Concetti Chiave
- Il Codice civile italiano del 1865 limitava l'autonomia individuale nei contratti di lavoro, subordinandola alla normativa dei contratti collettivi.
- I contratti collettivi sostituivano automaticamente clausole difformi nei contratti individuali, rendendo nulle quelle successive non conformi.
- Le clausole migliorative per i lavoratori erano l'unica eccezione, modificabili solo con consenso tra le parti.
- La legge sindacale fascista del 1926 creò una magistratura del lavoro per risolvere controversie sui rapporti collettivi, con obbligo di mediazione preliminare.
- L'istituzione della magistratura del lavoro fu conseguente alla proibizione della serrata e dello sciopero, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni giuristi dell'epoca.
Articolo 2077 Codice civile (1865)
Il Codice civile italiano del 1865 stabiliva che il contratto collettivo corporativo costituiva la disciplina giuridica comune di tutti i rapporti individuali di lavoro fra datori e lavoratori della categoria cui il contratto si applicava. L’autonomia individuale, pertanto, era fortemente limitata, nello specifico poteva riguardare esclusivamente le materie non regolate dalla legislazione sindacale.
I singoli erano obbligati a uniformare il contratto individuale a quello collettivo: eventuali clausole difformi erano sostituite di diritto da quelle sindacali (nullità parziale).
Se le clausole erano precedenti al contratto collettivo cessavano di avere efficacia, se successive erano dichiarate nulle. In sostanza, i contratti collettivi erano efficaci sia verso i patti individuali preesistenti sia verso quelli successivi alla sua entrata in vigore.L’unica eccezione riguardava le clausole che prevedevano condizioni migliorative per i lavoratori, le quali restavano salve poiché modificabili solo consensualmente dalle parti del contratto individuale. L’inderogabilità dei contratti collettivi e la loro efficacia normativa sui patti individuali ne consolidarono la definizione giuridica di fonte eteronome (come accade tutt’oggi).
La principale legge sindacale fascista (563/1926) istituì una specifica sezione giurisdizionale (la magistratura del lavoro), incaricata di decidere tutte le controversie relative alla disciplina dei rapporti collettivi di lavoro. La contesa poteva essere avviata esclusivamente dalle associazioni sindacali riconosciute, autorizzate tuttavia solo previo tentativo di risoluzione amichevole del conflitto.
Secondo molti giuristi di epoca fascista, l’istituzione di un’apposita magistratura per decidere le controversie collettive portava di conseguenza la proibizione della serrata e dello sciopero. In realtà non si trattava di una conseguenza, dal momento che, al contrario, l’istituzione della magistratura del lavoro fu una conseguenza della proibizione della serrata e dello sciopero.