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studenti danni pandemia covidLa pandemia che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo in questi anni ha senza dubbio modificato innumerevoli aspetti della nostra vita, ma è probabile che a subirne gli effetti più problematici siano stati gli studenti.

Questo è quanto si evince dall’analisi di dati a cura di un gruppo di ricercatori guidato da Bastian Betthäuser, professore e ricercatore presso l'università parigina Sciences Po, relativi a 15 paesi del mondo, Italia inclusa, pubblicati fra Marzo 2020 e Agosto 2022 sulla rivista 'Nature Human Behaviour'. I risultati non sono affatto incoraggianti e indicano che gli studenti avrebbero perso in media l'equivalente di circa un terzo di anno scolastico in termini di apprendimento.

Deficit di quasi un anno di apprendimento per gli studenti di oggi

Le 42 ricerche esaminate riguardano principalmente i paesi più ricchi al mondo, e in tre compare anche l'Italia, riporta 'La Repubblica'. I risultati si possono quindi considerare pressoché globali e indicano chiaramente l'esistenza di un deficit equivalente a circa il 35% di quello che in media i bambini e i ragazzi apprendono durante un intero anno scolastico. Il che sarebbe particolarmente riscontrabile nelle materie come la matematica, ma meno, ad esempio, nello sviluppo dell'abilità di lettura. Forse, è stato ipotizzato dai ricercatori, questo dipende in larga parte dal fatto che la seconda capacità può essere sviluppata più facilmente anche in contesti informali e diversi dalle mere aule scolastiche.

Inoltre, gli effetti della pandemia avrebbero reso ancor più evidente le differenze tra paesi ad alto e a medio o basso reddito. Infatti fra le nazioni prese in considerazione, sarebbero i bambini e i ragazzi che vivono in paesi a medio reddito come Messico, Brasile, Colombia e Sud Africa ad aver subito le maggiori conseguenze rispetto a coloro che vivono in paesi più ricchi. Purtroppo però, sarebbero insufficienti i dati relativi a paesi a basso reddito per poter dipingere un quadro completo della situazione. Scarse anche le indicazioni riguardo possibili differenze dovute al genere: secondo gli studiosi, questi due punti dovrebbero quindi essere centrali per la ricerca futura.

Come hanno reagito le scuole italiane alla pandemia

Scendendo ora nel particolare e cercando di capire come gli anni del covid hanno influenzato gli studenti italiani, 'La Repubblica' ha richiesto il parere di un esperto, Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell'età evolutiva e ricercatore dell'Università degli Studi di Milano, che ha commentato i dati con pessimismo, concordando con i risultati della ricerca: "Noi vediamo in questo momento bambini e bambine, ragazzi e ragazze che non hanno le competenze e le abilità scolastiche che dovrebbero avere rispetto alla loro fase di sviluppo".

Il grande problema è stata la gestione della didattica a distanza, usata dalla maggioranza dei professori in modo improprio come mero sostituto delle lezioni frontali, ma senza adattarla alle esigenze delle classi: "Questo è decisamente derivato dal fatto che con la didattica a distanza non siamo stati in grado di fare quella che si chiama didattica digitale integrata, cioè abbiamo usato lo schermo per erogare lezioni simili a quelle che venivano erogate in aula".

E dunque, l'utilizzo errato degli strumenti a disposizione non ha di certo facilitato l'apprendimento, soprattutto degli studenti più giovani che, secondo l'esperto, è comunque più complesso se fatto attraverso uno schermo. Questa mancanza è andata ad aggiungersi alle ore di lezione perse, fra quarantene e didattica ridotta. Infine, spiega Pellai, ad essere stato quasi assente è il rapporto tra alunno e insegnante, caposaldo dell'educazione e dell'apprendimento, insieme alla fiducia che gli studenti devono riporre nei propri professori: "nell'apprendimento la relazione che si crea fra lo studente e il proprio docente è una variabile di importanza fondamentale perché mette in gioco tutte quelle dimensioni che rendono il didatta (perché questo sarebbe dentro allo schermo) invece un maestro. Cioè una persona capace di valutare "dove" si trova il suo studente: non semplicemente in termini di "che cosa sta imparando", ma anche in termini di presenza emotiva, consapevolezza rispetto a ciò che gli viene comunicato, capacità di mettersi in rete e in relazione con i compagni".