Concetti Chiave
- Il dopoguerra in Europa vide una crisi economica e sociale, con forti squilibri economici causati dalla prima guerra mondiale e un'inflazione galoppante, soprattutto in Germania.
- Il fascismo in Italia nacque come risposta alla crisi economica e sociale, opponendosi alla democrazia liberale e puntando su uno stato forte e autoritario.
- I "fasci di combattimento" furono fondati nel 1919 a Milano, segnando l'inizio del movimento fascista che prometteva riforme sociali e politiche radicali.
- Il trattato di pace di Versailles lasciò l'Italia insoddisfatta, alimentando sentimenti nazionalisti e un'ostilità verso gli alleati e il governo italiano percepito come debole.
- La marcia su Roma del 1922 portò Mussolini al potere, segnando l'inizio di un regime autoritario che abolì i partiti politici e sopprimette le libertà civili.
L’economia europea del dopoguerra, mondo sull’orlo della crisi economica:
Nel dopoguerra troviamo un Europa ormai uscita devastata dalla I guerra mondiale. I mercati orientali e sudamericani erano passati sotto il controllo degli Stati Uniti e del Giappone che si stavano imponendo come potenze a livello mondiale. Gli stati dell’India,Egitto,Cina rafforzavano il proprio movimento nazionalista per l’indipendenza proponendosi sotto la guida della terza internazionale. I paesi Europei usciti sconfitti dalla I guerra mondiale , stremati dalle misure drastiche prese nella conferenza per la pace del gennaio 1919, abbandonarono il sistema liberale del libero scambio rinchiudendosi nell’ambito dell’economia nazionale al riparo della barriere doganali. La creazione degli “stati cuscinetto” di Cecoslovacchia, Austria,Iugoslavia,Polonia secondo l’economista inglese Keyens erano stati un ottima punizione per la Germania e isolamento per la Russia. La conversione dell’economia provocò grandi squilibri nei processi di produzione e nelle forme organizzative della società. I problemi finanziari colpirono gran parte dell’Europa, al fine di sopperire al bisogno di denaro i governi stamparono più moneta non tenendo conto delle riserve aurifere del paese conseguendo così nell’inflazione. L’inflazione colpì soprattutto la Germania tanto che ,assicura uno storico tedesco, la moneta era scesa ad un trilionesimo del valore che aveva prima della guerra e che per comprare un pezzo di burro ci voleva una borsa piena di marchi tedeschi!. Per contrastare l’inflazione i governi reagirono drasticamente: aumentarono le tasse,ridussero il credito e tagliarono le spese pubbliche. L’inflazione fu contenuta ma ciò provocò crisi sociali: la disoccupazione aumentò alle stelle, la classe sociale a reddito fisso si riduceva ai limiti della sussistenza e si inasprirono le lotte tra classi.
Età di trasformazioni,inquietudini e speranze:
Negli anni del dopoguerra tra il 1918-1919 in Europa si diffusero gravi epidemie di influenza e carestie che aggravarono ulteriormente gli equilibri di una popolazione già profondamente segnata dalla guerra. Il dopoguerra furono anni in cui la vita delle persone cambiò nettamente: la guerra aveva strappato alle famiglie uomini e ragazzi, lavoratori e per questo motivo il loro posto nelle fabbriche venne preso dalle donne. Cambiarono man mano le abitudini, le coscienze delle persone, le responsabilità e la conoscenza dei propri diritti. Nel dopoguerra sorsero in tutti i paesi associazioni degli ex combattenti e si moltiplicarono le iscrizioni ai sindacati. Anche la politica venne vista sotto un'altra prospettiva: l’attività politica trovava la sua manifestazione nella grandi feste,nei cortei nelle adunate di massa e nei cortei. Si diffondeva un sentimento di ostilità verso i vecchi partiti ritenuti responsabili dell’entrata in guerra e del massacro. Cosicché si esasperarono le prediche degli irrazionalisti e dei decadenti unendo il culto della violenza e del sangue con la condanna alla democrazia ritenendola come una manifestazione ormai giunta alla fine del suo ciclo storico. Ciò portò all’avvento delle ideologie del Fascismo e del Nazismo
Dopoguerra in Europa: il biennio rosso:1919-20
Dopo la fine della guerra affinché si potesse veramente raggiungere un equilibrio in Europa e quindi la pace si deve aspettare fino al 1924. Prima di ciò infatti si diffonde in tutta Europa quello che venne definito il Biennio rosso tra il 1919 e il 1920. Un ondata di lotte e rivendicazioni sindacali degli operai che non rivendicavano soltanto aumenti salariali ma miravano, prendendo spunto dal modello comunista sovietico, al controllo e alla gestione delle fabbriche per poi controllare lo Stato. In Inghilterra e Francia ciò fu ostacolato dal governo, in Italia il biennio rosso di dipinse di nero, in Austria le sinistre insorsero ma vennero battute mentre in Ungheria ci fu una rivoluzione popolare guidata da Bèla Kun instaurando una repubblica che statalizzò l’industria e espropriò la grande proprietà terriera. Successivamente i nazionalisti aiutati anche da Inghilterra e Francia riconquistarono il potere e dopo un referendum si proclamò di nuovo la Monarchia di Miklos Horthy.
L’Italia 1919
In un Europa ormai decadente a causa delle condizioni della popolazioni nel dopoguerra, dalla crisi economica, i movimenti che divennero fascista e nazista nacquero come risposta alle frustrazioni nazionali e al malessere dei ceti provati dalla miseria e dalla povertà. Opponendosi al parlamentarismo, alla democrazia liberale e all’internazionalismo proletario essi auspicavano ad uno stato Forte, espressione della grandezza della nazione, capace di condurre una politica di potenza e di espansione e capace di vincere i contrasti di classe.
Nascono i fasci di combattimento, un confuso movimento di reazione alla crisi:
il 23 Marzo 1919 si costituirono a Milano i “fasci di combattimento”, un gruppo che poneva le basi al futuro partito nazionale fascista del 1921. La riunione del 1919 si tenne a piazza San Sepolcro a Milano e vi parteciparono un centinaio di fascisti di ogni specie: gli anarco-sindacalisti, i futuristi, i massoni e qualche rappresentante delle forze dell’ordine. I fascisti si proclamarono contro la borghesia insieme ai socialisti. Nel manifesto fascista si nota infatti che esso mira alla rivendicazione politica e sociale quali: il suffragio universale, il voto alle donne, riduzione della giornata lavorativa,partecipazione dei lavoratori alla gestione delle industrie. Il popolo d’italia, giornale fascista diretto da Benito Mussolini, nel Marzo 1919 esaltava l’imperialismo come “fondamento della vita di ogni popolo”. Da queste prime premesse sembra che i caratteri del fascismo siano principalmente simili a quelli del socialismo con tendenze di sinistra. Tuttavia si capirà in seguito che i veri caratteri del fascismo furono l’antisocialismo e l’antidemocrazia. A capo di questo movimento vi era Benito Mussolini, socialista espulso dal partito per la sua inaspettata conversione all’interventismo e alla guerra.
Il trattato di pace:
Ricorderemo che la fine della guerra portò le nazioni vincitrici a sedersi al tavolo dei vincitori e a stabilire le trattative di pace. Con la pace di Versailles l’Italia si assicurò Trento, Trieste, L’istria e parte della Dalmazia settentrionale nonostante essa rivendicava anche il resto della Dalmazia ,l’Albania e la citta di Fiume. Purtroppo le trattative di pace furono condotte dal presidente degli USA Wilson il quale non mostrava tanta simpatia per il nazionalismo italiano. Egli infatti accolse le richieste dei rappresentanti iugoslavi concedendo loro parte dell’Istria. La città di Fiume venne dichiarata città libera. La delegazione italiana rappresentata da Vittorio Emanuele Orlando e da Sonnino abbandonarono per protesta il tavolo delle trattative e quando vi ritornarono le colonie tedesche erano già state divise tra Inghilterra e Francia. Il trattato di Saint-Germain dava all’Italia una quota delle riparazioni imposte alla Germania e l’attribuzione anche dell’Adige. Rimanevano però irrisolte le questioni della Dalmazia, dell’Albania e della citta di fiume. Solo 2 giorni dopo la firma del trattato il 12 settembre 1919 dei gruppi di militari italiani ribellandosi iniziarono la marcia su Fiume e guidati da D’Annunzio si impadronirono della città. Ciò provocò un crescente sentimento di ostilità verso gli alleati che erano venuti meno alle promesse e un consecutivo atteggiamento di sfiducia nei confronti del governo che si rivelava incapace di difendere la causa italiana.
Il ministro Nitti, elezioni del novembre 1919, successo partiti di massa e crisi stato liberale .
Il presidente Vittorio Emanuele Orlando fu costretto alle dimissioni dal momento che fu accusato di non esser stato in grado di “vincere” la pace. Fu succeduto dal ministro economista Francesco Saverio Nitti , sensibile alle esigenze della democrazia che chiese l’appoggio dei socialisti e dei popolari per uscire dall’’emergenza del dopoguerra con in mano un sontuoso programma di avanzate riforme. Egli fronteggiò l’impresa militare dei propri soldati italiani capeggiati da D’Annunzio nella città di Fiume ma controllandone la situazione. Nel 1919 si ebbe una nuova legge elettorale: alla votazione uninominale si sostituì quella proporzionale. Quindi le persone non potevano votare più il singolo, spesso espressione di interessi locali e di ristretti gruppi di potere, ma doveva votare un partito che più rappresentava la propria ideologia. Si vennero quindi a formare 54 circoscrizioni nelle quali c’era un determinato numero di deputati. Si votò il 16 Novembre e le elezioni sovvertirono la maggioranza governativa dei liberali a favore dei socialisti che ottennero 156 deputati. I fascisti uscirono sconfitti dalle elezioni. Apparve subito la difficoltà a formare una maggioranza utile per governare: i socialisti guidati da Turati si ispiravano alle tesi della terza internazionale fondata da Lenin e auspicavano ad un potere in mano ai proletari e a un rovesciamento dei parlamenti ritenuti “strumento della dominazione capitalistica”. Fu lo stesso Turati che rifiutò la proposta di collaborazione di Nitti. Il rifiuto di Turati fu seguito da tumulti, scioperi e scontri, Nitti portò avanti faticosamente le sue proposte di riforma sociale in parlamento. La situazione fu molto confusa tanto che il 9 giugno 1920 Nitti annunciò le sue dimissioni.
Ultimo ministero di Giolitti: occupazione delle fabbriche, il trattato di Rapallo, blocca nazionale dei fascisti, congresso di Livorno e scissione dei socialisti:
Giovanni Giolitti ormai 78enne assunse il suo quinto ed ultimo ministero e riuscì a sanare quella frattura tra socialisti e popolari con una serie di riforme: egli impose una tassa straordinaria sui patrimoni, aumentò le tasse sulla successione e impose allo stato il diritto sui beni di guerra diminuendo anche l’evasione fiscale con la nominativa dei titoli azionari. Con ciò egli riuscì ad ottenere l’appoggio dei socialisti ma Giolitti conquistò anche il favore dei Cattolici con la legge che prevedeva la parificazione delle scuole private (cioè confessionali).
Intanto nelle campagne i contadini , di ispirazione bolscevica, pretendevano la nazionalizzazione delle terre invocando una repubblica come quella dei Soviet. I conflitti più dannosi si ebbero nell’autunno 1920 con gli scioperi e le occupazioni delle fabbriche. Infatti i sindacati metallurgici chiesero che le proprie organizzazioni associative “i consigli di fabbrica” partecipassero alla gestione e alla direzione delle aziende, realizzando così la tanto auspicata democrazia operaia. I sindacati proclamarono così l’occupazione di 300 officine, protesta che si estese dalla Lombardia al triangolo industriale e protesta che nel settembre dello stesso anno portò a partecipare alla lotta oltre 500mila operai. La situazione appariva preoccupante tanto che si temeva che il movimento insurrezionale potesse portare ad una rivoluzione come quella Bolscevica. Ciò nonostante Giolitti riuscì con estrema calma e pacatezza a risolvere la situazione, evitando di strappare gli operai dalle fabbriche con la forza ma cercando dei compromessi molto vincenti. Infatti pur concedendo loro qualcosa a livello salariale riuscì a non accettare la loro richiesta riguardante i consigli di fabbrica tanto che ci sembrò dare al loro movimento un eccessiva sconfitta. Ciò provocò un cedimento nelle strutture interne del partito socialista il quale fu accusato di opportunismo e di cedimento. Per questo motivo nel gennaio 1921 Gramisci e Brodiga abbandonarono il partito Socialistia Italiano (PSI) fondando il partito Comunista Italiano e furono seguiti nel 1922 da Turati e Matteotti che fondarono il partito socialista unitario (PSU). Per questo motivo il partito socialista risultando diviso in tre tronconi mostrò una situazione di debolezza e ciò favorì l’aggressione fascista contro lo stato. Nell’autunno 1920 Giolitti ottenne un'altra forte vittoria questa volta in campo estero: egli col trattato di Rapallo con la Iugoslavia liquidò la questione fiumana. L’Italia ottenne il possesso di Trieste della Gorizia , di quasi tutta l’Istria e della Città di Zara con alcune isole dell’adriatico mentre Fiume divenne città italiana con l’accordo del 1924. La situazione del 1920-21 continuò a peggiorare, al movimento dei rossi si aggiunse quello dei neri dei fascisti che si organizzarono in squadre di combattimento creando un clima nel paese di guerra civile . I fascisti erano appoggiati dagli agrari e dagli industriali che vedevano nel fascismo una soluzione migliore della politica di Giolitti per contrastare i socialisti. Giolitti non contrastò i fascisti credendo che fosse un movimento “di superficie” destinato a scomparire. Alle elezioni del 1921 riuscirono ad entrare in Parlamento 35 deputati Fascisti. La strategia Giolittiana risultò sconfitta e nel luglio 1921 l’anziano statista dovette rassegnare le dimissioni.
Lo squadrismo fascista:
Gli accordi tra i fascisti e gli agrari della Val Padana che non tolleravano il controllo esercitato dalle leghe rosse sui contadini diedero la prima forma organizzativa allo squadrismo. Si moltiplicarono le spedizioni punitive in tutti i centri della regione tanto che gli industriali e gli agrari approfittarono di esse per sbarazzarsi delle Leghe e dell’organizzazione contadina ed operaia in quanto tale. Una statistica rivela che nel primo semestre del 1921 ci furono oltre 726 incursioni per mano delle squadre fasciste nelle loro spedizioni punitive. Il governo reagiva a ciò fiaccamente e spesso la polizia appoggiava anche tali spedizioni. “il successo delle spedizioni punitive è stato possibile a causa dell’omertà e alla complicità dell’esercito e dell’esecutivo” affermava lo storico Giuliana Procacci. Senza il loro appoggio il fascismo non sarebbe mai giunto al potere. Per assicurarsi il sostegno degli imprenditori Mussolini dovette inserire nel programma del suo partito fondato a Roma nel 1921 dei temi della conservazione e dell’antisocialismo oltre a quelli patriottici e nazionalistici. Il partito riaffermò il compito di riportare l’Italia nel mondo alla conquista e all’espansione e il compito di restaurare l’autorità dello stato superando i conflitti di classe. Egli chiese lo smantellamento della politica fiscale avanzata da Giolitti e affermò che la Monarchia rappresentava la continuità della nazione.
La Marcia su Roma:
Al debole governo Bonomi, succeduto a quello di Giolitti, successe un altrettanto debole governo di Facta. Intanto si moltiplicavano in tutto il paese lo squadrismo e le spedizioni punitive tanto che divennero addirittura legali passando sotto il nome di Milizia Nazionale. L’avanzata fascista aveva fatto prendere coscienza di se e della propria potenza i vecchi strati sociali che con il socialismo erano stati schiacciati dalla forza proletaria: il ceto imprenditoriale e gli agrari che ora si sentivano di nuovo padroni delle fabbriche e delle campagne. Alle manifestazioni violente dei fascisti le sinistre reagirono con uno sciopero generale nazionale il 31 Luglio 1922, scioperò pacifico che fu placato con la violenza da parte della Milizia Nazionale fascista. Venne assalita la sede centrale dell’Avanti(rivista socialista) e il municipio di Milano cacciandone l’amministrazione comunale “rossa”. Di fronte a tanto scompiglio il governo di Facta rimase inerte e data la debolezza dello stato i fascisti tentarono un ultimo colpo: la marcia su Roma (28 ottobre) scaturita da un accordo tra Mussolini e Balbo,Del Vecchi, De Bono e Bianchi. L’esito della marcia su Roma dipendeva solo ed esclusivamente dal Re Vittorio Emanuele III il quale offrì a Mussolini l’incarico di formare il governo.
Il primo governo Mussolini:
Il primo governo di Mussolini, destinato a governare fino al 1943 e a condurre il paese alla rovina, provvide sin dall’inizio ad attuare parte del programma che si era proposto in precedenza. Il primo atto fu l’abolizione dei provvedimenti fiscali promossi in precedenza da Giolitti: abolì la legge sulla nominativa dei titoli azionari e dimezzo la tassa sull’imposta di successione. Con queste prime misure Mussolini qualificò sin da subito la sua politica: il difensore dei ceti abbienti e del grande capitale. Nei primissimi anni del suo governo Mussolini volle assicurarsi l’appoggio dei cattolici, cosa che riuscì con una serie di decreti che portarono una riforma nella scuola che fu definita “la più fascista tra tutte le riforme”. I punti essenziali furono l’insegnamento religioso nella scuola elementare e il riconoscimento ufficiale delle scuole cattoliche definite parificate.
Le elezioni del 1924, il delitto Matteotti:
Nel 1924 furono indette delle nuove elezioni, le ultime legittime, anche se condizionate e viziate dallo squadrismo fascista. Dalle elezioni uscì fuori una nuova legge elettorale, Legge Acerbo, secondo cui il partito che aveva ottenuto il maggior numero di voti otteneva la maggioranza dei 2/3 dei deputati in Parlamento. Con ciò dopo le elezioni i fascisti ottennero una sontuosa maggioranza in parlamento ma ciò nonostante gli oppositori socialisti e cattolici ottennero nonostante le violenze e gli imbrogli fascisti larga parte dei voti segno che la popolazione non era tutta convertita a quelle nuove idee fasciste e si opponevano ad esse con forte resistenza. Gi imbrogli e le violenze furono denunciati dal leader socialista Giacomo Matteotti il quale non voleva che si convalidassero le elezioni. Egli fu rapito il 10 giugno a Roma dai fascisti ucciso e sfigurato e il corpo fu ritrovato il 16 agosto. Ciò provocò un vacillamento al governo fascista, il paese fu scosso da quell’assassinio e i deputati dell’opposizione lasciarono l’aula di Montecitorio per dirigersi sull’Aventino (la secessione dell’Aventino) sperando che ciò potesse scuotere il paese e il re potesse porre fine all’avventura fascista.
Il discorso del 3 gennaio 1925:l’organizzazione dello stato fascista.
La secessione dell’Aventino in fin dei conti non turbò il sovrano che rimaneva chiuso nel silenzio come se appoggiasse l’avventura fascista. Fu così che Mussolini decise di prendere egli stesso le redini in mano della situazione e con un discorso alla Camera il 3 gennaio 1925 decise di assumersi ogni responsabilità politica,morale e storica sopprimendo quindi il Parlamento e rinviandolo a data da destinarsi chiudendo quindi l’era del liberalismo parlamentare e prendendo in mano le redini del paese con la forza. Subito furono sciolti i partiti, venne abolita la libertà di stampa e ci furono persecuzioni per gli antifascisti. Gobetti e Amendola furono rapiti e uccisi, Nenni arrestato, Gramsci condannato a 20 anni di carcere: i maggiori antifascisti emigrarono in Francia per scampare alla morte. Il gran consiglio del fascismo, organo creato dal 1922, assunse sempre maggiori funzioni andando a sostituire il Parlamento, la carica di presidente del consiglio mutò il proprio nome in “capo del governo” a cui vennero concessi maggiori poteri come quello di legiferare senza ricorrere al Parlamento. Venne istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, un organo che doveva provvedere ai reati contro il regime. Inoltre venne ripristinata la pena capitale per i reati commessi contro il capo del governo e la famiglia reale. La milizia Nazionale divenne Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, diretta dagli ordini di Mussolini e furono introdotte le “leggi fascistissime” nel 1926. nel 1927 fu promulgata la Carta del Lavoro che affermava la superiorità dello stato sugli individui. Le elezioni del 29 e del 34, con lista unica, furono dei veri e propri plebisciti. Soltanto con la tessera fascista del 1933 si potevano avere impieghi statali. Lo stato fascista di trasformò da liberale a totalitario.
Cultura italiana di fronte al fascismo:
Non tutti i letterati e gli uomini di cultura italiani reagirono ponendosi contro al regime fascista, anzi molti riuscirono ad esaltare tale regime vedendo in Mussolini un grande uomo carismatico e come colui che avrebbe potuto innalzare lo stato Italiano superando gli errori in cu erano caduti i liberali. Tra gli idealisti fascisti troviamo ad esempio Giovanni Gentile che assunse il compito di portare avanti nel 1923 la riforma scolastica fascista che venne reputata la più fascista delle riforme. Nel 1926-1929 venne instaurata in Italia l’Accademia d’Italia, un centro dove erano accolti i maggiori esponenti della cultura italiana fascisti e tra i più illustri ricorderemo i letterati Pirandello,Panzini e Marinetti e lo scienziato Marconi. Correnti antifasciste vennero invece portate avanti da coraggiosi gruppi di protesta capeggiati da Gobetti,Rosselli e Nenni che si unirono intorno a giornali come “quarto Stato” o “non mollare!”, mentre una grande condanna ideologica fu redatta pubblicamente da Croce nel 1925 dietro alla quale si raccolsero le firme di grandi letterari come Salvatorelli e Montale.
Politica economica e sociale: la Carta del Lavoro e il sistema corporativo:
Il governo fascista portò avanti nel tempo una politica che fu inizialmente liberista, protezionista e pianificatrice: L’Italia, da sempre un paese fondamentalmente agricolo importava dall’estero enormi quantità di materie prime e cereali. Fu questa una delle prime strategie governative di Mussolini che con la battaglia del grano nel 1925 riuscì a ridurre sensibilmente l’esportazione del grano dall’estero facendo aumentare la produzione locale italiana e facendo in modo che il prezzo del grano aumentasse arricchendo i grandi proprietari terrieri. Egli inoltre portò avanti anche nel 1928 una bonifica integrale di tutte le zone italiane paludose per fare in modo che esse potessero venire coltivate e in questo modo assicurò lavoro a migliaia di famiglie contadine. La guerra del grano e le bonifiche facevano parte di un programma di “ruralizzazione” del paese Italiano, un programma conservativo che si poneva contro la moderna concezione di produzione fondata sull’industria e sulla classe operaia. Il fascismo privilegiava soprattutto la classe agraria e i ceti capitalistici e per quanto riguarda le condizioni del proletariato ricorderemo che furono sciolti i sindacati e abolito il diritto allo sciopero. I rapporti tra ceto imprenditoriale e proletariato furono affidate ad una nuova magistratura detta Magistratura del Lavoro e questo nuovo ordinamento fu definito corporativo.
Il 21 Aprile 1927 fu emanata la Carta del Lavoro che fissò le linee dello stato corporativo o interclassista: ogni categoria racchiudeva datori di lavoro di una stessa categoria produttiva. Si trattava di un maggiore controllo da parte dei grandi capitalisti della componente operaia. >. Alla testa del nuovo sistema corporativo fu posto nel 1930 il Consiglio Nazionale delle Corporazioni che nel 1939 soppiantò il Parlamento. La nuova assemblea fu detta Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
Le provvidenze e le misure protezionistiche adottate dal regime:
Un altro piano che si pose Mussolini fu quello demografico. Egli affermo che il “numero è potenza” e quindi intendeva in un trentennio portare la popolazione italiana da 40 a 60 milioni. Per fare ciò instaurò premi e sovvenzioni per le famiglie numerose e per le mogli prolifere. Inoltre arginò l’emigrazione! Per quanto riguarda l’istruzione del proprio popolo Mussolini adoperò un istruzione fascista sin dall’infanzia per il proprio popolo. I ragazzini venivano cresciuti con l’educazione fisica, lo sport e allenamenti da soldato perché dovevano diventare forti per essere i fascisti del futuro. Veniva imposta loro soltanto l’ideologia fascista e il culto del duce e dovevano odiare le democrazie occidentali e i gruppi avversi al fascismo.
All’inizio degli anni trenta si avvertirono in Italia e in Europa le conseguenze del crollo della Borsa Americana di Wall Street del 1929. Ciò peggiorò la già grave situazione economica del nostro paese. Il regime dovette reagire a ciò con misure drastiche: riduzione degli stipendi e dei salari del 12% degli operai e decurtazione delle paghe dei lavoratori agricoli i quali raggiunsero il limite della tollerabilità nel 1934. A ciò si aggiungeva una crescente disoccupazione che contava un milione di disoccupati nel 1935.
Conciliazione con la chiesa: i Patti lateranensi:
Mussolini una volta consolidato il proprio stato volle riallacciare un rapporto con la chiesa, cosa che già aveva iniziato con la precedente riforma Gentile. Inoltre ricorderemo che il Papa Pio XI era ben disposto ad accettare una collaborazione con lo stato fascista in quanto esso si professava come difensore del cattolicesimo contro la minaccia del comunismo. Fu così che il regime fascista l’11 febbraio 1929 strinse con il Vaticano i Patti Lateranensi seguiti da un trattato e un concordato. Col primo il regime ridava alla chiesa il potere temporale che aveva perso nel 1870 concedendo alla santa sede un pezzo di terra limitato seppur simbolico che poi diverrà la città del Vaticano. In cambio il pontefice riconosceva il Regno d’Italia sotto la dinastia dei Savoia con Roma capitale. Inoltre il regime risarcì il papato degli espropri subiti nel 1870 con 2 miliardi di titoli di Stato. Col concordato venne ribaltata la concezione laica cavuouriana nei rapporti tra stato italiano e chiesa riprendendo un l’investitura medievale . I patti lateranensi furono un motivo di grande orgoglio per Mussolini che era riuscito là dove i governi precedenti avevano fallito: la pace religiosa.
L’opposizione degli antifascisti:
Affermatosi il fascismo come abbiamo già detto tutti i gruppi antifascisti che comprendevano i comunisti i socialisti i liberali furono costretti a fuggire in Francia in cerca di esilio. Qui comunque continuarono a portare avanti una lotta al fascismo tanto che nacquero a Parigi la “concentrazione antifascista” e il movimento di “democrazia liberale” dei fratelli Rosselli che portavano avanti una serrata lotta al fascismo nella rivista “non mollare!”. La situazione non piacque al duce che nel 1937 fece assassinare i due fratelli Rosselli da dei sicari fascisti. Intanto anche in Italia alcuni gruppi antifascisti continuavano l’opposizione al regime schierandosi con Benedetto Croce la quale fama andava al di là dei confini italiani e che il regime non poteva arginare in quanto voleva mostrare all’estero che anche in Italia ci fosse la possibilità di pubblicare “qualcosa”.
Il fascismo: primo bilancio dei contemporanei:
Qui possiamo riportare alcuni pareri di storici,letterari e uomini di cultura che hanno vissuto l’epoca fascista. B. Croce riteneva il fascismo come una “malattia” insorta accidentalmente in un corpo sano, una breve parentesi che verrà poi sconfitta e si ripristineranno le vie maestre del liberalismo e della democrazia. Altri scrittori contemporanei invece come Rosselli, Salvemini o Gramsci non si ritrovavano nelle parole di Croce. Per Goberti il fascismo è la sintesi delle malattie storiche (demagogia,trasformismo) del popolo italiano. La sua origine risale all’assenza di una riforma religiosa nel XVI secolo. La lotta antifascista è da realizzarsi in lunghi tempi in quanto si devono rinnovare le coscienze e preparare il popolo per la partecipazione alla vita dello stato.
Salvatorelli invece vede nel fascismo come una rivolta piccolo-borghese. Egli ricorda che esso si mostra come terzo litigante nella lotta tra piccola borghesia e proletariato e ciò consente a Salvatorelli di indagare le due anime del fascismo:quella reazionaria antipopolare e quella rivoluzionaria e anticapitalistica. A queste tesi si contrapponevano quelle di Antonio Gramsci che nel 1926 emanò le Tesi del III congresso del Partito comunista d’Italia,dette anche tesi di Lione, le quali sostenevano che il fascismo era stato un movimento reazionario della borghesia capitalista e agraria e la sua vittoria era dovuta alla crisi del proletariato italiano.
L’italia fascista negli anni 30:
Il fascismo fu un movimento che seppe tener conto delle esigenze delle masse popolari che i regimi liberali non riuscivano più a controllare e guidare. Fu un sistema politico che appoggiando sempre più le grandi organizzazioni di massa tendeva ad integrare tutta la società nello Stato. Fu soprattutto dopo la grande crisi del 29, negli anni trenta che tutte le associazioni operaie e padronali, in merito alla Carta del Lavoro del 1927, furono inquadrate nelle Corporazioni:ciò permise al fascismo di controllare le masse operaie e contadine. Anche il tempo libero fu regolato dal fascismo il quale fondò l’Opera Nazionale Dopolavoro (OND). Lo strumento attraverso cui il fascismo intendeva trasformare la società e creare un “uomo nuovo” era il Partito Nazionale Fascista (PNF); la sua dottrina finiva in una mistica, mistica Gentile, secondo la quale il partito esigeva un impegno totale al fine di realizzare i valori supremi della nazione. Ai sommi capi del partito c’era il Gran Consiglio del Fascismo presieduto dal Duce. L’iscrizione al partito era considerata volontaria ciò nonostante molti furono costretti con la forza ad iscriversi e spesso erano tenuti a tesserarsi in quanto il tesseramento era requisito per trovare un lavoro. La crescita del piccolo fascista iniziava fin dalla giovane età nelle associazioni “figli della Lupa” e i “balila” e man mano che i giovani crescevano passavano nel “gioventù del littorio”.
Propaganda e cultura in Italia:
Si diffusero negli anni trenta mezzi attraverso cui il fascismo veniva esaltato agli occhi della popolazione. Si utilizzavano il cinema e la stampa per esaltare l’opera del duce, i suoi discorsi e le sue imprese. Nella cultura prevalse il mito di Roma, si ripristinarono vecchi detti e furono indetti scavi archeologici nella città. La storia del medioevo e del rinascimento fu lasciata nell’ombra mentre insieme a quella dell’impero romano fu ripreso il Risorgimento considerato come l’anticipazione della rinascita nazionale fascista e Garibaldi fu visto come un precursore di Mussolini. La vita collettiva negli ani 30 degli italiani cambiò: si riscoprirono gli sport,gli spettacoli teatrali, il cinema, si ebbe il boom automobilistico, si diffuse l’abitudine delle vacanze estive e il weekend.
Stato imprenditore: opere pubbliche e politica rurale in Italia:
La fine degli anni venti ,che abbiamo visto prosperosa per l’Italia fascista tanto che il numero degli addetti all’industria raggiunse quasi quello degli addetti all’agricoltura portando a vedere un Italia non più come un paese del tutto rurale, segnò l’entrata in Italia della grande crisi proveniente dall’America. Crisi che portò ad un aumento della disoccupazione e alla chiusura di numerose industrie. Il governo per far fronte alla crisi dovette autorizzare nuovamente la giornata lavorativa di 9 ore e ridurre gli stipendi del 12%. Ciò comportò il declino del turismo e dei beni di lusso nel paese. Per far fronte alla crisi Mussolini portò avanti un programma di oper pubbliche accentuando l’intervento dello stato a sostegno delle imprese pericolanti. A questo fine fu creato l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) che controllava i criteri di gestione di alcune banche e di salvare le industrie in crisi. Facendo ciò lo stato controllava la finanza pubblica.Ricorderemo che nel 1925 il fascismo aveva portato avanti un processo di ruralizzazione del paese con la battaglia del grano voluta per soddisfare il fabbisogno cerealicolo a tutto il paese al fine di non dipendere dal resto del mondo e le opere di bonifica che permisero di popolare e creare nuovi campi per la coltivazione in zone che un tempo erano paludose come la Sabaudia e Littoria. Con la politica rurale il fascismo cercò di correggere la tendenza all’industrializzazione che aveva caratterizzato il mondo moderno esaltando la campagna. L’esaltazione della campagna veniva però da un esigenza di una politica di forza e di espansione: era anche basata sulla constatazione della prolificità della famiglia contadina per cui ricorderemo”il numero è potenza”. Per cui alle famiglie numerose vennero stanziati premi e tasse per i celibi.
La prima e la seconda fase della politica estera di Mussolini:
La politica estera di Mussolini fu spesso molto contraddittoria alternando a improvvisi gesti bellicosi a frequenti aperture di pace. Inizialmente il fascismo si mosse seguendo la propaganda di “vittoria mutilata” ma allo stesso tempo condivise il rispetto dei trattati di pace fatti a Parigi. A partire dal 1927 il fascismo divenne decisamente più revisionista; nel 1932 il Duce assunse il potere di ministro degli Esteri adottando un atteggiamento decisamente aggressivo: il fascismo contestava l’assetto moderno Europeo dopo la fine della guerra e la politica pacifista che aveva come simbolo nella Società delle Nazioni. Questa presa di posizione fascista fu accolta soprattutto dai paesi usciti sconfitti dalla guerra come la Germania, l’Austria,l’Ungheria in cui si affermarono regimi di tipo fascista. Si andò creando quindi un blocco di paesi vinti e poveri che si andò a contrapporre a quello dei paesi vincitori e ricchi. Il fascismo inoltre appoggiò le rivendicazioni austriache e ungheresi verso gli stati cuscinetto della piccola Intesa. Il revisionismo fascista fu rivisto quando tra il 1933 e il 1934 il revisionismo nazista di Hitler, più agguerrito, intendeva invadere e annettere L’Austria alla Germania minacciando le frontiere Italiane stabilite a Versailles. Mussolini dispose 4 divisioni sul confine del Brennero e partecipo agli Incontri di Stresa (aprile 1935) dove i rappresentanti condannarono il riarmo tedesco garantendo l’indipendenza all’Austria e confermando l’impegno a dover mantenere la pace nel continente. Si dice che in una clausola segreta il l’Italia ebbe il consenso dalla Francia per un possibile intervento militare in Etiopia; fatto sta che tra il 1935 e 1937 l’italia diede vita alle operazioni militari in Abissinia. L’aggressione italiana in Etiopia, la rottura con la società delle nazioni, la guerra in Spagna e l’alleanza con Hitler segnarono l’inizio di una svolta irreversibile che si sarebbe conclusa con lo scoppio della II guerra Mondiale.
L’Italia antifascista:
Gli antifascisti possiamo classificarli sue due fronti: quelli interni ossia quelli che predicavano la lotta contro il fascismo nella clandestinità nel nostro paese, e quelli invece esterni i quali combattevano il fascismo dalla Francia dove si erano rifugiati e avevano fondato associazioni internazionali. Nel 1927 nacque la concentrazione antifascista che intendeva strappare la maschera di rispettabilità che il regime si era creato e mostrare agli europei la natura profondamente reazionaria del fascismo. A differenza della Concentrazione nel 1929 nacque “Giustizia e Libertà” dei fratelli Rosselli che seguendo la lezione di Gobetti avanzava un programma nel quale le esigenze della democrazia politica si fondevano con quelle della giustizia sociale e a differenza della concentrazione gli affiliati di qst associazione si proponevano di agire sul piano rivoluzionario preparando la lotta armata. Nel paese invece erano molti i gruppi clandestini che si professavano antifascisti e rischiavano la condanna da parte del Tribunale. Essi si concentrarono soprattutto a Milano e Torino mentre da Napoli scriveva sulla “Critica” Benedetto Croce che portava avanti una serrata lotta al fascismo richiamando gli ideali della libertà e della tolleranza.
Domande da interrogazione
- Quali furono le conseguenze economiche del dopoguerra in Europa?
- Come si sviluppò il movimento fascista in Italia?
- Quali furono le reazioni politiche e sociali in Italia dopo la Prima Guerra Mondiale?
- Quali furono le principali azioni del governo fascista di Mussolini?
- Come reagì la cultura italiana al regime fascista?
L'Europa uscì devastata dalla Prima Guerra Mondiale, con mercati orientali e sudamericani sotto il controllo di Stati Uniti e Giappone. Gli stati europei abbandonarono il libero scambio, adottando economie nazionali protette da barriere doganali, causando inflazione e crisi sociali.
Il 23 marzo 1919, a Milano, furono costituiti i "fasci di combattimento", che posero le basi per il futuro Partito Nazionale Fascista. Il movimento, inizialmente simile al socialismo, si evolse in antisocialismo e antidemocrazia sotto la guida di Benito Mussolini.
In Italia, il dopoguerra vide la nascita di movimenti fascisti e nazisti come risposta alla crisi economica e sociale. Le elezioni del 1919 portarono al successo dei partiti di massa, ma anche a una crisi dello stato liberale, con difficoltà nel formare una maggioranza governativa.
Mussolini attuò misure come l'abolizione delle riforme fiscali di Giolitti, il consolidamento del potere attraverso la soppressione del Parlamento, e la creazione di uno stato totalitario. Introdusse la Carta del Lavoro e il sistema corporativo, favorendo i ceti abbienti e il grande capitale.
Non tutti gli intellettuali si opposero al fascismo; alcuni, come Giovanni Gentile, sostennero il regime. Tuttavia, ci furono correnti antifasciste guidate da figure come Gobetti e Rosselli, mentre Benedetto Croce rappresentò un'opposizione intellettuale significativa.