
Ma l’azione di questo insegnante è supportata anche da alcuni studenti tutor, ovvero ragazzi degli ultimi anni che supportano gli alunni più piccoli, guidandoli nella vita scolastica. Il focus è quindi sulla prevenzione: entrambe le figure sono chiamate ad ascoltare e osservare, per anticipare situazioni che potrebbero rapidamente aggravarsi: ma in che modo?
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Il docente dello “star bene”: come funziona?
Il professore dello “star bene” ha un ruolo che può sembrare non molto chiaro, in quanto formalmente il suo compito è quello di captare tutte le possibili situazioni problematiche e le richieste di aiuto non sempre palesate prima che diventino un reale problema per i ragazzi.Nello specifico questo insegnante, come riporta ‘Il Corriere della Sera’ con la collaborazione di una vera e propria squadra di esperti, formata da una psicologa, un counselor, una psicopedagogista e due vice-presidi, deve andare incontro, con la dovuta discrezione, ma con perfetto tempismo, ai primi segnali d’allarme manifestati dagli studenti.
Lo scopo è dunque quello di essere un punto di riferimento all’interno del corpo insegnanti per tutti i ragazzi che sentono nascere qualche difficoltà nella vita scolastica o personale, come spiega Annamaria Faccio, colei che attualmente svolge questo incarico presso l’istituto di Bassano del Grappa, illustrando il suo lavoro al ‘Corriere della sera’: “Seguo i progetti di educazione alla salute, con associazioni che si occupano della prevenzione: dai tumori giovanili alle dipendenze. Ma anche gli interventi psicologici, coordinando tutte le attività, dallo sportello ascolto ai colloqui individuali e con le famiglie. C’è un rapporto continuo di relazione con i ragazzi, i docenti, per scegliere le strategie migliori, di informazione, comunicazione, intervento.”
Annamaria Faccio svolge questa funziona da molti anni, e quindi afferma di aver registrato una progressiva difficoltà da parte dei ragazzi nel realizzare di aver bisogno di una mano in situazioni difficili: “Prima i ragazzi erano più portati a chiedere aiuto, adesso noto che hanno più problemi ad aprirsi, a parlare. I problemi più frequenti? Attacchi di panico, difficoltà di relazione con i coetanei, incapacità di gestire gli insuccessi, di essere giudicati, di prendere decisioni per il futuro.” Il covid, racconta ancora Annamaria Faccio, ha quindi aggravato una situazione già delicata, mettendo in pericolo la visione del domani nei ragazzi: “In particolare, non sanno vedersi né in un futuro a medio né a lungo termine. Soprattutto dopo la pandemia abbiamo avuto ragazzi che si tagliano, anoressici, che non riuscivano a stare più di due ore in classe, che non volevano venire a scuola. Farli rientrare nella comunità scolastica non è stato facile. Anche qui abbiamo avuto un suicidio, e far accettare e comprendere ai ragazzi come reagire è stato un compito delicato e fondamentale per riprendere la normalità.”
La figura del tutor a scuola: che ruolo ha
Nonostante possa sembrare una formula collaudata che viene proposta in molti open day dalle scuole superiori, lo studente tutor dell'istituto di Bassano del Grappa non è lo stereotipo di ragazzo che aiuta le matricole il primo giorno per poi non vestire più i panni di mentore."Ci sono due percorsi differenziati, ed entrambi accompagnati da una formazione specifica che i ragazzi di quarta e quinta, dopo una selezione, effettuano prima dell’inizio dell’anno, tra fine agosto e inizio agosto: un vero e proprio campus di una settimana per imparare ad essere tutor" spiega la dirigenti dell'istituto, Laura Biancato, orgogliosa del lavoro che sta svolgendo all'interno della scuola da ben tre anni.
Laura Biancato racconta la propria esperienza personale che ha poi sfruttato nel momento in cui è diventata preside: "Ho avuto un figlio che ha frequentato questa scuola e ho capito che uno dei punti forti era proprio la partecipazione, elevatissima, di tutti alla vita scolastica. I ragazzi più maturi sono chiamati ad accogliere e accompagnare i più piccoli, a prendersene carico, fin dagli inizi dell’anno scolastico, e in questo modo vengono responsabilizzati."
Sono stati quindi ideati due percorsi: il primo porta chiunque sia interessato a diventare un tutor qualificato nel migliore dei modi per guidare i ragazzi di prima. Compito di questi giovani mentori è quello di spiegare il funzionamento della scuola, le regole, come muoversi, come relazionarsi con gli adulti. L’altro invece è destinato a quegli studenti che sono particolarmente bravi in una disciplina e che quindi sono considerati in grado di aiutare concretamente i più piccoli con le difficoltà tipiche degli inizi: "Possono prenotare gli spazi comuni dedicati dalla scuola, firmando un semplice modulo dal bidello, e lavorare anche fuori orario scolastico", spiega ancora Laura Biancato.
Ma perché uno studente dovrebbe essere interessato a intraprendere queste due attività? A rispondere è ancora la preside, che fuga ogni dubbio: "Prendono un credito, e hanno un voto in educazione civica e comportamento. Ma non è una retribuzione, perché il fatto stesso di essere tutor li rende partecipanti, competenti, insegna loro a spiegare , capire, relazionarsi. Ne guadagnano molto di più in termini di crescita e maturità."