Fabrizio Del Dongo
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Concetti Chiave

  • Il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1926 introdusse il confino di polizia per reprimere il dissenso al regime fascista.
  • La Legge Pica del 1863, originariamente intesa per combattere il brigantaggio, fu un precursore del confino di polizia, ma non ebbe successo duraturo.
  • Il confino diventò uno strumento di controllo politico, punendo spesso ipotetici reati non commessi, con una durata che poteva superare i cinque anni.
  • La decisione di inviare qualcuno al confino era discrezionale, senza possibilità di difesa legale, colpendo vari gruppi ritenuti pericolosi per il regime.
  • I confinati venivano inviati in isole minori come Ventotene o Ponza e in località isolate dell'Italia Meridionale, dove il controllo variava in severità.

Indice

  1. Il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1926
  2. La Legge Pica del 1863
  3. Procedura e destinatari
  4. I luoghi del confino

Il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1926

Il 6 novembre 1926, a quattro anni dalla marcia su Roma e dunque sotto il regime fascista, era stato promulgato e approvato il Regio Decreto n° 1848, chiamato anche Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza.
In esso, si dava molta importanza alla repressione nei confronti di coloro che dissentivo dal fascismo perché venne applicato, in modo del tutto nuovo l’istituto giuridico del confino di polizia. In pratica i dissenzienti venivano inviati o in un territorio coloniale oppure in un comune diverso da quello di residenza (spesso isolato e con possibilità di collegamento con il resto dell’Italia assai difficoltose). La permanenza poteva durare per un massimo di cinque anni.

La Legge Pica del 1863

Veramente, tale istituto giuridico era già presente nell’ordinamento giuridico con la Legge Pica del 1863, con lo scopo di lottare contro il brigantaggio, un problema assai grave, che investiva l’Italia meridionale. In realtà, l’applicazione di tale norma – per altro, rivestita di provvisorietà - non aveva dato i risultati previsti. e inizialmente colpì coloro che erano sospettati di aver commesso certi reati, oppure i senza fissa dimora con carattere recidivo. Più tardi il “confino” fu esteso a tutti coloro che erano stati passibili di un’ammonizione e se venivano considerati pericolosi per la quiete pubblica, in pratica.
Con il Decreto Regio del 1926, il “confino” diventò un istituto giuridico stabile nella legislazione italiana, andando ben oltre l’obiettivo della normativa precedente.
Di fatto, esso diventò un modo di controllare in modo poliziesco tutti coloro che poteva, in teoria sovvertire l’ordine pubblico e, per estensione, che si opponevano al regime. Alcuni esperti di diritto sostengono che con il “confino” si veniva a punire un reato non commesso; infatti, l’accusa si basava su di una mera ipotesi di reato perché la presunta colpa un reato “rimasto nella sfera del pensiero”. Frequentemente, la durata di cinque anni non veniva rispettata: se emergeva che il “confinato” persisteva nelle sue idee e nel suo comportamento, l’autorità decretava che il confino fosse prorogato per un ulteriore periodo egli continuava a costituire un pericolo sociale.

Procedura e destinatari

La decisione dell’invio al “confino” era decretata da un’apposita commissione di cui facevano parte, fra l’altro, il Prefetto, il Questore e il Procuratore del Re. Si trattava di un atto totalmente discrezionale, senza possibilità di ricorrere ad un avvocato difensore. Se inizialmente al confino erano destinati le prostitute, i delinquenti comuni e i mafiosi, col tempo il numero si incremento: si aggiunsero gli ebrei, gli zingari, gli slavi che appoggiavano l’indipendenza dei loro territori e soprattutto chi poteva nuocere all’ideologia fascista, compresi coloro che, magari avevano compiuto un semplice gesto di intolleranza nei confronti del regime (essersi rivolto in modo irriverente ad una foto del Duce o di aver raccontato su di lui una barzelletta).
In pratica, col passar degli anni, il confino divento, una misura punitiva di tipo politico, poiché era sufficiente aver inneggiato al Comunismo o aver fatto sventolare una bandiera rossa.

I luoghi del confino

I luoghi del confino erano costituiti dalle le isole minore, quali Lampedusa, le Tremiti, l’isola di Ventotene, di Ponza o Lipari. A queste si potevano aggiungere piccoli paesi isolati, soprattutto dell’Italia Meridionale, come Eboli. In queste ultime località il controllo della polizia era più blando, anche se la solitudine era tanta. Nelle isole minore, i confinati erano più numerosi e assai spesso vittima di soprusi.

Domande da interrogazione

  1. Quando è stato promulgato il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza?
  2. Il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza è stato promulgato il 6 novembre 1926.

  3. Qual era lo scopo dell'istituto del confino di polizia?
  4. Lo scopo dell'istituto del confino di polizia era reprimere coloro che dissentivano dal fascismo e controllare chi poteva nuocere all'ideologia fascista.

  5. Qual era la durata massima del confino?
  6. La permanenza nel confino poteva durare per un massimo di cinque anni.

  7. Chi decideva l'invio al confino?
  8. L'invio al confino era deciso da un'apposita commissione composta, tra gli altri, dal Prefetto, dal Questore e dal Procuratore del Re.

  9. Quali erano i luoghi in cui venivano inviati i confinati?
  10. I confinati venivano inviati alle isole minori come Lampedusa, le Tremiti, l'isola di Ventotene, di Ponza o Lipari, oppure in piccoli paesi isolati, soprattutto nell'Italia Meridionale.

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