Concetti Chiave
- Il naturalismo descrive i meccanismi sociali in modo distaccato, ispirato da una concezione deterministica che vede l'uomo influenzato da natura e ambiente.
- Giovanni Verga adotta il verismo, influenzato dal naturalismo francese e dalle inchieste sociali italiane, sviluppando una poetica che enfatizza l'oggettività e l'impersonalità.
- Ne "I Malavoglia", Verga usa una forma narrativa che riflette la prospettiva dei personaggi, evitando un narratore onnisciente e cercando autenticità attraverso proverbi e linguaggio popolare.
- "Mastro Don Gesualdo" esplora le contraddizioni di un arrampicatore sociale, mostrando un protagonista che accumula ricchezze a scapito degli affetti, culminando in un bilancio di vita fallimentare.
- La novella "Libertà" rappresenta una ribellione contadina del 1860 in Sicilia, evidenziando l'impossibilità di cambiare lo stato sociale e riflettendo la filosofia del darwinismo sociale.
Indice
Il Naturalismo e il Decadentismo
Il Naturalismo è una delle tendenze dominanti tra il 1865 e il 1890 (Italia dal 1878 e il 1890.
Nel naturalismo viene meno la partecipazione romantica ai destini della società.
Lo scrittore diventa uno specialista che osserva in modo distaccato e neutrale i meccanismi sociali, limitandosi a descriverli.
Il termine naturalismo è dovuto alla concezione deterministica che ispira questa poetica: l’uomo è determinato dalla natura, dagli istinti, dai bisogni materiali e dall’ambiente in cui si vive.
Il decadentismo, in origine, era usato come termine negativo che comportava un giudizio morale di condanna nei confronti delle tendenze artistiche e letterarie affermatesi in Europa dopo gli anni 80.
Oggi il termine decadentismo indica la civiltà letteraria e artistica affermatasi in Europa tra i due secoli.
La poetica principale del decadentismo è il simbolismo.
Il decadentismo segue il culto della bellezza e dell’arte (estetismo), l’irrazionalismo e primato del simbolo e dell’intuizione, ha una concezione aristocratica dell’arte ed eccezionalità dell’artista.
Il decadentismo rifiuta il naturalismo e il positivismo.
Giovanni Verga e il Verismo
Giovanni Verga è nato a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri.
Inizia a scrivere già a sedici anni ma la sua vera storia poetica inizia quando si trasferisce a Firenze nel 1869.
A Firenze subisce l’influenza della letteratura tardo romantica e filantropica sociale.
Quando si trasferisce a Milano, nel 1872, si convince che l’epoca romantica è finita e che l’arte è diventata un lusso inutile in una società dove dominano le banche e le imprese.
Nel 1877 si forma un gruppo di narratori e critici che hanno l’obiettivo di creare il romanzo moderno attraverso l’adesione al naturalismo.
Verga aderisce al verismo grazie a tre fattori:
- esce il capolavoro del naturalismo francese L’Assomoir (l’ammazzatoio)
- si forma il gruppo che intende creare il “romanzo moderno”
- viene diffusa l’inchiesta in Sicilia di Franchetti e Sonnino, e le lettere meridionali di Villari facendo scoppiare laquestione meridionale.
La Poetica Verista di Verga
Dall’Assomoir e dagli incontro con il gruppo trae spunto per elaborare una poetica fondata sulla teoria della «forma inerente al soggetto», dall’inchiesta in Sicilia trae spunto per i contenuti di vita dei campi e dei malavoglia.
La poetica verista dipende da quella del naturalismo francese.
Ha un impostazione positivista, perché parte dal presupposto che la verità sia oggettiva e scientifica, materialista, perché il comportamento umano è assimilato a quello animale e viene visto in dipendenza dall’egoismo individuale, e determinista, perché nega la libertà del soggetto in quale è sempre determinato dal mondo che lo circonda.
I poeti veristi seguono una poetica anti romantica: escludono l’idealismo (i romantici ritenevano che fossero gli ideali a cambiare la realtà) e la soggettività dell’io narrante (espressione diretta di sentimenti e interiorità).
I poeti veristi ritengono che sia la realtà a determinare i comportamenti dell’uomo, e che la psicologia dei personaggi possa essere rappresentata senza fare l’analisi psicologica (la realtà profonda dell’io deve essere mostrata attraverso la descrizione dei suoi effetti sul comportamento oggettivo).
L’esclusione della soggettività dell’autore implica l’impersonalità, l’autore deve comportarsi come uno scienziato, nell’opera non si devono vedere né i sentimenti né l’ideologia dell’autore.
L’autore deve limitarsi a documentare la realtà oggettiva.
È necessaria l’eclissi dell’autore, che deve sparire nella propria opera.
Il narratore non può intervenire con propri commenti e giudizi, e non può presentare i protagonisti perché il lettore deve riconoscerli progressivamente.
Verga sostiene che la narrazione deve essere condotta dal punto di vista dei personaggi, che devono narrare le vicende.
È qui che nasce la teoria della «forma inerente al soggetto»: ogni ambiente sociale deve raccontarsi da solo con le proprie immagini e la propria prospettiva culturale e linguistica.
(modificando i livelli sociali devono modificarsi i livelli stilistici).
Il Ciclo dei Vinti
Verga sostiene la necessità di procedere dal semplice al complesso partendo con il rappresentare le classi più basse, nelle quali è più facile cogliere il rapporto tra causa ed effetto e il condizionamento naturale, per poi salire alle classi elevate, nelle quali lo studio è più complesso perché la civiltà ha insegnato loro a nascondere i sentimenti.
È qui che nasce il progetto di un ciclo di romanzi denominato “il ciclo dei vinti”, che rappresenti per prima la vita di contadini e pescatori (I Malavoglia), poi la borghesia di provincia (Mastro Don Gesualdo) e la nobiltà cittadina (La duchessa di Leyra) e infine il mondo parlamentare romano (L’onorevole Scipioni) e quello degli scrittori e degli artisti (L’uomo di lusso, lettera a Salvatore, Paola Verdura sul ciclo della «marea»).
Nel 1878 Vega, scrivendo a Capuana, dichiara di aver iniziato a lavorare al «bozzetto marinaresco» in un modo radicalmente nuovo, con il progetto dei Malavoglia.
Con il titolo si assume l’ottica dei personaggi del romanzo e si evince la scelta poetica.
Il romanzo venne pubblicato nel 1881.
Il punti del progetto di Verga sono:
1. Inventare una «forma inerente al soggetto»
2. l’autore deve sparire calandosi nella nove narrante appartenente al mondo rappresentato, la narrazione deve
avvenire attraverso la prospettiva dei personaggi.
3. non essere presenti gli artifici narratavi manzoniani: narratore onnisciente, messa in scena dei personaggi,
descrizione dell’alto dei personaggi e dei luoghi...
4. Inventare nuovi artifici narrativi: ampie scene corali all’inizio della narrazione...
5. cercare nuove soluzioni linguistiche capaci di esprimere la prospettiva popolaresca (di qui la ricerca di proverbi,
uso di metafore e similitudini, modi di dire tipici...)
6. rifiuto di un successo facile: Verga compie un azione di rottura nel tentativo di fondare un nuovo modello di
romanzo.
Verga sostiene che la verità della rappresentazione si raggiunge facendo una «ricostruzione intellettuale» della realtà.
Da un lato si propone di non copiare la vita di Aci Trezza dal vero ma di costruirla tramite documenti di studi sociali e folclore, dall’altro vuole esprimere un sentimento più chiaro tramite la distanza geografica.
Per realizzare il ciclo dei vinti Verga si avvale soprattutto dell’Inchiesta in Sicilia da cui riprende temi e una delle tesi di fondo secondo il quale l’usura è il cancro che distrugge l’economia siciliana.
I Malavoglia: Trama e Temi
Il romanzo è formato da quindici capitoli.
La vicenda si svolge tra il 1863 e il 1877, il romanzo parla della famiglia Toscano (denominata i Malavoglia) composta da persone a cui non manca la voglia di lavorare.
La famiglia è composta da Padron ‘Ntoni, Bastianazzo, Maruzza, ‘Ntoni, Luca, Alessi, Mena e Lia.
Per fare la dote a Mena, Padron ‘Ntoni compra una partita di lupini indebitandosi con l’usuraio del paese (Zio Crocifisso).
Durante il trasporto la barca fa naufragio e Bastianazzo muore in mare, comincia un periodo di disgrazia. Quando la famiglia si sta riprendendo e Mena si sta fidanzando, Luca muore, la barca naufraga nuovamente e ‘Ntoni desidera evadere; tutto ciò porta nuovamente la famiglia in disgrazia.
Padron ‘Ntoni decide quindi di vendere la barca e cedere la casa per pagare il debito.
‘Ntoni, affascinato dalle città visitate durante il servizio militare, decide di andare a Trieste per cercare fortuna ma torna più povero di prima e comincia a fare il predicatore di idee di uguaglianza e a frequentare gli ambienti di contrabbando.
Contemporaneamente il brigadiere Don Michele insidia Lia.
Sorpreso durante il contrabbando ‘Ntoni accoltella Don Michele e viene condannato a cinque anni di prigione. Lia, dopo essere stata resa pubblica la sua relazione con il brigadiere, scappa di casa e diventa una prostituta a Catania.
Uscito di carcere ‘Ntoni torna a casa, nel frattempo Alessi ha sposato una vicina e ha riacquistato la casa del nespolo, mentre padron ‘Ntoni è morto.
Mena ha rifiutato di sposare compare Alfio e ‘Ntoni decide di partire per sempre.
Nelle prime due parti (I-X) si contrappongono padron ‘Notni e l’usuraio Campana di legno.
Padron ‘Notni impersona la morale patriarcale, gli ideali del lavoro e dell’onestà, la fedeltà alla “religione della famiglia”.
Campana di legno incarna le leggi dell’utile immediato e s’ispira solo a un cinico egoismo.
In padron ‘Ntoni resistono le leggi della tradizione e i valori del passato mentre in Campana di legno sono già penetrati i disvalori del mondo moderno (legge dell’interesse, furbizia, desiderio di ricchezza).
Un’altra differenza sta tra Padron ‘Ntoni e il nipote ‘Ntoni: il primo rappresenta il mondo patriarcale della tradizione contadina, è un personaggio epico che conosce un’unica verità, usa il linguaggio antico dei proverbi e della saggezza patriarcale, è fedele ai valori della famiglia.
Il secondo rappresenta il presente a la modernità, è un personaggio romanzesco che conosce il dissidio interiore e la contraddizione, usa diversi linguaggi (proverbi, linguaggio dei giornali, della politica ecc...), è diviso tra i sistemi di valori in contrasto (la famiglia e la città)
Anche la famiglia è divisa in due poli contrapposti: ‘Ntoni (leggi della modernità) si oppone ad Alessi (leggi patriarcali), Lia (corrotta dal desiderio di ricchezza) si oppone a Mena (religione della famiglia).
Mastro Don Gesualdo: Ascesa e Decadenza
Mastro Don Gesualdo è il secondo romanzo del ciclo dei vinti, uscito nel 1889.
L’intenzione di Verga era quella di rappresentare un’arrampicatore sociale: un mastro che diventando ricco prende il titolo di don senza dimenticare le sue origini.
L’azione si svolge tra il 1820-21 e il 1848-49.
La narrazione è dedicata ai singoli momenti di vita del protagonista, con salti temporali di anni.
Nella prima parte, Febbraio 1820, un incendio sorprende in casa Bianca (giovane nobile spiantata) insieme al cugino Ninì con cui ha una relazione segreta.
Ninì si rifiuta di sposarla perché non ha una dote, Gesualdo si fa avanti e le nozze avvengono tra un ostilità generale.
Nella parte seconda Gesualdo diventa il più ricco del paese trionfando all’asta per le terre comunali, traendo vantaggio dalla rivoluzione carbonara e infine con dei prestiti fatti a Ninì.
La parte terza inizia riassumendo la storia di Isabella, figlia di Gesualdo ma nata dalla relazione tra Bianca e Ninì. Isabella, in contrasto con la sua educazione e il padre, si innamora del cugino Corrado.
Il matrimonio non è possibile perché Corrado è povero: Gesualdo organizza il matrimonio fra Isabella e il duca di Leyra (appartenente ad una famiglia illustre ma in declino).
Per placarlo, quando scopre che Isabella è incinta di Corrado, Gesualdo è costretto a cedergli delle terre.
Il tema centrale della quarta parte è la decadenza di Gesualdo: dopo la morte della moglie e la rivolta del popolo, vecchio e malato di cancro muore nel palazzo del genero.
Gesualdo muore solo, senza poter condividere nulla con la figlia che ormai appartiene all’ambiente nobiliare e non ha niente da spartire con il padre ossessionato da quale fine farà la sua roba che ha faticosamente accumulato in una vita.
Gesualdo è un personaggio sconfitto, incarna delle contraddizioni, obbedisce alla logica economica ma ne paga il prezzo, ha impostato tutta la sua vita su questa logica accumulando roba ma trascurando gli affetti, pertanto il bilancio della sua vita risulta fallimentare.
Il romanzo presenta le vicende dei personaggi in modo spietato, vivono senza possibilità di riscatto.
Rosso Malpelo e Altre Novelle
La prima opera verista di Verga è la raccolta di otto novelle con il titolo complessivo di vita dei campi.
Il racconto è la storia di un ragazzo che lavora in una cava di rena, viene ritenuto malvagio per i suoi capelli rossi e viene tiranneggiato da tutti.
All’inizio è protetto dal padre, ma quando questo muore rimane solo, anche perché la madre e la sorella si sposano.
Rosso assimila la violenza subita cercando di insegnare la lezione al suo unico amico, Ranocchio.
Quando anche costui muore, accetta di visitare un tratto inesplorato della galleria e vi si perde per sempre.
Rosso Malpelo permette a Verga di trovare un personaggio rappresentativo della realtà.
La voce narrante è dei contadini e minatori che si accaniscono su di lui per i suoi capelli e interpretato negativamente qualsiasi suo gesto.
Il punto di vista dell’autore non coincide affatto con quello del narratore, è così che Verga sperimenta lo straniamento.
(lo straniamento, presentando le cose da un punto di vista non comune, costringe a riflettere su di esse e sospende il meccanismo di identificazione del lettore ed indurlo ad un atteggiamento critico).
Il protagonista è un arrampicatore sociale: Mazzarò da contadino diventa grande proprietario terriero sostituendosi al barone che un tempo era stato il suo padrone.
È riuscito ad ottenere questo risultato dedicando alla logica economica e facendo della roba l’unico interesse della sua vita.
Il testo si suddivide in tre parti: la prima è una sorta di antefatto, la seconda racconta la storia di Mazzarò, la terza contiene la conclusione del racconto giocata sul tema della vanità della roba di fronte alla morte.
La Rivolta di Bronte
Nella novella si racconta un episodio reale avvenuto nel 1860 a Bronte, in occasione della spedizione dei Mille di Garibaldi.
I contadini affamati, raccogliendo un proclama del condottiero e interpretandolo alla luce dei loro interessi, si ribellarono ai ricchi proprietari terrieri, facendone una strage.
Il racconto si divide in tre parti: nella prima si descrive la sanguinosa rivolta, nella seconda si mostra l’arrivo di Bixio e dei Garibaldini (che fucilano alcuni insorti) e nella terza si rappresenta il ritorno della situazione alla precedente condizione come se non fosse successo nulla.
La rivolta, nella prima parte, è descritta con una violenta carica espressiva.
La folla è rappresentata con vigore tramite ellissi, scorci, periodi brevi e frasi nominali.
La ribellione è rappresenta come un fenomeno del tutto normale (come un fiume che straripa o un mare in tempesta).
Nella seconda parte il registro stilistico cambia: alla drammaticità segue un tono distaccato e oggettivo che rappresenta la capacità degli insorti a gestire politicamente la loro azione.
Nella terza parte si alternano pietà e ironia: Verga mostra che tutto è tornato come prima, mostrando l’impossibilità di mutare stato e l’assurdità della rivolta.
Questo è l’unico caso, tra le rivolte rappresentate da Verga, in cui la ribellione è descritta con intensa carica drammatica e con violento espressionismo.
Il motivo sociale che sta alla base della novella sta particolarmente a cuore al poeta: egli era un proprietario terriero preoccupato per la diffusione delle idee socialiste.
Il fatto che la conclusione della novella insista sull’impossibilità di cambiare stato sociale è dato dalla sua filosofia ispirata al principio del darwinismo sociale (secondo cui la vita sociale è caratterizzata dalla lotta di ciascuno contro ciascuno).
Domande da interrogazione
- Quali sono le principali caratteristiche del Naturalismo e del Decadentismo?
- Come Giovanni Verga ha sviluppato la sua poetica verista?
- Qual è il progetto del "Ciclo dei Vinti" di Verga?
- Quali sono i temi principali de "I Malavoglia"?
- Cosa rappresenta il personaggio di Mastro Don Gesualdo?
Il Naturalismo si basa su una concezione deterministica, osservando i meccanismi sociali in modo distaccato e neutrale, mentre il Decadentismo, originariamente un termine negativo, si concentra sul simbolismo, l'estetismo e l'irrazionalismo, rifiutando il naturalismo e il positivismo.
Verga ha sviluppato la sua poetica verista influenzato dal naturalismo francese e dalle inchieste sociali in Sicilia, adottando un approccio oggettivo e scientifico, escludendo l'idealismo e la soggettività, e rappresentando la realtà attraverso la prospettiva dei personaggi.
Il "Ciclo dei Vinti" è un progetto di Verga che mira a rappresentare la vita delle diverse classi sociali, partendo dai contadini e pescatori ne "I Malavoglia", passando per la borghesia in "Mastro Don Gesualdo", fino alla nobiltà e al mondo parlamentare.
"I Malavoglia" esplora temi come la lotta tra tradizione e modernità, il conflitto tra valori patriarcali e moderni, e le difficoltà economiche e sociali affrontate dalla famiglia Toscano, evidenziando il contrasto tra Padron 'Ntoni e il nipote 'Ntoni.
Mastro Don Gesualdo rappresenta un arrampicatore sociale che, pur diventando ricco e acquisendo il titolo di "don", rimane intrappolato nelle contraddizioni della logica economica, trascurando gli affetti e finendo la sua vita in solitudine e fallimento.