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In questa pagina avrete modo quindi di potere analizzare le soluzioni della seconda prova di Scienze Umane svolta dai nostri Tutor, confrontandola con quella svolta da voi nel corso della seconda prova di Maturità 2018. Skuola.net sta risolvendo le Prove, ma verranno pubblicate solo dopo l’orario stabilito dalla legge; lo scopo infatti è quello di aiutare i maturandi a superare l’esame e non quello di far invalidare l’Esame di Stato!
Per raggiungere la sufficienza basta fare un punteggio di 10/15, mentre il punteggio massimo è 15/15, che verrà poi sommato alle altre prove scritte, e insieme ai Crediti accumulati nei tre anni e all'esame Orale di Maturità, formerà il vostro voto finale.
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Soluzione seconda prova Scienze Umane
Per prima cosa quando ti troverai davanti alla traccia non farti prendere dal panico, ma leggi molto attentamente per capire a fondo il significato, se necessario rileggi la traccia più di una volta. Dopo di che rispondi solo a quello che ti viene chiesto non dilungarti troppo e non perderti in discorsi. Con te avrai tutto ciò di cui hai bisogno per affrontare l’esame e avrai tutto il tempo necessario. Se non riesci a risolvere subito un problema, passa avanti non perdere tempo, ci ritornerai alla fine. Per ultima cosa dopo aver finito la prova rileggi attentamente tutto: traccia e soluzioni per assicurarti che non abbia fatto errori.
Ecco la soluzione svolta dai nostri tutor:
PROPOSTA DI SOLUZIONE PER LA SECONDA PROVA DI MATURITÀ 2018
TRACCIA: Scienze umane
ARGOMENTO: Diritti umani e principi democratici.
I diritti umani sono diritti che spettano a qualunque individuo semplicemente per il fatto di essere tale: universali e irrinunciabili, sono patrimonio comune e nessuno stato, nessuna legge può estinguerli o comunque modificarli. Sono una categoria di diritti che molto spesso viene citata e utilizzata, non soltanto nelle opportune sedi legali, ma anche in ambienti comuni e quotidiani, dalle conversazioni al bar, in tv, persino sui canali social, dove si aprono gruppi e pagine per discuterne, a volte impropriamente. Il riconoscimento di tali diritti permette quindi, all’uomo, inteso in generale quale individuo, senza distinzioni di etnia, sesso, età, religione o orientamento sessuale, di poter condurre un’esistenza dignitosa e libera, sviluppando armonicamente la propria personalità e le proprie aspirazioni, nel rispetto degli altri e degli ordinamenti giuridici nei quali si muove.
Ma quali sono questi diritti umani? Tra quelli principali, ricordiamo: il diritto alla libertà individuale, il diritto alla vita, il diritto all’autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il diritto ad un’esistenza dignitosa, il diritto alla libertà religiosa con il conseguente diritto a cambiare la propria religione, il diritto alla protezione dei propri dati personali (ossia la privacy) e il diritto di voto. L’esemplificazione dei diritti umani è rinvenibile nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, all’interno della quale l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha messo in evidenza l’importanza dell’insegnamento e dell’educazione al rispetto di questi diritti e di queste libertà; delle misure da mettere in atto progressivamente a livello nazionale e internazionale per il loro riconoscimento universale, del rispetto che i popoli devono avere gli uni per gli altri.
I diritti umani e, quindi, la dignità dell’uomo, precedono le leggi scritte che possono solo riconoscerli e non determinarli (G. Chiosso, I significati dell’educazione. Teorie pedagogiche e della formazione, Mondadori Università, Milano 2009). L’evoluzione della società, il cambiamento dello scenario storico e politico, il fenomeno dell’immigrazione e l’emergere delle città cosmopolite hanno portato alla necessità e allo sviluppo di “nuovi” diritti umani, i diritti di terza generazione, come li definisce il professor Giorgio Chiosso, ovvero diritti moderni, legati strettamente all’attualità. L’intercultura, il multiculturalismo, l’intensificarsi dei processi di globalizzazione, come il turismo, il capitalismo, il mercato libero, il colonialismo, ha reso l’incontro - e lo scontro - tra diverse culture evidente e inevitabile. Per tale ragione si parla di diritti di solidarietà, come quello alla pace, al rispetto dell’ambiente, allo sviluppo e anche di questi diritti si sta per ottenere il riconoscimento internazionale.
Per quanto concerne l’Unione Europea, il trattato di Lisbona, firmato dagli stati membri il 13 dicembre del 2007 e poi entrato in vigore nel 2009, introduce una serie di norme nuove volte a migliorare la democraticità dell’intero sistema dell’Unione e a coinvolgere tutti gli Stati membri nell’impegno al rispetto reciproco. Il problema è che gli sforzi per la sistemazione giuridica a livello internazionale dei diritti umani di terza generazione non sono al momento sufficienti, non c’è un progresso, come afferma Chiosso, per quanto riguarda l’esercizio di tali diritti. La mancata messa in atto di questi diritti è spesso dovuta a una non conoscenza o ad una conoscenza parziale che ne hanno gli uomini. L’obiettivo primario diventa pertanto educare e sensibilizzare ai diritti umani, farli conoscere, altrimenti non si può né rivendicarli né lottare per essi.
E chi, se non la scuola, collaborando con la famiglia, può educare al rispetto dei diritti umani? La scuola è il primo palcoscenico sul quale saliamo tutti e dove ci confrontiamo con i problemi del mondo contemporaneo: l’eterogeneità degli alunni e dei loro stili di apprendimento, la necessità di una didattica integrativa e inclusiva, la convivenza civile, il rispetto dei bisogni dell’altro sono tutte situazioni che ci preparano ad affrontare la vita. Fenomeni quali il bullismo, la violenza, l’intolleranza nei confronti della diversità, gli atti di teppismo e di vandalismo che la stampa ci rimanda continuamente, mostrano come la strada per l’esercizio effettivo dei diritti di terza generazione sia lunga da percorrere. C’è una vera e propria emergenza educativa e un’imminente necessità di educazione alla convivenza civile e democratica, fondata su valori universali, sul rispetto di sé e degli altri, che non può non essere una priorità per i sistemi di istruzione.
Privilegiare e rispettare i diritti umani significa anche esercitare la democrazia e concorrere alla costruzione di una società più giusta e solidale. E la scuola può dare un enorme contributo, partendo dall’ambiente che offre, dagli stili di insegnamento che devono puntare alla valorizzazione delle differenze e non alla loro penalizzazione, oltre che incitare alla cooperazione e all’inclusione. Bisogna sicuramente promuovere le strategie didattiche alternative come la discussione di gruppo, i giochi, le simulazioni (il role playing), i laboratori, la drammatizzazione ovvero l’introduzione del laboratorio teatrale nelle scuole per riconoscere e gestire le emozioni.
Di pari passo con i diritti umani procedono i diritti culturali, che vengono assegnati non all’individuo, ma ai gruppi, come le minoranze etniche e religiose, le società indigene, per le quali diventano occasione per preservare la propria identità personale, culturale e sociale. I diritti culturali includono la capacità di un gruppo di preservare la proprio cultura, di allevare i propri figli secondo le tradizioni, di continuare a utilizzare il proprio linguaggio e di non essere privato della propria base economica dalla nazione in cui si trova (Conrad P. Kottak, Antropologia culturale”, McGraw-Hill, Milano 2008). Molti paesi hanno già firmato dei patti che riconoscono i diritti delle minoranze presenti e questa apertura è sintomo di tolleranza, di lotta all’etnocentrismo, al pregiudizio etnico ed è uno spiraglio di luce verso la convivenza civile e il rispetto reciproco.
1. L’apprendimento collaborativo fa riferimento al metodo educativo nel quale gli studenti lavorano insieme per un obiettivo comune. Qual è, in sintesi, il pensiero di uno degli autori del Novecento che teorizzano tale pratica educativa?
Il termine “apprendimento collaborativo” fa riferimento ad una circostanza particolare in cui gli studenti, a vari livelli di prestazioni, lavorano insieme verso un obiettivo comune. In molti si sono occupati nel secolo scorso dello studio dell'apprendimento collaborativo, concordando nel considerare il sistema sociale come una rete di relazioni che costituisce lo spazio elaborativo delle cognizioni. Fra i più rappresentativi, possiamo citare per le implicazioni psicologiche dell'apprendimento collaborativo, Lev Semenovic Vygotsky e Jean Piaget, per quelle sociali, John Dewey.
Sia Vygotskij sia Dewey, seppure con risvolti molto diversi, considerano l'apprendimento un processo profondamente sociale. Per Vygotskij esiste una stretta relazione tra funzioni intrapsichiche e interpsichiche. Ogni funzione nello sviluppo culturale del bambino appare due volte, a due livelli. La memoria logica, l'attenzione volontaria e la formazione di concetti si sviluppano nel bambino prima a livello interpsicologico, come una conseguenza dell'interazione sociale con il gruppo di coetanei e adulti in cui è inserito, e poi, in un secondo tempo, a livello intrapsicologico. Per Vygotskij anche il linguaggio nasce inizialmente come mezzo di comunicazione tra il bambino e le persone del suo ambiente e solo in seguito, dopo la conversione al linguaggio interiore, diventa una funzione mentale. La collaborazione viene considerata un catalizzatore per lo sviluppo di determinate capacità di "problem solving" (ragionamento), perché chi apprende userà le tecniche e le strategie di ragionamento che ha assimilato durante il lavoro con i compagni o con l'insegnante anche quando si troverà ad affrontare, da solo, un problema simile ad uno già visto in gruppo.
2. Il diritto è il riconoscimento di un bene che va tutelato. Qual è il valore universale del diritto all’istruzione?
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamata nel 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, sancisce il diritto di ogni individuo all’istruzione, stabilendo la gratuità e l’obbligatorietà di quella primaria. È un diritto prioritario, in quanto consente l’effettiva attuazione di altri diritti fondamentali della persona umana. Senza istruzione non si è cittadini a pieno titolo di nessuna democrazia né si può partecipare in modo autonomo e consapevole alla società complessa e all’economia globalizzata del XXI secolo. Non può essere considerato come un bene o un servizio da erogare su domanda e a pagamento, ma come un diritto che va garantito a tutte le persone, uomini e donne, in modo capillare e diffuso, a prescindere dalla condizione economica e socio-culturale di partenza e dalla localizzazione. La piena attuazione del diritto all’istruzione per tutti i componenti di una società costituisce lo strumento attraverso il quale progettare il futuro e la crescita. Il diritto all’istruzione è quindi anche un dovere, che implica un obbligo. Come tale presuppone un servizio offerto gratuitamente a tutti, con un sostegno attivo alle condizioni di disagio, per un numero di anni sufficiente a conseguire la maturità culturale necessaria per integrarsi a pieno titolo nella società.
3. In che modo l’educazione ai diritti è parte integrante dell’educazione alla cittadinanza?
In una società globale e multiculturale, il diritto di cittadinanza assume il significato di rispetto e dovrebbe riferirsi ad ogni individuo in relazione ai suoi diritti fondamentali. L’educazione alla cittadinanza si rivolge ad una società in rapida evoluzione e globalizzazione che investe tutto il pianeta. La cittadinanza, nel senso più ampio del termine, indica un diritto e anche una responsabilità di partecipazione, insieme agli altri, alla vita sociale ed economica della comunità. La cittadinanza rappresenta un elemento indispensabile per il dialogo interculturale. L’educazione alla cittadinanza democratica è molto importante per il funzionamento di una società libera, tollerante, aperta, inclusiva per la coesione sociale, la comprensione reciproca, la solidarietà, il dialogo interculturale e religioso e la parità fra donne e uomini. Educare alla convivenza vuol dire, quindi, educare ai diritti, farli conoscere, sensibilizzare al loro riconoscimento e alla loro osservanza. Se non si rispettano i diritti umani non si tollera l’altro e non c’è base per la convivenza civile.
4. La nozione di diritti culturali è correlata all’idea di relativismo culturale. Cosa si intende con questo concetto antropologico?
Il concetto di “relativismo culturale” lo dobbiamo implicitamente ad Erodoto, che è considerato il fondatore della storia, della geografia e dell’antropologia, in quanto descrisse nelle sue Storie i costumi, le tradizioni, le religioni, le abitudini di moltissimi popoli dell’antichità, con cui in parte era venuto direttamente in contatto. Fu poi Franz Boas nel XX secolo con il suo nuovo metodo di ricerca a gettare le basi del relativismo culturale, che si fonda sul rifiuto dell’etnocentrismo. Il relativismo culturale è sempre accompagnato da una conoscenza estesa delle singole culture e ci consente di interpretare i comportamenti e le credenze altrui in termini di tradizione e di esperienza, seguendo un principio fondamentale: ciò che è giusto per un gruppo umano, non necessariamente lo è per un altro. Il relativismo culturale non significa diventare “altro” da sé, anzi, una certa dose di attaccamento ai propri valori culturali può essere creativa e favorire la dinamica dei processi culturali ostacolando l’omologazione culturale. Esso porta quindi al riconoscimento e al rispetto dei diritti culturali, alla tolleranza delle minoranze, all’integrazione e infine alla convivenza civile.
Soluzione a cura di Eleonora Persichetti.
Durante lo svolgimento delle prove non risponderemo alla helpline per evitare di compromettere l'esame dei maturandi. Sempre per lo stesso motivo, le soluzioni non saranno in nessun caso disponibili prima del tempo stabilito per legge.
La help line prima prova maturità 2018
Skuola.net sarà al fianco di tutti gli studenti che dovranno affrontare la maturità per aiutarli a superarla al meglio. Quindi niente panico: ci impegneremo a fugare ogni vostro dubbio e ogni vostra domanda, cercheremo di rispondervi velocemente e di aggiornarvi in tempo reale su tutto ciò che succede in questa Maturità 2018.
Ma tenete presente che le tracce e le soluzioni non potranno essere pubblicate fino al momento consentito dalla legge. Noi infatti non vogliamo farvi copiare e invalidare l' esame, ma supportarvi nel migliore dei modi.
Per ogni informazione, dubbio o problema, ecco i nostri recapiti:
WhatsApp numero 3938835286
Chat di Facebook Messenger
PROPOSTA DI SOLUZIONE PER LA SECONDA PROVA DI MATURITÀ 2018
TRACCIA: Scienze umane
ARGOMENTO: Diritti umani e principi democratici.
I diritti umani sono diritti che spettano a qualunque individuo semplicemente per il fatto di essere
tale: universali e irrinunciabili, sono patrimonio comune e nessuno stato, nessuna legge può
estinguerli o comunque modificarli. Sono una categoria di diritti che molto spesso viene citata e
utilizzata, non soltanto nelle opportune sedi legali, ma anche in ambienti comuni e quotidiani,
dalle conversazioni al bar, in tv, persino sui canali social, dove si aprono gruppi e pagine per
discuterne, a volte impropriamente. Il riconoscimento di tali diritti permette quindi, all’uomo,
inteso in generale quale individuo, senza distinzioni di etnia, sesso, età, religione o orientamento
sessuale, di poter condurre un’esistenza dignitosa e libera, sviluppando armonicamente la propria
personalità e le proprie aspirazioni, nel rispetto degli altri e degli ordinamenti giuridici nei quali si
muove.
Ma quali sono questi diritti umani? Tra quelli principali, ricordiamo: il diritto alla libertà
individuale, il diritto alla vita, il diritto all’autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il
diritto ad un’esistenza dignitosa, il diritto alla libertà religiosa con il conseguente diritto a cambiare
la propria religione, il diritto alla protezione dei propri dati personali (ossia la privacy) e il diritto di
voto. L’esemplificazione dei diritti umani è rinvenibile nella Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo del 1948, all’interno della quale l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha messo in
evidenza l’importanza dell’insegnamento e dell’educazione al rispetto di questi diritti e di queste
libertà; delle misure da mettere in atto progressivamente a livello nazionale e internazionale per il
loro riconoscimento universale, del rispetto che i popoli devono avere gli uni per gli altri.
I diritti umani e, quindi, la dignità dell’uomo, precedono le leggi scritte che possono solo
riconoscerli e non determinarli (G. Chiosso, I significati dell’educazione. Teorie pedagogiche e della
formazione, Mondadori Università, Milano 2009). L’evoluzione della società, il cambiamento dello
scenario storico e politico, il fenomeno dell’immigrazione e l’emergere delle città cosmopolite
hanno portato alla necessità e allo sviluppo di “nuovi” diritti umani, i diritti di terza generazione,
come li definisce il professor Giorgio Chiosso, ovvero diritti moderni, legati strettamente
all’attualità. L’intercultura, il multiculturalismo, l’intensificarsi dei processi di globalizzazione, come
il turismo, il capitalismo, il mercato libero, il colonialismo, ha reso l’incontro - e lo scontro - tra
diverse culture evidente e inevitabile. Per tale ragione si parla di diritti di solidarietà, come quello
alla pace, al rispetto dell’ambiente, allo sviluppo e anche di questi diritti si sta per ottenere il
riconoscimento internazionale.
Per quanto concerne l’Unione Europea, il trattato di Lisbona, firmato dagli stati membri il 13
dicembre del 2007 e poi entrato in vigore nel 2009, introduce una serie di norme nuove volte a
migliorare la democraticità dell’intero sistema dell’Unione e a coinvolgere tutti gli Stati membri
nell’impegno al rispetto reciproco. Il problema è che gli sforzi per la sistemazione giuridica a livello
internazionale dei diritti umani di terza generazione non sono al momento sufficienti, non c’è un
progresso, come afferma Chiosso, per quanto riguarda l’esercizio di tali diritti. La mancata messa
Soluzione a cura di
Eleonora Persichetti
Insegnante di Scienze umane su Skuola.net Ripetizioni
in atto di questi diritti è spesso dovuta a una non conoscenza o ad una conoscenza parziale che ne
hanno gli uomini. L’obiettivo primario diventa pertanto educare e sensibilizzare ai diritti umani,
farli conoscere, altrimenti non si può né rivendicarli né lottare per essi.
E chi, se non la scuola, collaborando con la famiglia, può educare al rispetto dei diritti umani? La
scuola è il primo palcoscenico sul quale saliamo tutti e dove ci confrontiamo con i problemi del
mondo contemporaneo: l’eterogeneità degli alunni e dei loro stili di apprendimento, la necessità
di una didattica integrativa e inclusiva, la convivenza civile, il rispetto dei bisogni dell’altro sono
tutte situazioni che ci preparano ad affrontare la vita. Fenomeni quali il bullismo, la violenza,
l’intolleranza nei confronti della diversità, gli atti di teppismo e di vandalismo che la stampa ci
rimanda continuamente, mostrano come la strada per l’esercizio effettivo dei diritti di terza
generazione sia lunga da percorrere. C’è una vera e propria emergenza educativa e un’imminente
necessità di educazione alla convivenza civile e democratica, fondata su valori universali, sul
rispetto di sé e degli altri, che non può non essere una priorità per i sistemi di istruzione.
Privilegiare e rispettare i diritti umani significa anche esercitare la democrazia e concorrere alla
costruzione di una società più giusta e solidale. E la scuola può dare un enorme contributo,
partendo dall’ambiente che offre, dagli stili di insegnamento che devono puntare alla
valorizzazione delle differenze e non alla loro penalizzazione, oltre che incitare alla cooperazione e
all’inclusione. Bisogna sicuramente promuovere le strategie didattiche alternative come la
discussione di gruppo, i giochi, le simulazioni (il role playing), i laboratori, la drammatizzazione
ovvero l’introduzione del laboratorio teatrale nelle scuole per riconoscere e gestire le emozioni.
Di pari passo con i diritti umani procedono i diritti culturali, che vengono assegnati non
all’individuo, ma ai gruppi, come le minoranze etniche e religiose, le società indigene, per le quali
diventano occasione per preservare la propria identità personale, culturale e sociale. I diritti
culturali includono la capacità di un gruppo di preservare la proprio cultura, di allevare i propri figli
secondo le tradizioni, di continuare a utilizzare il proprio linguaggio e di non essere privato della
propria base economica dalla nazione in cui si trova (Conrad P. Kottak, Antropologia culturale”,
McGraw-Hill, Milano 2008). Molti paesi hanno già firmato dei patti che riconoscono i diritti delle
minoranze presenti e questa apertura è sintomo di tolleranza, di lotta all’etnocentrismo, al
pregiudizio etnico ed è uno spiraglio di luce verso la convivenza civile e il rispetto reciproco.
1. L’apprendimento collaborativo fa riferimento al metodo educativo nel quale gli studenti
lavorano insieme per un obiettivo comune. Qual è, in sintesi, il pensiero di uno degli autori del
Novecento che teorizzano tale pratica educativa?
Il termine “apprendimento collaborativo” fa riferimento ad una circostanza particolare in cui gli
studenti, a vari livelli di prestazioni, lavorano insieme verso un obiettivo comune. In molti si sono
occupati nel secolo scorso dello studio dell'apprendimento collaborativo, concordando nel
considerare il sistema sociale come una rete di relazioni che costituisce lo spazio elaborativo delle
cognizioni. Fra i più rappresentativi, possiamo citare per le implicazioni psicologiche
dell'apprendimento collaborativo, Lev Semenovic Vygotsky e Jean Piaget, per quelle sociali, John
Dewey.
Soluzione a cura di
Eleonora Persichetti
Insegnante di Scienze umane su Skuola.net Ripetizioni
Sia Vygotskij sia Dewey, seppure con risvolti molto diversi, considerano l'apprendimento un
processo profondamente sociale. Per Vygotskij esiste una stretta relazione tra funzioni
intrapsichiche e interpsichiche. Ogni funzione nello sviluppo culturale del bambino appare due
volte, a due livelli. La memoria logica, l'attenzione volontaria e la formazione di concetti si
sviluppano nel bambino prima a livello interpsicologico, come una conseguenza dell'interazione
sociale con il gruppo di coetanei e adulti in cui è inserito, e poi, in un secondo tempo, a livello
intrapsicologico. Per Vygotskij anche il linguaggio nasce inizialmente come mezzo di
comunicazione tra il bambino e le persone del suo ambiente e solo in seguito, dopo la conversione
al linguaggio interiore, diventa una funzione mentale. La collaborazione viene considerata un
catalizzatore per lo sviluppo di determinate capacità di "problem solving" (ragionamento), perché
chi apprende userà le tecniche e le strategie di ragionamento che ha assimilato durante il lavoro
con i compagni o con l'insegnante anche quando si troverà ad affrontare, da solo, un problema
simile ad uno già visto in gruppo.
2. Il diritto è il riconoscimento di un bene che va tutelato. Qual è il valore universale del diritto
all’istruzione?
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamata nel 1948 dall’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite, sancisce il diritto di ogni individuo all’istruzione, stabilendo la gratuità e
l’obbligatorietà di quella primaria. È un diritto prioritario, in quanto consente l’effettiva attuazione
di altri diritti fondamentali della persona umana. Senza istruzione non si è cittadini a pieno titolo di
nessuna democrazia né si può partecipare in modo autonomo e consapevole alla società
complessa e all’economia globalizzata del XXI secolo. Non può essere considerato come un bene o
un servizio da erogare su domanda e a pagamento, ma come un diritto che va garantito a tutte le
persone, uomini e donne, in modo capillare e diffuso, a prescindere dalla condizione economica e
socio-culturale di partenza e dalla localizzazione. La piena attuazione del diritto all’istruzione per
tutti i componenti di una società costituisce lo strumento attraverso il quale progettare il futuro e
la crescita. Il diritto all’istruzione è quindi anche un dovere, che implica un obbligo. Come tale
presuppone un servizio offerto gratuitamente a tutti, con un sostegno attivo alle condizioni di
disagio, per un numero di anni sufficiente a conseguire la maturità culturale necessaria per
integrarsi a pieno titolo nella società.
3. In che modo l’educazione ai diritti è parte integrante dell’educazione alla cittadinanza?
In una società globale e multiculturale, il diritto di cittadinanza assume il significato di rispetto e
dovrebbe riferirsi ad ogni individuo in relazione ai suoi diritti fondamentali. L’educazione alla
cittadinanza si rivolge ad una società in rapida evoluzione e globalizzazione che investe tutto il
pianeta. La cittadinanza, nel senso più ampio del termine, indica un diritto e anche una
responsabilità di partecipazione, insieme agli altri, alla vita sociale ed economica della comunità.
La cittadinanza rappresenta un elemento indispensabile per il dialogo interculturale. L’educazione
alla cittadinanza democratica è molto importante per il funzionamento di una società libera,
tollerante, aperta, inclusiva per la coesione sociale, la comprensione reciproca, la solidarietà, il
dialogo interculturale e religioso e la parità fra donne e uomini. Educare alla convivenza vuol dire,
quindi, educare ai diritti, farli conoscere, sensibilizzare al loro riconoscimento e alla loro
Soluzione a cura di
Eleonora Persichetti
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