La tesina (compilativa, pp. 39, con foto) esamina la figura di Mosca, affettuoso nomignolo affibbiato da Montale alla moglie Drusilla Tanzi, principalmente all'interno della sua ultima opera poetica, «Satura». Il lavoro però non si limita a studiare il ruolo della moglie del poeta esclusivamente dentro l'opera a lei dedicata, ma ripercorre altresì le tracce - sparse e spesso enigmatiche - anche all'interno delle raccolte precedenti.
La tesina è divisa in due parti fondamentali: la prima, intitolata "La vita reale”, prende in considerazione appunto la figura di Drusilla Tanzi così come appariva nella vita quotidiana, con ampio spazio alle rivali in amore che dovette affrontare, in primo luogo Irma Brandeis; nella seconda invece ("La vita poetica") analizzo la trasfigurazione ideale che il Montale seppe fare della sua ultima donna in quella che può essere a ragione definita la sua eredità poetica.
Questa l'Introduzione:
"Le donne di Montale sono muse. Al contrario che per il Boccaccio del Decameron, le cui muse sono genericamente le donne, per Eugenio Montale le donne sono figure della fantasia poetica e i loro senhal non solo le rappresentano, ma le costituiscono per intero. Oggi, per opera degli ultimi esegeti, è possibile conoscere nel dettaglio la loro storia: il loro nome e le circostanze in cui entrarono in contatto con il poeta. Certamente dietro ai senhal si celano e sono state identificate delle donne, è possibile elencarle ; ma un concetto fondamentale dobbiamo tenere bene a mente: nei confronti di tutte queste donne la scrittura funziona come una vera attività creatrice, le fa esistere, riparando alla loro assenza.
Ogni figura femminile nella poesia montaliana è la figura di un’assente, della quale urge evocare la presenza. Bastano pochi oggetti per compiere il rito; e basta un nome, meglio se convenzionale, perché avvenga l’apparizione.
Le donne montaliane sono sostanzialmente raggruppabili in tre categorie: la donna superiore (o donna angelo), la donna mostruosa (o barbuta), la donna complice e sorella.
Tutte le donne ispiratrici di Montale finiscono con il confluire in una di queste categorie. Ma tutte sono legate da una stessa modalità di presentazione. Il poeta si serve degli stessi elementi per descriverle tutte: gli occhi, la fronte, i capelli, il gesto, gli oggetti che fantasticamente le rappresentano (gli orecchini, la sveglia marca “Angelo” e anche un bulldog: cfr. infra, p. 21 e soprattutto p. 25).
Per quanto riguarda la prima tipologia, ciò che appare chiaramente dall’analisi particolareggiata dei testi – alla quale si rimanda non potendo qui condurla – è la presenza di una figura fantastica femminile dalle caratteristiche angelicate, stilnovistiche, la cui superiorità e alterità rispetto all’immanenza avvolge di un alone uniforme molte “occasioni” femminili della storia poetica e affettiva di Montale. Si potrebbero prendere a modello alcune liriche delle Occasioni scritte fra il 1939 e l’anno successivo: Nuove stanze, Elegia di Pico Farnese e Palio. Ma soprattutto si potrebbe assumere come emblematico il mottetto Ti libero la fronte, in cui prende avvio “un vero e proprio processo di sublimazione letteraria e religiosa” di Irma Brandeis, che proprio qui comincia ad assumere le sembianze di un angelo, di un visiting angel, secondo l’espressione usata dallo stesso Montale nell’Intervista immaginaria .
Ma se anche la figura femminile, anziché bellissima, appare mostruosa e barbuta, comunque non cessa di manifestarsi per mezzo degli stessi segni dell’altra: occhi che mandano lampi, capelli che velano la fronte, gesti, corredo di oggetti simili e l’idea dell’amore associato alla figura in forma di negazione: “Perché attardarsi qui / a questo amore di donne barbute?” (Elegia di Pico Farnese). Nella poesia questo fantasma mostruoso e barbuto non ha lasciato molte tracce, ma nella raccolta Farfalla di Dinard, sorta di galleria di tipi femminili d’eccezione dotati di varie forme di “mostruosità”, ha colmato quasi tutti i racconti della sua presenza.
C’è poi un terzo tipo femminile che interviene fra le due simmetriche, opposte tipologie di donne angeliche e donne mostruose, ed è quello della donna sorella, compagna, complice.
Alla formazione di questo fantasma poetico-affettivo dovette contribuire in modo determinante la figura della sorella del poeta, Marianna, colei che ebbe un’influenza importante nella formazione culturale giovanile di Montale, colei che lo accompagnò e gli fu vicina nelle lunghe giornate di un’adolescenza fragile, scontrosa, poco promettente sotto tutti gli aspetti, compreso quello scolastico (gli studi di ragioneria rappresentarono per lui, come è noto, solo un ripiego, a causa della salute cagionevole).
Della sorella, come della madre, il ritroso poeta non parla mai direttamente e quando lo fa si tratta già di una rievocazione post mortem. Lo stesso farà nei confronti di Mosca, il “caro piccolo insetto / che chiamavano mosca non so perché”, Drusilla Tanzi, che gli sarà pietosa compagna e soccorritrice nei difficili anni fiorentini del Vieusseux e, soprattutto, del dopo Vieusseux.
Sulla figura di Mosca, l’ultima musa di Montale , la destinataria della sua ultima grande opera in versi, che segnò non solo una svolta sorprendente nella scrittura poetica di Montale ma influenzò anche profondamente, nella tematica e nel linguaggio, i poeti italiani coevi e successivi, la critica stranamente non si è mai soffermata a lungo, limitandosi al massimo a brevi riferimenti di poche pagine se non di poche righe. Mosca in effetti fu una donna che in Montale non raggiunse mai i tratti ideali e “angelici” della sua grande ed eterna rivale, Clizia; eppure, fu l’unica che Montale sposò, anche se nell’estremo termine della sua vita.
Proprio su di lei, su questa figura di donna dolce e tenera, ma anche a tratti tragica, di una tragicità che continua anche dopo la morte per il silenzio in cui la storia della letteratura sembra tenda a relegarla, si è scelto di concentrare interamente le pagine che seguono".
...continua