
Per questo le studentesse di Roma, nella serata di ieri, hanno deciso di manifestare per lanciare un messaggio importante, non solo riguardante l’abbigliamento che non può essere il capro espiatorio per le violenze subite dalle donne, ma anche per rivendicare la libertà di disporre del proprio corpo.
“Il corpo è mio e decido io” è lo slogan che ha mosso la protesta che ha visto come teatro le stazioni e i vagoni dei treni della metropolitana di Roma nel tardo pomeriggio del 7 marzo. Ma scopriamone di più.
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A Roma la protesta dell’8 marzo per celebrare lo Sciopero Transfemminista Globale
Ieri sono state decine le studentesse che hanno deciso di invadere le stazioni e i treni della metro di Roma per mostrare a tutte e tutti come e perché nella giornata dell’8 marzo stanno scendendo in piazza. "Educa tuo figlio" si legge sui cartelloni che ieri le ragazze hanno portato in piazza durante la protesta, sottintendendo che le ragazze aggredite sono sempre le vittime e non sono mai responsabili dei comportamenti dell'aggressore, come purtroppo spesso si lascia intendere, facendo passare il messaggio erroneo che i vestiti indossati siano preludio di consenso a qualsiasi atto sessuale.E dunque, il motivo della preview di ieri sera e quello della protesta che si svolgerà oggi con lo Sciopero Transfemminista Globale, è la rivendicazione del proprio corpo e del proprio modo di vestire. “Scendiamo in piazza contro guerra e patriarcato” affermano le ragazze in piazza, con pantaloncini corti, minigonne, top e pancia scoperta, nonostante le temperature non ideali della capitale, rivendicando il diritto di vestirsi - o svestirsi - a loro piacimento.
L’appuntamento per il corteo è quindi alle ore 17:00, quando partirà la manifestazione transfemminista contro la guerra da piazza della Repubblica. Un evento che ogni anno porta in strada migliaia di persone: “L’8 marzo non è un giorno di festa, ma di lotta. Attiviamoci per fermare questo conflitto”.
Studentesse contro il “dress code” nelle scuole
Oggi, 8 marzo, saranno in piazza anche le studentesse che manifesteranno contro ogni tipo di dress code imposto dalle scuole. Emblematici sono gli ultimi avvenimenti, il primo accaduto nel Liceo scientifico Righi di Roma, dove una professoressa ha offeso una sua alunna per aver alzato la maglietta mostrando l'ombelico durante l'intervallo. Il secondo invece avvenuto nel Liceo Orazio, sempre a Roma, dove un supplente ha scritto un post su Facebook denunciando le studentesse che a suo parere andavano vestite a scuola da “troie”."Il patriarcato è una forma di oppressione sulle nostre vite e sui nostri corpi, e scenderemo in piazza in primis per questo – spiega a Fanpage Syria, studentessa del liceo Archimede e attivista del Movimento Lupa – Ma non solo: i nostri corpi sono sempre stigmatizzati, mercificati e giudicati dai nostri professori, anche sulla base di come ci vestiamo. Lo abbiamo visto con quello che è successo al Righi e all'Orazio, dove a una ragazza è stato detto di ‘tornare sulla Salaria' e che si veste come una ‘troia' per una pancia scoperta” ricorda la ragazza.
“Pretendiamo che nelle scuole si parli di educazione sessuale, all'affettività, ai generi e soprattutto al consenso. È a partire dalla scuola che si possono eliminare i tabù e i pregiudizi machisti patriarcali. Vogliamo nelle scuole sportelli antiviolenza e di ascolto, che ci sia collaborazione con i centri antiviolenza di zona e con i consultori. Tutta la scuola andrebbe ripensata in chiave femminista e transfemminista, un luogo di cura e relazione dove impariamo a relazionarci con gli altri e dove sentirci al sicuro" conclude Syria.
E infatti la lettera aperta, riportata da Fanpage, di Non Una di Meno per la giornata dell’8 marzo si rivolge anche alle studentesse e agli studenti: "Da più di due anni stanno lottando per poter avere un’istruzione che apra possibilità di autodeterminazione e non solo un destino precario, e contro le politiche pandemiche che hanno trattato la scuola come qualcosa di irrilevante, che si può interrompere in ogni momento mentre la produzione deve andare a tutti i costi – scrivono nella lettera aperta – Sappiamo quanto è pesato l’isolamento della didattica a distanza sulle vite di tutte e tuttə, quanto ha aumentato la difficoltà di sentirsi e liberə da situazioni familiari opprimenti e dal peso delle disuguaglianze sociali. L’8M è per chi in tutte le scuole sta lottando per liberare l’istruzione dalle disuguaglianze, per chi vuole un’educazione che finalmente riconosca la ricchezza delle nostre differenze."