Concetti Chiave
- I referendum regionali e locali possono confermare statuti regionali ordinari e leggi statutarie nelle regioni speciali, secondo la Costituzione italiana.
- Un referendum di indirizzo unico nel 1989 mirava a dare al Parlamento europeo un mandato costituente, ma non ebbe effetti concreti.
- Il primo referendum abrogativo in Italia si svolse nel 1974, in seguito a una complessa intesa politica che permise l'introduzione del divorzio.
- Numerosi referendum in Italia hanno reso il Paese uno tra i più attivi in Europa nell'uso di questo strumento democratico, eccezion fatta per la Svizzera.
- Dal 1995, i referendum italiani hanno spesso fallito nel raggiungere il quorum, riflettendo una crescente sfiducia popolare verso questo istituto.
Referendum regionali e locali
Referendum regionali e locali, di natura confermativa, possono essere eventualmente previsti per l’approvazione degli statuti delle regioni ordinarie (art. 123.3 Cost.); nelle regioni speciali per l’approvazione delle «leggi statutarie».
Un singolare referendum che può essere definito di indirizzo si tenne nel 1989 in occasione delle elezioni europee: oggetto fu il conferimento al Parlamento europeo di un mandato costituente (a stendere la costituzione europea).
Il primo referendum abrogativo si ebbe solo nel maggio 1974. Oltre vent’anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione il Parlamento non aveva ancora approvato la legge di attuazione dell’art. 75. L’approvazione della legge 352/1970 si dovette all’intesa politica che indusse il maggior partito dell’epoca (la Dc) a non opporre l’ostruzionismo contro la legge che avrebbe introdotto il divorzio nel nostro ordinamento: in cambio fu garantita la possibilità di fare appunto appello al corpo elettorale. Da allora i referendum svolti sono stati numerosissimi, facendo della democrazia italiana quella che in Europa ha fatto più di frequente ricorso a tale strumento, Svizzera (considerata la patria della democrazia diretta) a parte.
Il fenomeno referendario segna letteralmente la storia costituzionale e politica italiana per tre decenni. Manifestazioni di logoramento appaiono evidenti, tuttavia, dopo i referendum del 1995. Falliscono per non raggiungimento del quorum sei consultazioni referendarie di fila (1997, 1999, 2000, 2003, 2005, 2009), mentre ciò era accaduto solo una volta in precedenza (1990). Molto si può dire dell’eccezionale duttilità di uno strumento di mobilitazione e partecipazione che si è prestato a ogni sorta di impiego.
Nel corso del tempo, il corpo elettorale ha manifestato un sentimento di sfiducia sempre più radicata nei confronti dell’istituto referendario, spesso fautore di cambiamenti solo formali.
Domande da interrogazione
- Qual è stato il primo referendum abrogativo in Italia e quale contesto politico lo ha reso possibile?
- Qual è stato l'esito del referendum di indirizzo del 1989 e quali furono le sue conseguenze?
- Come è cambiata la percezione dell'istituto referendario in Italia nel tempo?
Il primo referendum abrogativo in Italia si è tenuto nel maggio 1974. È stato reso possibile grazie a un'intesa politica che ha portato all'approvazione della legge 352/1970, in cui il maggior partito dell'epoca, la Democrazia Cristiana, ha accettato di non opporsi alla legge sul divorzio in cambio della possibilità di ricorrere al referendum.
Il referendum di indirizzo del 1989, che riguardava il conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo, ha visto l'88% degli elettori esprimersi a favore. Tuttavia, non ha avuto conseguenze concrete, poiché non era previsto dalla Costituzione e richiese una legge costituzionale introduttiva.
Nel tempo, la percezione dell'istituto referendario in Italia è cambiata, con un crescente sentimento di sfiducia da parte del corpo elettorale. Dopo i referendum del 1995, si sono verificati numerosi fallimenti per mancato raggiungimento del quorum, indicando un logoramento e una partecipazione sempre più formale.