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di paolodifalco01
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Da oggi il Green Pass è diventato obbligatorio per i lavoratori pubblici e privati e, probabilmente, lo sarà fino al prossimo 31 dicembre ovvero quando è prevista la scadenza dello stato d'emergenza.

La misura riguarda ben 23 milioni di lavoratori, di cui 14 milioni e 700mila impiegati nel settore privato anche se non è del tutto chiaro il numero dei lavoratori che oggi non lo hanno: le stime oscillano tra i 2,5 ed i 5 milioni di persone.

Il Green Pass, inoltre, è ormai entrato a far parte della nostra normalità e, in modi diversi, viene utilizzato anche in altri Paesi come in Francia dove viene richiesto per accedere nei luoghi e negli eventi a forte affluenza o nella Danimarca, primo Paese ad introdurlo, ma che poi lo ha rimosso a settembre.

La tematica che divide l’opinione pubblica: andiamo a vedere quanti sono i favorevoli alla certificazione verde, le loro ragioni e cosa pensa chi è contrario.

Quanti sono i favorevoli al Green Pass in Italia?

Secondo una rilevazione effettuata dall’EngageMinds Hub, il Centro di ricerca dell'Università Cattolica, il 56% degli italiani ritiene che il Green Pass sia una misura efficace a ridurre il rischio di contagi e dunque utile nella lotta alla pandemia da Covid-19. Ben il 60% degli italiani vede nella certificazione verde uno strumento di responsabilità social ma solo il 52% pensa che sia giusto vietare l'accesso ai luoghi di lavoro a chi non sia in possesso della certificazione.

I dati della ricerca condotta da EngageMinds Hub su un campione di oltre seimila italiani rilevano anche che le differenze di reddito influenzano in parte l’opinione sul Green Pass: il consenso alla misura aumenta molto tra chi ha un reddito relativamente elevato ma, tra coloro che denunciano un reddito basso, la percentuale scende al 51%. La stessa cosa è stata riscontrata per l’obbligatorietà della certificazione nell’accesso ai luoghi di lavoro: il 63% tra i più benestanti pensa sia giusto renderlo obbligatorio, mentre tra i meno abbienti questa frazione si ferma di nuovo al 51%.

Cosa sostengono i favorevoli al Green Pass?

Secondo i favorevoli al Green Pass quest’ultimo è lo strumento che potrà finalmente riportarci alla normalità. Uno strumento che, riducendo le probabilità di contagio, rende molta più sicura la circolazione e permette di far risollevare qui settori produttivi messi economicamente in ginocchio dalla pandemia come quello della ristorazione o quello dello spettacolo. Dall’altro lato, per molti rappresenta l’alternativa per evitare di ritornare alle chiusure ricorrenti, alle sale di terapia intensiva piene all’interno degli ospedali o alle migliaia di vittime che aumentavano di ora in ora raggiungendo numeri altissimi.

Per tornare alla situazione pre-covid, sostengono i favorevoli, i vaccini sono da considerarsi come la strada maestra anche perché quest’ultimi, stando agli studi scientifici compiuti, funzionano e tutelano in altissima percentuale la salute di chi li ha assunti. L’obiettivo finale per il ritorno alla normalità è quello di raggiungere l’immunità di massa. Per quanto riguarda la costituzionalità del Green Pass, tema su cui si è molto dibattuto, i favorevoli sostengono che effettivamente nella nostra Costituzione la salute non è tutelata solo come diritto fondamentale del singolo ma altresì come interesse della collettività.

Questo consente l’imposizione di un trattamento sanitario se ha l’obiettivo “non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri” così come ha stabilito la Corte costituzionale nel 2018. D’altro lato bisogna sottolineare come la Costituzione stessa consente di introdurre limiti alla libertà di circolazione proprio per motivi di sanità.

Cosa sostengono i contrari al Green Pass?

I contrari al Green Pass invece, in linea di massima, non sono sempre contrari alla vaccinazione anche perché la certificazione verde può essere ottenuta non solo attraverso il vaccino, ma anche attraverso il tampone, che tuttavia avrebbe un costo molto oneroso se sia da ripetere 2/3 volte alla settimana per poter ottenere il Green Pass al fine di accedere al luogo di lavoro.
Quindi, nella maggior parte dei casi, si è contrari allo strumento in sé che avrebbe l’unico obiettivo di “rendere la vita difficile ai non vaccinati”.

Alcuni, inoltre, trovano delle incoerenze nella norma e fanno notare come la certificazione verde sia obbligatoria nei luoghi di lavoro, ma non serva, ad esempio, per andare a fare la spesa al supermercato. Altri pensano che alcune categorie di lavoratori, sia vaccinati che non vaccinati, con mascherina e guanti monouso potrebbero svolgere il loro impiego nella stessa maniera. C'è, inoltre, chi non ravvisa una vera efficacia del metodo del Green Pass obbligatorio, obiettando che i possessori di Green Pass possono ancora infettarsi e così potrebbero infettare comunque altre persone dotate della certificazione verde.

E poi c'è chi ravvede nell'obbligo di Green Pass una misura "discriminatoria" nei confronti dei non vaccinati. Nell’appello dei No Green Pass firmato anche dal prof. Alessandro Barbero, per esempio, si denunciava la “natura discriminatoria del Green Passnei confronti di una minoranza e soprattutto l’estensione “dell’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico”. Proprio in questo appello, a conferma di ciò che dicevamo prima, si ribadiva di essere a favore della vaccinazione ma si chiedeva di preservare la “libertà di scelta di tutti e favorire l’inclusione paritaria in ogni sua forma” e di avviare “un serio dibattito politico, nella società e nel mondo accademico tutto [...] per evitare ogni penalizzazione di specifiche categorie di persone in base alle loro scelte personali e ai loro convincimenti”.

Paolo Di Falco