beatricefinazzi
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Concetti Chiave

  • Il periodo della seconda metà dell'Ottocento è caratterizzato dalla pubblicazione di opere fondamentali come "I Fiori del Male" di Baudelaire e "Madame Bovary" di Flaubert, che segnano l'inizio del simbolismo e del naturalismo.
  • La poesia simbolista di Baudelaire esplora l'uso dell'analogia e della sinestesia, creando una realtà sensoriale e allusiva che si distacca dalla logica e dalla razionalità quotidiana.
  • Il naturalismo e il verismo emergono come movimenti letterari che cercano di rappresentare la realtà in modo scientifico e impersonale, influenzati dalle teorie di Darwin e dal determinismo sociale.
  • Giovanni Verga, esponente del verismo italiano, utilizza la tecnica della regressione e dell'impersonalità per raccontare la vita e le lotte delle classi sociali più basse in Sicilia, come nei suoi romanzi "I Malavoglia" e "Mastro Don Gesualdo".
  • Zola e i fratelli Goncourt sono protagonisti del naturalismo francese, caratterizzato da una rappresentazione documentata e scientifica della realtà, come nel romanzo "L'ammazzatoio".

Indice

  1. Influenza di Leopardi e pubblicazioni del 1857
  2. Simbolismo e Naturalismo in Francia e Italia
  3. La Natura come tempio simbolico
  4. Esperienza sensoriale e poesia
  5. Baudelaire e la figura del dandy
  6. Censura e ribellione nei "Fiori del male"
  7. Il poeta simbolista e l'albatros
  8. Spleen e malinconia in Baudelaire
  9. Carducci e l'unificazione culturale italiana
  10. Carducci e l'idealizzazione classica
  11. Scapigliatura e avanguardie letterarie
  12. Boito e la lacerazione interiore
  13. Madame Bovary e il realismo di Flaubert
  14. Il naturalismo e la premessa di Zolà
  15. Zolà e il determinismo sociale
  16. Verismo italiano e la tecnica di Verga
  17. Fantasticheria e la vita ad Aci Trezza
  18. Ciclo dei vinti e "I Malavoglia"
  19. "I Malavoglia" e il progresso
  20. Mastro don Gesualdo e il self-made man
  21. La roba e l'accumulo di Mazzarò

Influenza di Leopardi e pubblicazioni del 1857

Avviene la morte di Leopardi, il quale influisce molto sugli autori successivi, come Montale e Pirandello.

Molto importante il 1857, data in cui vengono pubblicati due libri in Francia, fondamentali per la seconda metà dell'Ottocento (che è molto prolifera), di due autori precursori del Naturalismo per la prosa: “Madame de Bovary” di Flaubert (romanzo), e del Simbolismo per la poesia: “I fiori del male" di Baudelaire; essi anticipano il nuovo sentire e percepire la realtà, una visione moderna , diversa dal passato.

Simbolismo e Naturalismo in Francia e Italia

1857-Baudelaire “I fiori del male".

-In Italia: Carducci, Scapigliatura e decadentismo.

-In Francia: poeti maledetti e simbolismo.

1857-Flaubert “Madame de Bovary".

20 anni dopo:

-In Italia: verismo.

-In Francia: naturalismo.

La Natura come tempio simbolico

La Natura è un tempio dove viventi colonne lasciano talvolta uscire confuse parole; l'uomo vi passa attraverso foreste di simboli che lo osservano con sguardi a lui familiari.

Come lunghi echi che in lontananza si confondano in una tenebrosa e profonda unità, vasta come la notte e come la luce del giorno, i profumi, i colori e i suoni si rispondono.

Vi sono profumi freschi come carni di bimbi, dolci come gli oboi, verdi come i prati, - e altri che, corrotti, ricchi e trionfanti,

Hanno l'espansione delle cose infinite, come l'ambra, il muschio, il benzoino e l'incenso, che dello spirito cantano e dei sensi i trasporti.

Natura: tempio, che è un luogo sacro, dove pilastri vivi mormorano “incerte parole” (parole degli dei che sono da tradurre) e nella natura ci sono degli alberi (colonne) che sono vivi (mormorano parole). La natura è una foresta di simboli che l'uomo attraversa.

Si apre con l'uomo che entra nella Natura (personificata) che nasconde i suoi simboli e l'uomo cerca di decifrarli perché gli sguardi sono familiari.

Utilizza una corrispondenza tra suono-colore e colore-profumo attraverso un'esperienza sinestetica e lo fa con una similitudine: le parole dei pilastri sono come echi che tendono ad allontanarsi verso un'unità profonda e buia, grande come le tenebre o la luce (qualcosa di infinito e non misurabile). La realtà della natura è una realtà in cui ci sono corrispondenze: Operazioni sinestestiche, comunicazione simbolica attraverso sensi sinestetici –> è da qua che nasce “Corrispondenze".

Questa esperienza (descritta in queste due strofe) è possibile solo se si entra nel tempio. Qui c'è un elenco di profumi, i quali commentano le dolcezze estreme dei sensi, e colori (entrambi colpiscono i sensi).

Esperienza sensoriale e poesia

È una poesia slegata dall'intento comunicativo: racconta un'esperienza sensoriale che avviene nel momento in cui si riesce ad entrare in quella natura che è un tempio, ma che non tutti possono sperimentare. La poesia nasce nel momento in cui il poeta entra in quel luogo sacro (esprime un rapporto con una divinità).

È ciò che nasce da un'esperienza sensoriale che permette al poeta di entrare in contatto con una realtà non di tutti i giorni: diventa un altro uomo, non razionale, del sogno, senza logica.

È difficile: non ci sono connettivi, non ci sono parole che costruiscono passaggi logici e mette insieme delle immagini di corrispondenze (vicende dello spirito e dei sensi).

Utilizza il procedimento analogico. Analogia: figura retorica in cui si contrappongono due immagini con significati più o meno vicini, in cui non ci sono connettivi e nessi logici.

-fortemente allusiva: allude (indicare senza chiarire) ad un altro mondo

-fortemente evocativa (evocare: chiamare da sotto, tirare fuori dal basso)

-un’importante tematica è quella della meschinità degli uomini che non capiscono questa poesia, presi dall'etica del denaro: il poeta che non produce viene condannato ed emarginato (Baudelaire visse questo).

Baudelaire e la figura del dandy

Baudelaire proveniva da una famiglia benestante ma era molto ribelle: dissipa il patrimonio familiare nella vita notturna parigina. Fa un viaggio in Oriente che lo colpisce molto.

Vive una vita da dandy: la figura del dandy non ha una sede fissa e stabile ma sicuramente le grandi città offrono molto dello stile di vita che questa figura ambisce ad avere; il dandy deve solo scegliere ciò di cui ha voglia, seguendo le proprie disposizioni spirituali. Il significato di questa parola è di uomo elegante, alla moda, che attribuisce grande importanza al proprio aspetto, dando valore soprattutto allo stile, al buon gusto, alle belle maniere, e ostentando fastidio per i modi e i costumi borghesi. Per Baudelaire, il mondo corrisponde ad un'opera d'arte ed è necessario quindi vivere di profumi e colori; in particolare tutto ciò che viene vissuto sotto effetto di droghe e quindi attraverso visioni e trasformazioni della realtà: lo scopo è vedere ciò che la realtà non fa vedere. Fa uso di oppio (un bar a Parigi di nome Oppierie) e hashish per amplificare gli effetti delle sinapsi. Porta avanti un atto forte di anticonformismo contro il positivismo: non crede nel progresso perché esso manca di spazio per lo spirito e per i sensi, ovvero per l'irrazionale, dove secondo l'autore risiede il senso della vita.

Censura e ribellione nei "Fiori del male"

“Fiori del male" fu censurato perché visto come un libro che incita alla dissolutezza (eccesso provocato dalla libidine, dal vizio). C’è una poesia che si intitola “Satana" e una invece “Vino”, che fanno intuire che egli era dedito al piacere.

È il libro di chi voleva ribellarsi, in quanto aveva una visione del mondo molto diversa. Questo libro diede inizio alla poesia moderna. I seguaci furono chiamati “poeti maledetti" (1870-1880).

Il poeta simbolista e l'albatros

È un uccello marino molto grande, con un'apertura alare molto elevata: bello quando è in volo, maldestro e goffo quando torna a terra perché squilibrato. Metafora del poeta simbolista: nel momento in cui si eleva nell'irrazionale , è elegante, quando entra in contatto con la realtà è invece goffo e soggetto a prese in giro.

Spesso, per divertirsi, gli uomini della ciurma catturano degli albatri, spaziosi uccellini marini, che seguono, indolenti compagni di viaggio, la nave scivolante sopra gli amari abissi.

Li hanno appena disposti sul legno della tolda (ponte della nave), e quei re dell'azzurro, maldestri e vergognosi, subito come remi, le lor grandi ali bianche, lasciano miseramente ricadere sui fianchi.

L'alato viaggiatore com'è goffo e fiacco! Lui, poco fa sì bello, com'è buffo e brutto! L'un gli stuzzica il becco con la corta pipetta, l'altro imita, zoppicando, l'inetto che volava!

Il Poeta somiglia al principe dei nembi, che bazzica la tempesta e si ride dell'arciere , sulla terra esiliato, tra i fischi e gli schiamazzi, le ali di gigante gli vietano di camminare.

Spleen e malinconia in Baudelaire

In inglese, spleen significa milza, che per gli antichi greci era sede della malinconia.

Lessico elevato, che va verso l'insolito e il non noto.

Quando il cielo basso e pesante grava come un coperchio sull’animo che geme in preda a interminabili accidie (uso di parole romantiche), e abbracciando intero il cerchio dell'orizzonte riversa su di noi una cupa luce più triste della notte;

Anima schiacciata gemente

Quando la terra è mutata in un'umida muda, dove la Speranza; come un pipistrello, percuote i muri con la pavida ala e urta il capo contro i soffitti marciti;

È presente una metafora: la speranza si scontra con la realtà e muore e il pipistrello è simbolo di morte, di notte, di qualcosa di cupo.

Quando (3 situazioni) la pioggia, sciorinando i suoi interminabili nastri imita le sbarre d'un vasto carcere (la pioggia sembra costruire una gabbia per l'io lirico che non è più libero), e un muto popolo d'immondi ragni viene a tender le sue reti nel nostro cervello,

L'io lirico si sente imprigionato. Parla di ragni (simbolo di malinconia che lo lacera) e cose che fanno ribrezzo, come provocazione.

Campane tutt'a un tratto erompono furiose e lanciano al cielo un urlo orrendo (esplosione di questa malinconia), spiriti erranti e senza patria che, ostinatamente, abbian preso a gemere.

-E lunghi trasporti funebri, senza tamburi né banda, mi sfilano lenti nell'anima; la Speranza, vinta, piange, e l'atroce Angoscia, dispotica, sul mio cranio abbassato pianta la sua bandiera nera.

Personificazione della speranza e dell'angoscia.

Carducci e l'unificazione culturale italiana

In Italia è presente un clima di grande cambiamento a causa dell'Unità d'Italia. Al nord ci sono gli austriaci del lombardo-veneto e i Savoia che cercano l'unità; lo Stato della Chiesa ha una politica quasi reazionaria; al sud è ancora presente il latifondismo. C'è una situazione immobile in un'Italia rurale e spaccata: serve un'operazione culturale di unificazione. In questo clima nascono i “poeti del popolo", utilizzati come strumenti di unificazione e, con la legge Zanardelli, Carducci diventa il poeta di riferimento, insieme a De Amicis.

Carducci e l'idealizzazione classica

Carducci, è un latinista e cerca le radici comuni del classico per proporre una classicità idealizzata; lui non crea qualcosa di nuovo ma guarda al passato. I suoi temi sono l'amore, la famiglia, l'amicizia e gli dei, che sono valori che servivano per unificare. Durante il Risorgimento partecipa ai dibattiti politici; lui è anticlericale e quindi vuole un'Italia non legata alla Chiesa, è poi un sostenitore del popolo idealizzato buono, coeso e che collabora ed è un sostenitore anche del progresso. Cambierà poi atteggiamento in uno più moderato e sostenitore dei Savoia, che hanno tendenze nazionalistiche (per questo verrà preso come riferimento), e cambierà anche posizione nei confronti della Chiesa.

Poesia scritta ispirandosi alla poesia “Profumo esotico" di Baudelaire e alle sue immagini e alla sua idealizzazione.

Quando, con gli occhi chiusi, in una calda

sera d'autunno, del tuo ardente seno

il profumo respiro, vedo svolgersi

rive felici che, con le sue fiamme,

un monotono sole lento abbaglia;

un'isola indolente ove creato

ha la natura alberi strani e frutti

saporiti; ove gli uomini hanno il corpo

snello e forte; ove l'occhio delle donne

per la sua schietta luce meraviglia.

Guidato dal tuo odore verso climi

affascinanti, vedo un porto fitto

d'alberi e vele ancora affaticate

dal fluttuare dei marosi, mentre

il profumo dei verdi tamarindi

che circola nell'aria e che mi gonfia

le narici, dentro l'anima si mischia

con il canto, laggiù, dei marinai.

Il senso utilizzato è l'olfatto, con cui respira il profumo del seno di una donna e fa riferimento all'amore sensuale. Viaggia lontano con la fantasia arrivando in un'isola lontanissima dall'Europa, come fa intendere la parola “esotico” nel titolo. Il paesaggio ha come protagonista il mare, con profumi e colori che si sovrappongono nell'anima.

Tu parli; e, de la voce a la molle aura

lenta cedendo, si abbandona l'anima

del tuo parlar su l'onde carezzevoli,

e a strane plaghe naviga.

Naviga in un tepor di sole occiduo

ridente a le cerulee solitudini:

tra cielo e mar candidi augelli volano,

isole verdi passano,

e i templi su le cime ardui lampeggiano

di candor pario ne l'occaso roseo,

ed i cipressi de la riva fremono,

e i mirti densi odorano.

Erra lungi l'odor su le salse aure

e si mesce al cantar lento de' nauti,

mentre una nave in vista al porto ammàina

le rosse vele placide.

Veggo fanciulle scender da l'acropoli

in ordin lungo; ed han bei pepli candidi,

serti hanno al capo, in man rami di lauro,

tendon le braccia e cantano.

Piantata l'asta in su l'arena patria,

a terra salta un uom ne l'armi splendido:

è forse Alceo da le battaglie reduce

a le vergini lesbie?

Utilizza l'udito e sente del parlare. La sua mente naviga nel mare blu, che viene idealizzato, e vede degli uccellini candidi. Improvvisamente arriva in Grecia, che è un rimando al classico, e viene descritta una natura mediterranea. C'è una processione di fanciulle vestite alla greca che cantano. Da indicazioni classiche precise: il poeta greco antico Alceo e l'isola di Lesbo.

Carducci ha l'obiettivo di tornare alla bellezza antica che la fantasia regala.

Le Odi barbare sono una raccolta di Carducci, di cui ha pubblicato tre edizioni, sempre rinnovate. Contiene riferimenti alla classicità, che è l'elemento unificante delle poesie. Esse riproducono la metrica greca, che mette in mostra la sua erudizione: è un'operazione molto difficile. Per quanto riguarda i temi, è sempre presente un desiderio di passato, di malinconia: c'è intimismo. Carducci è stato celebrato e conosciuto per anni in Italia.

Scapigliatura e avanguardie letterarie

In questo clima di poesia, si innesta un movimento che nasce improvvisamente e muore molto velocemente, chiamato Scapigliatura, molto simile ad un'avanguardia (termine militare preso proprio dalla struttura dell'esercito: gli avanguardisti sono quelli in prima fila che aprono la strada agli altri. Le avanguardie letterarie e artistiche, hanno la caratteristica di avere sempre un manifesto in cui si spiega il motivo per cui esse agiscono in quel modo nella loro scrittura o nei loro dipinti, sempre con lo scopo di dare un taglio al prima. Termine che fu utilizzato da Mussolini per indicare quelli di istruzione fascista: dopo essere stati piccoli Balilla si diventava avanguardisti). La Scapigliatura ce l'ha con il modo di scrivere tradizionale e quindi andava contro Carducci. Il suo centro è Milano e i suoi rappresentanti sono i giovani della borghesia milanese che, in contrasto con i valori borghesi (di cui fanno parte ma nei quali non si riconoscono), celebrano e quindi criticano l'inutilità del poeta. Gli scapigliati sono divisi tra cos'è bene e cos'è male; amano la bellezza ma anche la bruttezza; riescono a presentare anche la faccia nascosta di quell'Italia che Carducci tanto celebrava, in ambito religioso, lavorativo e familiare.

Boito e la lacerazione interiore

È stato librettista di Verdi. Nella poesia, l'io lirico è l'artista scapigliato, che vuole un'arte che sia l'espressione del bello e del brutto, quindi molto lontano da Carducci. Le tematiche riguardano il bene e il male. È una poesia di carattere analogico: utilizza immagini e passa da una vicenda all'altra senza spiegare perché, ed è per questo difficile da capire.

È un poeta ambivalente in quanto racconta di due aspetti contrastanti della realtà, non collegandoli sintatticamente. Come nel simbolismo di Baudelaire, abbiamo un fluire di immagini senza spiegazione.

- Esistono due figure nella poesia: quella del cherubo (angelo) dannato e quella del demone redento che sembra fiducioso di poter far sì che la sua anima possa volare e che pensa di poter rallegrare i suoi giorni tristi e solitari. L'angelo dannato invece sogna una vita dissoluta, dove domina la ricerca del piacere. Scoprendo che non può aspirare a questo genere di esistenza, inizia a inveire contro Dio a causa della sua tristezza.

- In quest'opera, Boito, rappresenta, attraverso l'utilizzo di antitesi, uno stato d'animo di lacerazione interiore tra ideale e realtà, peccato e redenzione. Il poeta spiega, dal verso 71-77 che aspira ad un'arte eterea, pura, che non sia conforme ai canoni dell'arte di quell'epoca. Poi continua, dal verso 92-98 che a causa di questa impossibilità di raggiungere un'arte eterea si deve accontentare di un'arte reproba e materialistica.

- Lo scopo della poesia è quello di porre in contrasto due aspetti dell'uomo che sono tra di loro antitetici e non conciliabili: la parte angelica e quella diabolica. Questa contrapposizione serve per far comprendere la natura ambigua dell'uomo. Questo contrasto viene anche ripreso dallo stile in cui notiamo una contrapposizione tra l'utilizzo di immagini positive e piacevoli e immagini sgradevoli e cupe.

Madame Bovary e il realismo di Flaubert

Introduce un nuovo modo di scrivere rispetto al romanticismo, anche se scritto soltanto 17 anni dopo “I promessi sposi": è un romanzo realistico che riproduce la reale società del tempo. È molto diverso per due grandi motivi:

- Contenuti: racconta la storia di Emma Bovary, di buona famiglia, cresciuta con i principi della florida borghesia francese, frequenta il collegio delle suore, volevano farla madre e sposa nel lusso e nella felicità. Ma lei legge molti romanzi romantici e non sa che non avrà la vita felice raccontata dai libri. Sposa un medico e vive in provincia, lontana dalla vita parigina, quando a lei invece piacerebbe molto andare a teatro. Lui è una persona brava e apprezzata ma lei non vede in questa dimensione la sua felicità: è legata ai suoi ideali, per i quali lotta, e non vede la realtà. Lo tradisce per ben due volte, entrambi gli amanti la seducono, la ingannano e la abbandonano, il secondo le prosciuga il patrimonio di famiglia. Tutto questo la porta al suicidio, anche perché tutto il paese si scaglia contro di lei. Nel mondo borghese, il matrimonio è un dovere, ma gli uomini avevano il diritto di tradire, questa cosa era messa in conto di già dalle donne, solo che, non lavorando, loro erano dipendenti dall'uomo: tutto questo sintomo di una borghesia ottusa e legata al denaro.

- Stile:

fa uso della tecnica dell'impersonalità, e cioè che il narratore è come Dio (c'è ma non si vede), è esterno e nascosto, quindi nessuno spiega le varie situazioni;

la tecnica in medias res;

usa il discorso indiretto libero, che è la riproduzione dei pensieri e delle parole di un personaggio senza i marcatori di discorso, in questo modo il narratore mette sulla carta i pensieri e le parole dei personaggi senza dire altro, per mantenere l'impersonalità;

Il lessico è per lo più denotativo, non usa aggettivi giudicanti ma descrive le situazioni e basta, prevalgono infatti le sequenze descrittive, da cui il lettore comprende le caratteristiche dei personaggi: usa un linguaggio mimetico della realtà, attraverso cui chi legge capisce ad esempio che un personaggio è ricco dalla descrizione della sua casa.

Il libro fu censurato perché era uno scandalo il fatto che la donna tradisse, in quanto sottintende il desiderio sessuale della donna, ambientando la vicenda proprio nel presente dell'autore. Questo ribadisce la lontananza dai Promessi sposi e il fatto che è un romanzo realistico.

(Il titolo è stato dato dalla nostra antologia, non dagli autori)

Il naturalismo e la premessa di Zolà

Il romanzo, uscito nel 1865, è la storia di una serva, malata di isteria, che si degrada progressivamente, fino alla morte, per una passione amorosa. Fu ispirato da un caso vero, quello della domestica dei due fratelli. Nel ricostruire la vicenda, i due si basano su una rigorosa documentazione: si tratta dunque di un documento umano, una formula che avrà poi molta fortuna nel naturalismo.

Questa premessa è più importante dell'opera stessa. Un manifesto è una dichiarazione di poetica. Questo dice che è ora di passare alla realtà e porre fine alle storie strappalacrime ricche di pettegolezzi ambientate in posti privilegiati (tutto ciò che leggeva Madame de Bovary).

Non è un testo letterario, cioè tutto quello scritto per raccontare qualcosa, questa è una premessa alla letteratura dell'autore, una premessa che però parla di letteratura, descrive infatti come scrive, cosa scrive, perché scrive in questo modo e gli obiettivi dell'autore.

In quest'opera si ha lo studio clinico dell'amore, quindi lo studio scientifico in tutte le sue parti, senza giudizio. Si utilizza la teoria dell'impersonalità con la prevalenza quindi di sequenze descrittive dialogate. La premessa parla dell'effetto che l'opera dovrebbe avere, ovvero quello di uno scandalo: essa inizia infatti con delle scuse ai lettori per i racconti che non si preoccuperanno dei gusti del pubblico e per i quali il pubblico non è pronto. Ci sono personaggi e argomenti diversi dal solito: la realtà prima veniva idealizzata, mentre loro raccontano la realtà trattata in maniera scientifica, non il vero, che è la realtà vista attraverso una verità religiosa o ideologica.

Zolà e il determinismo sociale

Era un giornalista, è un personaggio pubblico che si fa conoscere e crea una sorta di circolo letterario. Aderisce alle idee positiviste con riferimento a Comte, che si interessa a tutto ciò che è utile e misurabile, e Taine, padre del determinismo, che ritiene che le opere d'arte, comprendendo il frutto dell'uomo e l'uomo stesso, siano il risultato di 3 elementi:

- Razza: è il patrimonio genetico che ognuno ha

- Ambiente sociale: è il risultato della società in cui vive

- Momento storico: è il risultato del momento storico in cui vive

Questi, determinano la realtà dell'individuo e permettono quindi di controllare, di calcolare, di mettere in ordine il caos.

In letteratura, per Zolà significa ideare un ciclo di 20 romanzi con protagonisti appartenenti allo stesso ceppo familiare dei Rougon Macquart, le due famiglie unite da un matrimonio, che racconta di quanto il determinismo sia la chiave di lettura della realtà parigina dell'Ottocento. Racconta fatti e vicende senza giudicare.

Il romanzo più famoso si intitola “L'ammazzatoio", che è il nome di un'osteria dove gli operai stremati dal lavoro si ammazzavano di acquavite. Qua si incontrano due giovani: lei, figlia di un alcolizzato (vizio da cui cerca di scappare), già con una storia alle spalle con un compagno che la picchiava, scappa con i due figli; lui gran lavoratore con grandi valori, che si promette di non finire come il padre, morto cadendo da una grondaia che stava aggiustando perché era ubriaco. I due hanno un progetto di vita comune: lei apre un'attività, lui però si fa male sul lavoro e deve stare a casa a riposo, dove inizia a bere e qui ha inizio la trasformazione del loro progetto.

Si comprende bene la realtà parigina perché Zolà la racconta molto efficacemente. L’opera di Zolà vuole essere utile alla politica per conoscere la realtà e migliorarla. Egli crede che ci possa essere un miglioramento. Zolà parla con i minatori e quindi ne riesce a conoscere il lavoro, lo racconta ma non da giudizi o possibili soluzioni. Zolà ha grande successo e anche Verga, Capuana e de Roberto lo leggono. Questi tre autori costituiscono il verismo italiano, che però non ha un manifesto. I tre poeti sono del sud Italia e raccontano la realtà del neonato sud, che è molto povero e alle prese con il processo di unificazione.

Verismo italiano e la tecnica di Verga

Uno degli esponenti del verismo italiano. Nelle sue opere rappresenta la realtà delle classi maggiormente sconvolte dal progresso come ad esempio contadini e pescatori siciliani.

È siciliano di classe sociale agiata. Legge Zolà e cerca di applicare la tecnica dell'impersonalità parlando della Sicilia del suo tempo ed elaborando la sua personale tecnica narrativa all'interno del suo progetto letterario “Vita dei campi". La tecnica si chiama tecnica della regressione, cioè del tornare indietro. Assume il punto di vista dei personaggi ed il narratore è nascosto (eclissi del narratore: il lettore deve seguire i fatti come se svolgessero di fronte a lui, non ci deve essere la lente di chi elabora l'idea).

Fantasticheria e la vita ad Aci Trezza

Fantasticheria: La novella rievoca un dialogo ideale tra la dama protagonista e il suo accompagnatore nel soggiorno ad Aci Trezza, che è poi il narratore della storia. Insieme, di passaggio con il treno, osservano i dintorni di Aci-Trezza, e colpiti dal paesino e dal suo paesaggio, decidono di fermarvisi un mese in villeggiatura. Il primo momento di romantica illusione della donna la porta a soffermarsi sulle bellezze del paesaggio, come i faraglioni. Senonché, dopo solo quarantotto ore di soggiorno la donna si rende conto di non apprezzare la monotonia della vita di paese e della sua società, e decide di ripartire. Il narratore, dal canto suo, cerca di spiegare alla donna le caratteristiche della vita di Aci Trezza. Superate le prime superficiali impressioni, ci si rende conto che si tratta di una realtà popolata da umili pescatori, per comprendere i quali, "bisogna farci piccini anche noi": Verga sostiene che solo assumendo il punto di vista di questi ultimi sarà possibile capirne la loro realtà, e i più intimi sentimenti che accompagnano la loro esistenza. Un aspetto fondamentale è il fatto che in questo villaggio di pescatori è praticamente impossibile sopravvivere senza l'appoggio dei compaesani.

La ragazza vede il mondo dei pescatori per la prima volta, all’inizio ne rimane molto colpita poi capisce che è una vita molto dura. Ella incontra Padron ‘Ntoni, della famiglia dei Malavoglia, lo ammira molto in quanto capisce la complessità del mare. Incontra anche i monelli, che sono i bambini che vivono per strada, Verga li paragona a formiche perché sono tanti e puoi cercare di farli disperdere ma poi torneranno lì, per loro non c'è progresso, destinati a perpetrare il lavoro dei genitori. La ragazza capisce che è un mondo di miseria con un destino segnato e necessario, sono appunto come le ostriche: se staccate dallo scoglio muoiono, così i pescatori tolti dal loro paese sarebbero persi. Tutte quelle persone non hanno nulla a che fare con lei e infatti ella se ne torna nel suo mondo. Questa novella anticipa i Malavoglia.

Ciclo dei vinti e "I Malavoglia"

È preceduta da una lettera ad un suo amico a cui dice che ha in mente di scrivere un ciclo di romanzi chiamato “Ciclo dei vinti" a cui appartengono “I Malavoglia”, “Mastro don Gesualdo", “Duchessa de Leyra" (lotta nel mondo dell'arte, “Onorevole Scipione" (lotta nella politica) e “L'uomo di lusso" (riassunto di queste lotte). Scrive anche che vuole descrivere la lotta al progresso della Sicilia del tempo per ogni classe sociale, partendo dalla più bassa, dove il progresso ha avuto più effetti.

-Malavoglia: classe più bassa, i protagonisti sono dei pescatori che si scontrano con il progresso, lo subiscono e lottano per sopravvivere. 1883

-Mastro don Gesualdo: un muratore che con le sue sole forze e capacità diventa ricco e ottiene la dote per far sposare la figlia con un nobile del paese, acquisendo in questo modo il titolo nobiliare di don. È una lotta per l'avanzamento sociale

-gli altri 3 romanzi rimangono un progetto in quanto si ritira dalla vita letteraria.

Jeli il pastore: Jeli è un ragazzo indipendente cresciuto portando a pascolare le bestie, mentre don Alfonso è "cresciuto nel cotone", cioè proviene da una famiglia agiata. Inizialmente i due ragazzi passano la maggior parte del loro tempo insieme, sono ragazzi e la differenza sociale non influisce sul loro rapporto. Successivamente, col passare del tempo, i due si limitano a salutarsi e la differenza sociale comincia a pesare sempre di più: entrambi dimenticano i momenti e le avventure passate insieme da ragazzi. Mara è la ragazza per la quale Jeli perde la testa. È la figlia di Massaro Agrippino e della gnà Lia. Viene descritta come una ragazza bellissima con gli occhi neri come stelle che ama vestirsi di rosso. Il suo rapporto con Jeli è di stretta amicizia, tanto che alcuni a Tebidi dicevano che si sarebbero sposati. La prima parte della novella si conclude proprio con la sua partenza da Tebidi. Attraverso l'episodio della morte di uno dei puledri che aveva in custodia, e al suo conseguente licenziamento, Jeli fa esperienza della violenza e della logica economica. Senza lavoro e senza un posto dove passare la notte Jeli vede sbattersi la porta della casa di Mara in faccia, come se fosse un pezzente. Attraverso ciò fa esperienza del disinteresse della gente nei suoi confronti e dell'abbandono. Jeli si vede escluso dal divertimento della festa quando tutti si divertono cantando e ballando mentre lui sta fuori ad osservarli. Jeli si vede escluso dall'affetto di Mara quando questa passeggia e chiacchiera con il figlio di massaro Neri e non si cura minimamente di Jeli che la osserva baciarsi con l'altro ragazzo. Il motivo economico è un elemento fondamentale anche nel legame tra Mara e Jeli. Quest'ultimo pensa di non poter pretendere di sposare Mara a causa della non irrilevante differenza sociale esistente fra i due.

Rosso Malpelo: Rosso Malpelo è un ragazzo con i capelli rossi; questo significava, secondo le leggende popolari, essere malizioso e cattivo. Per questo è maltrattato da tutti e non trova affetto nemmeno dalla madre, che non accetta la sua scelta di vita, non si fida di lui credendo che il figlio le nasconda una parte dei soldi del suo stipendio; cattivi sono anche i rapporti con la sorella che lo accoglie sempre picchiandolo. Malpelo lavora con il padre, Mastro Misciu (al quale è stato dato il soprannome di Bestia), in una cava di rena rossa. I due sono molto legati: Misciu infatti è l'unico ad avergli mai dato affetto e Malpelo, appena gli altri operai provano a prendere in giro il povero padre, lo difende. Un giorno Misciu Bestia accetta di lavorare in un punto della miniera molto pericoloso: nessuno avrebbe fatto lo stesso, ma il bisogno di soldi lo spinge a rischiare. La sera tardi, mentre Malpelo gli sta dando una mano, il pilastro cade all'improvviso addosso a Misciu. Rosso Malpelo, preso dalla disperazione e dal panico inizia ad urlare e a chiedere aiuto ma, quando anche gli altri se ne accorgono, ormai è troppo tardi. Mastro Misciu è già morto. Dopo la morte del padre, Malpelo diventa ancora più cattivo agli occhi degli altri e riprende a lavorare nella galleria dov'era morto il padre. Qualche tempo dopo alla cava viene a lavorare un ragazzino piccolo e debole che prima faceva il muratore, che è stato costretto ad abbandonare il mestiere a causa di una caduta. Il ragazzo, soprannominato Ranocchio per il modo di camminare e di atteggiarsi viene subito preso di mira da Malpelo che lo tormenta continuamente picchiandolo e insultandolo. Più Ranocchio non si difende, più lui continua: vuole che impari a reagire e ad affrontare la vita che non è sempre facile e che secondo lui è una continua sfida. In realtà il vero motivo è che Malpelo gli vuole bene e vuole insegnargli come difendersi, spesso gli dà la sua razione di cibo pur di non farlo morire di fame oppure lo aiuta con i lavori pesanti. Dopo qualche tempo viene ritrovato il cadavere di Mastro Misciu. Tutto ciò che a Malpelo rimane del padre sono pochi oggetti che Malpelo custodisce come tesori e tanti ricordi. Non molto tempo più tardi Ranocchio, che da un po' di tempo si era ammalato di tubercolosi, muore all'improvviso. Malpelo, rimasto solo, scompare nella cava: gli era stato affidato il compito di esplorare una galleria ancora sconosciuta. Nessuno si sarebbe assunto un compito così pericoloso ma lui, sapendo che nessuno se ne sarebbe preoccupato, accetta e parte: preso del pane, del vino, gli attrezzi e i vestiti di suo padre, si addentra in quella galleria e non ne uscirà mai più.

Nasce da un'inchiesta parlamentare inviata in Sicilia da due esponenti del governo per descrivere le condizioni delle miniere e dei bambini che ci lavoravano, che erano malati, malnutriti e sfruttati. Dopo aver letto questa inchiesta, inventa la novella di Rosso Malpelo, che è un personaggio verosimile.

Il punto di vista è quello dei minatori.

Cavalleria Rusticana: È la storia di Turiddu Macca, un contadino siciliano, figlio di una signora chiamata Nunzia. Prima di partire a fare il militare, era fidanzato con Lola, una signorina che voleva sposare e amare di tutto il suo cuore. Però, nel frattempo, Lola si è fidanzata con Alfio, un carrettiere che è molto più ricco di Turiddu: ha « quattro muli in stalla » mentre la madre di Turiddu ha dovuto vendere la loro unica mula. Turiddu rincasa, e un giorno incontra finalmente Lola quando va alla processione della Madonna del Pericolo. Lei gli spiega che è la volontà di dio di diventare la moglie di Alfio, e ora tutti e due sanno che non hanno più niente da dirsi. Turiddu è bel ragazzo, ma non è tante ricco quanto « compare Alfio; allora è roso dalla gelosia, dalla delusione, e tutti sparlano di questo. Quindi vuole vendicarsi, decidendo di sedurre Santa, che abita la casa di fronte a quella di Alfio, per fare ingelosire Lola. Suo padre, Massaro Cola, è vignaiulo, è « ricco come un maiale »; e Turiddu comincia a lavorare come operaio e sedurre la ragazza, girando intorno a lei; però è presto cacciato da Cola. Allora la ragazza gli apre la finestra e così chiacchierano la sera. A poco a poco, mentre Santa si innamora di Turiddu, Lola li spia la sera alla finestra, nascosta dietro un vaso di basilico. Lola è gelosa e rimpiange un pò Turiddu. Un giorno lo chiama e lo invita a casa sua di notte. Santa ne se rende conto e chiude la finestra perchè si sente tradita, ferita; ora vuole vendicarsi. Allora quando Alfio torna dalle fiere con bei regali per sua moglie, Santa gli dice che è stato tradito. L'offesa è molto grande; e un giorno, Alfio da un appuntamento a Turiddu per l'indomani nei fichidindi all'alba: questi due protagonisti si danno il bacio della sfida e si affrontano in un duello straziante e sanguinoso, armati solamente di un coltello. La storia finisce tragicamente con la morte di Turiddu.

La lupa: Nel villaggio dove viveva la chiamavano la Lupa perché ella non era mai sazia delle relazioni che aveva con gli uomini. Le altre donne avevano paura di lei perché con la sua bellezza attirava a sè i loro mariti e i loro figli, anche semplicemente guardandoli. Di ciò soffriva la figlia, Maricchia, che sapeva che non avrebbe trovato un marito. Una volta la Lupa si era innamorata di un giovane, Nanni, che mieteva il grano con lei, e lo guardava avidamente e lo seguiva; una sera gli dichiarò il suo amore e lui rispose che voleva in sposa Maricchia, ella se ne andò via per ripresentarsi ad ottobre per la spremitura delle olive e gli offrì in sposa Maricchia e Nanni accettò, ma sua figlia non ne voleva sapere ma la costrinse con le minacce. Maricchia aveva già dato dei figli a Nanni, e la Lupa aveva deciso di non farsi più vedere, anche perché lavorava molto durante la giornata. Un pomeriggio caldo svegliò Nanni che dormiva in un fosso e gli offrì del vino, ma egli la pregò di andarsene via, ma lei tornò altre volte incurante dei divieti di Nanni. Maricchia era disperata e accusava al madre di volerle rubare il marito e andò anche dal brigadiere e Nanni lo supplicò di metterlo in prigione pur non rivedere la Lupa, ma ella non lo lasciava in pace. Una volta Nanni prese un calcio al petto da un asino e stava sul punto di morire, il prete si rifiutò di confessarlo se la Lupa fosse stata là, ella se ne andò ma, visto che Nanni sopravvisse ella continuò a tormentarlo e lui alla fine la minacciò di ucciderla. La Lupa gli si presentò ancora davanti e Nanni la uccise, senza che lei opponesse resistenza.

L'amante di Gramigna: Peppa era promessa sposa ad un uomo ricco del suo paese ma viene a sapere di questo bandito, soprannominato Gramigna, ricercato dai poliziotti ormai da parecchi giorni, ed ella si innamora di questo mito e decide perciò di andarlo a cercare. Quando lo trova vuole seguirlo e allora lui la mette alla prova, non avendo fiducia di nessuno, e le chiede di andare a prendere l'acqua al pozzo e le spara senza colpirla: Gramigna ragiona da bandito, non da innamorato. Vengono poi catturati, lei tornerà dalla madre e lavorerà come serva in alcune case, ma tutti i giorni trova il tempo di andare a fare visita al suo amato, in carcere non la fanno però entrare e lei lo saluta dalla finestra. I carabinieri avranno pietà di lei e la faranno lavorare all'interno del carcere. Lei rimarrà incinta.

È presente la ribellione ad un destino segnato. Viene utilizzato l'istinto, che fa parte degli animali, e per questo Peppa è uno dei personaggi cosiddetti primitivi di Vita dei campi. Verga ci sta dicendo che il progresso arriva in un mondo che è regolato anche da leggi bestiali.

All'inizio c'è una prefazione in cui Verga spiega la struttura della novella: utilizza poche righe in cui descrivere quello che Peppa e Gramigna fanno insieme (perché altrimenti sarebbe stato un ritorno al romanticismo), e da molto spazio per descrivere Peppa all'inizio della novella nelle sue condizioni iniziali, e altrettanto alla fine per parlare del destino di Peppa che si è ribellata, dove governa il determinismo: le infatti è tornata al suo paese.

GUERRA DI SANTI: Durante i festeggiamenti della festa in onore di San Rocco, a causa dell'invidia di quelli del quartiere di San Pasquale, iniziano delle liti: volano sberle e oggetti, vi sono molti feriti, litigi tra parenti e saltano anche matrimoni. A San Pasquale aspettavano il delegato di Monsignore che avrebbe dovuto portare la mozzetta ai canonici, infatti avevano fatto venire ad incontrarlo anche la loro banda fuori dal paese. I galantuomini in riunione avevano una gran voglia di accapigliarsi e il delegato, dicendo che era venuto per la conciliazione, invitò questi signori a prendere il cioccolato in sagrestia. In paese per la forte carestia scoppiò il colera, anche Turi e Saridda ne furono colpiti. Nino, a questa notizia, corse a casa di quest'ultimi e ci fu la riconciliazione, poi si ammalò anche Nino e stette per morire, Saridda disperata voleva morire con lui, anche Nino guarì e insieme a Turi si gettavano in viso l'un l'altro San Rocco e San Pasquale. Finalmente tutti fecero la pace.

Pentolaccia: La novella narra di Pentolaccia un povero bracciante siciliano. Egli voleva sposare "la Venera" a tutti i costi nonostante la madre gli dicesse in continuazione di lasciarla stare quella ragazza, perché non aveva voglia di lavorare e perché l'avrebbe tradito alla prima occasione che fosse capitata. Ma egli non volle sentir il parere di nessuno e se la sposò, costringendo la madre a lasciar la casa. Una volta diventata padrona di casa, "la Venera" ne combinò tante così che la gente chiamava il marito "Pentolaccia", egli allora iniziò ad insospettirsi ma la moglie gli rispondeva che erano solo delle dicerie. Ma le voci della gente erano vere, infatti "la Venera" lo tradiva con don Liborio un ricco dottore che non faceva mancare niente alla donna e neanche a suo marito. Don Liborio era anche molto rispettato dall'ingenuo Pentolaccia che lo chiamava "signor compare" e faceva per lui ogni tipo di mestiere. Ma un giorno Pentolaccia sentendo due contadini parlar di lui definendolo un cornuto, tornò a casa colmo d'ira e appena vide don Liborio lì a casa sua, lo raccomandò di non farsi più vedere da quelle parti altrimenti avrebbe fatto una brutta fine, ma don Liborio snobbò la cosa pensando in un momento di follia del contadino. Il giorno seguente "Pentolaccia" decise si tornare prima dai campi e cogliendo la moglie impreparata la quale attendeva la visita di Don Liborio. Il contadino s'appostò sull'uscio di casa senza muoversi e quando sentì i passi dell'anziano dottore per la via, si preparò con una stanga in mano. Appena questo mise un piede nella stanza, "Pentolaccia" lo colpì con una stangata sulla nuca che lo uccise sul colpo. E così "Pentolaccia" finì in galera.

"I Malavoglia" e il progresso

Il primo romanzo del ciclo dei vinti. Il cognome non è reale, è toscano, è un soprannome dato per contrasto: era infatti una famiglia rispettatissima nel paese di Aci Trezza. Hanno una casa di proprietà che si chiama “Casa del nespolo".

Personaggi: Padron ‘Ntoni, Bastianazzo (suo figlio), Maruzza (moglie di Bastianazzo) chiamata “la longa" perché piccolina, ‘Ntoni, Luca, Mena, Lia, Alessi (nipoti).

Romanzo preceduto da una prefazione dove Verga spiega il motivo per cui ha iniziato dai Malavoglia e cioè dalla classe più bassa:

• Provano sentimenti semplici legati alla sopravvivenza e non riescono ad interessarsi a qualcosa d'altro, quindi il progresso ha molto più impatto su di loro.

• Parla della sua idea di progresso attraverso una similitudine che ha come secondo termine di paragone la fiumana, che indica quei piccoli ruscelli che si creano quando piove molto che trasportano con loro i sassi e la terra che incontrano lungo il tragitto. Il progresso è come una fiumana che quando la si guarda da lontano è meravigliosa, ma da vicino si capisce che essa travolge tutto ciò che incontra. Non da speranza, chi inizialmente riesce a restare in piedi, verrà travolto in un secondo momento, il più forte sopravvive per un po' ma solo chi ha fortuna e pensa solo a se stesso – VISIONE PESSIMISTICA DEL PROGRESSO. La Sicilia non è pronta.

Darwinismo sociale: strumentalizzano Darwin (metà 800): il più forte sopravvive nella società. Prima di lui c'era un'idea creazionista dell'uomo a immagine di dio (lui credente entrerà in crisi dopo le sue scoperte), ma lui scopre, attraverso gli studi che svolse nelle Galapagos, che tutti gli essere viventi, compreso quindi l'uomo, sono frutto di un'evoluzione, che è avvenuta attraverso la selezione delle specie in cui sopravvive chi si adatta di più all'ambiente e chi rende ereditarie le sue caratteristiche. Darwin non ha mai detto che esistono specie più forti di altre.

• Chi vede la fiumana da lontano non deve giudicare e infatti lui scrive i suoi romanzi senza giudizi.

Romanzo ambientato ad Aci Trezza due anni dopo l'Unità d'Italia (1863). È un villaggio di pescatori a Catania, di cui racconta le vicende del tempo. All'interno del romanzo ci sono tre vicende storiche: 1. La chiamata alla leva militare di ‘Ntoni, che mette a dura prova la famiglia in quanto era importante per il lavoro. Ai tempi dei Borboni queste esigenze non c'erano e quindi il neonato stato viene mal visto, non chiedevano neanche le tasse, che vedono come un'ingerenza: lo stato italiano non ha portato benessere. 2. Dopo due anni di leva militare ‘Ntoni torna a casa perché muore il padre sulla Provvidenza e lui è il primogenito di una vedova, al suo posto parte Luca, che morirà durante la battaglia di Lissa nel 1866. 3. Maruzza muore di colera, un'infezione arrivata dai topi delle fogne, e fu un problema nel sud Italia nel 67. Questi tre eventi evidenziano l'esigenza di realtà del verismo con una funzione strutturale: l'evento della chiamata alla leva militare di ‘Nyoni sconvolge l'assetto familiare.

Presentazione del romanzo, in medias res.

Il nonno capisce che senza di lui la situazione è difficile e crede di aver trovato il modo di non farlo partire. Va dal pezzi grossi del paese: dal prete che gli dice di arrangiarsi perché tutti hanno volito l'Italia unita; dal farmacista che voleva la repubblica e gli dice che se avessero fatto la repubblica, ‘Ntoni non sarebbe partito e il nonno gli dice di farla, ciò fa notare la distanza dei pescatori dalla realtà e dalla politica; dai malavitosi in modo da pagarli per riformare (cioè rimandarlo a casa dopo la visita per il militare a causa di malattie come il diabete) suo nipote ma era talmente in buona salute che falliscono. Parte per Napoli e vanno tutti a salutarlo alla stazione: per Maruzza Napoli era luogo di perdizione e così gli fa un abito con la madonna; il padre è preoccupato anche se non lo da a vedere; i fratelli erano curiosi. Lo saluta una ragazza che si chiama Sara e Maruzza è gelosa: Sara verrà isolata dagli abitanti del paese e Maruzza quando la vede volta la faccia dall'altra parte. Come si vede in questo frangente, nel paese ci sono relazioni elementari: il saluto viene inteso come la presenza di un rapporto tra i due che è disonorevole.

Ora che ‘Ntoni è via, Padron ‘Ntoni si sente responsabile della famiglia di cui è il capostipite e cerca una soluzione nel mercato. Chiede un prestito all'usuraio del paese, che viene chiamato campana di legno (in quanto non vuole sentire ragioni, vuole tutto indietro, come la campana di vetro che non fa rumore), ipoteca la casa del nespolo e con il denaro compra dei lupini (legumi) che va a vendere con la Provvidenza. La nave naufraga e viene perso il carico oltre al figlio Bastianazzo. Ora devono andare in affitto e hanno un grosso debito.

Tempo della storia e della narrazione coincidono, tranne poi al ritorno di ‘Ntoni. Torna ‘Ntoni e cambia il ritmo. Egli scopre un altro mondo mentre è via: diverse relazioni e divertimenti. Ci si aspetta che lui ricostruisca la barca e lavori per la famiglia, ma non si sente più bene nel suo paese, si ritrova in strane amicizie e viene coinvolto in un accoltellamento: la città gli fa perdere l'identità e non si capisce più infatti chi sia. È un personaggio travolto dal progresso al quale egli stesso è attratto. Viene anche qui ripresa l'idea dell'ostrica.

È un romanzo bipolare in cui si ha da una parte il paese e dall'altra i Malavoglia. Il paese alla morte di Bastianazzo spettegola su quanto potesse valere la casa del nespolo.

La famiglia comunque si ricompine e Alessi aiuta il nonno a ricostruire la Provvidenza e riescono a riavere la casa e un nuovo assetto economico: hanno lavorato a giornata e per riprendere la casa hanno usato i soldi che sarebbe serviti per il matrimonio di Mena come dote, la quale era veramente innamorata di Alfio (personaggio positivo, l'unico dalla parte dei Malavoglia), in quanto la donna era sacrificabile.

Nell'ultimo brano ‘Ntoni torna invitato da Alessi ma scappa e Padron ‘Ntoni muore in ospedale, infelice perché avrebbe voluto morire nella sua casa del nespolo.

Mastro don Gesualdo e il self-made man

Diverso dai Malavoglia ma sempre presente il pessimismo nei confronti del progresso, che in questo romanzo consiste nell'avanzamento nella scala sociale: da muratore a don, grazie alla sua intelligenza, astuzia, perseveranza fa carriera nel mondo dell'edilizia e diventa ricco. I soldi vanno ad arricchire la dote della famiglia per il matrimonio con un nobile e Gesualdo acquisisce il titolo di don. Tutto questo in una Sicilia basata sul latifondismo (pochi proprietari terrieri con estesissime tenute coltivate da mezzadri tenuti in uno stato di miseria e povertà. I proprietari non sono affatto interessati al progresso, che andava a togliere loro dei privilegi.

Gesualdo vive per il lavoro e questo indica la presenza della tensione faustiana (dall'opera “Faust" di Goethe) secondo cui l'uomo per ottenere qualcosa sarebbe anche disposto a vendere l’anima al diavolo. È la figura del self-made man che è l'opposto del nobile e che grazie alle sue capacità riesce a realizzarsi.

Non è comunque fino in fondo riuscito ad entrare nella famiglia Trao, per cui rimane lo stesso un mastro e quindi non del tutto accettato, egli infatti era un esempio di progresso che i nobili si ostinavano a rifiutare. Il ragazzo nobile che la figlia sposa, è ormai decaduto: non ha patrimonio e usa i soldi di Gesualdo sperperandoli in feste. Gesualdo si ritrova a non avere più nulla, nemmeno un rapporto con la figlia, in quanto ha speso tutta la sua vita nel cercare di farla sposare con un nobile. Egli muore solo in una casa malandata tra le cure di domestici che si prendono gioco di lui.

C'è il narratore esterno nascosto e cambia il linguaggio: nei Malavoglia utilizza il siciliano volgare illustre, che era sintatticamente semplice. Una lingua italiana che riproduce i costrutti sintattici del dialetto e usa i proverbi, cosa tipica della classe sociale che stava descrivendo, ma comunque una lingua che si comprende ed è un'invenzione di Verga. In Mastro don Gesualdo cambia l'ambiente: la città, serve quindi un linguaggio più ricco e complesso.

Si chiude il ciclo dei vinti perché Verga si ritira a vita privata, non si sa il motivo, forse una protesta silenziosa per la nascita della mafia.

La roba e l'accumulo di Mazzarò

È la storia di Mazzarò, uomo ricchissimo grazie al suo duro lavoro. Utilizza il suo denaro per accumulare roba tra cui terre da coltivare e prodotti della terra. La sua diventa proprio una religione della roba: ha vissuto, infatti, in funzione dell'accumulo della roba. Ad esempio, per lui sposarsi significava spendere soldi e quindi non lo fa. La fine è molto pessimistica: la storia del ragazzo era raccontata dal medico che stava andando da lui per dirgli che lo aveva colpito una malattia incurabile e che sarebbe morto a breve e che, impressionato da tutte le terre che egli aveva e che vedeva mentre cercava di raggiungerlo a casa, descriveva tutte le cose che erano in possesso del Mazzarò. Mazzarò a questo punto uccide e distrugge tutte le sue cose, come ad esempio le oche e i suoi animali, perché pensava che se lui moriva dovevano morire con lui tutte le sue cose siccome erano solo sue e non sopportava l'idea che potevano diventare di qualcun altro.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'influenza di Leopardi sugli autori successivi?
  2. Leopardi ha avuto un'influenza significativa su autori come Montale e Pirandello, contribuendo a plasmare la letteratura italiana successiva.

  3. Quali sono le opere fondamentali pubblicate nel 1857 e il loro impatto?
  4. Nel 1857 furono pubblicati "Madame Bovary" di Flaubert e "I fiori del male" di Baudelaire, opere che anticipano il Naturalismo e il Simbolismo, segnando un cambiamento nella percezione della realtà.

  5. Come viene rappresentata la Natura nel Simbolismo?
  6. La Natura è vista come un tempio simbolico, un luogo sacro dove l'uomo attraversa foreste di simboli, cercando di decifrarli attraverso un'esperienza sinestetica.

  7. Chi è il dandy secondo Baudelaire e quale stile di vita rappresenta?
  8. Il dandy, secondo Baudelaire, è un uomo elegante e anticonformista che vive nelle grandi città, attribuendo grande importanza allo stile e al buon gusto, spesso in contrasto con i valori borghesi.

  9. Qual è il significato dell'albatros nella poesia simbolista?
  10. L'albatros simboleggia il poeta simbolista: elegante e maestoso in volo (nell'irrazionale), ma goffo e deriso quando è a terra (nella realtà quotidiana).

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