
Un ritorno in aula turbolento per gli studenti di scuola e università che, in questi giorni, hanno scelto di scendere in piazza e manifestare contro le regole ministeriali e non solo.
Gli studenti delle scuole lamentano il difficile ritorno alla normalità in classe: zero distanziamento, strutture fatiscenti, turni massacranti e disorganizzazione generale. Gli universitari, invece, manifestano contro l'obbligo di green pass per accedere alle lezioni. E in diverse realtà, anche dove il green pass non appare come un problema, gli studenti sono costretti a continuare a seguire le lezioni in Dad.
Cerchiamo di fare il punto della situazione e capire quali siano le reali motivazioni che hanno spinto milioni di studenti a manifestare a gran voce le proprie ragioni.
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Studenti delle scuole superiori contro i turni e gli ingressi scaglionati
Gli studenti della scuola italiana chiedono organizzazione e sicurezza che, nel corso del primo mese di scuola, sono stati messi a repentaglio dai doppi turni, dagli assembramenti e dal sovraffollamento in aula e sui trasporti pubblici.
Da nord a sud le proteste tendono ad aumentare e molti studenti minacciano di continuare con scioperi e sit-it sotto i palazzi delle istituzioni se le loro richieste non dovessero venire accolte.
In alcune circostanze, al fianco degli studenti, sono scesi in strada anche i presidi, come nel caso del Liceo Scientifico “Gioacchino Pellecchia” di Cassino. Il preside dell’istituto, Salvatore Salzillo, ha voluto manifestare piena solidarietà ai suoi studenti: “Sono d’accordo con gli alunni in quanto hanno pienamente ragione – ha spiegato il dirigente – . Queste sono richieste legittime. Sono stati creati i doppi turni e poi quando i ragazzi nel pomeriggio prendono l’unico pullman per ritornare a casa, all’interno si ritrovano stretti come le sardine, altro che assembramento! Si creano troppi disagi in entrambe le turnazioni. Dopo continui solleciti alle autorità competenti purtroppo ci troviamo “di fronte” a persone che non “ascoltano””.
A Bari, lo scorso 11 ottobre, altri studenti hanno formato cortei per chiedere che vengano regolarizzate classi da 15 persone per garantire la salute e la qualità della didattica, assunzioni e stabilizzazioni dei docenti, un piano per un trasporto pubblico efficiente e gratuito e per contrastare il pericolo di contagio nelle scuole.
Per quasi una settimana i ragazzi del liceo artistico "Federico II - Stupor Mundi", non sono entrati in classe per protestare contro la decisione presa della Prefetta, Antonella Bellomo, di scaglionare gli ingressi a scuola e per l'annoso problema dei trasporti. Per gli studenti il “doppio turno” rimane la difficoltà maggiore, insieme al trasporto pubblico che non consente di raggiungere in sicurezza la scuola.
“L’ingresso alle ore 9.40 comporterebbe l’uscita da scuola oltre le 15 per i licei e oltre le 17 per gli istituti professionali” - fanno sapere gli studenti in una lettera indirizzata alla Prefetta. “Bisognerebbe dunque attivare dei servizi che permettano a tutti di tornare alle proprie abitazioni subito dopo l’orario di uscita, in quanto perdere un’altra ora per raggiungere il domicilio significherebbe sottrarre ulteriore tempo allo studio e alle attività extracurriculari (sport, conservatorio, laboratori, progetti, volontariato, socializzazione e relazioni interpersonali) che non potremmo più praticare”.
Rappresentanti degli studenti e sindacati vorrebbero avviare un dialogo con la Prefetta che, però, aveva già stabilito che la situazione sarebbe rimasta la stessa almeno per le prime settimane di scuola.
"Vogliamo un potenziamento dei trasporti, richiesta che non nasce con l’emergenza sanitaria ma già precedentemente. Lo scaglionamento è soltanto una pezza per non risolvere il problema" ha sottolineato Raffaele Filomeno, rappresentante del Panetti-Pitagora di Bari.
Un’adesione trasversale nei diversi cortei italiani che dà la misura delle difficoltà ancora presenti, nonostante il ritorno in presenza a lezione.
“Gli studenti sono esasperati - ha dichiarato uno dei rappresentanti d’Istituto presente al corteo fuori dall’istituto Giuseppe Colasanti di Civita Castellana. “Le ore pomeridiane non gli permettono di condurre una vita fuori da scuola, il disimpegno e l’immobilismo dei professori li distrugge psicologicamente, la disorganizzazione nelle scansioni orarie che escono di settimana in settimana (peraltro di domenica) non permette loro di avere dei punti fermi, e, per di più, lamentano il malfunzionamento della rete di autobus Cotral, che, o non rispetta gli orari, o salta le fermate”.
Alcune di queste manifestazioni, però, sono degenerate in veri e propri scontri e azioni di cattivo gusto. Come a Torino, dove lo sciopero indetto da Cobas e altri sindacati di base, al quale si sono uniti anche diversi studenti di istituti superiori, ha portato a dare fuoco a un’immagine del premier, Mario Draghi, e alla bandiera europea, intonando slogan con il supporto di fumogeni rossi.
Non solo turni: studenti in lotta per la ricreazione
Altro sciopero a Milano negli scorsi giorni, ma stavolta non c’entrano i turni. Anche se nel mirino è di nuovo l’organizzazione della didattica. Gli studenti degli Istituti Marcora e Lombardini hanno scelto di scioperare per protesta contro la decisione, presa dal dirigente, di reintrodurre l’intervallo nel corso della mattinata scolastica, purché i ragazzi nel corso dei 10 minuti di pausa rimangano all’interno dell’aula. “Non accettiamo che l’intervallo si faccia esclusivamente in classe, che non si possa andare in bagno e che non ci si possa servire delle macchinette del caffè e degli snack” – lamentano gli studenti.
Medesima situazione al Liceo Classico Giuseppe Garibaldi di Palermo, dove i rappresentanti d’istituto hanno chiesto che i momenti di ricreazione possano essere svolti anche all’esterno, al fine di evitare continui assembramenti: “Le disposizioni della Dirigente mettono a repentaglio la salute dell’intera comunità scolastica – scrivono i ragazzi - dal momento che attualmente avvengono tra le mura del nostro istituto dei veri e propri assembramenti in luoghi chiusi ove il distanziamento non è reso possibile per via della ristrettezza delle aule. Tale scelta è da ritenersi illogica, rischiosa, arbitraria e priva di fondamento”.
Università, le proteste degli studenti contro il green pass
E se a scuola gli studenti chiedono maggiore sicurezza e degli orari di lezione più consoni, all’università è il green pass a far andare su tutte le furie i ragazzi. Da Bologna a Messina, passando per Ferrara e Roma: buona parte degli universitari si è unito sotto l’unico grande slogan “No green pass”.
La polemica delle ultime ore riguarda l’Università di Bologna dove una studentessa della facoltà di Filosofia ha deciso di seguire uno dei corsi in presenza, ma senza certificazione verde. Elencando tutte le sue motivazioni, ha fatto annullare la lezione ai 50 colleghi già seduti davanti al professore. “Infame tessera verde”: queste le parole della studentessa che ha voluto definire la sua azione come una disobbedienza consapevole. La ragazza avrebbe potuto seguire le lezioni in Dad ma, invece, ha scelto di portare avanti la sua causa in barba alle regole ministeriali.
Sempre nell’ateneo bolognese, la professoressa Elena Lamberti, docente di letterature Anglo-americane, nel corso di una sua lezione ha deciso di lasciare in aula una sedia vuota rivolta verso gli studenti, “per ricordare che ci saranno colleghi privati di almeno due diritti fondamentali: la libertà di scelta individuale rispetto alla vaccinazione (che a tutt’oggi non è obbligatoria) e il diritto ad esercitare la loro professione (lo stesso vale per amministrativi, tecnici e studenti)”.
Lamberti ha successivamente spiegato che il suo è semplicemente un segno di dissenso: “Credo nel vaccino, la mia non è una protesta pro o no vax, non entro in questo dibattito”. Ma, bensì, Trova sia una contraddizione e una discriminazione l’uso del green pass a lezione: “Io parlo da docente vaccinata e che ha convinto persone a vaccinarsi. Ma se lo Stato non mi dà l'obbligo e mi permette di scegliere, di fatto con il Green Pass vengono lesi due diritti fondamentali: la libertà di scelta e di insegnamento, perché non si permette a un docente di fare didattica online. Per un anno e mezzo abbiamo sperimentato forme di didattica diverse, tra cui quella a distanza, e ora questa opzione è impedita, mentre gli studenti possono seguire online”.
La questione vaccino muove le masse e gli studenti no green pass in queste ore, in diverse città d’Italia, hanno deciso di scrivere ai Rettori per convincerli a rispettare il diritto allo studio che, di contro, l’obbligazione al green pass non considererebbe.
È accaduto in due città della Sicilia, Palermo e Messina, dove alcuni studenti hanno consegnato lettere molto argomentate in cui chiedono: “Pari opportunità nell'accesso allo studio e al lavoro, nella ricerca, nella progressione di carriera del personale docente e tecnico amministrativo”. Il Rettore di UniPa, Fabrizio Micari, ha scelto di non dare ulteriore risonanza alla faccenda: “L'Università sta con la legge e applica le norme in vigore – ha commentato Micari. "Da un punto di vista sostanziale se la situazione sta migliorando è grazie ai vaccini".
Anche alcuni degli studenti dell’università di Messina hanno deciso di inviare una lettera al Rettore dell’ateneo peloritano, Salvatore Cuzzocrea. Chiedono un ritorno completo alla normalità senza dover consegnare alcun lasciapassare e affermano di voler mettere in atto “il modello dei portuali di Trieste per dare una seria svolta alle politiche accademiche”.
Ma se nella maggior parte dei casi sono stati gli studenti a portare avanti proteste silenziose contro la richiesta della certificazione vaccinale, all’università L’Orientale di Napoli è stato un docente a creare una soluzione alternativa. Il professore Guido Cappello ha scelto di tenere ogni settimana le sue lezioni all’aperto per gli studenti sprovvisti di pass.
A fare scalpore è stata, però, una dichiarazione del docente che ha paragonato la politica, introdotta dal governo, a quella dei gerarchi nazisti. Immediatamente il rettore dell’Ateneo napoletano è, quindi, intervenuto per chiarire la sua estraneità ai fatti e a sottolineare che le lezioni del professor Corelli non erano mai state organizzate da L’Orientale.
"Le lezioni non rappresentano in alcun modo una di quelle ordinarie fissate per il suo corso di laurea all’Orientale che il professor Cappelli porta avanti in sede, attenendosi alle regole previste per legge ossia esibendo il Green Pass" - ha voluto precisare il rettore dell’università, Roberto Tottoli. “Quanto accade all’esterno, sono iniziative e attività personali non connesse all’Orientale”.
Sempre a Napoli, all’università Federico II, un gruppo di studenti contrari alla certificazione vaccinale ha scelto di riunirsi su Corso Umberto per chiedere "Tamponi gratuiti e di garantire il diritto allo studio. Vogliamo seguire le lezioni, anche a distanza se è l'unico modo".
Non solo green pass: gli studenti protestano anche contro il ritorno alla Dad
Nessun problema con la richiesta di green pass, invece, per gli studenti dell’università di Ferrara che, però, hanno deciso di far sentire le proprie ragioni perché stanno continuando a seguire le lezioni a distanza, nonostante il ritorno in presenza della maggior parte degli atenei italiani. Aule troppo piccole e impossibilità di mantenere il distanziamento: sarebbero queste le motivazioni che hanno spinto l’amministrazione a far rimanere a casa i ragazzi.
A esprimere il proprio dissenso sono stati soprattutto gli studenti delle facoltà mediche che hanno chiesto un ritorno celere, e in sicurezza, in aula. A rispondere all’accorato appello è stata direttamente la prorettrice dell’ateneo, Tiziana Bellini, che ha difeso la soluzione trovata con la dad asserendo che “gli studenti vogliono solo la possibilità psicologica di tornare in classe, ma poi spesso non vengono a lezione”.
Manifestazione andata a buon fine, invece, a Perugia, dove oltre un centinaio di studenti universitari avevano chiesto al Rettore l’immediato ritorno alla attività didattiche in presenza dopo che, a causa di nuove restrizioni governative, erano state chiusi alcuni dei luoghi ricreativi dell’ateneo.
La trattativa pare essere andata a buon fine: “È Stato confermato l'aumento della capienza al cento per cento, per spazi didattici e spazi studio, che dovrebbe risolvere gran parte delle problematiche segnalate in queste settimane da studentesse e studenti" ha spiegato Gianluca Menichelli del Consiglio degli studenti.