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Concetti Chiave

  • Le figure retoriche sono artifici del discorso che aggiungono effetti speciali alla frase, usati sia in poesia che nel linguaggio quotidiano.
  • Le figure retoriche si dividono in tre gruppi principali: di suono, di significato e di parola o ordine, ognuna con caratteristiche specifiche.
  • L'allitterazione, una figura retorica di suono, ripete suoni identici nelle parole per evocare immagini e significati oltre il testo.
  • Esempi poetici di allitterazione includono opere di Ennio, Dante e Montale, dove la ripetizione sonora amplifica il messaggio emotivo.
  • Nelle canzoni e pubblicità, l'allitterazione rende i messaggi più efficaci e memorabili, come nei testi di Jovanotti o nei noti slogan pubblicitari.

In questo appunto di italiano vengono descritte che cosa sono le figure retoriche, a che cosa servono, di quale tipologia sono. Nello specifico viene descritta la figura retorica di suono dell'allitterazione, con analisi delle sue principali caratteristiche. Allitterazione - Figura retorica di suono e caratteristiche articolo

Indice

  1. Le figure retoriche: cosa sono e a cosa servono
  2. L’allitterazione. Ripetere i suoni per evocare immagini
  3. Esempi poetici di allitterazione
  4. Allitterazione nel quotidiano: canzoni e pubblicità

Le figure retoriche: cosa sono e a cosa servono

Le figure retoriche sono degli artifici del discorso che aiutano a dare un effetto particolare alla frase.

Attraverso espedienti fonetici, di significato o mediante una precisa collocazione nel testo, alcune parole possono evocare un senso che va oltre quello letterale.
Grazie proprio al potere allusivo di tali artifici, queste figure sono molto care ai poeti. Ma le troviamo anche in contesti più quotidiani, come in modi di dire, canzoni, pubblicità.
A seconda delle loro caratteristiche, le figure retoriche vengono generalmente suddivise in tre gruppi:

  • Di suono
  • Di significato
  • Di parola o ordine

Le figure retoriche di suono si servono di effetti fonici per evocare dei significati, ne sono un esempio l’allitterazione, l’assonanza, l’onomatopea.
Quelle di significato invece giocano sul contenuto delle parole, come la similitudine, la metafora, l’allegoria, l’antonomasia o l’iperbole.
Le ultime, quelle di parola o ordine, giocano sulla posizione delle parole all’interno della frase, con lo scopo di far risaltare tali parole. Sono un esempio il chiasmo o l’anafora.

Per ulteriori approfondimenti sulle figure retoriche vedi qui

L’allitterazione. Ripetere i suoni per evocare immagini

Tra le figure retoriche di suono, l’allitterazione è quella che gioca sulla ripetizione di suoni identici: vocali, consonanti, sillabe. Situate nella parte centrale o iniziale di due o più parole.

Grazie al potere fonosimbolico, infatti, la ripetizione di tali suoni riesce a evocare dei significati che vanno oltre il testo stesso. Un tale artificio è molto utilizzato anche nel linguaggio comune. Si pensi ad esempio alle nenie che si cantano ai bambini: “Ninna nanna ninna o”. In questo caso la ripetizione del suono “n” aiuta il rilassamento e concorre al raggiungimento dello scopo del testo, quello di far addormentare il neonato. Altri esempi di allitterazioni nell’uso quotidiano sono gli scioglilingua: “trentatré trentini entrarono a Trento, tutti e trentatré, trotterellando”. Ripetere il suono “tr” più volte e magari anche velocemente all’interno della frase crea non poche difficoltà e aiuta a enfatizzare l’aspetto ludico dell’esercizio. Troviamo spesso allitterazioni anche nei modi di dire, come “Tagliare la Testa al Toro”.
A seconda della lettera scelta verrà evocata una specifica sensazione o atmosfera (ad esempio Gh, Ch, R = durezza; V, L = morbidezza; A = ampiezza)

Per ulteriori approfondimenti sulle figure retoriche di suono vedi qui

Esempi poetici di allitterazione

Come tutte le figure retoriche, anche l’allitterazione (dal latino “allitteratio - onis” derivazione di littĕra, "lettera") è molto cara, da sempre, ai poeti. Si pensi, già nel II secolo a. C. all’esametro degli “Annales” di Ennio: O Tite tute Tati tibi tanta Tyranne tulisti (O Tito Tazio, tiranno, tu stesso ti attirasti atrocità tanto tremende); o ai versi danteschi de “La Vita Nova” (1292-1294): Tanto gentile e tanto onesta pare / la donna mia quand'ella altrui saluta. O, più recente, alla poesia “La sera fiesolana” di Gabriele D’Annunzio (1899, vv 1-4) dove abbiamo le allitterazioni di "f", "s", “e” e dei gruppi "fr" e "sc":

Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il fruscìo che fan le foglie
del gelso ne la man di chi le coglie.

Anche la poesia “Meriggiare pallido e assorto” di Eugenio Montale (1916) è caratterizzata da una accurata ricercatezza fonica. Presenta infatti moltissime allitterazioni (r, s, t, ch) che sottolineano i suoni duri e aspri enfatizzando le sensazioni di solitudine, desolazione, inquietudine. Il poeta è solo in un paesaggio secco, ostile che nega ogni senso della vita, e la musicalità amara della poesia evoca tale significato.

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Per ulteriori approfondimenti su Eugenio Montale vedi qui

Allitterazione nel quotidiano: canzoni e pubblicità

Esempi quotidiani di allitterazione si possono trovare anche nelle canzoni o nella pubblicità, che fa grande uso di figure retoriche. Queste ben si sposano infatti anche con l’accostamento di immagini, ne completano e rafforzano il significato.
Prendiamo come primo esempio il testo della canzone “Fango” di Jovanotti (2007). Già nel ritornello appare evidente una ripetizione dei gruppi sillabici “so”, “no”:

Io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
io lo so che non sono solo
e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango.

Allitterazione - Figura retorica di suono e caratteristiche articolo

E nella pubblicità? Come già accennato, la pubblicità è composta di due tipi di linguaggio, quello iconico, delle immagini, e quello verbale. Questi due linguaggi lavorando insieme rafforzano il messaggio e mirano ad un determinato scopo. Utilizzare figure retoriche in pubblicità (indistintamente nel linguaggio iconico o verbale) aiuta a donare maggiore incisività e senso al discorso e ne facilita la fruizione. Alcuni famosi esempi sono i payoff: “Ceres, c’è”, o “Bene? Benegol”, o ancora “Se c’è il limone è Limoncè”, “Limoncè, chi c’è c’è”, “Sete d’estate? Sete d’EstaThè”.
Questi artifici linguistici sono molto utili per il fine pubblicitario (la vendita), perché aiutano a rendere gli spot immediati, efficaci, riconoscibili e memorabili.

Per ulteriori approfondimenti sulla pubblicità vedi qui

Domande da interrogazione

  1. Che cosa sono le figure retoriche e a cosa servono?
  2. Le figure retoriche sono artifici del discorso che danno un effetto particolare alla frase, evocando significati oltre il letterale. Sono usate in poesia e in contesti quotidiani come canzoni e pubblicità.

  3. Quali sono i principali tipi di figure retoriche?
  4. Le figure retoriche si dividono in tre gruppi: di suono (come l'allitterazione), di significato (come la metafora), e di parola o ordine (come il chiasmo).

  5. Come funziona l'allitterazione e dove viene utilizzata?
  6. L'allitterazione si basa sulla ripetizione di suoni identici per evocare immagini e significati. È usata in poesia, canzoni, pubblicità e nel linguaggio comune.

  7. Quali sono alcuni esempi poetici di allitterazione?
  8. Esempi includono i versi di Ennio, Dante, D’Annunzio e Montale, dove l'allitterazione sottolinea suoni e sensazioni specifiche.

  9. In che modo l'allitterazione è utilizzata nella pubblicità?
  10. Nella pubblicità, l'allitterazione rafforza il messaggio rendendolo incisivo e memorabile, come nei payoff "Ceres, c’è" o "Sete d’estate? Sete d’EstaThè".

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