Concetti Chiave
- Dopo le scoperte geografiche, gli Europei hanno colonizzato nuove terre, sfruttando le popolazioni locali, mentre le grandi migrazioni interne sono avvenute nel XIX e XX secolo a causa di crescita demografica e industrializzazione.
- Nel dopoguerra, l'Europa è diventata una meta di immigrazione, inizialmente soddisfacendo la domanda di lavoro, ma successivamente le crisi economiche hanno portato a restrizioni e spostamenti verso l'Europa meridionale.
- Negli anni '80 e '90, l'immigrazione è stata spinta da forze espulsive nei paesi di origine, con un aumento di richiedenti asilo e rifugiati, mentre le politiche migratorie europee sono diventate più restrittive.
- L'immigrazione ha sostenuto lo sviluppo economico postbellico e contribuito al saldo demografico positivo dell'UE, nonostante le difficoltà legate alla disoccupazione e all'integrazione sociale.
- In Italia, dopo essere stata un paese di emigrazione, è diventata una meta di immigrazione negli anni '70, attratta dalla posizione geografica e dall'economia informale, con flussi principalmente irregolari.
Indice
Migrazioni europee e visione eurocentrica
* Dopo le scoperte geografiche e le successive conquiste coloniali, molti Europei si sono spostati verso le nuove terre, all’insegna di una visione eurocentrica che li induceva a considerare le popolazioni locali come esseri di specie inferiore, da sfruttare brutalmente.
* Nel corso dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, le migrazioni si sono fatte sempre più consistenti, a causa della crescita demografica in Europa, della sovrabbondanza di mano d’opera agricola e delle tensioni sociali causate dall’industrializzazione in atto in molti paesi europei.
Flussi migratori nel dopoguerra
* Nel secondo dopoguerra, però, i flussi sono andati in direzione opposta, tramutando l’Europa in un’area di ingresso.
In particolare, possiamo individuare tre fasi:
1.
Immediato dopoguerra – prima metà degli anni ‘70
L’immigrazione risponde a una reale domanda di lavoro da parte dei paesi dell’Europa centrosettentrionale (Francia, Gran Bretagna, Belgio)
2. Seconda metà degli anni ‘70 –fine anni ‘80
La recessione economica conseguente alla crisi petrolifera riduce la domanda di manodopera e determina l’adozione di misure restrittive da parte dei paesi dell’Europa centrosettentrionale.
L’emigrazione di conseguenza si sposta verso i paesi europei meridionali (Italia, Spagna, Grecia) dove si dirigono flussi provenienti soprattutto da Nord Africa e Mediterraneo orientale L’Europa cerca di incrementare i rapporti di scambio economico e gli aiuti allo sviluppo:
Accordi di Lomè (1975 e rinnovati fino al 2000) che prevedono la cooperazione tra Europa, Africa, Caraibi, Pacifico; accordi coi paesi del Mediterraneo e dell’Europa centro-orientale.
3. Fine anni ‘80 – anni ‘90
L’immigrazione dipende sempre meno dalla domanda di lavoro nei paesi di ingresso e sempre più da forze espulsive presenti nei paesi di esodo.
Diventano sempre più numerosi i richiedenti asilo politico e i rifugiati che fuggono da guerre e carestie,
Dal “liberismo migratorio” i governi passano a politiche sempre più restrittive, si preferisce ancorare le popolazioni là dove sono nate e vivono per trasferirvi alcune attività produttive ad alta intensità di lavoro e a bassa intensità di capitale.
Le aree di inserimento si restringono, è rimasta aperta, fino a poco tempo fa, l’Europa mediterranea, per la sua incapacità di far rispettare norme restrittive.
Immigrazione in buona misura irregolare con scarse possibilità di promozione sociale che dà luogo a problemi, come la disoccupazione, l’emarginazione, la xenofobia.
Immigrazione e sviluppo economico europeo
* L’immigrazione ha giocato un ruolo di rilievo nello sviluppo economico europeo del dopoguerra.
* L’elevata, persistente e diffusa disoccupazione aggrava il disagio sociale e frappone crescenti difficoltà all’assorbimento dei flussi migratori.
* A livello europeo ai gruppi di vecchia immigrazione (Turchi, Marocchini, Tunisini) si sono aggiunti, in misura crescente, gruppi di nuova immigrazione, soprattutto dai paesi dell’Europa dell’Est.
* L’immigrazione contribuisce in modo determinante a mantenere in attivo il saldo demografico della UE in cui ci sono paesi, come Italia e Germania, che hanno un saldo negativo.
Quattro fasi:
* 1861 – 1900: emigrazione dalle regioni settentrionali verso il Nord America e il Sud America;
* 1900 – 1950: emigrazione dalle regioni meridionali, soprattutto dalla Sicilia, verso gli U.S.A. (rimesse: emigrati che mandano soldi alla famiglia rimasta a casa), che continua fino alla chiusura delle frontiere americane negli anni ‘20. Emigrazione verso le colonie italiane nel periodo fascista;
* Primo dopoguerra: emigrazione interna e verso i paesi dell’Europa centrosettentrionale
* Dagli anni ‘70 in poi: l’Italia diventa meta di immigrazione: gli immigrati arrivano in Italia in un periodo di recessione e di disoccupazione; l’Italia è una seconda scelta dopo le politiche restrittive di Francia e Germania. L’Italia è appetibile per la sua posizione geografica e la sua economia informale (lavoro nero). È un’immigrazione in prevalenza irregolare (pertanto difficilmente quantificabile)
* Chi va all’estero: con prospettiva di ritorno, quindi lascia a casa la famiglia e manda le rimesse;
* Chi va da nord a sud: anche se lascia a casa la famiglia, ha una prospettiva di un trasferimento definitivo.
Domande da interrogazione
- Quali sono le cause principali delle migrazioni europee nel periodo post-bellico?
- Come ha influenzato l'immigrazione lo sviluppo economico europeo del dopoguerra?
- Quali sono le fasi principali dei flussi migratori europei nel dopoguerra?
- Quali sono stati gli effetti delle politiche migratorie restrittive in Europa?
- Come si è evoluta l'emigrazione italiana nel corso del tempo?
Le migrazioni europee nel dopoguerra sono state inizialmente guidate dalla domanda di lavoro nei paesi dell'Europa centrosettentrionale, seguite da una recessione economica che ha spostato i flussi verso i paesi meridionali, e infine da forze espulsive nei paesi di esodo, con un aumento di richiedenti asilo e rifugiati.
L'immigrazione ha avuto un ruolo significativo nello sviluppo economico europeo, contribuendo a mantenere un saldo demografico attivo e affrontando la disoccupazione persistente, sebbene abbia anche creato sfide di integrazione e tensioni sociali.
Le fasi principali sono: l'immigrazione per lavoro nel dopoguerra fino agli anni '70, la riduzione della domanda di manodopera e l'adozione di misure restrittive negli anni '70 e '80, e l'aumento di richiedenti asilo e rifugiati negli anni '80 e '90.
Le politiche migratorie restrittive hanno portato a un aumento dell'immigrazione irregolare, con problemi di disoccupazione, emarginazione e xenofobia, e hanno spinto i governi a preferire lo sviluppo economico nei paesi di origine.
L'emigrazione italiana è passata da flussi verso il Nord e Sud America nel XIX e XX secolo, a migrazioni interne e verso l'Europa centrosettentrionale nel primo dopoguerra, fino a diventare un paese di immigrazione dagli anni '70, con flussi irregolari attratti dalla posizione geografica e dall'economia informale.