Concetti Chiave
- L'origine dell'Impero Bizantino è dibattuta tra storici, con alcune teorie che risalgono al 324 con la rifondazione di Costantinopoli da parte di Costantino.
- Eraclio, che governò dal 610 al 641, è considerato un imperatore cruciale per la trasformazione dell'impero, affrontando grandi sfide militari e territoriali.
- Sotto Eraclio, l'impero subì profonde trasformazioni amministrative e militari, con l'introduzione dei "temi", nuove suddivisioni territoriali che accentravano il potere militare e civile.
- L'invasione araba e le perdite territoriali, come la battaglia del fiume Yarmuk nel 636, segnarono un cambiamento irreversibile nella struttura e nel potere dell'impero.
- La burocrazia dell'impero divenne più complessa, con un aumento dell'accentramento del potere imperiale e una maggiore sacralità dell'imperatore.
Indice
Origine del nome impero bizantino
Impero bizantino è un nome inventato dagli umanisti del XVI secolo, e poi adottato dalla storiografia moderna, per designare l’impero romano d’Oriente, a partire da un certo momento della sua storia. Non tutti gli storici, però, sono d’accordo su quale sia esattamente il momento in cui si smette di parlare di impero romano, e si comincia a usare il nome di “impero bizantino”. Secondo qualcuno, la svolta risale addirittura al 324, quando Costantino ordinò la rifondazione dell’antica città di Bisanzio, sul Bosforo, al confine fra Europa e Asia, le diede il suo nome, ribattezzandola Costantinopoli, e decise di farne la nuova capitale dell’impero.
Costantinopoli e la transizione
Secondo altri, il primo imperatore bizantino è Zenone, che regnava a Costantinopoli nel 476, l’anno in cui Odoacre depose Romolo Augustolo e l’Occidente si ritrovò senza imperatore. In questa prospettiva Giustiniano, che regnò dal 527 al 565, è un imperatore bizantino, e non più romano. Così, però, si dimentica che Giustiniano dedicò tutta la vita a riconquistare le province perdute dell’Occidente, per ricostruire l’impero romano così com’era stato al tempo di Augusto; e che fu proprio lui a ordinare la grande codificazione del diritto romano, il Corpus Iuris Civilis.
L’origine dell’impero bizantino sarebbe da collocare piuttosto tra il 568 e il 610-641. Alla prima data comincia l’invasione longobarda d’Italia: l’impero perde di nuovo gran parte dei territori riconquistati da Giustiniano. Roma, che fino a quel momento poteva essere considerata parte integrante dell’impero, diventa un avamposto di periferia, e i suoi legami con la capitale cominciano ad allentarsi. L’ultima coppia di date, 610-641, corrisponde al regno di uno dei più grandi e tragici imperatori d’Oriente, Eraclio, e arriva a comprendere le prime grandi conquiste arabe, che strapparono all’impero i suoi territori più ricchi cambiando per sempre la sua fisionomia.
Declino e trasformazione dell'impero
Eraclio subentrò a un usurpatore, Foca (602-610), che lasciava l’impero in una situazione drammatica. I Longobardi avevano invaso gran parte d’Italia. Nei Balcani, la pressione degli Àvari stanziati nel bacino danubiano e l’immigrazione delle primitive popolazioni slave avevano portato alla devastazione e allo spopolamento di vaste province. In Oriente l’antico, micidiale nemico, l’impero dei Sasanidi, era all’offensiva e nei primi anni del regno di Eraclio l’imperatore sasanide Cosroe II invase l’Armenia, l’Anatolia, la Siria, la Palestina e l’Egitto. L’impero sembrava sul punto di crollare; ma Eraclio seppe risollevare la situazione, ottenendo vittorie così clamorose contro i Sasanidi da persuadere tutti che la mano di Dio lo proteggeva. Riconquistò tutti i territori perduti e penetrò in profondità nel territorio nemico, in Mesopotamia. Le reliquie della croce di Cristo, sottratte nel 614 dai Persiani e portate nella loro capitale Ctesifonte, vennero riprese nel 629 e trionfalmente riportate a Gerusalemme.
La situazione sembrava ristabilita e pareva che il dominio imperiale non fosse mai stato così sicuro. Invece l’improvviso dilagare delle invasioni arabe dimostrò la sua intrinseca debolezza. L’esercito di Eraclio venne annientato nel 636 alla battaglia del fiume Yarmuk: Siria, Palestina ed Egitto furono di nuovo perduti, stavolta per sempre. Era un colpo gravissimo, perché si trattava di territori ricchi ed estesi: andò perduta quasi la metà dell’impero, e forse i tre quarti delle entrate fiscali. L’impero romano si ritrovò a lottare per la propria sopravvivenza. Da allora, e fino all’inizio dell’VIII secolo, l’impero seppe resistere alla pressione araba, impedì ai musulmani di avanzare in Anatolia, sconfisse ripetutamente le flotte arabe che gli contestavano il predominio nel Mediterraneo – anche grazie al nuovo ritrovato tecnologico del fuoco greco, una sostanza incendiaria dalla composizione segreta che bruciava anche nell’acqua e che veniva irrorata con sifoni sulle navi nemiche –, e respinse diversi tentativi arabi di assediare Costantinopoli.
Su altri fronti la situazione rimase grave. In Italia i lembi di territorio controllati dall’impero andavano restringendosi, con la perdita della Liguria; il tentativo dell’imperatore Costante II, nel 663, di riconquistare l’Italia meridionale longobarda diede scarsi risultati, e dopo di allora certe zone, in particolare Roma col suo entroterra e le città costiere della Campania, si abituarono sempre più a difendersi e governarsi da sole, senza una presenza regolare dell’amministrazione e dell’esercito imperiale. Ma la situazione più drammatica era quella dei Balcani, dove era emersa una nuova potenza, il khanato dei Bulgari. Come il khanato degli Àvari, che occupava il bacino del Danubio, anche lo Stato bulgaro venne costituito da un’aristocrazia di nomadi delle steppe asiatiche, che dominava su una popolazione soggetta in gran parte slava. Intorno al 680 i Bulgari, stanziati alla foce del Danubio, si allargarono nel Sud della penisola balcanica, sottomettendo le popolazioni slave insediate nella zona e minacciando direttamente Costantinopoli.
Riforme amministrative e militari
Sotto Eraclio e i suoi successori l’impero dovette trasformarsi profondamente per resistere a tutte queste minacce. L’imperatore, che assunse il titolo greco di basilèus, divenne una figura sempre più sacra e intoccabile, segregata nel suo palazzo dove un’etichetta fastosa e complessa esaltava il suo ruolo semidivino. L’amministrazione centrale, che aveva sede nel palazzo imperiale, si complicò sempre più, con la nascita di un gran numero di uffici, mentre scomparivano le cariche ereditate dall’impero tardo antico, come la prefettura del pretorio. Si accentuò il carattere burocratico dell’impero, la sua natura di Stato assolutista gestito da un sovrano autocratico (in greco, vuol dire più o meno “comanda lui”: e significa che tutto il potere gli appartiene) e da una burocrazia onnipotente, con sede in una capitale gigantesca e accentratrice. Nelle province i cambiamenti furono ancora più profondi. Sul territorio, il tardo impero romano aveva sempre fatto coesistere un potere civile e uno militare, e aveva rispettato le autonomie delle città: le curie, paragonabili a consigli comunali costituiti dai cittadini più ricchi, riscuotevano le tasse e in qualche misura governavano il territorio. Ora invece l’amministrazione civile cedette il passo a quella militare. Uno dei predecessori di Eraclio, l’imperatore Maurizio, aveva capito che nelle zone minacciate la difesa era più efficiente se l’autorità era tutta concentrata nelle mani del comandante militare: perciò aveva deciso che i possedimenti più occidentali dell’impero, quelli appena riconquistati da Giustiniano e più difficili da difendere, dovevano essere governati da funzionari di tipo nuovo, gli esarchi, che univano autorità civile e militare. Gli avanzi dell’Italia del Nord non ancora occupati dai Longobardi erano stati sottoposti all’esarca di Ravenna; l’ex regno vandalo del Nordafrica all’esarca di Tunisi. A partire dal regno di Eraclio, una riforma ispirata allo stesso principio venne estesa gradualmente a tutto il territorio dell’impero, con l’introduzione di province di tipo nuovo, i temi.
Le antiche prefetture e province dell’impero romano vennero abolite e sostituite da queste nuove circoscrizioni, ritagliate innanzitutto in base alle esigenze della difesa militare. In greco il loro nome significava in origine ‘reparto militare’. In pratica ogni distretto dell’impero era concepito come il supporto delle truppe stanziate sul suo territorio, e il comandante delle truppe, lo stratego, era anche il governatore del distretto. Non c’era più un potere civile che potesse controbilanciare quello militare, e non c’erano più le autonomie delle curie cittadine, cancellate dalla riforma. Un sistema di governo del territorio che risaliva addirittura all’epoca delle pòleis greche, poi incorporate ma anche rispettate dall’impero romano, scompariva per sempre.
Domande da interrogazione
- Qual è l'origine del termine "impero bizantino"?
- Quando si considera che l'impero romano d'Oriente diventa l'impero bizantino?
- Quali furono le principali sfide affrontate da Eraclio durante il suo regno?
- Come cambiò l'amministrazione dell'impero sotto Eraclio?
- Quali furono le conseguenze delle invasioni arabe per l'impero bizantino?
Il termine "impero bizantino" è stato inventato dagli umanisti del XVI secolo e adottato dalla storiografia moderna per designare l'impero romano d'Oriente.
Non c'è consenso tra gli storici, ma alcuni indicano il 324 con la rifondazione di Bisanzio da parte di Costantino, mentre altri considerano il regno di Zenone nel 476 o il periodo tra il 568 e il 641.
Eraclio affrontò l'invasione dei Longobardi in Italia, la pressione degli Àvari e delle popolazioni slave nei Balcani, e l'offensiva dell'impero sasanide in Oriente.
L'amministrazione divenne più burocratica e centralizzata, con l'introduzione dei temi, nuove circoscrizioni che univano autorità civile e militare sotto il comando di uno stratego.
Le invasioni arabe portarono alla perdita permanente di territori ricchi come Siria, Palestina ed Egitto, riducendo significativamente le entrate fiscali dell'impero.