Concetti Chiave
- Le figure retoriche di suono sono usate nella poesia per creare ritmo e musicalità, arricchendo il significato delle parole e coinvolgendo i sensi del lettore.
- Le rime, assonanze e consonanze sono tecniche che creano effetti fonici e semantici, dando armonia alla composizione poetica.
- L'anafora, attraverso la ripetizione di parole all'inizio dei versi, sottolinea concetti e immagini con forza ed enfasi.
- L'allitterazione ripete suoni simili in parole successive per evocare sensazioni e atmosfere specifiche.
- Onomatopee imitano suoni naturali, mentre paronomasie e figure etimologiche giocano con somiglianze foniche per creare pathos o umorismo.
In questo appunto di italiano si descrive cosa sono le figure retoriche di suono, la loro funzione all’interno della poetica e quali sono le figure più usate e diffuse.
Perché utilizziamo le figure retoriche di suono
Nell’arte poetica si usano particolari “tecniche” per piegare e adattare le parole, per dar loro nuova enfasi, allontanandole dal semplice servizio linguistico e grammaticale.
Il poeta vuole richiamare tutti i sensi, cosicché le parole non siano solo righe su pagine, ma immagini, colori e suoni che avvolgono totalmente il lettore.
Tra le figure retoriche troviamo quelle di suono, che fanno riferimento alla fonetica delle parole. Accostando lettere, parole e frasi, si cerca di creare un nuovo ritmo e musicalità che vada ad arricchire e rafforzare il significato della poesia.
Possiamo dunque dire che lo scopo delle figure retoriche di suono è quello di infondere un maggior effetto comunicativo alle parole, attraverso la loro cadenza e musicalità. La lettura del testo diventa così più dolce o più aspra, più malinconica o vivace, parlando a quelle parti del nostro essere che vanno oltre la razionalità.
Le principali figure retoriche di suono
Le più semplici figure retoriche del suono sono le rime, cioè l’identità consonantica e vocalica nella terminazione di due o più parole a partire dalla vocale tonica (la vocale sulla quale cade l’accento).
Oltre alla rima esistono altre figure di suono che contribuiscono a creare particolari effetti sul piano fonico e semantico. Vediamo quali sono.
Assonanza: quando due parole, a partire dalla vocale accentata, presentano le stesse vocali ma hanno consonanti (es. mattino-sospiro; dòndolo-cònsono). Tali parole non devono necessariamente trovarsi a fine di verso.
Consonanza: quando due parole, a partire dalla vocale tonica, presentano le stesse consonanti ma hanno vocali differenti (piànto-contènti; rèttile-tròttola).
Sia le assonanze che le consonanze donano quell’armonia che conferisce bellezza all’intera composizione.
Anafora: quando vi è la ripetizione di una o più parole all’inizio di frasi o di versi successivi. Ha lo scopo di sottolineare con forza un concetto, un’immagine, un elemento
Per me si va nella città dolente,
per me si va nell’eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente… (Dante, Inferno, III)
Nell’esempio, con la ripetizione di “per me”, col significato di “attraverso di me”, il poeta vuole ribadire l’inevitabilità della pena per i condannati, senza alcuna possibilità di speranza.
Allitterazione: quando si ha una ripetizione di vocali, consonanti o sillabe, o semplicemente di suoni affini, in una serie di due o più vocaboli. L’obiettivo è quello di accompagnare col suono anche il concetto espresso.
…esta selva selvaggia et aspra et forte
che nel pensier rinova la paura ... (Dante, Inferno, I)
In questo caso l’allitterazione dei suoni “s" "t" ed “r’ suggerisce l’idea di un paesaggio aspro e impenetrabile.
Onomatopea: con essa la lingua cerca di imitare la natura attraverso dei suoni che la richiamino da punto di vista acustico. È l’imitazione di un suono o di un verso, riportato per come lo si ode.
E nella notte nera come il nulla
a un tratto, col fragor d’arduo dirupo
che frana, il tuono nmbombò di schianto (G. Pascoli, Il tuono)
In questo caso, attraverso i suoni dentali “t” e “d”, uniti alla liquida “r”, il poeta vuole riprodurre il rumore di un tuono che echeggia in lontananza, mentre l’allitterazione della “b” e della vocale cupa “o” evocano il suo fragore assordante.
L’onomatopea si definisce:
- propria: quando è costituita da fonemi autonomi che entrano a far parte del verso: “don don “tic tac’, ‘toc toc
- impropria: quando è costituita da parole di senso compiuto che suggeriscono col loro suono
- un certo rumore: balbettio, bubbolio, chacchiericcio
Paronomàsia: consiste nell’accostamento di due parole che presentano un suono molto simile ma che hanno un significato diverso. Al consueto uso di creare musicalità nel verso, esso viene anche usato per creare del pathos o per fare dell’umorismo
Un caso famoso di paronomàsia si trova nel Canzoniere di Petrarca, dove il poeta crea un continuo gioco di rimandi fonici e semantici tra il nome della donna amata, Laura, e le parole l’aura (l’aria) e lauro (l’alloro).
Nel primo caso la paronomàsia tra Laura/l’aura fornisce una particolare suggestione all’immagine della donna bionda con i capelli scompigliati dal vento; nel secondo caso la paronomasia Laura/iaufo suggensce invece uno stretto rapporto tra la donna amata e l’alloro, simbolo della gloria poetica e collegato al mito di Dafne, la ninfa amata da Apollo e trasformata appunto in alloro.
Figura etimologica: consiste nell’accostamento di due parole che hanno la stessa etimologia, cioè la stessa radice.
Ingiusto fece me contra me giusto (Dante, Inferno, XIII)
In questo caso la figura etimologica, rafforzata dalla struttura chiastica sottolinea come Pier della Vigna, suicidatosi a causa delle calunnie di alcuni cortigiani invidiosi, pur essendo giusto diventa ingiusto agli occhi di Dio.
Per approfondimenti sulla figura retorica di ripetizione vedi qua
Domande da interrogazione
- Qual è lo scopo principale delle figure retoriche di suono nella poesia?
- Quali sono le principali figure retoriche di suono menzionate nel testo?
- Come si differenziano assonanza e consonanza?
- Qual è l'effetto dell'anafora in un testo poetico?
- In che modo l'onomatopea contribuisce alla poesia?
Le figure retoriche di suono mirano a infondere un maggiore effetto comunicativo alle parole attraverso cadenza e musicalità, rendendo la lettura più coinvolgente e parlando a parti del nostro essere che vanno oltre la razionalità.
Le principali figure retoriche di suono menzionate sono rime, assonanza, consonanza, anafora, allitterazione, onomatopea, paronomàsia e figura etimologica.
L'assonanza si verifica quando due parole presentano le stesse vocali a partire dalla vocale accentata ma hanno consonanti diverse, mentre la consonanza si verifica quando due parole presentano le stesse consonanti a partire dalla vocale tonica ma hanno vocali differenti.
L'anafora, attraverso la ripetizione di una o più parole all'inizio di frasi o versi successivi, sottolinea con forza un concetto, un'immagine o un elemento, come nell'esempio di Dante con "per me".
L'onomatopea imita suoni naturali per evocare acusticamente un rumore o un verso, creando un effetto sonoro che arricchisce l'immaginario del lettore, come nel caso del tuono descritto da Pascoli.