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Concetti Chiave

  • Ulisse e i suoi compagni incontrano le sirene, la cui voce incantevole rappresenta un pericolo mortale per i naviganti, attirandoli verso la morte.
  • Grazie ai consigli della maga Circe, Ulisse tappa le orecchie dei compagni con cera e si fa legare all'albero maestro per ascoltare il canto senza soccombere.
  • Nonostante l'irresistibile fascino del canto, Ulisse e il suo equipaggio riescono a sfuggire al pericolo grazie alle precauzioni adottate.
  • Omero non descrive l'aspetto delle sirene, poiché sono già note al suo pubblico, facendo parte del patrimonio mitologico greco.
  • Il canto delle sirene rimane un enigma affascinante, simbolo di una promessa di conoscenza o di un invito a perdersi, mantenendo intatto il suo potere seduttivo.
In questo appunto di Italiano viene riportato il testo, la parafrasi e il commento del canto XII dell'Odissea, in cui viene narrato l'incontro di Ulisse con le Sirene.
L'incontro di Ulisse con le Sirene nel canto XII dell'Odissea articolo

Indice

  1. Le sirene - Testo
  2. Parafrasi
  3. Commento

Le sirene - Testo

Mentre ciò loro io discoprìa, la nave,
Che avea da poppa il vento, in picciol tempo
Delle Sirene all'isola pervenne.
Là il vento cadde, ed agguagliossi il mare,
E l'onde assonnò un demone. I compagni
Si levâr pronti, e ripiegâr le vele,
E nella nave collocarle: quindi
Sedean sui banchi ed imbiancavan l'onde
Co' forti remi di polito abete.
Io la duttile cera, onde una tonda
Tenea gran massa, sminuzzai con destro
Rame affilato; ed i frammenti n'iva
Rivoltando e premendo in fra le dita.
Né a scaldarsi tardò la molle pasta;
Perocché lucidissimi dall'alto
Scoccava i rai d'Iperïone il figlio.
De' compagni incerai senza dimora
Le orecchie di mia mano; e quei diritto
Me della nave all'albero legaro
Con fune, i piè stringendomi e le mani.
Poi su i banchi adagiavansi, e co' remi
Batteano il mar, che ne tornava bianco.
Già, vogando di forza, eravam quanto
Corre un grido dell'uomo, alle Sirene
Vicini.

Udito il flagellar de' remi,
E non lontana omai vista la nave,
Un dolce canto cominciaro a sciorre:
"O molto illustre Ulisse, o degli Achei
Somma gloria immortal, su via, qua vieni,
Ferma la nave; e il nostro canto ascolta.
Nessun passò di qua su negro legno,
Che non udisse pria questa che noi
Dalle labbra mandiam, voce soave;
Voce, che innonda di diletto il core,
E di molto saver la mente abbella.
Ché non pur ciò, che sopportaro a Troia
Per celeste voler Teucri ed Argivi,
Noi conosciam, ma non avvien su tutta
La delle vite serbatrice terra
Nulla, che ignoto o scuro a noi rimanga".
Cosi cantaro. Ed io, porger volendo
Più da vicino il dilettato orecchio,
Cenno ai compagni fea, che ogni legame
Fossemi rotto; e quei più ancor sul remo
Incurvavano il dorso, e Perimede
Sorgea ratto, ed Euriloco, e di nuovi
Nodi cingeanmi, e mi premean più ancora.
Come trascorsa fu tanto la nave,
Che non potea la perigliosa voce
Delle Sirene aggiungerci, coloro
A sé la cera dall'orecchio tosto,
E dalle membra a me tolsero i lacci.
Per un approfondimento sull'epica vedi anche qua

Parafrasi

Intanto la nave resistente arrivò nell’isola delle sirene. Un vento favorevole la spingeva. Subito dopo il vento cessò e una calma inquietante avvolse la nave; un dio calmava le onde e i compagni piegarono le vele e le sistemarono nella stiva, mentre il mare diventava bianco per gli spruzzi sollevati dai remi.
Io intanto tagliavo con il pugnale un pezzo di cera. Subito la cera divenne modellabile grazie alla mia forza e al caldo del sole. La spalmai sulle orecchie di tutti i miei compagni, uno per uno. In seguito, essi mi misero sull’albero maestro e mi legarono mani e piedi, stringendo fortemente con delle corde. In piedi sull’albero maestro ero legato fortemente e i miei compagni remavano rendendo l’acqua spumosa.
Ma quando fummo a distanza di grido, anche se noi correvamo, le sirene videro la nave veloce che si avvicinava e cantarono: “Vieni famoso Ulisse, grande gloria dei greci, e ferma la nave, perché tu possa ascoltare meglio la nostra voce. Nessuno mai è passato di qui con la sua nave senza prima ascoltare la dolce melodia della nostra voce e il suono piacevole del nostro canto. Poi egli se ne va, felice di averci ascoltato e sapendo molte più cose, perché noi sappiamo quello che è accaduto, fra Greci e Troiani nella regione di Troia, per volontà degli dei”. Così cantavano soavemente. Il mio cuore voleva ascoltare e, guardandoli, ordinai ai miei compagni di slegarmi. Subito Perimede ed Euriloco si alzarono e mi legarono più strettamente. Ma quando ci allontanammo e non si sentivano più le voci delle sirene i compagni si tolsero dalle orecchie i tappi di cera e mi slegarono.
L'incontro di Ulisse con le Sirene nel canto XII dell'Odissea articolo

Commento

Omero

, nel libro XII dell’Odissea, presenta le sirene come incantatrici di uomini che vivono su un’isola vicino ai mostri marini Scilla e Cariddi; con la loro voce catturano gli uomini che, incautamente, si lasciano indurre dal piacere dell’ascolto a fermare la loro navigazione finendo per scivolare in un torpore che li porta alla morte. L’eroe e i suoi compagni, tuttavia, avvertiti precedentemente dalla maga Circe sulle precauzioni da adottare per evitare di essere incantati, riescono a superare indenni il pericolo. Ulisse riempie con della cera ammorbidita le orecchie dei compagni mentre lui, spinto dalla curiosità che lo contraddistingue, decide di ascoltare il loro canto, facendosi prima legare saldamente all’albero maestro della nave. La voce delle sirene è talmente irresistibile da farlo dimenare con furia, a implorare i compagni di liberarlo dalle funi; questi però, con le orecchie tappate, non possono ascoltare le sue grida. Spentosi lentamente il canto, Ulisse torna in sé e, vedendo, insieme ai compagni, i resti delle ossa dei marinai che non hanno resistito all’incantesimo sparsi sulle coste dell’isola, si rende conto del terribile pericolo scampato.
Omero non descrive l’aspetto delle sirene, poiché quasi sicuramente le loro sembianze sono già note al pubblico cui si rivolge, sia perché esse sono parte del patrimonio mitico greco, sia perché compaiono in altre opere (nel IV libro delle Argonautiche di Apollonio Rodio, dove di ritorno dalla Colchide con il vello d’oro, Giasone e il suo equipaggio si imbattono nelle sirene pronte a tendere lo stesso inganno, non appena però iniziano a cantare, prontamente Orfeo intona con la lira una melodia più dolce). Sia in Omero che in Apollonio Rodio si narra anche della loro fine: in preda alla frustrazione, le sirene si uccisero gettandosi dalla scogliera.
Il canto delle sirene è un enigma che giunge intatto fino a noi. Sarà una promessa di conoscenza, un suono inarticolato, pura voce senza contenuto, un canto difettoso, che è solo un invito a perdersi nell’abisso di ogni parola, un continuo inizio? Non sappiamo che cosa cantassero le Sirene, Omero non lo dice e la domanda non ha smesso di esercitare il suo fascino, diventando il vero potere di seduzione di queste mostruose fanciulle suadenti.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il ruolo delle sirene nel canto XII dell'Odissea?
  2. Le sirene sono presentate come incantatrici che attirano gli uomini con la loro voce, inducendoli a fermare la navigazione e portandoli alla morte. Ulisse e i suoi compagni riescono a superare il pericolo grazie alle precauzioni suggerite dalla maga Circe.

  3. Come Ulisse e i suoi compagni evitano il pericolo delle sirene?
  4. Ulisse riempie le orecchie dei compagni con cera ammorbidita e si fa legare all'albero maestro della nave per ascoltare il canto senza cedere alla tentazione di avvicinarsi.

  5. Perché Ulisse desidera ascoltare il canto delle sirene?
  6. Ulisse è spinto dalla curiosità che lo contraddistingue e vuole ascoltare il canto delle sirene, nonostante il pericolo che rappresenta.

  7. Cosa rappresenta il canto delle sirene secondo il commento?
  8. Il canto delle sirene è un enigma che rappresenta una promessa di conoscenza o un invito a perdersi, e il suo vero potere di seduzione risiede nel fascino che continua a esercitare.

  9. Come viene descritto l'aspetto delle sirene nel testo?
  10. Omero non descrive l'aspetto delle sirene, poiché le loro sembianze erano già note al pubblico dell'epoca e fanno parte del patrimonio mitico greco.

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