, quanto più legato alla tradizione letteraria del romanticismo e delle sensazioni che richiama. Nicolò si è poi confidato e ha raccontato la genesi del suo amore per la scrittura e la lettura, andando a ritroso nel tempo fino alle scuole elementari, quando riempiva pagine e pagine con temi e storie inventate. Non è stato poi parco nei consigli, suggerendo a tutti coloro che hanno timore di iniziare a scrivere di cambiare punto di vista, guardandosi intorno, guardando cosa succede nel mondo e mettendo bene le cose in prospettiva, a quel punto il pensiero della pagina bianca e della successiva pubblicazione del proprio lavoro non sono, in fondo, questioni così spaventose.
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Da dove nasce il tuo interesse per la scrittura?
"Dalla lettura, prima vorace, poi dimenticata, recuperata, limata, ancora bulimica, attenta, distratta. Ho imparato a leggere prima di riuscire ad allacciarmi le scarpe, e a dormire da solo in camera a luce spenta. Non fosse accaduto, non scriverei. Però è capitato e tra le parole degli altri ho iniziato a dar forma alle mie."
Durante gli anni di scuola come andavi in italiano? Hai mai avuto particolari riconoscimenti dai tuoi professori o ti hanno aiutato in qualche modo a coltivare questa tua passione?
"Alle elementari facevo i temi più lunghi della classe, quando si doveva parlare di sogni e famiglia, del lavoro di mamma e papà, e la maestra si stupiva che avessi tutte quelle cose da dire. Mi chiedeva: “Ma come fai?” e io non le ho mai detto la verità, cioè che scrivevo solo bugie.
Alle medie ho incontrato la prima professoressa, Barbara, che ha creduto alla mia penna. In terza media mi ha allungato Salinger e Kerouac, autori a cui torno ancora e sempre, ogni volta che ho paura della pagina bianca. Grazie e lei la lingua è esplosa, e la scrittura ha assunto la forma che hanno le urla e le cicatrici aperte. Al liceo, due bravissimi professori, Enrico e Chiara (si ricordino i nomi, sempre) mi hanno educato, compiendo un’opera di resistenza e poi abbandono. Senza di loro, senza i loro temi, le cui tracce erano staccionate da saltare per poi correre in campo aperto, senza le loro penne rosse e le loro letture consigliate, ecco: non avrei trovato una forma."
E’ il primo racconto che scrivi? Prima di approdare ad Accento Edizioni hai scritto altro o pubblicato qualche contenuto online?
"Prima di Ragazzacci ho pubblicato un racconto online per i tipi di Pidgin Edizioni, si chiama Aspira all’incendio e parla di amore, morte e fumo, perché si scrive sempre delle stesse cose fino a quando non le si capisce. Collaboro poi con diverse testate, sempre online, per cui scrivo di letteratura e, soprattutto, cinema."
L’incontro tra questi due ragazzi è particolare ma al contempo così spontaneo e fresco, da dove è nata l’idea? Hai mai sperimentato una situazione simile?
"È il ricordo di un’estate ligure, trascorsa con la mia migliore amica (protagonista del racconto sopra citato). La ragazza nella lavorazione si è trasformata in ragazzo, e sconosciuto, ma quello che doveva rimanere di quella nostra estate, l’ultima del liceo, la prima da grandi, è rimasto: la paura, il sesso, lo stordimento, l’inconsapevolezza. Il mare e il treno preso per tornare a casa."
Quali consigli daresti ai tuoi coetanei che vogliono iniziare a scrivere o semplicemente che sono intimoriti di esporsi?
"Le paure sono ben altre, me lo ripeto ogni volta che mi trovo davanti alla pagina e penso che una fatica così nessuno mai. Ma mio padre sta dodici ore filate su un tetto, con pioggia, neve e il sole d’agosto a picchiargli in testa; c’è l’aumento dell’affitto e delle bollette; il lavoro da trovare; la scuola da finire; la spesa da fare; il fidanzato da trovare; gli amici da frequentare. Senza guardare al resto: quello che c’è stato e ci ha rotto e tutto quello che ci sta ancora spezzando. Là fuori c’è una guerra, ragazzi della mia età stanno coi fucili in mano. Noi qui possiamo prendere una penna e difendere un pensiero: è un privilegio, e come tale non deve intimorire."
Com’è stato entrare a far parte di un progetto del genere, interfacciarsi con correttori di bozze ed editori a neanche 25 anni?
"Ho iniziato a collaborare con alcuni festival culturali della mia città (Biella) da “giovanissimo”, 16/17 anni, e da subito mi hanno messo a intervistare e presentare autori, editori, poeti, e altri ancora. Conoscevo già, quindi, sebbene sempre dall’esterno e non nella pratica della correzione e riscrittura, il mondo editoriale. Incontrare Matteo, Eleonora, Alessandro e collaborare con tutta la squadra di Accento è stato, ed è, un sogno. Bello come quelli che diventano realtà. "
Come ti vedi tra cinque anni? Vorresti continuare a scrivere?
"Meno enfatico e m’auguro più grasso. La scrittura? “Va e viene, vive e muore quando vuole, non quando vogliamo noi.” "