
A dirlo è lo Svimez, un’associazione privata che si impegna per lo sviluppo economico e industriale del Mezzogiorno.
La forbice educativa che separa il Sud dal Nord è già preoccupante, ma sembra proprio destinata a peggiorare.
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Al sud 200 ore di scuola in meno all’anno
Arrivato a 11 anni, un ragazzo di Napoli conclude la quinta elementare con un anno di studio in meno rispetto a un suo coetaneo del centro-nord. Un “anno mancante” che si traduce, nella pratica, in un numero significativamente minore di lezioni frontali, così come di partecipazione generale ai dibattiti e alle attività scolastiche ed extrascolastiche. In altre parole, meno cultura e consapevolezza.Come fa sapere Svimez, infatti, un ragazzino cresciuto in una classe nell’Italia centro-settentrionale, per esempio a Firenze, riceve 1226 ore di formazione in un anno scolastico. Diverso il caso per uno studente di Napoli, che alla fine dell’anno totalizza ben 200 ore in meno. Facendo i conti, quindi, in un intero ciclo quinquennale di primaria, si conta un anno di scuola in meno.
L’assenza di tempo pieno e di attività extrascolastiche
Per Svimez, la distanza educativa tra Sud e Nord dipende principalmente dal fatto che nel Meridione quasi non esiste il tempo pieno, così come le attività extra-scolastiche del pomeriggio. Al Sud soltanto il 18% degli studenti ha accesso alle 40 ore settimanali, meno di uno su cinque. In Molise la percentuale scende addirittura all’8%, mentre in Sicilia al 10% e in Campania al 19%. Al Nord, il numero subisce invece un’impennata significativa attestandosi al 48%, ovvero quasi uno studente su due. Soltanto questo comporta, in media, 4 ore di educazione in meno alla settimana.Viene quindi da chiedersi come mai a Sud non si faccia il tempo pieno. Le ragioni possono essere tante, ma fondamentalmente l’origine del problema è imputata al fatto che non ci sono mense o servizi di mensa convenzionati alle scuole. Come fa sapere Svimez, infatti, il 79% degli alunni delle scuole primarie statali (650mila ragazzi) non beneficiano di alcuna mensa. I dati si fanno ancora più significati in considerazione del fatto che uno studente su due, nel Centro-Nord, ne usufruisce eccome.
Tutto questo ha anche ricadute sulla salute degli studenti. L’associazione evidenzia, da questo punto di vista, che un minore su tre, tra i 6 e i 17 anni, è in sovrappeso, mentre nel Centro-Nord tale condizione si attesta su un alunno su cinque. Il che dipenderebbe tanto dalle abitudini alimentari dovute agli orari quanto alla mancanza di attività fisica: 550.000 allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno, esattamente due terzi, non frequentano istituti dotati di una palestra.
Una tendenza in peggioramento
E il quadro presentato, per Svimez, non tenderà a migliorare. Anzi, per l’associazione, il gap potrà solo peggiorare nel tempo, dato il progressivo disinvestimento generale dei governi nei confronti dell’istruzione. Basti pensare che, tra il 2008 e il 2020, l’investimento complessivo in termini reali si è ridotto del 19,5 per cento nelle regioni meridionali, oltre 8 punti percentuali in più del Centro-Nord. Nello stesso periodo, nel Sud, la spesa per gli investimenti sarebbe crollata di quasi un terzo, contro il 23% del resto dello Stivale.Così Luca Bianchi, direttore dell’associazione Svimez: “Per contrastare queste dinamiche occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalità di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema di istruzione. La priorità oggi è rafforzare il sistema educativo soprattutto nelle aree marginali, del Sud e del Nord”.