
Il peso di più di un anno di Didattica a distanza si fa sentire sempre di più in modo generalizzato tra gli studenti e i docenti. Se da una parte la Dad ha permesso di mantenere attivo un legame con l’istruzione e l’educazione scolastica, dall’altro però ha contribuito ad ad accrescere la distanza sociale .
Tutti gli studenti in questo difficile e insolito anno hanno riflettuto su come un cambiamento così drastico, repentino ma necessario per far fronte all'emergenza sanitaria, abbia radicalmente modificato gran parte della loro attuale esistenza.
La scuola rappresenta infatti una parte consistente della vita di bambini e adolescenti che in essa ogni giorno trovano un luogo in cui si intrecciano la dimensione dell’istruzione e quella della socialità.
Tra le tante manifestazioni di disapprovazione e di esasperazione per il prolungamento della didattica a distanza di cui ancora non si vede una fine vera e propria, uno studente della Scuola Romolo Gessi di San Pietro in Vincoli, frazione di Ravenna, in un tema di italiano ha evidenziato il suo risentimento per una didattica che da più di un anno prosegue a distanza.
A darne notizia è la testata online Ravennanotizie.it che riporta anche il testo integrale del tema scritto dal giovane studente.
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Il testo integrale del tema di uno studente sfinito da un anno di Dad
Un giovane studente in un tema assegnato per casa ha sfogato tutto il suo malessere e la sua esasperazione non solo per le restrizioni e i limiti imposti dalla Dad ma anche per la sensazione di non essere ascoltato.Bersaglio del tema infatti è soprattutto la presunta indifferenza degli adulti che sembrano sordi agli appelli e ai bisogni dei più giovani:
“Noi ragazzi viviamo malissimo. Abbiamo portato pazienza fino ad oggi, ma non ne possiamo più. Questo ennesimo tema sul Covid lo scrivo solo per non prendermi un 4 italiano, che poi sarebbe difficile da recuperare. Pare infatti che l’unico modo per dire come stiamo vivendo noi ragazzi sia di scriverlo nei temi sul Covid. Questo è il terzo che scrivo, non so quanti ne ho letti dei miei fratelli più grandi.
Ci avete dimenticato in tutti i decreti, ci avete chiusi in casa coi genitori, allontanati dagli amici. Non possiamo fare sport. Dobbiamo vivere da sedentari, come se poi facesse bene. Ora ci impedite di andare a scuola, trattati come untori solo che abbiamo un anno più di 12, come ci ho io.
Poi vedi in giro o leggi sui giornali che chi va nelle bocciofile ad infettarsi non ha di certo 13 anni, come pure chi fa gli aperitivi nel retro dei bar. Quelli sono gli adulti. Noi vorremmo solo andare a scuola, non a mangiare la pizza o al cinema, perché sappiamo bene che è vietato, ma a scuola assolutamente sì.
Ma voi adulti che ci governate avete mai chiesto un nostro parere? Vi state rendendo conto che avete calpestato ogni nostro diritto? Il diritto di crescere, di imparare, di formarci una nostra idea? La scuola non si può fare a casa, perché non possiamo imparare da dietro uno schermo come si diventa adulti. I nostri professori, i nostri amici, le nostre paure, gioie, emozioni ci formano in classe, non a casa. Avevamo imparato a giocare senza toccarci, a sorridere dietro le mascherine, a stare seduti senza superare i confini, a rispettare tutte le regole adattandoci prima degli altri. Ma non è bastato, perché ci avete stoppato ancora.
Che poi io sono anche un ragazzo fortunato perché a casa mia si respira un buon clima, abbiamo la connessione e i miei genitori non hanno perso il lavoro. Ma chi pensa a quei poveri ragazzi che hanno famiglie con difficoltà o che sono trattati male? Nessuno. Ci avete recluso e basta.
E hai voglia di passeggiare con il cane, di giocare con i fratelli, di portare pazienza, di scrivere testi, di urlare le tue proteste. Io ho capito che voi adulti non ci darete mai voce. Tanto che avevo proposto ai miei compagni di aderire allo sciopero della DaD, non già per non connetterci, ma per sfruttare quelle ore per spiegarci e per far capire che noi non ne possiamo davvero più. Ma nessuno mi ha dato retta e solo io ho provato a parlare in chat con una professoressa che non mi ha neppure risposto. Io non ho più nessuna voglia di continuare la scuola in questo modo. Vedere che nessuno di noi è in grado di reagire mi fa arrabbiare tantissimo. Ci siamo rassegnati a fare scuola in questo modo?
Perciò prendo questa occasione per dire che dopo un anno noi ragazzi siamo davvero stanchi e le nostre menti si stanno esaurendo. Però non abbiamo i mezzi per comunicare i nostri disagi e anche se li avessimo probabilmente non abbiamo chi potrebbe interessarsi ai nostri discorsi”.
Aaron S., 2.a C
Scuola Romolo Gessi di San Pietro in Vincoli
Guarda il video con i consigli per svolgere in sicurezza la Dad: