Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ALDACCI
medicamenta. Scrive B : “La Valduga […] ha fatto sua la crisi di linguaggio della poesia
ALDACCI
moderna. Non è un poeta in crisi, ma un poeta che parla con la crisi, servendosene. E nessuno ha
colto, come lei, la situazione di impossibilità che ha lasciato dietro di lei il discorso di Montale: non
24 Cfr. l’intervista a Valduga su http://www.dialogolibri.it/cont/interviste/valduga.html.
43
perché fosse impossibile dire meglio, dire di più, ma perché è ormai impossibile dire qualcosa con
quelle parole. In questa camera carceraria […] sono ammessi ancora dei giochi; ma il più
importante non è quello erotico: è quello di chi si diverte a ritagliare il linguaggio degli altri, a
lavorare di forbicine e colla. […] Non so trovare o
vedere, oggi, un linguaggio poetico che sia più
linguaggio di questo”. B intravede in questo uso
ALDACCI
del linguaggio la metafora di uno strazio: “Questa
capacità di canto e di strazio è solo delle donne, o
meglio della poesia femminile (che è una categoria
aperta a tutti), e Patrizia Valduga possiede al massimo
grado questa capacità; nel senso che […] strazia il
proprio canto, lacera il patrimonio di parole che le è venuto in eredità dalla tradizione; ecco che
questa poesia è per me qualcosa che, nell’accezione che abbiamo detto, sopravanza ogni
25
contemporaneo" .
I caratteri di questo linguaggio, così ben delineati dalla nota di B , appaiono una costante
ALDACCI
in tutta l’opera (il cui corpus ormai comincia a diventare notevole, se si tiene conto anche delle
traduzioni) della Valduga. In questa tesina si preferisce però soffermarsi sull’ultima sua
pubblicazione (che si considera evidentemente rappresentativa del punto culminante dello stile
raggiunto dalla Valduga), ossia Cento quartine e altre storie d’amore, (e sulle Quartine in
particolare).
Il titolo del nuovo libro di versi di Patrizia Valduga comunica semplicemente una informazione
numerica del proprio contenuto? Un numero, come si dice, “tondo” (cento) di poesie di quattro
versi, con rima ABAB, poesie legate in serie insieme dialogica e narrativa (è il blocco preminente,
più nuovo e importante del volume). Patrizia Valduga dice di essere suggestionata dalla
matematica: forse scende di qui la sua predilezione per i metri chiusi tradizionali: terza rima,
ottava, sonetto, "matematico" per eccellenza. La quartina non è che il raddoppiamento di una
coppia, a sua volta simbolo del duo erotico. I giochi con i numeri profittano alla poesia. Anche il
numero due, nella sua perfezione e simmetria, non sfugge al sospetto di trascinare con sé un
25 P. Valduga, Medicamenta e altri medicamenta, a cura di L. B , Einaudi, Torino 1989, p. VI.
ALDACCI
44
residuo, qualche resto d’imperfezione, di disparità. Applicare questo criterio alla lettura delle Cento
quartine – discorso di una interminabile “seduta d’amore” – aiuta a intendere che cosa di
felicemente dispari s’insinui nelle poesia.
Un uomo e una donna fanno l’amore, e parlano nella serie delle quartine. Il discorso poetico è
tenuto dalla donna, ma l’uomo vi entra, lo rompe di continuo, con l’ausilio tipografico delle
virgolette. Come bene dice Giuliano G in una sua recensione per il “Corriere della Sera”,
RAMIGNA
“prima ancora dei corpi, sono le frasi ad attorcigliarsi l’una con l’altra: gli atti carnali equivalgono
agli atti di parola; e viceversa. Il linguaggio del sesso è ciò che si dice un idioletto, ossia lingua
26
privata della coppia, che essa sola parla e intende” . È un linguaggio osceno, corporale – che non
comunica il godimento ma lo produce, fa il godimento della coppia. È esso stesso, per usare una
bella immagine della Valduga, “il desiderio che non trova pace / e va peregrinando sul tuo corpo”
(6, 3-4). Si può sostenere che sia una lingua performativa, nel senso che l’espressione è l’azione
vera e propria.
Nelle quartine Patrizia Valduga ha assunto questa lingua con disinvoltura e sicurezza: con
dominio, viene da dire. Si fa sentire qui il terzo elemento, che rende dispari anche il due della
coppia erotica: il comico. Il sesso era già una sorta di grottesca pantomima in Medicamenta; ma in
Medicamenta lessico e ritmo erano sprezzantemente, oltraggiosamente drammatici. Le Cento
quartine hanno, come dire, metabolizzato l’eccesso, barocco e provocatorio, che resta alla base di
questa poesia, nel fluire del dialogo a incastri dei due partner: "E se ti dessi un po’ da fare, eh? /
Ma devo proprio dirti tutto quanto? / L’orgasmo, credi che venga da sé? / Che te lo mandi lo Spirito
Santo?" (8). Anche “questa empietà canagliesca e beffarda è Eros; un parlato ‘coitale’ mi pare sia
27
l’invenzione del libro” . Che poi ha anche placche liriche, prestiti espliciti da altri poeti, manierismi
che non ne disturbano tuttavia l’omogeneità.
Questa ultima opera, pur proseguendo nei suoi temi già affrontati, mostra una maturità di stile
mai prima eguagliata dove quel “lavorare di forbicine e di colla” “servendosi di materiale da riporto”
sembra raggiungere un equilibrio invidiabile fra linguaggio letterario e linguaggio parlato,
provocando un effetto, anche estetico, di grande interesse. Gli elementi fonoprosodici abbondano
26 G. G , E il verso si insinuò tra i numeri, recensione apparsa sul Corriere della Sera il 6 ottobre
RAMIGNA
1997.
27 Ibid. 45
e creano rimandi continui di senso. L’uso di espressioni del parlato con rimandi a elementi più
letterari, crea significati a volte ironici, a volte amari, spesso in contrasto, in antinomia, così che
sarebbe di grande interesse soltanto questo elemento, non solo per la sua potenzialità nel
vivacizzare lo stile e lo stesso linguaggio, ma anche come creazione aggiuntiva di senso, come
surplus di senso che nel semplice aspetto numerico del testo non sono detti. Siamo qui di fronte
non solo a una poetessa interessante per i contenuti, ma anche a una vera e propria artigiana del
testo, nel senso ovviamente più alto. II.
Se passiamo all’esame dei contenuti, possiamo notare che l’autrice sembra sostenere la tesi di
una distanza insanabile fra maschio e femmina. Nell’orizzonte temporale di una sola notte, i
personaggi si chiudono in una diade narcisistica che si esibisce senza ritegno (specie quello
maschile) e che si gioca su due registri: un registro femminile teso a costruire una stabilità, una
vicenda processuale nel tempo, un linguaggio nel quale tutto l’essere comunichi, mente e corpo;
accorto, riflessivo, attento ai simbolismi, alle sensazioni interiori, a mai perdere di vista un dialogo
mente-corpo, pur esprimendosi certo senza pudore e senza veli:
3.
Ho paura di te: sei così bello!
Non affogarmi in notti tanto nere
se prima non mi apri nel cervello
la porta che resiste del piacere.
8.
Ora lo sai: ho bisogno di parole.
Devi imparare a amarmi a modo mio.
È la mente malata che lo vuole:
parla, ti prego! parla, Cristoddio!
35.
Terra alla terra, vieni su di me:
46
voglio il tuo vomere nella mia terra,
fiorire ancora traboccando e
offrire il fiore a te, mio cielo in terra.
88.
Calati giù, o notte dell’amore,
fammi dimenticare la mia vita,
accoglimi nel seno del tuo cuore,
liberami dal mondo e dalla vita!
È un registro maschile che si focalizza esclusivamente su un piacere più ginnico che amoroso,
dove il protagonista sembra soltanto preoccuparsi per la propria immagine di “maschio”, e usa un
linguaggio denso di schemi e meccanicismi, dove la fantasia è talmente bloccata e difesa da
richiedere, per eccitarsi, la reiterazione dell’oscenità; ed è assente, pragmatico, banale, chiuso in
una visione scissa della sessualità, allusivo alla bestialità e alla somaticità:
2.
"Tu mandali a dormire i tuoi pensieri,
devi ascoltare i sensi solamente;
sarà un combattimento di guerrieri:
combatterà il tuo corpo e non la mente."
44.
"Non muoverti. Sta’ ferma. Ho detto; ferma!
Che senta la tua fica fino in fondo
bocciolo mio, ti innaffierò di sperma
finché avrà fine il tempo e fine il mondo."
47.
"Allora ce l’hai fatta? sei venuta?
e come sei venuta? Dimmi". Prego?
"Se ti è piaciuto molto sei perduta."
47
Non lo posso negare e non lo nego.
71.
Perché anche il piacere è come un peso
e la mente che è qui mi va anche via?
Su, spiegamelo tu. "Per chi mi hai preso?
Per un docente di filosofia?"
73.
"Mucchi di mondi, grappoli di stelle…
sfoggio di universo mica per noi…
Stiamo vicini… pelle contro pelle…
e poi, mia vita, salvati se puoi!"
Gli amanti, incontrandosi nell’atto sessuale, non riescono a comunicare su quest’atto o anche
solo a parlare, a comunicare tout court, riducendo inesorabilmente il simbolismo della sessualità a
un rituale quasi di sopravvivenza, schematico, corredato dalle “abilità” necessarie al caso per
essere efficienti amatori. 45.
Da nervi vene valvole ventricoli
da tendini da nervi e cartilagini
papille nervi costole clavicole…
In spasmi da ogni poro mi esce l’anima.
49.
Dal mio martirio viene questa pace,
questa pienezza dalla tua rapina…
A tutto ciò che non ha nome e tace
sento l’anima mia farsi vicina.
48
E l’incontro avviene e può soltanto avvenire nel luogo dell’osceno, del triviale. La sola
comunicazione possibile, il solo registro, è questo. Ma quando la protagonista tenta un dire che
vada nella direzione di una profondità di sentimenti, allora il colloquio si interrompe con una frase
banale o una freddura da parte del “lui”, con evidente intento autodifensivo (immagine, dunque, di
un maschio eterno adolescente). Il senso dell’incomunicabile traspare da ogni poro in questo canto
all’apparenza solo sanguigno, ma in realtà anche disperato (“lacerato”, direbbe Baldacci).
Il tempo dell’amore è un tempo vissuto di fretta, il breve tempo dell’amplesso; fuor da esso il
tempo non ha senso se non come scansione di futuri e passati incontri amorosi. Sarebbe come
dire che l’amplesso, strumento dell’intesa amorosa, diventa il senso di tutto, il solo riferimento, il
solo aspetto comprensibile nella relazione.
100.
“Vuoi che tutto finisca e