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Si vede il tentativo di un recupero della forma metrica tradizionale, che anticipa i modi di Valduga
e Frasca. Ma il contenuto è estremamente basso e triviale; così c’è una forma metrica
rigorosissima che però trasmette contenuti di tutt’altro livello. C’è una ragazza che si è guadagnata
la fama di ragazza facile per via del suo modo di vestirsi succinto; il tutto viene descritto in
linguaggio assolutamente quotidiano e colloquiale. Giudici è quello che più di ogni altro opera
l’abbassamento linguistico. Però non lo fa semplicemente creando una poesia popolaresca: vuole
invece mantenere una forma metrica tradizionale e rigorosa; in tal modo l’attrito fra forma e
contenuto è più evidente e ha un impatto più forte.
Al tempo stesso ci sono poesie di una banalità assoluta: riprende così la quotidianità, proprio
quella quotidianità banale e noiosa in cui non accade nulla per giorni e giorni. Emblematica di
questo è Una sera come tante. In essa il poeta rappresenta una vita qualunque e squallida ma ci
riflette: si identifica di più con il ceto che rappresenta. C’è anche l’allontanamento dalla fiducia nel
cattolicesimo.
Giudici non ha un atteggiamento moralista che condanna, cosa per cui riscuote successo fra i
lettori; per la stessa ragione Luzi invece tende ad allontanare i lettori per il motivo opposto.
Lezione 7 Milo de Angelis
Millimetri e Somiglianze
Millimetri è la seconda raccolta poetica di de Angelis (1983); dice che “è una raccolta che non si
deve più ripetere”. Ha sempre rifiutato che questa raccolta possa venire affiancata a Somiglianze o
a Biografia sommaria. Questo perché è una raccolta che nasce da una crisi personale molto
profonda; Somiglianze invece è un opera luminosa, è un inno alla gioia (nonostante l’oscurità della
sua forma). La scrive quando de Angelis cade nel vortice della droga, diventa dipendente
dall’eroina: le sue poesie, come dice lui stesso, le scrive sotto l’effetto delle droghe: è una poesia
allucinata.
La prima raccolta si chiama Somiglianze per due motivi, come dice de Angelis: in primo luogo
cerca di trovare dei propri simili in un’epoca che non sente propria; poi nasce dalla volontà di
trovare analogie, somiglianze appunto, fra zone dell’essere che sembrano diverse. In questo
senso de Angelis continua a sfidare la capacità del lettore di interpretare e intuire le immagini
create da lui.
De Angelis è un poeta urbano, metropolitano: l’ambientazione della sua poesia è sempre Milano,
quella del suo presente. È la Milano però più lacerata, quella delle periferie: non quella del centro e
del miracolo economico; quella fatta di case rovinate, di case popolari e vecchie, strade dismesse.
La sua poesia così astratta quindi la àncora a una realtà molto concreta.
Nella sua poesia ci sono delle figure – un uomo e una donna – che non sono facilmente
identificabili; anzi non lo sono praticamente mai. Non hanno nome, non sono il poeta o suoi
conoscenti: sono l’uomo e la donna in generale.
Dà la sua visione da adolescente; adolescente molto maturo ovviamente. Secondo lui
l’adolescenza è l’età delle grandi illusioni ma anche dei grandi conflitti, ed è una cosa che rimane
per sempre dentro di noi. Lo dimostrano bene alcune poesie.
La somiglianza, la prima poesia della raccolta:
Era
nelle borgate, camminando in fretta quell'assolutamente
oltre
che dai libri usciva nella storia
radendo le bancarelle, d'estate.
Domanderemo perdono
per avere tentato, nello stadio,
chiedendogli di lanciare un giavellotto
perché ritornasse l'infanzia.
Non si poteva
ma la somiglianza era in noi
nell'immagine di un altro, ravvicinato,nel sole
volevamo trattenere il nostro senso
verso di lui
In un gesto da rivivere: chi poteva sancire
Che tutto fosse al di qua?
Prese la rincorsa, tese il braccio…
È una poesia che parla dell’adolescenza. Come al solito non c’è un soggetto, c’è una presenza.
Dice che desidera che ritorni l’infanzia, ma non è possibile. Dice che la somiglianza è nell’altro,
cerca quindi il simile.
Un’altra poesia è un inno all’adolescenza; è presente Milano: La frazione. Parla di un
personaggio, non si sa se maschile o femminile. Questa poesia parla della fine delle illusioni
dell’adolescenza, del momento in cui con dolore bisogna abbandonare queste illusioni. Però si
mantiene l’oscillazione fra la gioia e il dolore; “eppure era per la gioia”: il personaggio ha
un’attitudine per la gioia, forse è lo stesso de Angelis. Questo si vede anche in una raccolta del
2005, Il tema dell’addio: in essa è molto chiara l’attitudine del poeta per la vita. È un’opera dedicata
alla moglie morta. Lo fa senza nessun patetismo: ripercorre i luoghi visti con la moglie, con un
senso di fiducia nel futuro. La morte non è l’ultima frontiera, è semplicemente un passo, un punto
d’arrivo da cui poi si riparte. Lo stesso tema si vede nella Frazione, in cui c’è una figura che si
sente impotente davanti alla fine delle illusioni.
[dal minuto 50 ci sono solo video]
Lezione 8 Milo de Angelis
Le poesie di de Angelis di solito cominciano con una sorta di sentenza, da cui poi si sviluppa il
resto della poesia; è come se all’inizio venisse enunciata la verità, e nel seguito questa venga
messa alla prova e dimostrata. Alla fine non ci dà un risultato o una spiegazione, ma una sorta di
referto, di risposta possibile, non certa.
Dimostra bene questo procedimento la poesia Per continuare. È una delle poesie più oscure di
de Angelis. Comincia dicendo “se li ha perduti una volta non avrà un secondo riposo”, e già non si
capisce che abbia perso cosa.
Dopo dice “tutto quello che non ha braccio non è odio”. Usa degli imperativi insindacabili, che
non ammettono discussione: come se la voce poetante fosse depositaria si una verità assoluta.
Questa è effettivamente una delle poesie più oscure di de Angelis: non è il caso di sforzarsi troppo
a trovarne un significato preciso, o farne la “parafrasi”.
Ma de Angelis scrive anche poesie più semplici e chiare, caratterizzate dalla presenza di
dialoghi; per questo sono anche le più note. De Angelis infatti è un poeta che canta alla vita; ne
parla in modo oscuro, perché la vita è anche dolore: ma ha un lato vitalistico molto forte, tanto più
che Somiglianze è dedicato all’adolescenza.
Secondo de Angelis il destino è già scritto. In de Angelis c’è una distinzione fra tragedia e
disperazione: la tragedia è in qualche modo normale, fa parte della vita; ma non si può secondo lui
abbandonarsi alla semplice disperazione. Lo dice parlando per esperienza, perché la sua vicenda
di droga lo ha messo ha dura prova; però ne è uscito, e rifiuta la disperazione.
La poesia Viene la prima; sono versi liberi, come quasi sempre in Somiglianze. Il dialogo in
questa poesia viene riportato in modo frammentato, procede per brevi frammenti. C’è una figura
femminile che si rivolge all’io poetante (non al poeta): lo interroga, lo pungola; ma il poeta non
risponde quasi mai. In questo senso si allontana da Luzi, a cui si ispira: Luzi infatti quando fa
dialoghi l’io poetante è sempre prevalente, e alla fine l’ha vinta: ascolta le obiezioni o provocazioni
dell’interlocutore, ma dopo fornisce la sua sentenza, spesso guidata dalla sua visione cattolica. In
de Angelis l’io quasi si oscura: questo perché non ha una risposta da dare, non ha una fede e delle
certezze su cui fondarsi. Dice “chi soffre non è profondo”: fa riferimento appunto alla distinzione fra
tragedia e disperazione, come a dire che ci si dispera non è realmente profondo. È evidentemente
un paradosso quando si legge, che ci spinge per questo a riflettere.
La lentezza è un’altra poesia incentrata sul dialogo. Ci sono elementi tipici delle poesie di de
Angelis: un personaggio femminile parla e quello maschile risponde a stento. La poesia è
ambientata a Praga (aveva vissuto li qualche tempo), come dimostra il fatto che nomina Iscova, un
quartiere periferico di Praga. La descrizione del quartiere è fatta per pochissimi frammenti;
sappiamo che sta piovendo, che siamo alla fine della città, che c’è troppo vento, che c’è l’asfalto
(quindi non siamo in campagna); in effetti è una descrizione abbastanza generica che potrebbe
fare di qualsiasi città, che fa ad esempio anche di Milano. Sempre comunque un ambiente
fortemente periferico e popolare, come ama fare de Angelis. Dopo questa descrizione, c’è un
ottimo esempio di dialogo frammentato tipico di de Angelis. Dai dialoghi si capisce che l’uomo e la
donna sono alla fine della loro storia, si stanno lasciando. A differenza della maggior parte delle
sue poesie, questa poesia è molto chiara.
Lezione 10 Valerio Magrelli
Magrelli ripristina l’io poetico al centro della poesia; Magrelli parla quasi sempre in prima
persona. Però non c’è un intento necessariamente autoreferenziale: parla cioè della sua visione
delle cose, non tanto dei propri sentimenti; non troviamo quasi mai qualcosa che ci illumini sulla
sua visione dell’amore o della morte. Ci presenta un io lirico che è come moltiplicato, un modo di
vedere che non è mai univoco; anche l’io quindi è molteplice.
Si veda questa poesia:
Dieci poesie scritte in un mese
non è molto anche se questa
sarebbe l'undicesima.
Neanche i temi poi sono diversi
anzi c'è un solo tema
e ha per tema il tema, come adesso.
Questo per dire quanto
resta di qua della pagina
e bussa e non può entrare,
e non deve. La scrittura
non è specchio, piuttosto
il vetro zigrinato delle docce,
dove il corpo si sgretola
e solo la sua ombra traspare
incerta ma reale.
E non si riconosce chi si lava
ma soltanto il suo gesto.
Perciò che importa
vedere dietro la filigrana,
se io sono il falsario
e solo la filigrana è il mio lavoro.
È molto chiaramente una meta poesia (“ c'è un solo tema e ha per tema il tema”). C’è l’idea del lavoro,
frequente nelle sue poesie. Ma soprattutto, ciò che c’è di profondo nel poeta non deve essere reso in poesia:
“la scrittura non è specchio”, non de