Concetti Chiave
- André Breton pubblicò il Manifesto del Surrealismo nel 1924 a Parigi, dando origine a un movimento artistico che esplorava l'inconscio.
- Max Ernst, primo aderente al Surrealismo, utilizza il realismo per creare atmosfere enigmatiche e fantastiche, come nei dipinti "Oedipus rex" e "Coppia Zoomorfica".
- Paul Delvaux esplora la figura femminile con uno stile pittorico descrittivo, capovolgendo il comune ordine logico degli spazi, come ne "La finestra".
- Rene Magritte analizza il paradosso del linguaggio e la discrepanza tra realtà e rappresentazione, evidente in opere come "Il tradimento delle immagini".
- Joan Mirò traduce le suggestioni dell'inconscio in composizioni vivaci e controllate, visibili in opere come "Il carnevale di Arlecchino" e la serie "Costellazioni".

Indice
Max Ernst, il primo artista ad aderire al Surrealismo
Nell'opera “Oedipus rex” compaiono alcuni oggetti enigmatici (le teste di animali, una appesa a un filo, l'altra incastrata in una sorta di recinto) e fuori scala come le grandi dita di una mano.
Nel cielo, si può vedere una mongolfiera blu. Il titolo fa riferimento a un mondo di desideri oscuri, con un palese richiamo alla vicenda mitologica del complesso di Edipo. L'estremo realismo conferisce al dipinto un’atmosfera misteriosa e fantastica, che genera un sentimento di inquietudine.
In “Coppia Zoomorfica” si può individuare una forma animale a cui si affianca una umanoide, che accarezza l'animale stesso. I sinuosi segmenti chiari che attraversano le zone scure del dipinto sono ottenuti appoggiando sulla tela pezzi di corda, in modo da ricordare la tecnica del frottage, ovvero sfregamento, che consiste infatti nello strofinare una matita su un foglio posto su un oggetto a rilievo. Questi dipinti surrealisti rappresentano, quindi, scene immaginifiche.
Per approfondimenti sul complesso di Edipo vedi qua
Paul Delvaux e la figura femminile nelle sue opere
scelse come tema fondamentale la figura femminile. Infatti, nel dipinto “La finestra” è rappresentata la visione ravvicinata delle mura di un'abitazione e una donna di spalle. Non c'è dubbio che ci troviamo all'esterno; lo dicono le bugne grigie che contornano l'apertura della finestra e la posizione della donna al di là di essa: con il gesto della mano sembra invitare l'osservatore a entrare. Lo stile pittorico è descrittivo, ma l'ordine logico delle cose è capovolto: l'interno si è fatto esterno.
Per approfondimenti sulla figura femminile vedi qua
Rene Magritte e l'analisi del paradosso del linguaggio
Magritte indagò il paradosso del linguaggio poiché secondo la sua opinione si basa su convenzioni sprovviste di verità ed è, quindi, fonte di fraintendimenti. In “Il tradimento delle immagini” si indaga lo scarto tra la realtà e la sua riproduzione grafica. Su uno sfondo neutro vi è rappresentata una pipa che, in quanto dipinta, non può essere fumata. La didascalia che recita “Questa non è una pipa” è scioccante nella sua ovvietà: l'immagine non è infatti un oggetto in grado di essere afferrato, così come non lo è il suo nome.
“L'impero delle luci” consiste in un paesaggio con pochi elementi: un piccolo specchio d'acqua in primo piano, una casa con un grande albero, vegetazione e cielo a caratterizzarne lo sfondo. L'immagine produce un senso di sbigottimento, dovuto alla presenza in un'unica immagine in due momenti differenti: il giorno e la notte. La parte alta del quadro, infatti, rappresenta un cielo diurno precorso da nubi bianche, mentre nella parte inferiore la casa, l'albero e il lago sono immersi nella notte.
Per approfondimenti sul linguaggio vedi qua
Salvador Dalì e la soggettività del tempo
Nell'opera del pittore ricorrono temi che hanno la loro radice nell'inconscio (collegamento). In “Enigma del desiderio, mia madre, mia madre, mia madre...” Dalì dà espressione al complesso edipico. A dominare la scena è un grande massa informe, il cui reticolato a cellette, contenenti l'ossessiva ripetizione dell'espressione “ma mère”, ricorda la massa cerebrale. Nella “Venere di Milo con cassetti” egli sceglie come modello una delle più antiche statue greche. La particolarità dell’opera sta nel fatto che sul corpo della dea compaiono molteplici aperture, ovvero cassetti con pomelli ornati.
“La persistenza della memoria” fu dipinto da Salvador Dalì nel 1931. L'opera, quindi, rappresenta un paesaggio di Port Lligat, con gli scogli aguzzi e un ulivo secco in primo piano. La composizione è asimmetrica. Due orologi molli e viscidi penzolano dall'albero e da un cubo, mentre un terzo si adagia sopra una inquietante sagoma cigliata, autoritratto dell'artista. Il quarto e ultimo orologio è compatto, ma assalito da un cumulo di formiche brulicanti. Collegandosi al pensiero di Bergson (collegamento) e alla sua concezione duplice del tempo, Dalì intendeva dimostrare che lo scorrere del tempo segue una logica legata degli stati d'animo. Il concetto fondamentale dell’opera riguarda la fluidità del tempo, che non è affatto rigido come rigide sono le lancette degli orologi.
Per approfondimenti sul tempo vedi qua
Joan Mirò e le suggestioni dell’inconscio all’interno delle sue opere
Una delle opere più rappresentative dello stile del maestro, “Il carnevale di Arlecchino” è una sorta di balletto. Il dipinto è la trascrizione poetica delle suggestioni dell'inconscio: queste sono così controllate da far pensare, a una rappresentazione teatrale. Un disegno preparatorio dell'opera mostra come l'artista avesse studiato attentamente la disposizione delle forme, individuando nell'incrocio tra le due sagome sinuose, la bianca e la nera, il centro visivo del dipinto. In un grande spazio vuoto sono concentrate innumerevoli forme: oggetti fantastici e forme astratte. Alla spazialità dell'ambiente, resa in maniera semplificata, fanno da contraltare un tavolo in prospettiva e la finestra che lascia vedere un piccolo astro bicromatico, un cono nero e una lingua di fuoco color rosso. A produrre un effetto vitalistico concorre in misura decisiva anche il colore. Creò, anche, la serie “Costellazioni”, di cui fanno parte “Numeri e costellazioni innamorati di una donna”. In questa serie è evidente l'insistente presenza del nero che riduce gli altri colori e il continuo movimento della linea che genera sulla tela una molteplicità di presenze biomorfe con gli occhi sgranati che sembrano interrogare l'ignoto.
Domande da interrogazione
- Qual è stato il contributo di Max Ernst al Surrealismo?
- Come viene rappresentata la figura femminile nelle opere di Paul Delvaux?
- In che modo René Magritte ha esplorato il paradosso del linguaggio?
- Qual è il significato del tempo nelle opere di Salvador Dalì?
- Quali sono le caratteristiche delle opere di Joan Mirò?
Max Ernst è stato il primo artista ad aderire al Surrealismo, contribuendo con opere come "Oedipus rex" e "Coppia Zoomorfica", che esplorano temi enigmatici e utilizzano tecniche innovative come il frottage.
Paul Delvaux ha scelto la figura femminile come tema centrale, come si vede nel dipinto "La finestra", dove una donna di spalle invita l'osservatore a entrare, capovolgendo l'ordine logico tra interno ed esterno.
René Magritte ha analizzato il paradosso del linguaggio attraverso opere come "Il tradimento delle immagini", evidenziando lo scarto tra realtà e rappresentazione grafica, e "L'impero delle luci", che unisce giorno e notte in un'unica immagine.
Salvador Dalì ha esplorato la soggettività del tempo in opere come "La persistenza della memoria", dimostrando che il tempo è fluido e legato agli stati d'animo, in contrasto con la rigidità delle lancette degli orologi.
Le opere di Joan Mirò, come "Il carnevale di Arlecchino" e la serie "Costellazioni", sono caratterizzate da suggestioni dell'inconscio, forme astratte e biomorfe, e un uso vitale del colore e del movimento della linea.