Concetti Chiave
- Gaio Svetonio Tranquillo, scrittore e storico romano, è noto per le sue opere biografiche, con un approccio di raccolta documentaria piuttosto che critico.
- Nonostante la sua appartenenza all'ordine equestre, si dedicò agli studi piuttosto che a una carriera militare o amministrativa, grazie anche alla protezione di figure come Plinio il Giovane.
- Fu segretario "ad epistulas" sotto l'imperatore Adriano, ruolo che gli permise l'accesso agli archivi imperiali e quindi la conservazione di importanti documenti storici.
- Le sue opere principali, "De viris illustribus" e "De vita Caesarum", offrono biografie dettagliate di figure illustri e imperatori romani, basandosi su una collezione di dati e aneddoti senza giudizi personali.
- Il suo stile di scrittura è chiaro e semplice, senza eccessi retorici, rendendo le sue opere accessibili e vivaci, in contrasto con lo stile più complesso di storici contemporanei come Tacito.
Algeria o Roma, 70 d.C.? – 140? ca d.C.
Vita
Uomo tutto dedito agli studi. Della sua vita possediamo poche notizie, desumibili soprattutto dalle sue stesse opere e da Plinio, che in una lettera a Traiano ne sottolinea la rettitudine e l'erudizione. Nato da una ricca famiglia dell'ordine equestre, S. rifiutò tuttavia la carriera di amministratore o di soldato riservata in genere a quelli del suo rango. Uomo dedito agli studi, intimo amico di Plinio il Giovane (il quale lo introdusse nelle simpatie di Traiano, facendogli anche conferire lo "ius trium liberiorum", una sorta di sussidio familiare che in casi eccezionali veniva concesso anche a scapoli benemeriti), nonché avviato alla carriera retorica e forense, lo storico consacrò tuttavia tutta la sua vita a ricerche erudite che, per certi aspetti, richiamano quelle di Varrone: ma la sua attività - come vedremo - si limitò quasi interamente al genere biografico.
Alla corte di Adriano.
Grazie all'amicizia del prefetto del pretorio Setticio Claro (anch'egli amico di Plinio, sopravvissuto a quest'ultimo, e che avrebbe continuato comunque a proteggere il nostro autore), intorno al 120 S. riuscì ancora a diventare segretario "ad epistulas" (incaricato cioè della corrispondenza) nei servizi dell'imperatore Adriano. A quest'alto incarico egli poté essere chiamato dopo aver dato buona prova delle sue qualità di funzionario amministrativo, prima come sovrintendente di tutte le biblioteche pubbliche di Roma, poi come "a studiis" (quasi un nostro ministro della cultura e dell'istruzione). Tutte queste mansioni, e in special modo l'ultima in ordine di tempo (quella di segretario), gli permisero di accedere liberamente agli archivi del Palatino, per cui le sue informazioni ci hanno permesso di ricostruire e di conservare documenti che, senza di lui, sarebbero andati completamente perduti. Nessun altro storico, infatti, poteva averne conoscenza.
L'allontanamento dalla corte e il ritiro negli studi. Dopo il rovescio politico del suo protettore, tuttavia, anche l'incarico di S. presso la corte non durò molto a lungo. Nel 122, Adriano lo allontanò con un pretesto, perché, a quanto pare, alcuni dignitari, e lui fra gli altri, avevano instaurato un'eccessiva familiarità nell'ambiente dell'imperatrice Sabina. S., così, trascorse gli ultimi anni della sua vita immerso negli studi ed attendendo alla pubblicazione delle sue vaste e numerose opere.
De viris illustribus. Nell'opera sugli "uomini illustri" (o almeno così ritenuti dagli studiosi alessandrini) della latinità (pubblicata dopo il 113 d.C.), S. non limitava la propria indagine alla cerchia dei politici e dei militari. Un libro era dedicato agli oratori, un altro ai poeti, altri ancora ai grammatici, ai rètori, ai filosofi, eccetera. Di questo panorama così vasto, a noi restano unicamente le notizie riguardanti grammatici e rètori, particolarmente preziose per la conoscenza dell'insegnamento a Roma e della sua storia. Degli altri "capitoli", disponiamo solo di notizie staccate o frammentarie. Quelle sugli scrittori (particolarmente importanti quelle su Terenzio, Virgilio, Orazio, Lucano) furono tra l'altro utilizzate da san Gerolamo per la sua "Cronaca", ed è quindi possibile, in una certa misura, ricostruirle.
In queste biografie erudite, S. si preoccupa fondamentalmente di raccogliere una documentazione, molto meno di controllarne e criticarne la validità: non si lascia mai andare a considerazioni o valutazioni personali, ma si limita a riferire i dati raccolti dalle fonti ed esporli, accostandoli gli uni agli altri. E’ un testimone (uno dei primi) della tradizione scolastica (noi diremmo universitaria) che si forma e si svilupperà, con variazioni diverse, durante tutta la parte finale dell'antichità e nel Medio Evo, ad es. nei commentari di Donato (su Virgilio e su Terenzio) alla fine del IV secolo, e in quelli di Servio (che visse intorno al 400 d.C.) su Virgilio.
Per ogni biografia, S. si attiene ad uno schema invariato, desunto dai biografi ellenistici: inizia col nome dell'autore trattato, poi fa seguire la discendenza, le notizie sulla condizione sociale, sugli studi e sulla formazione letteraria, quindi passa a fornire notizie sulle qualità morali ed intellettuali, sui fatti più salienti della vita, sulle opere, e infine conclude coi dati relativi alla morte ed alle statue dedicate all'autore.
Il biografo si sofferma su aneddoti e particolari curiosi, facendo luce anche sui fatti intimi e privati dell'autore trattato. Fedele poi alla sua formazione "burocratica", S. assai spesso insiste su episodi nei quali il personaggio era stato in rapporto coi potenti, come ad es. nel caso di Orazio con Augusto.
De vita Caesarum. Qualunque possa essere l'importanza delle biografie composte da S. sugli scrittori, nella formazione della storia letteraria come genere, quella delle "Vite dei Cesari" (pubblicate dopo il 121 d.C.) è, ovviamente, di gran lunga più considerevole, giacché, per le parti ormai perdute degli "Annali" e delle "Storie" di Tacito, esse rappresentano una preziosa fonte sostitutiva: non dimentichiamo, a tal proposito, ch'esse ci sono giunte praticamente in versione integrale. Tuttavia, le biografie degli imperatori (12, da Cesare a Domiziano) non sono opere storiche nel senso comune del termine: della cronologia e della concatenazione degli avvenimenti, infatti, nonché delle loro cause e dei loro effetti, esse tengono conto in modo molto approssimativo. Ogni fatto è, invece, anche qui classificato (pressappoco) secondo una categoria ben definita: infanzia, origine, carattere, ritratto fisico, ritratto intellettuale, attività militari, giochi offerti al popolo, eccetera. Anche in questo caso, poi, la componente critica personale o valutativa del biografo è pressoché inesistente (del resto, egli era più che altro un uomo di scuola, pressoché a digiuno di politica nel senso alto del termine).
Altro vantaggio, per noi, delle "Vite dei Cesari" è il fatto che S. attinge notizie da opere ormai perdute degli storici dell'impero. Ciò permette di ritrovare una prospettiva più giusta sugli avvenimenti e sugli uomini che sono stati oggetto a volte di appassionata ammirazione e altre volte di odio feroce.
Riguardo la seconda, si aggiunge la consapevolezza in S. che quella del genere biografico è la forma storiografica più idonea a dar conto della nuova forma che il potere ha assunto (quella individualistica, personale, del principato) e che la biografia dei singoli imperatori è la più adatta a fungere da criterio di periodizzazione della storia dell’Impero. Dunque, il nostro autore > [Funaioli].
Riguardo le fonti, invece, esse furono sicuramente molteplici, ma è quasi impossibile determinarne genesi e modalità: sembra che s. abbia trascurato Tacito, probabilmente perché non ne condivideva le idee; ha sicuramente fatto poi un accurato spoglio degli archivi imperiali per le biografie sui Cesari; ma non ha disdegnato infine neanche l'apporto di fonti, come dire, "orali" (dicerie, ricordi personali o di seconda mano…) nella raccolta dei gustosi e talora piccanti aneddoti che costellano le sue opere.
I caratteri. Così, nella tendenza - tanto deplorata come deteriore gusto del pettegolezzo - ad insistere sulla vita privata degl’imperatori descrivendone eccessi ed intemperanze, sui particolari futili e scandalistici, si inclina oggi a vedere (anche) la manifestazione di una volontà obiettiva e demistificante, dell’intento di fornire un ritratto integrale e quanto possibile verosimile ed "umano" del personaggio trattato.
Ne risulta un tipo di storiografia ch'è stata detta "minore" (rispetto soprattutto a quella "aristocratica" di Tacito), che delinea anche, in qualche modo, i tratti del suo destinatario, che è lo stesso ordine dei funzionari e degli "equites" cui lo storico apparteneva, il punto di vista attraverso cui le singole vicende sono osservate e valutate.
Lo stile. Riguardo allo stile, infine, è da dire che S. scrive senza prolissità e senza ricercatezze arcaicizzanti o preziosismi moderni, con una lingua fondamentalmente chiara e semplice, e con un fraseggio gustosamente rapido e vivace: uno stile, insomma, ch'è > [F. Cupaiuolo].
Domande da interrogazione
- Chi era Gaio Svetonio Tranquillo e quale fu il suo contributo principale?
- Quali furono le principali opere di Svetonio e cosa trattavano?
- Qual era il metodo di lavoro di Svetonio nella stesura delle sue biografie?
- Quali furono le influenze e le fonti principali per le opere di Svetonio?
- Come viene descritto lo stile di scrittura di Svetonio?
Gaio Svetonio Tranquillo era uno storico romano noto per le sue opere biografiche, in particolare "De vita Caesarum", che forniscono preziose informazioni sugli imperatori romani e sulla storia dell'Impero.
Le principali opere di Svetonio includono "De viris illustribus" e "De vita Caesarum". La prima tratta di uomini illustri della latinità, mentre la seconda è una raccolta di biografie degli imperatori romani da Cesare a Domiziano.
Svetonio si concentrava sulla raccolta di documentazione senza criticarne la validità, seguendo uno schema biografico fisso e includendo aneddoti e dettagli curiosi sulla vita privata dei soggetti trattati.
Le opere di Svetonio furono influenzate dalle biografie alessandrine e dalle tradizioni romane come gli "elogia". Le sue fonti includevano archivi imperiali e fonti orali, ma sembra che abbia trascurato Tacito.
Lo stile di scrittura di Svetonio è descritto come chiaro e semplice, senza prolissità o ricercatezze, con un fraseggio rapido e vivace, adatto a un pubblico di funzionari e "equites".